Ticket to my downfall

Rohan & Chrys | Villa Gillies, in Cornovaglia - 25 novembre 2023

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    metamorfomagus . erborista&pozionista . 1 di 2
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    Questa gente io non la sopporto, D. Non importa quanto possa provarci. Quanto il mio impegno, sociale ed emotivo al riguardo sia lodevole: dopo un po', dopo qualche ora passata a bere e magari anche a scoparci male - sì, perché no - io voglio che se ne tornino a casa loro. Che alzino i tacchi da casa nostra. Che si ricordino di prendere tutti i loro effetti personali e che poi se ne tornino da dov'è che sono venuti. Perché sto male e la nausea non mi viene solo perché bevo. L'alcol non c'entra un cazzo. Nemmeno l'ecstasy se è per questo.
    Io, non lo so, insomma, sto male e basta.
    Male quando mi sveglio e mi rendo conto di non essere ancora da solo.
    Quando avvolgendomi nella vestaglia che un tempo era tua, scivolo lungo le scale alla ricerca degli ultimi superstiti. Che non sono l'eroe, ma nemmeno il volontario della situazione. Tutto ciò che voglio, a conti fatti, è quello che finisco per detestare.
    E non ha senso, dirai tu, organizzare incontri come questi a cadenza mensile.
    Il fatto è che niente ha senso. Non hai senso nemmeno tu, eppure è con te che continuo a parlare ogni cazzo di giorno. Te, sì, che sento in testa come un trapano.
    Hai sempre qualcosa da ridire, sempre qualche insegnamento da voler fare.
    Ma io non sarò mai come te.
    Non piacerò mai come te.
    Non mi divertirò mai com'è che sai divertirti tu.
    Io so solo essere un orso ricoperto di lustrini, che forse è la cosa più coerente della situazione.
    L'orso è un animale. Io sono un animale da festa. Una bugia bianca rigirata a verità. Un dettaglio su cui forse so soffermarmi solo io perché, beh, sono io quello che finisce per farsi diecimila problemi. Agli altri, giustamente, non frega un cazzo di tutto questo.
    O di me.
    Insomma, non credo nemmeno che mi conoscano. Non così bene, almeno. Ma perché poi, quando succede che qualcuno possa anche solo provarci, io finisco per chiudermi. Sono incapace nel gestire questo mio lato, ma cosa posso farci? Ho la leggerezza di chi una minima felicità vorrebbe trattenerla per sé e la pesantezza di chi non si fida di nessuno.
    Non so fidarmi nemmeno di te.
    E tu sei scomparso, sparito, fagocitato da chissà chi o chissà cosa.
    E io ancora rosico.

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    Così cammino fingendo di avere un bastone da passeggio tra le mani piuttosto che una bacchetta. Ne uso la punta per contare i gradini che scendo. Per puntarmi le dita dei piedi e fingere di far levitare dito per dito. Che ho bisogno di una spinta in più oggi. Di qualcuno che, da dietro, mi prema una mano al centro esatto della schiena. Sia per far scrocchiare come si deve le vertebre, sia per spingermi ad andare avanti. A non accettare il letto come unico posto in cui saprei stare.
    Dormire non fa bene a nessuno.

    "Dio, sei ancora qui."
    Magari non lo dico ad alta voce, ma mi fermo sull'uscio del salone quando lo faccio. Con un piede ad accavallarsi sull'altro. Con il baricentro del corpo ad inclinarsi verso la porta. Lo osservo riposare. In realtà non so se è vivo o morto, se sta dormendo o fingendo. Insomma, non è che io di prima mattina sia in grado di farmi tutte queste domande. E pur facendole, insomma, non troverei una risposta nell'immediato.
    Ma me lo lascio sfuggire, in una falcata sgraziata che poi mi porta vicino a lui.
    Il nostro divano è comodo, ma Letitia non aveva voglia di scopare in mezzo agli altri. Fortuna che almeno lei si è tolta dal cazzo post coito.

    "Rrrohan."
    Una voce profonda. Una gamba tirata su affinché il piede mi si incastri tra lui e la spalliera del divano. Gli monto praticamente sopra. Perché sono invadente e questa, comunque resta casa mia. Mi chino verso il suo viso solo per sentire se respira. Mi basterebbe guardargli il petto o tenergli un polso tra le mani o, insomma, checazzonesooggi, ma finisco per farlo così.
    Per sembrare idiota come un ragazzino di cinque anni.

    "Ohf, almeno sei vivo."
    Una mano in viso che dovrebbe assomigliare a una carezza ma invece - no, è solo una manata e basta -

    "Ti togli dal cazzo o posso farti un buon tè?"
    Se deve essere ancora mio ospite, allora tanto vale che io mi impegni per trattarlo bene. Funziona così il galateo o quello che è.

    stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti.





     
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    Della festa di ieri sera non ho alcun ricordo, o meglio, i pochi ricordi che ho sono sfocati e tutti disconnessi tra di loro. La quantità di alcol che ho ingerito, deve aver messo a dura prova la mia memoria che adesso non riesce a cucire un singolo ricordo nitido e chiaro. Quello che credo di ricordare è che ho seguito Chrys, un mio compagno di corso, in Cornovaglia perché mi aveva promesso una festa grandiosa. Non ho accettato nell'immediato perché dopo quello che è successo con la presa di Hogwarts da parte degli Auror, la mia vita non è più stata la stessa. Essendo un licantropo, quindi una creatura magica, ho dovuto nascondermi per evitare di essere catturato ed essere imprigionato come è già successo ad alcune persone che ho intravisto qualche volta nei pressi del college. Mi sono nascosto e l'ho fatto perché credevo, o meglio speravo, che Marina mi sarebbe venuta a prendere ma così non è stato. Non ho sue notizie da mesi ormai e sono preoccupato. Per lei, per me. Ho accettato di presiedere alla festa perché volevo combinare qualche stronzata, mancare di rispetto alla promessa fatta a mia sorella così da vederla comparire per portarmi via. Ma così non è stato. Marina sembra essere scomparsa nel nulla e io non so cosa fare se non posso più contare sulla sua presenza. Sto ancora dormendo in una specie di dormiveglia, quando sento una gamba incastrarsi tra me e la spalliera del divano. Qualche istante più tardi apro gli occhi credendo di trovare la ragazza dell'altra sera ma con grande delusione, noto il viso di Chrys a pochi passi dal mio. Che cazzo sta facendo? Con una manata prepotente, gli allontano il viso dal mio e lo guardo in grottesco. — Che cazzo di problemi hai? Sbotto e senza preoccuparmi di fargli male me lo scrollo di dosso, parecchio irritato. — Ma che ti dice il cervello? Stavo dormendo, cazzo! Continuo ad inveirgli contro come se avesse commesso il peggiore dei crimini. — Se l'idea di farlo nuovamente dovesse anche solo sfiorare la tua mente bacata, giuro che ti spacco la faccia. Lo minaccio mettendomi a sedere e guardandomi intorno. La testa mi scoppia e le immagini di quello che è successo ieri sera, iniziano a scorrermi davanti agli occhi. Quella che era iniziata come una semplice festa universitaria, si è trasformata nel delirio più totale. — Questa casa è un porcile...dov'è Lucrecia o come cavolo si chiama? Dopo esserci andato a letto, credo di averla mandata via o qualcosa del genere perché di solito non dormo mai con le ragazze con cui ho avuto un rapporto. — Ah! Non importa. Sbotto alla fine mentre porto le mani ai lati delle tempie, in un disperato tentativo di mettere a tacere il mal di testa che cresce man mano che passa il tempo. — Ho un mal di testa. Commento. — Hai del caffé? O qualcosa di forte? Nel pomeriggio ho un incontro con un cliente e non posso presentarmi con questo dolore incessante. — Che ore sono? Domando visto che a parte me e lui, non c'è nessun altro.


    Edited by -rohan - 16/12/2023, 12:23
     
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    Ironicamente, per quanto possa negarlo, a volte ho bisogno di questo tipi di risvegli. Del momento esatto in cui basta una voce sola a costringermi al fastidio. Allora chiudo gli occhi quando lo sento parlare. Quando, anche se sono io quello che è solito rompere un po' il cazzo, lui mi risponde. Ed è violento nel farlo. Insomma, non ci stiamo mica picchiando, ma la sua aurea mi infastidisce. Mi costringe a guardarlo con occhi che finiscono per farsi fessura. Sto studiando il momento esatto in cui attaccare. Essere io, insomma, il primo felino a balzare sulla preda. Ma giusto per gioco e perché questa è casa mia quindi, insomma, le regole sono mie. Come quando si è piccoli e gelosi delle proprie cose. Io sono geloso dei miei spazi ed il solo fatto di avergli concesso il nulla osta per questa giornata mi sembra, insomma, tantino. Il massimo che io possa donare. L'apice perfetto della mia smisurata gentilezza, ecco.

    "Mi sembri un tantinello nervoso" scivolo dove mi spinge, incassando il culo nell'incavo del divano. Che me lo sto immaginando come un cazzo di gomito, sì. Il braccio di un gigante pronto a cullarmi. E non lo guardo. Mi dedico giusto un istante per far finta di essere terribilmente incazzato per questa sua reazione. E magari un po' infastidito lo sono. Insomma, non che avessi bisogno di essere ringraziato con un pompino, ma un "buongiorno, amico" lo avrei accettato volentieri. Sopratutto dopo avergli dato il permesso di eiaculare in casa mia.

    "Sei sicuro di non preferire una camomilla? Insomma, capisco che il post sbornia fa schifo, ma speravo che Lucrecia o comeminchiasichiama ti avesse reso, che ne so, il risveglio più piacevole."
    Me ne sto al mio posto, che di essere preso a scappellotti sulla nuca non ne ho la voglia. Sono sveglio da poco anche io e non proprio dell'umore giusto per affrontare uno scandalo diplomatico -chiamiamolo così-
    "Ma poi, chi è Lucretia, una tua amica?" mi volto a guardarlo, il labbro inferiore spinto in fuori di proposito, quasi alla ricerca del gossip perfetto per...beh, ripartire col piede giusto, magari.

    "Magari l'ora non è importante" mi faccio vicino, ma poco, giusto per concedermi un po' di gioco e sorridere dei miei fastidi.
    "Non se siamo morti."
    Poi mi guardo intorno. Osservo la casa messa a soqquadro. Respiro a pieni polmoni l'odore di sigaretta e alcol. Quanto cazzo abbiamo bevuto?
    "Non è strano che non ci sia nessun altro a parte noi due?"








    Edited by Chrysalide - 4/1/2024, 20:46
     
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    Appena apro gli occhi, le tempie cominciano a pulsare e a farmi male, segno di un mal di testa imminente in arrivo. Credo di non ricordare esattamente quanto io abbia bevuto ma a giudicare dalle mie condizioni fisiche, devo averne ingoiata di roba. L'idea di farmi del male per riportare l'attenzione di Marina su di me, non ha funzionato: ho bevuto e credo anche di aver fumato un pochino ma mia sorella non è mai arrivata a salvarmi. Sono stato un'idiota a pensare che bastasse questo per far sì che Marina mi rintracciasse. Dove diavolo sei? Non puoi avermi abbandonato. L'improvvisa sensazione di abbandono e solitudine piomba su di me e questo basta per farmi diventare aggressivo, arrabbiato. M'irrigidisco all'istante e penso che potevo restarmene tranquillamente ad Iron Garden, invece che presiedere ad una festa che non mi ha portato altro se non un terribile mal di testa. Sbuffo e mi passo una mano sul viso, visibilmente frustrato. Appena apro gli occhi, la mia vista è leggermente sfocata ma riesce comunque a delineare il profilo di Chrys che giace sul mio corpo. Anche lui ha un odore nauseabondo di alcol e sigarette. Lo scanso via e con una certa riluttanza cerco di mettere una distanza di sicurezza tra di noi. Lo aggredisco perché è quello che so fare meglio, non conosco altri modi per interagire con le persone. — Eri letteralmente a due centimetri dal mio viso, cosa ti aspettavi che facessi? Che ti ficcassi la lingua in gola? Utilizzo un tono sprezzante e alquanto rude ma non posso fare altrimenti. So che ho esagerato e che comunque sono un ospite a casa sua ma non mi aspettavo un risveglio del genere. Ecco tutto. — Lucrecia ha reso la serata più interessante, questo sì ma tu sei riuscito a rovinarmi il risveglio. Questa volta cerco di utilizzare un tono più disteso, rilassato, anche un tantino malizioso. Se così vogliamo dire. Il ricordo della ragazza e dei nostri corpi che si avvinghiano in uno spazio decisamente limitato, è forse l'unico ricordo ancora nitido nella mia mente. — Come chi è? Dovresti saperlo, ci hai presentati tu. Mi lascio cadere nuovamente sul divano, con la schiena nuda incastrata tra il bracciolo e la spalliera. Non è la posizione più comoda ma al momento me la farò bastare. — Perché mi guardi così? Esattamente cos'è che vorresti sapere? Lo guardo di sbieco, rivolgendogli anche un mezzo sorriso. Poi lo guardo avvicinarsi di nuovo e il mio volto diventa nuovamente serio. — Amico, non mi sfidare. Lo avverto ma nel tono che utilizzo non c'è nessuna traccia di minacce o cose così. Amo la mia privacy e odio il contatto fisico, tranne quando sono io a richiederlo e solitamente succede solo in una precisa occasione. Lascio poi scorrere lo sguardo da lui alla stanza che sta ospitando questa assurda conversazione: è un fottuto casino! Ci sono bicchieri e tovaglioli sparsi ovunque, i cuscini sono sparsi in diverse aree della stanza, ci sono macchie di bevande sul divano e ora la stanza puzza di alcol. — Ti do una mano a ripulire ma prima mangiamo qualcosa. Mi alzo e vado verso la cucina, pronto a preparare qualcosa da mangiare. Non voglio approfittare troppo della sua ospitalità e preparare da mangiare, mi sembra un buon modo per ripagare il suo avermi dato un "letto" dove dormire. La cucina avrebbe bisogno di una pulita prima di essere utilizzata e così, dopo aver recuperato la bacchetta, la punto contro le varie superfici e grazie all'incanto gratta e netta, tutto ritorna al suo aspetto iniziale. Mentre sono davanti al frigorifero alla ricerca di qualche ingrediente, la domanda che mi pone Chrys mi coglie di sorpresa. — C'è qualcun altro? Gli domando ancora troppo stordito per capire se la sua è una di quelle domande a trabocchetto. — Io credo di aver visto molti dei presenti uscire questa mattina verso le cinque. Ma a quell'ora ero ancora troppo sfatto per capire se si trattasse di realtà o di allucinazioni.
     
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    Allora, mettiamola così: non sono indignato, ok? Cioè, non c'è l'ho con lui in particolar modo. Magari ce l'ho semplicemente con tutto l'universo. Insomma, la serata di ieri è stata anche carina - suppongo - ma questa mattina, insomma, meh? E non è per colpa del dopo sbornia o com'è che si chiama quando ti cali qualche acido. Il problema è che oggi è un altro giorno. E non è detto che "un altro giorno" sia un giorno nuovo, migliore del primo. Nel mio caso, anche se non mi sono svegliato da solo, non è cambiato pressoché un cazzo. Questa casa, così come la villa patronale giù a Londra resteranno sempre vuote. Desolate, abbandonate, deserte, anche quando finiranno per ospitare persone su persone. E magari sì, il problema è la mia percezione del mondo, ma cosa cazzo posso farci? Io ci provo ad essere positivo, a divertirmi, a prendermi sulla leggera, ma non funziona. Non funziona davvero niente se poi, dietro al sorriso, cerco di nascondere quel vuoto incommensurabile che mi porto nel petto. Mi sento vuoto. Come un pesce appena pescato e poi eviscerato. E Rohan non sta aiutando la situazione. Capisco che è ancora in dormiveglia - praticamente - capisco che magari avrebbe preferito svegliarsi in compagnia di Lucrecia - che poi, ripeto, che nome di merda è? - ma io cosa posso farci? Questa casa è anche mia. A volte più mia che tua, Daisy.

    "Guarda, dipendesse da me eviterei lo stupro di prima mattina. Magari puoi portarmi a pranzo fuori e offrirmi un po' di Chianti. Certo, non sarò più una verginella di primo pelo, ma ho anche io le mie esigenze" non so perché gli sto rispondendo così, so solo che non sono indignato ma forse - deluso? Magari da me stesso, sì, perché mi ero convinto di poter scherzare liberamente con lui quando, invece, di prima mattina pare non voler minimamente parlare con me. Per questo mi alzo dal divano - cioè, almeno ci provo. Si tratta di una coordinazione gambe - testa che di prima mattina non va a braccetto. Soprattutto non dopo aver passato la nottata a bere e scopare. Ma me ne farò una ragione. Poserò un piede a terra e fingerò di essere un cazzo di puledro appena venuto al mondo. Uno di quelli con le gambe così lunghe da non sapere minimamente come utilizzarle. Mezza altezza mezza bellezza, giusto? Hanno sto stacco di coscia ma non ballano mica.

    "Sono davvero, davvero, felice di sapere del tuo coito. Dicono faccia bene alla prostata quindi non posso che esultare per questo" mi stiracchio quando torno in piedi. Piego appena la schiena all'indietro - tenendo le mani sui fianchi - poi la giro verso destra e sinistra. "E no, non me la ricordo, mi dispiace. Magari però un modo per farti avere il suo numero lo troviamo. Sai com'è, non è che io abbia questi grandi amici. Pensami come Bilbo Baggins al discorso del suo compleanno" qua sorrido, anche se il mio tirar su di labbra è così amaro da lasciarmi il saporaccio in bocca. Mi allontano dal divano, lo faccio cercando di raggiungere la cucina dall'altra parte del corridoio senza però passare per un completo stronzo. Insomma, gli ospiti vanno trattenuti, anche quando ti rispondono così male da volerli spingere fuori a calci in culo.

    "Fortunatamente ci sei solo tu" quasi lo urlo, giusto per farmi sentire meglio. Ed è vero, insomma, è una fortuna dover avere a che fare con una sola persona al mattino. Non sono così sveglio e scattante come te, Daisy. "Credi anche di sapermi dire cos'è che gradiresti per colazione? Voglio cucinare qualcosa di buono al mio ospite migliore."





     
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    Questa conversazione mattutina ha un nonsoché di tragicomico, non so nemmeno da dove sia nata. In altri momenti avrei mandato a fanculo quelli come lui ma questa volta, gli sto dando corda e rispondo a tono a tutte le frasi che mi rifila. — Magari facciamo un'altra volta, che dici? Ora ho un fottuto mal di testa a cui pensare. E nel pronunciare queste parole, avvicino la mia mano al suo volto dandogli una carezza a mo' di presa in giro. Non avrei mai pensato che un giorno avrei avuto un risveglio come questo e sicuramente sto rimpiangendo il momento in cui ho accettato l'invito di Chrys ma più passa il tempo e più mi convinco che è sempre meglio del risveglio che ricevo tutte le mattine in quel cazzo di ghetto di merda. All'interno di quell'appartamento buio, illuminato semplicemente dalla timida luce del sole che cerca di attraversare le inferriate, mi sento come un animale in gabbia. Ogni mattina mi sveglio e spero che quest'incubo finisca, spero che qualcuno lì fuori faccia a brandelli questo posto e ponga fine a questa assurda situazione. Le regole, i lavori forzati, le restrizioni, il coprifuoco sono aspetti che ho sempre odiato e che a tratti mi fanno anche rimpiangere di essermene andato dalle Favelas. Certo, lì la vita non sarà meno cruenta ma almeno all'interno di quel villaggio posso essere libero di fare quello che voglio. — No, grazie. Non serve che ti disturbi così tanto. Le relazioni sentimentali non fanno per me e ho avuto già diverse prove che è così, non mi serve avere un ulteriore conferma. Sembra quasi che tutto ciò che entra in contatto con me, diventi incredibilmente tossico. Quando qualcosa o qualcuno diventa importante per me, le mie emozioni sovrastano tutto: o amo così tanto da diventare a tratti ossessivo e possessivo oppure l'amore è ridotto a un misero granello di sabbia. E non ci sono vie di mezzo, con me è tutto o niente. — Uova strapazzate e bacon andranno benissimo. Ho fatto una richiesta che chiunque sarebbe in grado di esaudire, visto che sono ingredienti che abbondano nei frigoriferi degli inglesi. Lo seguo in cucina solo dopo aver sistemato il divano sopra il quale ho dormito. — Posso farti una domanda? Prendo posto sullo sgabello davanti al bancone e guardo in direzione del mio interlocutore. — Se non vuoi nessuno tra i piedi... Mi sono reso conto che preferirebbe che mi trovassi altrove piuttosto che nella sua cucina. — ...perché continui ad organizzare queste feste? Forse sono stato troppo indiscreto ma ormai non posso ritirare ciò che ho detto. Non è la prima volta che mi chiede di partecipare ad una delle sue feste ma ora che mi sembra di aver capito che non sopporta avere la gente in giro per casa sua, mi domando perché continui ad organizzarle. — Puoi anche non rispondere se non ti va. Lo dico con una scrollata di spalle.
     
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    Cerco di fare le mie cose senza necessariamente soffermarmi a tener conto di tutti i passi che fa. Che in casa nostra si muova tranquillamente: non sono un cane da guardia, non mi interessa davvero cos' è che fanno le persone. O almeno, non quando non sono lì, pronte a ferire me. Diciamo che di base di interessi ne ho pochi. Di sociali, almeno, s'intende. E se prima un po' di premura volevo mettercela, adesso l'unica cosa che mi viene da fare è scivolare tra una stanza e l'altra senza badare a niente. E la sua voce, per quanto dovrebbe essere il contrario, la sento e non la sento. Dipende un po' da come mi gira o se, quel che dice, sa suonare interessante alle mie orecchie. Quel che so per certo è che tra una battuta e l'altra, comunque sto finendo per innervosirmi e non so più, sai, com'è che reagisco al nervoso da quando non ci sei. Magari per tutti questi mesi non ho fatto altro che accumulare e basta. Accumulare senza esplodere mai. Magari sono una pentola a pressione.

    "E uova e bacon siano. Così oltre alla teina metti giù un po' di grassi."
    Parlo per riempire il vuoto. Il silenzio che aleggia in queste quattro mura. Parlo per coprire i miei stessi pensieri e dar loro una sfumatura che sia più leggera. Cerco di ammorbidire i miei sensi. Di stordirmi da solo. Di non darmi modo di soffermarmi su altri dettagli capaci di infastidirmi. D'altronde sono sempre troppo al limite. Sempre troppo delicato per potermi permettere l'ennesimo fastidio. Non so nemmeno a chi dar la colpa di questo, magari nemmeno a Rohan perché sì, potrà rispondermi a cazzo, ma questo non significa che io debba necessariamente reagire in questo modo. Dei modi degli altri io non me ne faccio niente. Ma magari era così quando ancora c'eri tu. Quando comunque sapevo che tornando a casa avrei trovato te. Te e il tuo "fratellone" pronto a calmare il resto. Sogno sempre di essermi preso cura di te così come tu hai fatto con me.

    "Beh, ormai l'hai fatta..." ma sorrido quando lo dico, perché ci sto provando a non sembrare un coglione o una persona sgradevole. Le persone, come dice lui, non le voglio intorno, però poi me ne circondo. E se dovessi trovare un motivo, sicuramente ci riuscirei. Non sono così cieco ai miei bisogni. Il fatto è che non so se sono pronto ad accettarlo. Per questo, probabilmente, sono stato da un obliviatore: perché speravo di uscirne fuori come nuovo. Magari con un carico di peso diverso. Magari con te come dolce ricordo e non afflizione continua. Mi manchi Des. Mi manchi così tanto che non voglio nessun altro in casa nostra.

    "A Daisyderum piacevano - le feste, intendo e seppur questo penso possa bastare a rispondere alle sue domande, poi mi rendo conto di dover aggiungere altro. Ma per una questione di correttezza nei nostri confronti. Anche dei miei, sì, che se continuo così finisco per non risolvere più questo cazzo di problema. - spero sempre di vederlo varcare la soglia di casa richiamato dalla musica. Ci diciamo che è morto da mesi, ma io sono sicuro che non è così." Approfitto di dover cucinare per così dargli le spalle. Non voglio un confronto diretto. Roba da faccia a faccia. Voglio semplicemente elaborare la questione nella quotidianità di un pasto. Allora armeggio coi fornelli e prendo le uova e il bacon dal frigo. " E poi - non è che non voglio le persone, non davvero almeno." Sospiro. Se a Rohan questo risulterà come un modo per stimolare la sua compassione, beh, che si fotta. Poteva non far domande tanto scomode. "Mi lascio semplicemente trascinare dallo sconforto quando mi rendo conto che lui non c'è e allora, se ve ne andate anche voi, poi torno da solo. Cerco solo di anticipare le cose, quasi per non illudermi della compagnia. Cerco di combattere i miei bisogni, Rohan." Lascio sfrigolare il bacon in padella. "Vuoi del succo? Una sigaretta?"





     
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    Un fratello morto o apparentemente scomparso. Dunque è per questo che Chrys fa tutto questo. Annuisco e credo di riuscire a comprenderlo. O almeno in parte. Marina è sempre stata la mia famiglia, l'unica che riuscissi a considerare come tale, l'unica che mi è stata accanto quando ho scoperto di essere stato attaccato dalla licantropia. Per me è stata una mamma, una sorella, un'amica e ho sempre fatto affidamento solo ed esclusivamente su di lei. Ma ora che non c'è più, che mi abbandonato per chissà quale motivo, non mi resta più nessuno. I miei genitori sono morti chi per colpa dei Narcos chi per colpa di una fottuta malattia mentre dei miei fratelli non so niente. So solo che sono sparsi in giro per il mondo perché Marina ha dato a tutti noi la possibilità di vivere una vita degna: ci ha strappato via alle favelas, ha allontanato tutti noi dalla possibilità di finire a spacciare o peggio di morire per colpa della droga. Insomma, grazie a lei abbiamo la disponibilità economica per fare tutto quello che vogliamo senza finire in giri strani. Ma ora che non c'è più, nulla ha più senso. — Fai bene. Le persone ti vogliono fino a quando gli fai comodo o almeno fino a quando non hanno trovato qualcuno di migliore da cui correre. Anche io sono così. Allontano le persone prima che possano farlo loro così non devo preoccuparmi di dover raccogliere i cocci che tutte queste assenze mi lasciano. — Una sigaretta andrà bene. Gli dico, lasciando che il discorso cambi. Non mi va di causargli altro dolore o di essere invadente, anche se con quella domanda sono stato fin troppo invadente, praticamente mi ha vomitato addosso il suo dolore più grande. Vabbé lasciamo perdere. — Anzi. A quel punto mi balza in mente un pensiero. —E' rimasta ancora dell'erba? Marina mi ha proibito di fare qualsiasi cosa che abbia a che fare con le droghe ma visto che lei non c'è e mi ha lasciato solo ad affrontare tutta la merda di Iron Garden, posso fare tutto quello che voglio. —Vedi...io vengo dalle Favelas e lì tutti finiscono sotto a qualche sostanza strana, rimanendoci secco. Mia sorella mi ha fatto giurare di non avvicinarmi a nessuna di queste sostanze perché non voleva che facessimo la stessa fine di un nostro fratello e da quel momento io non ho toccato nessuna sostanza strana. Ma... Prendo il piatto che mi sta porgendo. —...mi ha abbandonato e quindi credo che questo patto non abbia più alcuna validità. Non so perché gli sto raccontando questa cosa forse per ricambiare la confessione che mi ha fatto poco fa. In un certo senso vorrei vendicarmi e venendo meno a questa promessa credo sia il modo migliore per farlo. Occhio per occhio, lei ha tradito la mia fiducia e io farò lo stesso. Chissà, forse vedendomi in questo stato deciderà di muovere il culo e venirmi a tirare fuori da tutta questa situazione. Me lo hai promesso.
     
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    Devo ammettere che questa mattinata, in un modo o nell'altro, sta davvero temprando la mia pazienza. Non so nemmeno in che modo, esattamente. In realtà non sono riflessioni sulle quali finisco per soffermarmi a lungo. Probabilmente si tratta semplicemente di istinti, di quel bisogno di lasciar vagare i pensieri senza mai ritrovarsi a toccare dei punti ben precisi e questa mattina, ecco, dovrebbe funzionare proprio così o almeno, è questo ciò che vorrei. Lo desidero con tutto me stesso e prego - per quanto non creda affatto - che qualche stronzi mi senta e allora decida di realizzare i miei desideri. Lo faccio respirando a pieni polmoni l'odore del grasso del bacon. Lo faccio sfilando il pacchetto di sigarette dall'elastico della mutanda per portarmene una alla bocca e poi lanciare il resto verso il tavolino. Verso Rohan.
    E poi, ecco, seppur mi sforzi di ascoltarlo poi finisco per rendermi conto di non aver capito nulla. Di non aver permesso al cervello di elaborare le sue parole o, ecco, di metabolizzare qualcosa. Non incamera niente, non fa da spugna come dovrebbe e forse perché una parte di me tende a schermarsi di nuovo: d'altronde ho già detto troppo. Ho già sviscerato più del dovuto e nella speranza di cosa? Se davvero sono partito con delle basse aspettative forse dovrei mantenermi su quella lunghezza d'onda e basta. Non dovrei sperare che le cose possano cambiare. Che tra me e Rohan possa in un qualche modo nascere davvero un rapporto basato sullo scambio reciproco di - boh. Magari le sigarette bastano, in effetti. Magari mi basta la compagnia. O almeno, questo è ciò che mi dico. Che ho bisogno solo di questo e che dovrei essere grato nell'avere qualcuno che, dopo una serata a sfascio, se ne resti a parlarmi di - sua sorella? Di droghe?

    "Quindi fammi capire..." Mi passo il polso contro il viso, giusto per tirar su i boccoli che stanno iniziando ad incollarsi al viso senza però sporcarli col grasso del cibo. "Lei ti ha tradito e allora tu torni a drogarti?" Non voglio minacciarlo, ma mi esce spontaneo puntargli la forchetta contro. Come ad indicarlo, ma giuro, si stratta semplicemente di una cosa istintiva. È tutto, sì, istintivo. Poi scuoto le spalle e torno con lo sguardo alla padella, ma solo per spegnerla e spostarla dai fuochi.

    "Insomma, se hai quindici anni la mossa mi sembra più che lecita. Lungi da me criticarla aspramente, anzi! Peccato che l'erba l'abbiamo finita." Aggiungo in un'altra scrollata di spalle, avvicinandomi a lui per lasciargli scivolare il piatto sotto al naso. Apparecchio anche per me e poi vado a sedermi davanti a lui. Le gambe scavallate. La schiena piegata verso il tavolo.

    "Dai, mangia, magari li affoghi lì tutti i dolori." Voglio dire, uno la prova con tutte.




     
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