Sequenzialità

Chrysanthemum & Joshua | 2 dicembre

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    Sequenzialità.
    Ammettiamolo, non so davvero che cosa significhi. Nel senso: posso benissimo aprire un dizionario e rendermi conto che, sì, per sequenzialità noi intendiamo quella caratteristica di ciò che è sequenziale, che è disposto o organizzato in sequenze eppure non sarebbe nemmeno questo il punto.
    Che poi, il motivo per il quale tendiamo a cercare il punto della situazione io non l'ho mai capito D.
    Quello che so io, è che funziona sempre un po' come gli scioglilingua che ci faceva dire la mamma.
    Solo che non c'è una frase che si finge essere di senso compiuto adesso. Solo una parola. Una parola che non presenta nemmeno la caratteristica dell'allitterazione, ma che mi piace troppo sentir come sa farmi sbattere la lingua contro i denti. Se-quen-zia-li-tà.
    Sono io.
    Magari me la sto ripetendo più e più volte in testa solo perché farlo, sa farmi pensare a me.
    Mi spinge coi piedi per terra. Mi rilassa così come la mamma diceva che avrebbe fatto quel - sì! Bravo D, lo chiamava proprio incantesimo.
    Ora noi sappiamo che di magico, dietro quella sequela di parole sconnesse tra di loro, non c'era niente, eppure com'è che ci piaceva crederlo da ragazzini. Oh, sì che ci piaceva.
    Ricordo che la parola del giorno, per - sì! sì, esatto, per il tuo funerale - è stata sconquassare. Ma solo perché mi ricordava l'acqua e l'acqua sono solito collegarla al mare.
    Allora, se era quello a sconquassarmi, io non potevo che sentirmi rilassato. Ricordo di aver chiuso gli occhi dinanzi alla tua bara vuota e di aver udito il rumore dell'oceano.

    Sccch

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    Ti sei infranto sui miei cazzo di scogli, D e non ho mai capito per quale motivo tu non sia riuscito ad aggrapparti. Ti sarebbe bastato agitare quelle cazzo di ditine affusolate e op! Certo, certo, ti saresti forse spaccato un unghia, ma vuoi mettere? Ci avresti guadagnato tutto il resto.
    Come me.
    E anche se sei sempre stato tu il più bello tra i due, insomma, io non è che sono mai stato qualcuno da buttare.
    Del maiale, dicono, non si butta via niente.

    Mi chiedo se sia questo il motivo per il quale abbiamo buttato la tua bara al Saint Peter's.
    Non oso paragonarti ad un cumulo di legna ben lavorata, non ci riesco.
    Così come non riesco a capire quale sia il motivo per cui la tua non-salma non sia sepolta nel nostro giardino.
    Nostra madre, sì, è una gran bastarda.
    Mettitelo bene in testa.
    Pretendiamo Premi Per Proteggerci.
    Solo quando mi calo qualche pasticca lo capisco.
    Un piccolo premio da cani.
    Se la mando giù poi scodinzolo.
    Se mi consolo così, la tua immagine riflessa non può di certo farmi male.

    Shhh


    5mtQebG
    Ti prego, smettila di ammonirmi.
    Di soffiarmi in muso come fossi brezza marina. Di spogliarmi delle mie pellicce. Di struccarmi i tuoi occhi. L'unico modo che ho per riportarti a casa, è questo sguardo che nego allo specchio quando sento la testa pulsare e la faccia andarmi in fiamme.
    Ti tengo ben stretto con me, D. Sotto i polpastrelli.
    Sotto le ciglia.
    Anche quando passeggio per strada e il vento mi sverza il viso.
    Non schiaffeggiarmi, cazzone. Sono sempre io. Purtroppo sono sempre e solo io.
    Anche quando indosso i tuoi vestiti migliori e mi piego nella maglia per respirarne l'odore.
    Sono sempre io, anche quando indosso i tuoi vestiti da meraviglia e mi spoglio dei miei. Resterò per sempre quel bambino dell'armadio, con la sola differenza che anche questa sera, la sua pelle, rimane appesa, in bilico, su di una gruccia.
    Non ho nient'altro se non questo. Se non il sabato sera, un francobollo che mi sorride spinto lungo la lingua ed una cazzo di festa.
    Che se non posso portarla nella mia vita, allora la porto fuori.
    Lascio che mi calzi perfettamente addosso.
    Negli stivali tirati a lucido.
    Nel profumo che sa di agrumi e whisky.
    Non lo so cosa cazzo indossavi per uscire.
    So solo che eri bello.
    E che, alla fine, tutti amavano solo e soltanto te.

    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.







    Edited by Chrysalide - 3/12/2023, 09:25
     
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    Scusa Remì.
    So che non ti piace quando non puoi venire a vedermi, e credimi farei tutto il cazzo possibile ogni santa volta ma—... ma non voglio farti vedere cos'altro faccio per vivere.
    Per mantenere quel buco in cui viviamo e quel letto che ti piace tanto.
    Lo so che è il nostro nido e per questo non ci sputerei mai sopra, ma so che quando ti parlo di ciò che faccio, ti spaventi.
    Lo vedo come i tuoi occhi si fanno più sospettosi, come i dubbi ti assalgono e so che non ti piacerebbero le mie risposte alle tue domande. So che non andrebbero bene, non servirebbero a calmarti la notte.
    Vorrei poter entrare nei tuoi sogni e cancellare tutto quello che ti fa agitare la notte, ma parlandotene aggiungerei solo mostri.
    Non so a che ora tornerò, ma quando mi scrivi il tuo messaggio, so solo rispondere con un falsissimo "Torno prima che tu vada a dormire". Spero di farlo, ma dubito. Ho comunque chiesto un favore a Shonda , che si è portata un cambio per dormire se prendi sonno.
    So che non ti piace se non te lo leggo io Moby Dick, ma Cristo Remi, capirai. Te lo giuro.

    "Nah, quello stronzo di Josh non beve con noi stasera!"
    "Perché è una merda?"
    "Ovvio! E perché è un padre di famiglia"
    "Ah! Già, ehi Josh perché non hai portato il piccoletto?"
    Hai sentito Remì? Mi prendono anche per il culo, come se non sapessi quanto cazzo ti amano.
    Butta bene perché sono parte della famiglia anche loro, sono i miei pezzi di merda. Jack che batte la grancassa come un forsennato. Naomi che si scopa la chitarra sul palco e Adam, un bassista di Cristo.
    Eppure siamo qui a girare come lupi nei locali peggiori di Londra.
    Per questo non posso essere quello che voglio, non posso fare di testa mia e puntare tutto sulla nostra musica.
    Devo lavorare, e per quanto ne sai tu, la mia morale è quello che è.
    "Perché devo lavorare, schifosi stronzi" rispondo, spalla a spalla con loro. So che suono più duro ma se poi sorrido le cose vanno meglio.

    È che quando oblivio la mente di qualcuno, io non posso bere come una merda, per quanto mi piacerebbe.
    Quando lavoro devo esserci, per non fare un casino del cazzo e scombinare tutto.
    Devo mantenere questo per me. Devo permettere che 'sto lavoro vada avanti. Che spinga abbastanza da farmi portare a casa una pizza ogni tanto.
    Ma una sigaretta cazzo se la posso fumare. Che esco al gelo per questo, per scaldarmi con il fuoco dello zippo.
    Ci metto una cura del cazzo a far sì che il fuoco non mi si spenga tra le mani. Tanto che non mi accorgo di Jack che mi affianca l'istante dopo.
    "Sicuro che va tutto bene, Jay?" Lui può chiamarmi così. Perché lui sa tutto quello che invece non va bene, tutti incazzi che ho per la testa.
    "È il solito, ma devo tenere la mente vuota" non so rispondere altro che la verità.
    Già, il solito. Le spese che aumentano, tu che ancora non puoi andare a scuola, io che non so ancora se sei un mago oppure no, le cazzo di spese che aumentano, mio-... tuo nonno e tutto quello che mi macera nello stomaco ogni notte ed ogni giorno.
    Si, il fottuto cazzo di solito.
    "Ok, ma se ti serve per Remì sai che me lo puoi dire, Anna è contenta di tenerlo ogni tanto con le gemelle" e so che invece tu non le sopporti, amore mio. Quelle gemelle non le tollero, fanno troppo rumore ed hanno poca pazienza.
    Ma Jack è quello che più somiglia ad un migliore amico per me, so che lo dice solo per aiutare. Gli voglio bene per questo.
    "Lo so, è che avevo già chiesto a Shosho, la prossima volta mh?" Lui annuisce, io lo saluto come ci hai sempre visto fare: stretta di mano e poi avviciniamo la spalla.

    5mtQebG
    Quello che mi resta da fare è stare qui. Qui a fumare finché il tipo non mi vedrà fuori dal locale, con le spalle appoggiate al muro. Sono abbastanza riconoscibile, chi è di qui sa bene cosa faccio, e chi non lo è può fare il giusto paragone con la faccia da cazzo che ho messo anche sul biglietto da visita.Nel dubbio, basta chiedere di me, ed un faro mi verrà puntato direttamente sulla schiena. Voilà.

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    Non ho mai capito se a piacermi fossero proprio questi occhi che avevi puntati addosso. Il modo in cui sia donne che uomini erano soliti girarsi in tua direzione. Non sei mai stato l'anima della festa, eppure, quando ne organizzavo e tu, per forza di cose - casa era di entrambi - ti ritrovavi a girar per le sale, tutti finivano per guardare te. Per preferire i tuoi ricci ai miei. Per cercare i tuoi occhi azzurri piuttosto che i miei.
    I miei sono ancora verdi.
    I tuoi, beh, non so più quale luce sappiano riflettere.
    Ma immagino che i neon di locali come questi finiscano sempre per donarti le loro sfumature. Che il giallo delle insegne ti rifletta in viso come un lampo.
    Le luci che in autostrada si susseguono in rincorsa.
    Non abbiamo mai avuto un'auto nostra perché la smaterializzazione, a detta di papà, è migliore di ogni altra cosa. Ma di film babbani ne abbiamo visti eccome.
    Ricordo ancora la tua testa sulla mia spalla mentre quelle immagini, quelle storie, andavano.
    Persino la nostra, D. credo sia andata per sempre.
    Anche quando tutte queste persone non lo sanno e finiscono per sorridermi nel medesimo modo in cui sorridevano a te. Che hai sempre avuto una fila di denti da tirar fuori all'occorrenza. Come un ghigno. Uno di quelli che ha sempre accentuato il fascino che ti contraddistingueva.
    Quanto cazzo ti hanno amato.
    Anche se alla fine, al tuo funerale, c'ero solo io.

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    "Puoi prendere le sue cose, Chrys."
    Una concessione che, da parte di nostra madre, non ho mai compreso. Non quando pur potendoti festeggiare al meglio, ha preferito restarsene in tribuna. Nemmeno papà si è battuto tanto quel giorno. Quasi preferendo gestire quelli dei suoi clienti che il tuo. Io credo fosse perché ci era mancato il passaggio iniziale, quello che alla fine da un po' il via al tutto.
    Concretizza l'addio.
    Ci lascia la certezza di aver perso per sempre qualcosa.
    Il non averti potuto vestire ci ha mandati tutti in tilt. Il tuo abito da funerale ancora penzola nell'armadio. A volte sembra un fantasma. Tutto ciò che ci rimane di te è solo quello.
    Quello e questo cazzo di viso.
    Me lo tengo fermo addosso come se, in quanto maschera, possa cadermi giù senza alcun problema.
    Leggero, senza peso.
    Una piuma che a stento se ne sta ferma contro il supporto che ha conosciuto per anni. Mi sento sempre così. Ti sento sempre così. Come una piuma che è stata in grado di librarsi altrove.
    Se questo è stato il tuo modo per esser libero, giuro su Dio che torno a prenderti per completare l'opera.

    "Non credo sia giusto."
    Le risposi io.
    "Non sappiamo se torna."
    "I morti non tornano mai, amore mio."

    Il problema è quando restano.
    Credo sia questo quello che ho scritto nella lettera che ho spedito all'ennesimo stronzo di questa sera.
    "Ho un problema." Devo aver appuntato qualcosa del genere. "La morte continua a darmi il tormento." Ma non ben capito che cosa volessi.
    non lo comprendo nemmeno ora.
    5mtQebG
    Per questo muovo i piedi con titubanza. Non lascio più che il boa di piume mi scivoli dalle spalle solo per mettere in mostra il tuo esile collo. Non ho mai capito cosa piacesse tanto di te. So che eri belli, ma così schivo da far paura. I tuoi sorrisi, per un certo verso, credo di averli visti solo io. Di averli assaporati solo e soltanto io. E mi sembra cattiveria pura, adesso, ritrovarmi a concederli agli altri.
    Ma a me piacevi proprio per quelli. Per il modo in cui - sorridendo - il collo finiva per tirartisi appena. Come se qualcuno fosse venuto lì proprio con l'intento di strozzarti.

    "Per caso hai da accendere?"
    So chi dovrei incontrare ma lui non sa chi sono io. Non ho mostrato alcuna immagine di me, né mi sono sperticato in descrizioni inutili. Non mi piace sbottonarmi, nemmeno quando degli altri conosco praticamente tutto. E lui, a modo suo, gode di una certa nomea. Non dico che sia famoso quanto te. Dico semplicemente che la sua privacy è un po' di dominio pubblico. Tanto che non lo riconosco da quelli che potrebbero essere i "tratti distintivi del suo corpo". Non è per i tatuaggi che mi avvicino. Credo, semplicemente, che sia per l'insieme.
    Solo che adesso, anche se lui mi conosce come Chrys, so che farei fatica a presentarmi con quel nome. Sarà per l'effetto della pastiglia, ma se provo a tirar fuori un C-h-r-y-s, poi, inevitabilmente, pronuncio D-a-i-s-y.
    Mi poggio con le spalle al suo stesso muro. Quasi spalla a spalla se non fosse che c'è spazio per star comodi persino in quattro.
    Tiro fuori la cicca dal portasigarette. Questa se ne salta fuori come se pizzicata ai fianchi.
    Me la porto alle tue labbra.
    C'è una parte di me che ha proprio voglia di farsi guardare.
    Voglio che ti guardi, D.


    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.





     
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    Joshua Çevik 29 anni Obliviatore Padre di merdaFiglio del cazzo

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    Quante cazzo di cose iniziano con "ehi, hai da accendere?". Spero che tu - Remì - lo imparerai più tardi possibile che cazzo significhi.
    Vorrei che non fumassi, che non ti bruciassi i polmoni come facciamo noi, ma non fa niente, non sarò bravo abbastanza da impedirti quei vizi che mi ballano nei polmoni. Quando crescerai spero solo che sarai più assennato di me, ma posso giurarti che nel mio farò ogni cosa perché tu almeno stia bene.
    E se questo significa strappare i ricordi dolenti dalla testa di gente come noi, così sia. Non mi sono mai fatto un problema, dicono che io non abbia empatia.
    Lo diceva mia madre a mio padre, le notti. Lo dice mio padre a me quando, andando a trovarlo, mi ritrovo a non piangere come chi ci sta attorno.
    Ti ho promesso che saremmo andati a trovarlo non appena fossi stato pronto, vediamo se almeno una promessa so ancora mantenerla. Vediamo se lui non crepa prima, o la sua mente non si annebbia al punto da non riconoscermi.

    Imparerai che a volte è così che si parla con me, piccoletto. Mi si approcciano in tanti modi diversi, ma questo è forse un classico. Un esempio semplice di come iniziare qualcosa che sicuramente non fa piacere ad un cazzo di nessuno.
    Magari lo fa alle mie tasche che si riempiono, ed erano troppi giorni che non facevo niente. Il mio servizio è qualcosa di cui la gente ha paura, Remì. Perché per dimenticare bisogna essere dei vigliacchi, o dei coraggiosi del cazzo.
    Ognuno ha le sue ragione, ed a volte io non le voglio conoscere, non giudico nessuno di loro, che facciano quello che vogliono purché chiamino me.
    Sono solo un contenitore temporaneo della loro merda, perché evidentemente io non ne ho vista abbastanza in vita mia, oppure il vigliacco sono io che per non affrontare la nostra mi illudo che gli altri stiano peggio di me.
    "Sì, vieni qua" gli allungo lo zippo, ma lo tengo nelle mie mani quando accendo la fiamma. Lo faccio dapprima senza guardarlo, poi con gli occhi scavo un po'. Ha un bel profilo anche se mi sembra un ragazzino, qualcuno poco più grande di te.
    E' vero, ti ho detto che non giudico, ma qualche pensiero me lo faccio lo stesso. Però magari sta qui solo per fumare e non è chi mi aspetto che sia.

    Il contatto visivo a volte fa tremare le difese, abbatte i muri. Ma non scavo nella mente altrui senza un cazzo di permesso, non è da me. Non finché non ho un fottuto motivo per farlo, come è stato per quella donna che vantava un diritto su voi bambini. Dio, lo sai, se avessi potuto vi avrei portati via tutti da li: ma ho salvato solo te, e sei il punto fermo della mia cazzo di vita.
    Mi chiedo se abbia l'aspetto di uno a cui la morte continua a dare il tormento. E mi sta bene se non è così, se non è lui a muoversi per primo: la gente deve venire a me volendo, non posso obbligarla anche se cristo lo farei.
    Lo farei per tirare avanti, per non farti vedere che resterò sempre un padre di merda. Tu però non crederlo mai, Remì.

    gif
    "Ed è questa la sola cosa che vuoi chiedermi?"
    Io non lo posso sapere. Non posso essere certo che sia lui, Chrys, e che comunque sia qui per me. Ma di tastare il terreno ne ho davvero bisogno, un solo passo che mi porti a raccontarti la storia della buonanotte prima che ti addormenti. Un rivolo di nevrotica impazienza che nascondo dietro un secondo, profondo, tiro. E' una domanda che lascio scivolare tra noi mentre torno a guardare avanti ed intasco lo zippo. Ci sono persone che a questo punto se ne vanno.

    ...





     
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    Quello che ricerco io sono gesta come queste. Mi sta bene che l'accendino non me lo passi. Che sia lui ad accendermi la sigaretta, a costringermi a voltarmi in sua direzione. Mi faccio vicino come quando ero io a doverti spiegare qualcosa. A volte fronte a fronte, altre, semplicemente, a lasciarti spazio sulla mia spalla. Come se le mie ossa potessero essere in un qualche modo il tuo trespolo. Mi sembra di sentirti poggiare lì anche adesso. Magari è proprio per questo motivo che tendo a portare una mano lì. A stringermi da solo, quasi, mentre questo sconosciuto mi illumina il viso con la fiamma del suo zippo.
    La fiamma è calda. Diciamo che in serate come queste, anche solo una cosa così piccola sa fare la differenza.
    Sarà che, da quando te ne sei andato - perché non sei morto, io non so accettarlo - ogni piccola cosa fa la sua differenza.
    Mi sembra di dover imparare ogni cosa da capo.
    E tutto mi spaventa, tutto mi entusiasma. Anche uno scambiarsi di fiati come questo: che faccio un tiro per permettere alla cicca di accendersi ed è solo così che, oltre al tabacco, finisco per sentire anche lui.
    Non perché sino ad ora lui sia stato invisibile ai miei sensi.
    Intoccabile, inesistente finché non me ne sono reso conto.
    Credo semplicemente che...che sino ad ora ogni mia attenzione sia rimasta concentrata su di te. Sull'effetto che fai.
    Mi sto chiedendo se gli stai piacendo.
    Se insieme, insomma, finiamo per non essere così male.
    Tu sai farci tremare le viscere, D.

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    "Magari no, non è solo questo."
    Mastico.
    Mi lascio smascherare.
    Anche se in realtà non è che io sappia cos'è che finirà per vedere. Quello che so io è che la droga mi ammorbidisce. Non rilassa solo i muscoli, non quando finisce per ribaltare completamente il mio mondo.
    E mi piace, sì, sentirmi di gomma quando tutto intorno, a modo suo, sa restare stabile. Che è solo così, probabilmente, che so affrontare la tua assenza: con la consapevolezza che ogni cosa, contro di me, non può far altro che rimbalzare. Voglio rinascere pungiball per sentire sì, qualcosa, ma non tutto.
    Non tutto questo, cazzo.

    "Possiamo fare un gioco, Joshua Çevik?"
    Non lo so perché mi piace pronunciarlo in questo modo. Perché trovo divertente questo metter a fuoco di dettagli che per altri sarebbero insulsi. Potrei far finta di nulla, in effetti: d'altro canto, se non so essere sicuro dei miei bisogni, che senso avrebbe mettersi così in mostra? Il fatto è che, comunque, mi piace credere di avere il controllo su qualcosa.
    E forse, adesso, ho il controllo sulle informazioni che ho sul suo conto.
    E questa, per iniziare, non è male: chiunque segua i Morgana sa chi è Joshua Çevik. Ma a me della sua musica non frega un cazzo, insomma, eri tu quello da concerti di questo tipo.
    A te, Joshua Çevik, piacerebbe da morire. Forse è per questo che finisco per farmelo piacere a mia volta.
    Ti ho sempre supportato, no? Quindi perché dovrei venirti a dire che no, non hai ragione sul suo conto?
    Joshua ha dei bei occhi blu. Sono tutto ciò su cui so focalizzarmi per non scivolare via.

    "Ti va di dirmelo tu cos'è che vorrei chiederti?"
    Accenno un mezzo sorriso.
    Le labbra credo stiano tremando, ma perché i miei denti non sono mai stati perfetti come i tuoi.
    Ed ho paura, sì, che tutto il dolore che c'è dietro la mutazione poi, comunque, non riesca a portare ai risultati richiesti. Ho paura di essere fallimentare anche in questo. Di non riuscirti a salvare, a renderti omaggio nemmeno così.

    "Rientra nella tua parcella?"
    Poggio di nuovo la schiena contro il muro. Mi piace osservare come il fumo si libera leggero dai miei polmoni. Le sigarette mi fanno grattare la gola, ma il resto mi piace. Amo il loro retrogusto: era quello che sapeva rimanerti impigliato tra i capelli. Agrumi e tabacco.
    Non posso non profumare di te. Mi capisci?

    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.





     
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    Magari no. Ma lo sappiamo già tutti, eppure non è qualcosa che mi fa irrigidire le ossa.
    No io lo so che sta stronzata non è mai facile da fare, e non affretto più di quanto io non debba. Non so cosa me lo faccia dire, Remì, ma credo che mi odierai quando tornerò a casa più tardi del previsto.
    Allora ti troverò a dormire dalla mia parte del letto, non volendoti svegliare mi infilerò pianissimo sotto le coperte. E tu, russando come il topastro che sei, ti incollerai a me, perché non fai altro che cercarmi ogni volta.
    Io lo so che è quello di cui hai bisogno, ma non mi fa stare meglio.
    Adesso, quando il ragazzino si avvicina, ho solo bisogno di respirare il suo profumo, anche senza la spasmodica ricerca di un contatto, solo per tenerlo qui, caldo com'è. Vai a letto, Remì, è il momento per i grandi ora. Per quelle cose che capiresti se io per una volta del cazzo mi decidessi a spiegartele. Prima o poi il mio "sei piccolo, ancora" non varrà più. Ma ora dormi.

    Dormi, Remì, che io mi concentro su di lui. Sulle fusa che sento leggere corrermi dietro il collo, sul brivido che mi dà ogni volta che so cosa devo fare.

    "Magari-" si, magari lo sappiamo entrambi perché sei qui. Ma fa con calma.

    Mi chiedi cosa vuoi da me
    Ti vuoi del male così?

    Lo sai che cazzo significa questo? Significa che per forza ora mi porti a guardarti. Forzi il mio sguardo oltre il profilo che ti ritrovi. Come se io non sapessi che stai perdendo tempo, che ci vuole un coraggio del cazzo per fare un passo così verso di me, e che tu sai bene che non sono solo quello che ha appena finito un concerto come altri. Non sei venuto a sentirmi cantare.
    Fermo le labbra in un morso, mentre prendo un terzo tiro che faccia bruciare il culo di catrame di 'sta cicca. Non mi frega un cazzo se bruciando finisce ad incenerire l'asfalto ai miei piedi.
    Ché a me non costa un cazzo giocare con te, ragazzino. Anzi, mi fai crescere un ghigno tra le labbra, al punto che mi appoggio con una sola spalla sulla schiena.
    Non so come cazzo può sembrarti il mio sguardo, è che con questi occhi ti divoro. Scavo quanto basta perché la mia non sia mai una carezza, ma un modo per capire.
    Capire che tono usi quando mi chiami, che il mio nome e cognome non sono segreti, ho bisogno che si sappiano, che chiamino me, che mi facciano anche finire nei casini, perché con la merda ci fai i soldi. E quelli servono a tutti.
    Guardali gli stronzi che ti circondano, ragazzino, siamo tutti affamati. Abbiamo tutti un bisogno atavico di questi cazzo di galeoni. E che siano soldi magici o no, è con questi che gira il mondo.

    gif
    No, chiederti cose non rientra nella mia cazzo di parcella. Non mi interessa sapere prima che cosa ti vuoi togliere di testa. Ma sei il primo che con me vuole anche giocare. Non so stare a stronzate di potere, e non credo tu possa vantarne su di me, per questo gonfio il petto involontariamente. Te lo sto dicendo cosa puoi fare, e cosa no. Fin dove spingerti ed il punto fin cui mi piacerà giocare.
    Forse sarò deludente, anche se mi prendo spazio con un passo che ti venga più vicino, più sotto, per quanto sotto a me ci sia tu.
    Non è vero che sono un cazzo di insensibile, quando poi lavoro lo so come cazzo si tratta con la gente. Per questo avanzo ancora, non sta bene cercare di capire se non ti posso guardare negli occhi.
    Allungo una mano sola, quella che tiene la sigaretta tra indice e medio. Lo faccio per prenderti il mento e voltarlo verso di me. Inclino il muso.
    "E te lo devo dire con tutti questi stronzi che ci ascoltano?" ma - anche se in un sussurro - ti suggerisco io la risposta giusta adesso. "O preferisci un posto più intimo?" e perché cazzo la cosa mi porta altrove, non lo so. Tengo il fiato.

    ...





     
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    Me lo ricordo perfettamente il primo tipo di cui mi hai parlato. I sorrisi stupidi che lo stronzo sapeva tirarti su. Ricordo ogni minimo dettaglio del tuo racconto. La timidezza che avevi nell'ammettere che fosse più grande di te. Eri ancora minorenne, avevi ancora la traccia ben incollata addosso e lui puzzava di una famiglia che non era la nostra. Puzzava di sua moglie, dei suoi figli. Avevi la stessa età del più grande, probabilmente. Gli stessi occhi luminosi di chi ha sempre creduto nel bene del mondo. La prima volta, ho creduto che ti avesse portato via lui. Per questo mi ero fatto trovare sotto casa sua. Per questo, per tutto il santo giorno, ero rimasto ad osservare i suoi figli.
    Sì, avevi decisamente l'età di Thomas. E suo figlio, beh, era persino carino.
    Parlo al passato solo perché non ho alcuna intenzione di ritornare sotto quella finestra.
    Parlo al passato perché, alla fine, c'è sempre una parte di mamma in me. Cerca di convincermi anche quando non ha voce. Anche quando non sa cos'è che faccio quando esco la sera. Non dovrebbe interessarle.
    Così come non l'è mai importato di quello che ti faceva Peter. E del modo, ossessivo, con il quale da me è passato a te.
    Sei sempre stato il migliore tra i due.
    Il più desiderabile.
    Magari è proprio per questo che mi concedo un brivido. Che sento la pelle accapponarsi, farsi d'oca, quando Joshua Çevik si avvicina.
    Allora ripenso a Ulrich, ripenso a Thomas. Ripenso a quei racconti che sapevi render così vividi.
    Ripenso ai tuoi sospiri. Alle labbra che tenevi schiuse quando mi descrivevi il modo in cui Ulrich sapeva sfiorarti.
    Avevi sedici anni e mezzo.
    E lui era un padre di famiglia. Per un istante, infatti, come puoi ben intuire, immagino di essere te e che, Joshua, sia proprio quel padre.
    Respiro a fondo per far mio il suo profumo. Le mie fotografie io le conservo così.
    Le porto a casa in provette. Me le faccio cucire istintivamente addosso.



    5mtQebG
    "Puoi dirmelo in qualsiasi posto tu abbia voglia di farlo."
    Schiudo le labbra quando mi afferra il mento. Immagino fosse anche questa parte delle tue gesta. Il modo che avevi di guardarci finiva per ucciderci. Vorrei che questo uomo, adesso, solo per la colpa di essere maledettamente affascinante, cada ai tuoi piedi.
    Questo è il pensiero sopraffino che mi concedo quando la gravità terrestre non esiste più e allora io fluttuo.
    La mia mente fluttua. I miei respiri già iniziano a fondersi ai suoi.

    "Non ho alcun segreto con me questa sera."
    Il che, lo sappiamo entrambi, è una grande, grandissima menzogna.
    Vorrei che fosse suo il desiderio di spingermi il pollice lungo le labbra.
    Non sto fumando più proprio perché in attesa. Perché i tuoi denti perfetti non voglio che mostrarli al mondo intero.
    Con essi, sì, fagociterò ogni cosa.
    Ogni fottuta cosa, D.

    "Sarebbe controproducente."
    Forse questo è vero, anche se nel pensarlo, mi viene spontaneo retrocedere - anche se solo mentalmente. Non volermene a male -

    "Non avrei alcuna scusa per scegliere un posto più intimo, in quel caso."
    Ma ora sorrido. Lascio intendere che sto scherzando. Che non pendo per alcun motivo dalle sue labbra.
    Mi chiedo se è così che ti sei comportato con Peter. Se me lo hai portato via con un sorriso. O semplicemente, sfruttando una di quelle folate di vento che sapevano spargere per tutta casa il tuo profumo.
    Etereo.
    Sei sempre stato il parassita della nostra cazzo di vita.
    A volte, anche se poi so pentirmene, vorrei che fossi morto davvero.
    Vorrei dare ragione alla mamma.

    Mi scosto dalla sua presa.
    Lascio saettare gli occhi in un punto randomico nello spazio che ci circonda.
    Questo è il cenno universale del "muoversi".

    "Fammi strada."
    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.





     
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    Joshua Çevik 29 anni Obliviatore Padre di merdaFiglio del cazzo

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    Per fortuna a me la puttanata che non si scopa con i clienti, non è mai andata bene. Etica del cazzo che non mi appartiene.
    Se ho voglia, ho voglia e basta e non mi si leva solo perché devo pensare a come toglierti il dolore dalla testa. Mi guiderai come guideresti questa mano ben oltre il tuo mento.Dio, quanto cazzo vorrei non essere un padre tanto egoista.
    Ma ancora non ci riesco, sono un ragazzino dentro e fuori. Mai pronto ad avere figli di cui curarmi mettendo da parte la mia cazzo di vita. Ma io questo momento me lo godo in ogni stupido ringhio che rievoca nello sterno.
    Quando muovi le labbra come un fottuto adescatore, prego solo che tu sappia andare fino in fondo, perché non sono mai stato uno in grado di fermarsi.
    Giochi come se sapessi che cazzo stai facendo, e le tue labbra, dio, il pollice le sfiora appena, perché ti posso studiare con una lentezza esasperante, ragazzino.
    Che poi neanche devi essere così giovane, è il padre in me che mi fa sentire cent'anni dietro il collo, ma cazzo se mi ci discosto appena serve.
    Non è un cazzo vero che non hai segreti, tu, e nel saperlo finisco con un ghigno sul muso.

    Quanti cazzo ne ho visti come te, gravitarmi attorno per quello che sono. Da un lato o da un altro, purché non sappiano mai un cazzo di quello che vorrei togliermi io dalla testa.
    Credo sia un paradosso, lo sai, occhioni? Credo sia un cazzo di paradosso che io non voglio strapparmi mia madre e mia sorella via dal cuore, così per non essere sempre un cane in attesa di mordere. Aspetto solo i bersaglio giusto, neanche mi acquatto strategicamente dietro i cespugli, nah. No io aspetto e basta, e quando scatta l'istinto le fauci si aprono, e quello che sta davanti a me... smette di respirare.
    Io ne ho di segreti, Chrys. Ne ho tanti, e non sono sulla bocca di tutti come può starci mio figlio.
    E cristo, guai a chi cazzo parla di lui, mi basta sentire appena ciò che dicono, per-... beh ho appeso al muro per molto meno.
    Lascio cadere la sigaretta consumata, avanzo sfiorandoti solo per spegnerla. Mi piacciono queste danze del cazzo, ma da qualche parte mi dovranno portare stanotte. Quante cazzo di cose farei con te, dio se non fosse evidente.

    "Di qua-" Allontano la mano appena ti allontani tu, non prima, e quando smetti di guardarmi so che devo fare. Inspiro più a fondo, scuoto la testa, ti affianco.
    Ho la tendenza di prenderti per mano, tanto che un braccio scivola pericolosamente vicino al tuo, ma non lo faccio. Non sei un bambino, puoi seguirmi anche così, anche quando non devo portarti tanto distante da dove siamo.
    Amos mi lascia usare il suo sgabuzzino per i miei "traffici", ma d'altronde per lui e tutte le volte che tradisce sua moglie, faccio più che comodo qui.
    Tutti 'sti favori perché ha in casa una pozionista del cazzo che gli propina sieri della verità ogni volta che rientra a casa vagamente profumato di un'altra.
    Seh, dovrebbe sapere che Amos "caro" non si tiene un cazzo nelle mutande, che le orge qui dentro sono il minimo per ogni venerdì notte in cui fa il doppio turno. E' pure un uomo di merda, ma a quanto pare ha un trapano là sotto.

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    Ti faccio cenno appena arriviamo allo sgabuzzino, le cavi le ho io, me le rigiro e ti invito ad entrare. Non è così stretto, ci si sta in cinque, quindi adesso con due siamo più che comodi.
    Aspetto che tu faccia come ti ho detto. "Carino eh? Lo so, è un ufficio di tutto rispetto" ma i miei sono ringhi bassi del cazzo, che mi guardo intorno prima di chiudere la porta a dovere alle mie spalle.
    La luce è veloce, si accende in qualche stupida candela che ci fluttua attorno - loro sanno già di non dovermi stare tra le palle quando lavoro.
    Due secondi netti per evocare uno sgabello che attacco al muro. "Siediti" è un ordine, mentre la bacchetta sfila dalla manica.
    Voglio vedere se ne hai paura, voglio capire quanto cazzo può accelerare il tuo cuore adesso. "E' solo perché potresti perdere i sensi, dipende da-" non so smettere di guardarti. I tuoi cazzo di occhi. "- da quanto a fondo andrò con te".

    C'è un'altra cosa che devi sapere, mentre mi sfilo la giacca e distendo i muscoli piano piano, che questa non è solo una fatica mentale, io devo essere pronto a non farti a pezzi. "Senti-" ti dirò anche il cazzo di ovvio, ok? "- non si torna indietro da questa cosa, mh? Se io entro, entro e basta" abbasso il tono.

    ...





     
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    Mi viene da sorridere quando mi fa strada verso il suo ufficio. Quando, per quel breve tragitto che ci separa da lì, spingo la mano come per sentire le nocche battere contro le sue. Non voglio stringergli la mano, nemmeno quando sono sempre io quello ad aver bisogno di contatti diretti. Nemmeno quando sono io il gatto randagio che spinge per le fusa. Che le vuole da tutte.
    Ma sorrido, sì, perché queste falcate leggere mi fanno sentire libero. Non come se fluttuassi davvero sull'asfalto, quanto come una ballerina che finisce per danzare sulle punte ed è libera, sì, anche se deve tenere i muscoli delle gambe ben allenati.
    So che Joshua ti piacerebbe.
    Che penderesti dalle sue labbra. Ma sai bene per quale motivo siamo qui e quello, beh, non contempla - forse - il sesso. Mi chiedo se sei mai stato il tipo da una botta e via. Se dopo esserti sudato una certa nomea, poi ti sia venuto facile distruggere ogni immagine di te.
    Non ho mai chiesto a Peter per quale motivo avesse sempre il cavallo dei pantaloni rigonfio in tua presenza. Non mi sono mai domandato che cosa venisse a fare in serra quando c'eri tu a potare le piante della mamma, ma una risposta, probabilmente, se mi sforzarsi di cercarla la troverei eccome.
    Credo sia solo autodifesa la mia. Quel bisogno intrinseco che ho di dirmi che va tutto bene. Che c'è una parte di me ancora capace di tenere ogni cosa sotto controllo.
    Adesso, infatti, faccio sfoggio del silenzio. Lascio che il tendone ricada immacolato sulle nostre teste. Che la tensione possa tornare a farsi palpabile. Voglio sentirla addosso, lasciarmene soffocare. Giusto per quegli istanti in cui potrò fingere di essere il re del mondo. Di ogni singolo dettaglio che finirà per scivolarmi tra le dita.
    Irrigidisco i muscoli solo per tenderne bene i fili. Gioco al tiro alla fune. E lo guardo. Guardo le sue spalle, la sua schiena contro la quale so che vorrei aggrapparmi. Se non adesso, quando tutto passerà in mano a lui.

    5mtQebG
    Poi mi viene spontaneo: se lui tira fuori la bacchetta anche solo per evocare uno sgabello, io spingo una mano verso la mia. Ce l'ho stretta al fianco, seppur nascosta sotto il cappotto in cui mi incasso sgraziatamente.

    "Ti ringrazio per la premura."
    Oso dire, sedendomi laddove mi ha chiesto di stare, con le gambe prima larghe, poi accavallate una sull'altra. Sedevi così tu, D. Quasi a voler imitare una statua. Quasi a volere che gli altri ti dipingessero.
    Sento i tuoi capelli accarezzarmi le spalle. Se chiudo gli occhi, posso immaginarti proprio qui, appollaiato sulla mia schiena. A posarmi il mento sulle spalle solo per vedere meglio cos'è che sto facendo. Va bene? Posso andare avanti adesso?

    "Ma so a cosa vado incontro."
    Non è vero, sappiamo entrambi che non lo è. Ma ho questo bisogno di essere sfrontato laddove non c'è nulla a richiedermelo. Ho questo bisogno stupido di dar l'idea di essere all'altezza dell'oblio. Di sentirmi fottuto solo per provare poi ad uscirne indenne. Di aver paura, di sentirmi pervaso da questa. Ho bisogno di soffocare solo per ritornare a godere dell'adrenalina che si fa spazio lungo il corpo. Voglio drogarmi di ossigeno o, in alternativa, della sua anidride carbonica.

    "Non so, però, da quant'è che lavori in questo campo. Di quali dettagli hai bisogno? Il dolore - sai come combatterlo?"
    C'è un momento in cui la mia sicurezza vacilla. In cui gli occhi mi si imperlano anche se non so piangere. Che, sicuro, non verserò alcuna lacrima qui, così come non ne ho versate al tuo finto funerale.
    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.





     
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    Joshua Çevik 29 anni Obliviatore Padre di merdaFiglio del cazzo

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    Non sai quante cazzo di ribellioni mi sono visto. Non sai quanto io possa essere pronto a tutto. Dio, sono troppe le cose che non sai. Come il modo in cui mi rendo conto che sfiori la bacchetta, o che certo non sei il primo che sa fidarsi.
    E invece di me dovrai farlo, ed è un cazzo di scoglio, lo so. Neanche io mi fido della gente, non mi fido da quando-... da quando sono nato e basta. Non c'è stato un momento critico, la mia intera vita è critica.
    Ma fai bene, fai bene a difenderti da me, che potrei non fare un cazzo di quello che mi dici e toglierti l'identità in pochi secondi. A chi cazzo andresti a dirlo? Nessuno, perché non avresti niente da dire. Io posso riscriverti anche solo togliendo il punto sbagliato dei tuoi ricordi. Cambierei il tuo modo di essere, perfino quello di camminare, e non puoi sapere quanto io questa cosa l'abbia davvero fatta.
    Sono cose che da qui non usciranno mai, per questo la mia mente è chiusa con tante mandate di lucchetto quanti anni mi porto sulle spalle.

    Per un po' non ti guardo, l'impatto con i miei occhi tu ce l'hai già. Te. li ho già fatti vedere, ti farà meno male quando torneranno ma per scavare.
    "Buon per te se lo sai-" ma non è vero. Però non sono qui per strapparti via certezze e coraggio, se a queste vuoi aggrapparti quando sarà il momento. Non giudico mai niente, è sempre stato un cazzo di problema che ora ho risolto.
    Ora, si, che non ho quasi nessuno da cui tornare. Ora che la solitudine è un cazzo di cane alle caviglie. Ora che ho bisogno di soldi e vivo ogni giorno per le ventiquattro ore successive.
    Ma tu mi arrivi dritto in gola quando mi parli di nuovo, quando mi chiedi da quanto cazzo lo faccio. O quando ho capito che avrei potuto fare questo tra una cosa e l'altra, che ero fortuitamente bravo.

    E' stato quando è morta mia madre. Quando ci ha lasciati perché ce l'hanno portata via. E' stato quando mio padre è impazzito e non ci ha più visto per il dolore.
    E' stato quando lui è... Mia sorella non l'ha mai saputo. A lei dicevo che erano gli stronzi a scuola che mi minacciavano con un coltello alla gola. Ma è stato nostro padre ad aprirmi in due, quando gli ho strappato i ricordi uno ad uno. Non avevo neanche dodici anni. Ma va bene, perché la vita è una merda e questa è la mia.
    Perché se mio padre ha quello che ha, è colpa mia, sono un figlio di merda. E mi resta tutto negli occhi quando - con una calma rituale - ti torno vicino.
    Il mio respiro è profondo, ma anche fortuitamente pesante. So di cosa si imperlano i tuoi occhi, perché siamo tutti su una fottuta barca, così - e solo così - riesco a fare quello che faccio.

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    "Lo faccio da sempre" distendo le dita, appoggio la bacchetta sul mobiletto basso per un attimo, finché non siamo pronti rimarrà lì, ok? "Dovrai dirmi cosa cercare, con precisione" mormoro, mi faccio più avanti ti sfioro il collo con le dita. "Se non ti fiderai, non andremo da nessuna parte, te lo dico subito" continuo, piano piano perché tu percepisca il singolo sfiorarti dei polpastrelli. "E' difficile, lo so, non sono un cazzo di nessuno ma... il dolore, quello noi non lo combattiamo, lo cancelliamo perché non ci tormenti più" E "noi" siamo noi due adesso. Non c'è nulla di più coraggioso del chiedere un cazzo di aiuto in questo momento.
    "Quello che toglierò andrà perso per sempre, devi dirmi che lo sai, che ti sta bene" Devi darmi il tuo cazzo di consenso. Perché la mia voce ha un tono basso, ma voglio che sia sicuro per te. Lo voglio sempre. "Chrys, giusto?"

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    "Chrysanthemum per gli altri."
    Che è un po' il modo che ho per dirgli che lui può chiamarmi Chrys. Che gli ho dato il permesso, ecco, di utilizzare il diminutivo per me. E non perché io mi fidi, Dio solo sa com'è che non so farlo in certi contesti. Il fatto è che voglio partire con una marcia in più non so se per l'idea che a te, questo stronzo, piacerebbe da morire - e allora, sì, devo farmelo piacere di rimando - o perché c'è un'altra parte di me - quella, sì! - che reclama contatto.
    Tant'è che se mi sfiora io non mi muovo. Non so ribellarmi con il corpo, non quando qualcosa la stimola, la risveglia solo per il contesto nel quale ci stiamo immergendo insieme. E mi sembra di essere nudo adesso. Con una mano protesa verso di lui piuttosto che sulla bacchetta. Per lasciarmi prendere e poi immergermi in queste acque nere.
    Un battesimo. Il mio, che fingo di essere in grado di accettare una rinascita. Anche quando sono recalcitrante. Anche quando mi basterebbe scavallare le gambe, spingere un piede contro il pavimento e così ritirarmi su.
    Fuggire a testa bassa. Ritornare da dove sono entrato.
    E non so nemmeno se ho voglia di chiedergli altri dettagli. Se queste domande che sono solito fare poi cercano davvero una risposta da lui.
    Mi chiedo se sia normale, sì, che un estraneo possa piacermi solo per questo.
    Solo perché mi sto costruendo un'idea in testa.
    Solo perché sono fatto e ogni tocco, ogni profumo, finisce per amplificarsi nel mio cervello.
    Ho questa stupida convinzione di saper leggere oltre ogni cosa. Oltre lui e la semplice maschera che indossa.
    Oltre la sua pelle. Come se ne stessi osservando ogni muscolo, ogni nervo e allora mi spettasse di diritto la capacità di pizzicargliene anche solo uno come fosse corda di una chitarra.
    Ma non sono io il musicista e della sua musica, beh, io non saprei cosa farmene.
    Non mi farebbe ballare. Non susciterebbe un cazzo.

    "Magari, però, stai partendo col piede giusto."
    Sibilo chiudendo gli occhi. Questo dovrebbe essere un buon segno di reso. Un messaggio di buon auspicio. Perché sì, ho tutti gli altri sensi a lavorare per conto mio, ma chiudere gli occhi, beh, significa tanto.
    Significa lasciarsi andare.
    E lui no, non è Morfeo. Non so richiedendo il sonno eterno o qualche notte di pace.
    Forse sto chiedendo qualcosa di impossibile.
    Qualcosa che, a conti fatti, nemmeno voglio con così tanto coraggio.
    Io non sono coraggio, D. Lo sai benissimo anche tu.
    Io sono solo un coniglio che va preso per le orecchie.
    Un coniglietto del cazzo che sa solo far danno.

    5mtQebG
    "Non so se ti scopi con gli occhi ogni cazzo di cliente, ma...tant'è."
    Tant'è che me lo lascerei fare. Penso.
    Che se volesse scavar più a fondo con quelle dita sicuramente non lo fermerei. Se questo è il modo che ha per mettere gli altri a proprio agio - e insomma, sì, mi sembra una grande cazzata. Una bella e buona presa di potere che non gli è stata richiesta - io lo accetto.
    Tanto che scavallo le gambe per fargli spazio. Nella speranza di sentir le sue ginocchia sbattere contro le mie.
    Mi sfugge un ansimo, ma è leggero.

    "Quello per cui ti pagherei io è - cancellar via i fantasmi del passato. Voglio ancorarmi al presente."
    E mi sembra ironico rendermi conto di come il presente, adesso, sia lui.
    Questo ufficio. Le sue mani che mi percorrono come se fossi un'opera d'arte da contemplare con ogni cazzo di senso.
    Porto istintivamente una delle mie - proprio quella che fino a due secondi fa ha sfiorato la bacchetta - contro una sua gamba.
    Ci puntello le dita contro, quasi a dargli il permesso di farsi più vicino.

    "Dicevano che sei bravo."
    Non so cosa dovrebbe significare. Ma so che lusingarlo un po' mi piace. Che tirar la corda un pochino sia, per un certo verso, terribilmente eccitante.
    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.





     
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    Lo so bene quando finisco nella tana di un serpente più velenoso di me.
    E' una sorta di riconoscimento naturale, è istintivo. So quando sto facendo una cosa perché trascinato dagli eventi: che poi io me ne sbatta il cazzo è una faccenda diversa. Per questo ti sfioro, perché tu possa fidarti e capire che per quanto sono velenoso, se ti ritrai al contatto non mi darai mai abbastanza spazio per cancellarti un ricordo. Per raggiungere un punto nodale.
    Ma mi accorgo anche di quando giochi con me. Di quando il mio respiro inizia a piacerti, ed io non mi faccio mezzo scrupolo a venire più avanti. Mi basta giusto che tu allarghi le gambe come fai ora, per spingermi un passo oltre. Il sorriso stupido sulle labbra si piega piano a sinistra.
    Parlo avvicinandomi, che se è la seduzione l'arma con cui ti piegherò, allora va bene che la si usi.
    Se questo ti piace, non sono niente per sottrarmi. Ché piace anche a me.
    Mi piace la tua paura, quel momento in cui nel crederti tanto coraggioso poi ti fai mettere alle strette dal mostro. O magari immagino tutto, ma dio se ti respiro adesso.
    L'altra mano è veloce ma precisa, ti risale la schiena fino a fermarsi al suo centro, così posso tenerti più vicino a me, staccarti piano dal muro contro cui potresti cercare un riparo.

    "Io mi scopo chi cazzo mi pare" anche se non è questa la tua domanda, è una risposta che serpeggia morbida lungo le labbra, lungo una presa che sul tuo collo si fa più stabile, dita che ricercano quei ricci piano piano: giochiamo?
    "Dimmi chi sono questi fantasmi-" ordino piano lungo il collo, là dove spingo le labbra a schiudersi leggermente perché io possa farti venire i brividi almeno una volta. Non ho mai detto che non l'ho già fatto in questo modo. I miei metodi, sono cazzi miei. "- quando è iniziata? Da chi?" la sofferenza, il dolore, quando cazzo ha avuto il suo picco? Ed è vero che io sono bravo, ma la concentrazione è una bestia infame che si perde in una bolla di sapone. Ringhio, docile ancora per un po', quando le tue dita raggiungono la mia gamba, quando giochi con un contatto che brami.
    Mi vuoi già? Ci ho messo così poco, e non sono una cazzo di Veela. "Perché lo sono" bravo, intendo, anche se il discorso si fa lentamente sconnesso. Anche se chiudo gli occhi per respirarti, con le labbra tanto vicine da parlare quasi attraverso le tue.

    Cazzo- mi sfugge solo un ansimo, un ringhio basso e lugubre.

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    La fronte che incontra la tua, il respiro che si calma agitandosi da morire. "Ora però ti scoperei e basta, questo credo sia ovvio..." sospendo ogni fiato, il ventre in fiamme, la tua mano richiama il metallo. Non smettere di cercare, vai più a fondo, guarda quanto cazzo è profonda questa tana. Quanti mostri incarno in una volta sola, quanto cazzo mi sto frenando solo per un fottuto consenso. Dieci anni fa non te lo avrei neanche chiesto, adesso invece vorrei solo divorarti.
    Qualunque cosa tu stia facendo, sta funzionando, dio funziona da morire.

    ...





     
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    Penso si sia spento del tutto il mio cervello.
    Che la razionalità se ne sia andata a puttane. Che il corpo, a forza di farsi di gomma, poi sia diventato perfetto per il suo.
    Capace di aggrovigliarsi, di essere casa per qualcun altro.
    Penso che se proprio devi restare qui con me, D. allora vale la pena che tu lo faccia in questo modo.
    Che tu sia le mani con cui lo sfioro. Che sia il respiro con il quale cerco il suo.
    Gli occhi che riapro in sua direzione sono i tuoi.
    I miei sono verdi, hanno una sfumatura diversa anche quando questi ricordi resteranno miei. Anche Ulrich era un estraneo la prima volta? Non hai mai avuto paura nel lasciarti andare con gli altri. Credo sia stata proprio questa ingenuità a distruggerti, a portarti via da me.
    Così come io vorrei farmi portare via da questo tipo.
    Solo perché è bello, perché ciò che dice solletica il mio divertimento. Perché non mi sembra serio per un cazzo e allora mi da quello spiraglio di spazio per farmi entrare. Per farmi giocare così come siamo stati abituati a fare da mamma e papà.
    Posso sentirmi il padrone del mondo quando lascia scivolare la sua mano lungo la mia schiena.
    Invincibile, quando questo mi spinge a salir su in uno scatto. Come fossi un soldatino che ha da rispondere ad un comando.
    Sono pronto. Questo non era affatto nei miei piani, ma lo sono.
    Lo sono davvero. Lo sono da sempre quando si tratta di te.
    E so che a te piacerebbe. Anche Ulrich aveva gli occhi così chiari.
    Hai sempre cercato negli altri qualcuno che potesse farti da padre. Perché effettivamente Oleander non c'è mai stato. Era Erica - anzi, lo è tutt'ora - a far le veci di entrambi. A metterci in riga quando papà se ne lavava le mani.
    E tu hai sempre voluto che qualcuno, le mani, potesse arrivare a mettertele addosso.
    Non l'ho mai accettato, ma le sua, non lo so, mi piacciono.
    Sarà per i tatuaggi.
    Sarà perché così sento i brividi di chi sta per fare una grandissima cazzata. E sono voluto. Non importa i motivi per cui questo sta succedendo. Qualcuno mi vuole.
    Qualcuno vuole te.

    5mtQebG
    "Non voglio parlare di Daisy adesso."
    Un sibilo stupido. Non dovrei pronunciare il tuo nome così. Non dovrei sbottonarmi così tanto.
    Ma io ho un difetto - tra una sequela di pochissimi pregi - sono sincero.
    Ho questo problema di far uscire la verità nei momenti meno opportuni.
    Di tirar fuori dettagli che sono stupidi, o almeno, che non servono. No, Daisy, adesso non servono, quindi smettila di scalpitarmi nel cervello. Smettila di chiedermi cose che forse nemmeno farò più.
    Ora voglio solo l'accondiscendenza di questo tipo. Il modo becero che ha di prendersi le cose che vuole. Forse è nell'animo del rocker.
    Forse è solo un idiota come un altro che però sa fare breccia.
    E non nel cuore, dio, non è quello che va a fuoco adesso.
    Forse sono io la fiamma. Forse su una pira, adesso, hanno messo proprio me.

    "M-mio fratello."
    E invece, eh, vedi, sono così stupido da interrompere gli ansimi.

    "lui è morto."
    Ma è un sibilo che non mi aiuta ad accettare questa versione dei fatti. Io lo so che non lo sei. So che sei da qualche parte. So che non hai voglia di tornare a casa perché casa, beh, per te è sempre stata una merda.
    Perché papà se ne è sempre lavato le mani.

    Voglio che questo tipo, questo Joshua, mi lasci sulla pelle le stesse cicatrici che avevi tu.
    Quelle non so mai riprodurle. Quelle, sì, faccio fatica a portarle con me. Mi fanno male.
    "Ma adesso voglio questo."
    Un ansimo a fior di labbra. Forse sono io a baciarlo. A spingermi contro di lui come se non avessi altri appigli.

    "Non strapparmi via questo futuro."
    Capirà, sì. Capirà da sé.
    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.





     
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    Joshua Çevik 29 anni Obliviatore Padre di merdaFiglio del cazzo

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    Vieni qui e basta, lascia stare il resto. Che del cazzo di dolore possiamo parlare dopo, ho solo bisogno di questa fottuta elettricità. Dio è la mia fame che muove ogni gesto, che mi fa divorare centimetri di pelle per averti qui.
    Da quando? Come cazzo fai a diventare il Graal in due minuti? Dio non ti ho neanche parlato, non so chi sei ma non me ne frega un cazzo. La tua pelle è morbida e deve essere mia stanotte.
    Mia e basta, nel modo che ho di ringhiare il possesso lungo le vertebre. Te le scavo con le dita, infilando la mano sotto la maglia perché il suo risalirti sia nudo, pelle a pelle. Con le dita che si aprono al mio arrampicare da perfetto scalatore.
    Premo, insisto con le dita perché tu mi senta e la tua schiena diventi un cazzo di arco da tendere.
    Nessuna freccia, solo noi due ed il tuo teorema perfetto che si muove tra fiati e respiri. Sei dove ti volevo?

    Ansimo, respiro piano contro le tue labbra, ti sento agitarti, prepararti a me come se potessi avere l'illusione di riuscirci. Oh io te la lacerò, ragazzino. Se vuoi pensare che le redini con me esistono, allora cerca di stringerle, osa, porta quella mano più a fondo, cercami perché io sono già qui, io ho già caldo.
    Tanto da spogliarmi della maglia e tornare dove eravamo in pochi attimi, che in questo almeno sono veloce, mi prendo quello che voglio senza fare più domande.
    Ma tu apriti, che è fortuitamente erotico così. Dimmelo che è tuo fratello il problema, che non vuoi parlare di lui perché vuoi me e basta. Dimmi che posso lasciare poche candele accese e respirare il tuo profumo. Dio se è buono.

    Ma il tuo non è neanche un bacio, è uno slancio del cazzo che prendo con me, che mi basta per respirarti e portarti incollato a me. Per spingermi con te in un divorarsi che non lasci alcun tempo per respirare.
    Lui è morto, lei è morta, moriamo e basta un po' assieme, un po' contro i nostri cazzo di muri. E non importa se le mensole scricchiolano, se i tuoi ansimi si interrompono, li faccio ripartire io, ne prenderò finché ne hai da darmi.
    Tanto che nell'impegno di un bacio che è pura elettricità, scendo con le mani ad afferrarti i jeans e slacciarli, così da poter tirar via con forza ogni protezione che ti resta.
    Ma tu cercami, cercami in fusa che ti faccio quando le labbra finisco per morderle.
    Ho solo bisogno di capire se giochiamo nello stesso modo io e te, che duro mi è già diventato anche solo per le tue cazzo di labbra. Le voglio ovunque, capiscilo cazzo. Le voglio finché non le posso distruggere.

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    "No-" sospiro a fiato corto, la gola riarsa e la pelle che brucia. "- questo te lo ricorderai" E magari si. Magari sono solo uno spavaldo del cazzo, ma ti voglio fino a far della tua pelle il mio rifugio: io scopo solo così, o tutto o niente cazzo. Non voglio dirlo a voce alta, che è la tua fottuta innocenza a portarmi qui, perché tu non sei innocente neanche per il cazzo.
    Ma adesso stringimi, usami come scoglio nel fottuto oceano, incastra le unghie fino a farmi sanguinare, mentre io ti alzo il muso in questi baci, ti mordo lo zigomo, lo tengo stretto tra le labbra per un paio di respiri.

    ...







    Edited by J.Ç - 5/12/2023, 16:02
     
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    A me bastano i brividi adesso.
    La scossa che sento prendermi al ventre. Il fuoco che poi sento risalire al petto. Posso tornare a chiedermi se è proprio questo ciò che hai provato tutte quelle volte. Se l'avere queste sensazioni tanto diverse sia in un qualche modo collegato al fatto che adesso ci sei tu.
    Che non sono davvero solo.
    Che non sono davvero me.
    Mi piacerebbe spegnere il cervello ai baci. Dargli una resettata nelle spinte. Far sì che la pressione delle sue mani mi impedisca di pensare, di uscire fuori da questo corpo. Da questa stanza.
    Non voglio una cazzo di esperienza extracorporea, anche se poi sono il primo a farmi. A non aver pietà per me, né rispetto alcuno per questa pelle che indosso. Non so perdonarmi, credo sia proprio questo il punto. Il momento esatto in cui finisco per fregarmi da solo. Per non darmi alcuna speranza di riuscita. Alcun modo di salvarmi il culo, ecco.
    Non so nemmeno cos'è che dovrei fare per far sì che le cose possano rivelarsi diverse. Non so nemmeno, in realtà, se tutto questo mi fa schifo. Se lo faccio solo perché credo che lo abbia fatto anche tu o che almeno, avresti quel coraggio in più che serve per affrontare queste scelte. Io dovrei cancellarti da questa cazzo di testa, ma l'unica cosa che mi viene semplice fare è spogliarmi dei miei vestiti. Lasciare che sia qualcun altro a scegliere per me e poi...svanire.
    Credo.
    Immagino non sia proprio questo il significato perfetto di esistenza, non quando me ne resto in bilico e fingo di essere un funambolo capace.
    In realtà sto prendendo la mira per spiccare il mio primo vero e sfrenato volo. Una spinta nel vuoto nuda e cruda. Con i piedi a scivolare contro la superficie liscia della corda. L'abbiamo immersa nel borotalco di proposito. Proprio per non farci male o, insomma, per far sì che il male fosse il nostro bene. Che non vi fossero concetti tanto basilari a distruggerci.
    Ma noi siamo la distruzione. Questo voglio mantenere ben in vita.
    Il concetto di potere che mi scivola lungo le dita. Sopratutto quando lo tocco. Quando cerco il suo collo, l'attaccatura dei suoi capelli e allora divengo proprietario della sua vita. Dell'intero universo.
    5mtQebG

    Lascio che una risata si liberi leggera sulle nostre labbra. Che nel vibrare faccia tremare anche le sue. Che danzino con le mie, insomma. Che siano mie del tutto. Ma non uso gli occhi per cercare i suoi. Nemmeno quando la punta del naso finisce per ridisegnare l'arco del suo naso. Sono un esploratore. I miei sensi sono al massimo. Mi sento così sensibile da poter rischiare l'orgasmo solo per questo. Ma mi trattengo. Lo faccio nei respiri che cadenzo, ma giusto per darmi il tempo. Per costringermi a restare coi piedi per terra anche quando questo tipo sembro scalarlo. Che voglio mi venga addosso, che mi sovrasti totalmente.

    "Perché sei bravo?" lo chiedo con una punta di ironia a macchiarmi la voce. Un nodo alla gola che sciolgo solo così. Nei denti che per un istante gli mostro e con i quali vado a mordergli la pelle. Sono un cannibale. Sono assetato del suo sangue. Ho bisogno di scindere ulteriormente questo momento. Di essere qui ma anche altrove. Per non sentirmi mai del tutto perso: ma solo perché così, ecco, mi sentirei ovunque.

    "Ti va di spogliarmi più piano?" non è una domanda, forse è semplicemente una richiesta. Il modo che ho per chiedergli di guardarti, di trovarti meraviglioso. Che voglio sentire le sue mani lungo la tua pelle e rabbrividire per i tessuti che mano a mano finiranno per scivolar via. Che mi sento liquido, inafferrabile, anche se poi le sue unghie le faccio mie, così come ogni bacio che già sa di qualcosa.

    "Ti piaccio?" Sono fatto. Sono fuori di me.
    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.





     
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