All my friends are heathens

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    Quando hai passato tutta la tua vita ad essere il figlio del Prescelto, perdere tuo padre non significa solo perdere una delle persone che più ti è cara, ma anche vedersi evaporare davanti agli occhi un pezzo della tua identità. Quel pezzo era stato a lungo per Albus qualcosa di ingombrante: un macigno pesante che si era sempre dovuto portare sulle spalle sin dalla nascita, contro la sua volontà. Un privilegio, per alcuni. Per lui, invece, spesso era stato più un ostacolo alla propria individualità che altro. Ma qualunque fosse la verità, non cambiava il dato di fatto che, privilegio o svantaggio che fosse, non era stato lui a sceglierlo, né aveva mai avuto alcuna voce in capitolo. Era semplicemente suo figlio. E adesso che lui non c'era più era semplicemente il suo orfano. Non ci aveva mai pensato, al fatto che quell'indissolubile vincolo identitario potesse essere ancora più opprimente e triste. Immagino di non aver mai considerato che nella mancanza di una scelta, fosse più di conforto essere definito dalla tua presenza piuttosto che dalla tua assenza. E forse ancora non riusciva pienamente a realizzarlo, perché la sua vita era sempre stata così profondamente segnata dal nome di suo padre, che immaginarla senza risultava una sfida di fantasia troppo difficile persino per uno come lui, che di fantasia lavorava anche troppo. Nell'apprendere della sua morte, così triviale, così coincidenziale e randomica - nulla a che vedere con quello che ci si aspetta da una figura quasi mitologica come quella di Harry Potter - Albus non era riuscito nemmeno a piangere. Ricordava di aver annuito, di aver ingoiato la saliva contro il buco allo stomaco, e di aver abbracciato sua madre e i suoi fratelli. Ricordava di aver accettato con cenni mesti le condoglianze di chiunque gliele avesse fatte, e ricordava anche di essersi addormentato tutte le sere senza alcuna fatica. Sapeva per certo di avere gli occhi puntati addosso, come se tutti si aspettassero che da un momento all'altro realizzasse e scoppiasse. È quello che ci si aspetta da me. Che scoppi. Ho sempre fatto questo. Ma i giorni passavano e nulla accadeva. Modalità di sopravvivenza. Nessuno gli chiedeva nulla, ma se pure lo avessero fatto, Albus avrebbe risposto che scoppiare non avrebbe riportato indietro suo padre, non avrebbe fatto ricomparire Inverness dalle macerie o tolto i loro nomi dalle liste dei ricercati, né tanto meno avrebbe aiutato Jay e Lily a capire per quale motivo la loro vita fosse stata ribaltata dal giorno alla notte e non potessero più giocare con i loro amici. Durante una delle tante sere fin troppo quiete a Grimmauld Place, Albus si era ritrovato a parlarne con Amunet dopo aver messo a letto i bambini. Erano usciti nel terrazzino, stringendosi nei pesanti cappotti mentre le dita tremanti dal freddo si portavano le sigarette alle labbra in rapidi tiri. « So cosa dicono alle spalle. » Li aveva sentiti, anche tra i Ribelli che bazzicavano per Grimmauld. Lo guardavano in attesa della scoppio, e più quello scoppio tardava, più i loro occhi sembravano tradire una sorta di biasimo. Come se l'unico modo accettabile di essere in lutto fosse la disperazione. Scosse il capo, svelto, mantenendo gli occhi puntati su un gatto che cercava forse un po' di calore sotto la luce di un lampione. « Ma io non voglio ricordarlo così. Se è da qualche parte.. voglio che sia tranquillo. Che sappia di aver fatto un buon lavoro. Con me. Con noi. » Che sappia di aver creato qualcosa che può resistere, e che porterà avanti la sua memoria. « Ha dato speranza a tante persone. Era la parola che usava di più. » Rise. « Quante volte ce l'ho preso per il culo. Gli ho pure dato del cretino per tutta questa storia della speranza. » A volte era davvero un disco rotto. « So che lo deluderei se non mi prendessi cura di ciò che ha voluto creare. » Perché sarò sempre il figlio del Prescelto. Sarò sempre un suo prodotto. Che lui sia qui o meno, quando la gente dice il mio nome, sarà sempre in relazione a lui - esplicitamente o implicitamente. Non l'ho scelto, non posso cambiarlo. Ma posso accettarlo.

    8 Dicembre - 23:00h
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    Resistere ad ogni costo. Era stata questa la linea che Albus si era intimamente dato. Non c'erano altre opzioni. E dunque si era gettato anima e corpo in Grimmauld Place e nella rete ribelle a cui faceva da base. Sua cugina se ne era presa cura negli anni, facendo sì che quella realtà non morisse mai del tutto - e col senno del poi, ci aveva visto lungo. Trovare qualcosa di già pronto, anche solo in parte, era stato un punto di partenza solido per consolidare tutti i sistemi che necessitavano di essere oliati. Chiaramente, con il fuoco del Messia ancora caldo, non era stato tutto così semplice e immediato. Avevano dovuto esercitare cautela, arrestarsi più volte, evitare uscite e contatti - tutte cose che, necessariamente, avevano mandato a rilento quella macchina. Senza considerare l'umore: tutti si sentivano sconfitti, nessuno sapeva davvero che pesci prendere, e con anche Byron Cooper incarcerato era difficile riaccendere la fiamma del sentimento a cui lui aveva dato vita. Ma Albus aveva esercitato pazienza, affrontando un giorno alla volta, un passo alla volta, un piccolo compito alla volta finché, all'ingresso di Dicembre, non aveva reputato che i tempi fossero sufficientemente maturi per dare una piccola spinta. Aveva deciso di iniziare da quelli che avevano più interesse a cambiare le cose: i ricercati come lui. Rintracciarli tutti non era stato semplice, e non era nemmeno certo che il suo messaggio sarebbe giunto efficacemente a tutti loro, ma aveva tentato. I metodi erano stati diversificati: messaggi di fuoco, intermediari e chi più ne ha più ne metta. Il messaggio era chiaro: appuntamento a Grimmauld Place alle undici di sera dell'otto Dicembre, nessun accompagnatore.
    Per l'occasione aveva messo in ordine la sala da pranzo, premurandosi di far trovar loro qualcosa da mangiare e da bere (d'altronde, in che condizioni fossero, questo Albus non lo sapeva). Messi a letto i bambini si era piazzato su una delle sedie intorno al tavolo, di fronte ad Amunet, tamburellando le dita in attesa mentre il suo sguardo correva spesso all'orologio a pendolo. Sarebbero arrivati? Lo sperava, ma non poteva esserne certo. Magari erano stanchi di combattere, si erano semplicemente rassegnati. No, non è possibile. Non sarebbe da loro. Eppure non li aveva sentiti in quei mesi. Che ne sapeva? « Dici che si present- » La domanda, che iniziò a proferire nervosamente non appena l'orologio segnò le undici e un minuto, venne presto interrotta dal suono stridulo del campanello, al quale Albus scattò in piedi. « Vado io! » disse, superando l'elfo domestico della casa con passo veloce - quasi una corsa - verso la porta d'ingresso, che aprì con uno scatto. « Hey! » Esalò, sollevato di vedere qualcuno. « Entra che fa freddo. Stai bene? »

    L'appuntamento è l'8 Dicembre alle 23:00 a Grimmauld Place n°12 (dove già era stanziata la rete ribelle e dove Albus attualmente vive). È tutto molto libero, ho scritto solo che Albus ha contattato i ricercati (e loro soltanto) con metodi diversi, quindi non sa se verranno/se hanno tutti ricevuto il messaggio etc. Siete liberi di descrivere le modalità che preferite. Contate che essendo Grimmauld Place protetta da fidelius, solo il custode segreto può dare informazioni, quindi ecco - per gli imbucati la vedo dura.
    Interagito con Mun e con una persona X che è arrivata per prima


     
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    « Hey! » Si era avvicinata con cautela. Forse per paura di distogliere troppo bruscamente dai propri pensieri il moro. Gli rivolse un tiepido sorriso mentre si toglieva il cappuccio della felpa per svelare la capigliatura color rosso fuoco. Alcune buste coloratissime da cui spuntava una carta arcobaleno. Non era riuscita a raccimolare molto, ma aveva comunque convenuto sul fatto che non potesse presentarsi a mani vuote. Li aveva lasciati senza molto preavviso. Quando tutto era accaduto, e Albus aveva deciso di rimanere a Grimmauld Place, Lily non se l'era sentita. Camminava lungo quei corridoio con passi pesanti, osservando le pareti della casa come se le fossero completamente estranee. Non ci aveva pensato poi molto quando aveva confessato di voler andare. Forse non era sicuro, forse non era la decisione giusta, forse avrebbe dovuto rimanere insieme alla sua famiglia. Ma lei, aveva bisogno di una pausa. Una pausa da cosa? Non hai mai fatto nulla di significante in tutta la tua vita. Sei l'ombra di te stessa. Forse hanno sempre avuto ragione a darti della viziata, a dirti che non ti meritassi nulla di ciò che hai ottenuto. « Una monetina per i tuoi pensieri. » Asserì di colpo affiancandosi ad Eliphas nell'osservare il palazzo di Grimmauld Place. Tra il numero 11 e il numero 13 il nulla, se non per chi sapesse come accedervi. I babbani avevano accettato quell'errore di numerazione da tempi immemori. Un'anomalia che si imputava all'architetto del quartiere, messo, a detta delle testimonianze della famiglia Black, sotto Confundus, affinché iscrivesse e accettasse quel errore nelle carte ufficiali del comune di Londra. Poi, di colpo, tornò a osservarlo con la coda dell'occhio. L'ultima volta che aveva visto Eliphas era stato durante l'attacco a Hogwarts quando, sorvolati i domini di Hogwarts, si era imbattuta nella temibile battaglia degli Inferi invocati dall'ex bibliotecario e gli Auror. Aveva fatto guadagnare loro tanto tempo; eppure, a giudicare dai manifesti che lo vedevano protagonista, al pari di tanti altri, non doveva essergli andata tanto bene. Dove era stato? Aveva trovato rifugio tra gli warlock, fuori dall'Inghilterra, oppure era rimasto nel quartiere warlock? Lily, quel posto non lo aveva mai visto, e tutto ciò che conosceva sul conto di quelle strade, le era stato riferito da chi lo aveva visto, oppure dallo stesso Eliphas al proprio fianco. « Ho qualche dubbio rispetto a questa cosa. » L'incontro. Aveva acconsentito solo perché era Albus, e perché, in cuor suo, dopo quasi sei settimana di villeggiatura, da una cittadina all'altra, da un lavoretto all'altro, i soldi e le energie iniziavano a scarseggiare. Non era davvero brava a scappare, né a stare lontana dalla sua famiglia, da Londra, dai suoi soliti spazi. Peccato i miei spazi non esistano più. Tutto ciò che conosceva è sotto stretta sorveglianza, oppure non esiste più. « Fa freddo, comunque. Tanto vale entrare che dici? » Diede una pacca sulla spalla di Eliphas, e proprio allora venne investita da un'improvvisa immagine che la lasciò senza fiato. Con la mano priva di guanto si portò le dita all'altezza della gola, osservandolo come se avesse appena tentato di strangolarla. Gli occhi spalancati, e l'espressione di chi in un istante aveva visto qualcosa di orribile. Non disse niente, prendendo solo appena le distanze, precedendolo nel farsi spazio su per le scale del numero dodici suonando al campanello. Un'occhiata lungo la strada prima di notare che altre due figure si stavano avvicinando a passo spedito nella stessa direzione. Allora ce l'ha veramente fatta. E' davvero riuscito a radunarli. Non avrebbe dovuto stupirsi; Albus aveva una determinazione ferrea e Grimmauld Place era un'ottima risorsa per mantenere in vita la rete. Aveva tuttavia dubitato che altri ricercati fossero così coraggiosi da precipitarsi nel cuore pulsante di Londra, pur con tutte le precauzioni del caso. Era evidente che li aveva sottovalutati. Tutti. E quello era uno dei peggiori difetti di Lily Luna Potter. « Hey! Entra che fa freddo. Stai bene? » Incontrare gli occhi del fratello portò i pensieri della mora a fare un giro di trecentosessanta gradi. Di colpo sospirò e lo sguardo di lei si ammorbidì di colpo, portandola a gettargli le braccia al collo senza esitazione. « Sono tanto felice di vederti, fratellone. » Asserì di colpo in un sussurro prima di farsi da parte, lasciando spazio allo warlock di porre a sua volta i saluti al padrone di casa. « Ho visto che sta arrivando qualcun altro. » E così dicendo, si fece spazio lungo lo stretto corridoio verso la cucina dove salutò anche Mun e la cugina. Da qualche parte immaginava ci fossero anche Ted e James, seppur, non sapesse se il giovane Lupin avesse deciso a propria volta di restare, oppure se si era diretto verso altre mete. Prese posto, tornando solo allora a osservare Eliphas con uno sguardo più indagatore.
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    « Mun, hai per caso dei guanti da prestarmi? Ho perso i miei nella metro. » Poco dopo, lo sguardo le si illuminò nel veder entrare un'altra vecchia conoscenza. June, non era solo la cugina di Amunet, ma era anche una cara amica di James. Lily la conosceva piuttosto bene. Non a caso nel vederla, allargò un sorriso tenue salutandola con un cenno del capo. Altri ancora arrivarono, e quando la stanza prese a riempirsi, Lily osservò con la coda dell'occhio il fratello non sapendo se fosse il caso di prendere parola oppure se lasciare che fosse lui a parlare. « E' sicuro darci informazioni su dove ci troviamo allo stato attuale e altri dettagli del genere? Oppure è meglio di no? » Pausa. « Sia chiaro, non voglio farmi gli affari vostri. » Annuì tra se e se, mentre avvicinava la tazza di tè fumante che le avevano offerto stringendosi nelle spalle. « Però, se qualcuno di voi fosse nei guai o ha bisogno di qualunque cosa, sappiate che io ci sono. » Lo so, sembra assurdo. Sono la prima a essere scettica nei confronti di questo incontro, di cosa possiamo fare, di dove stiamo andando. Forse mio fratello ha un piano, o forse, ha semplicemente più speranze di me. Ma nonostante questo, io voglio dare una mano. Lily, era una posizione davvero borderline. Sapeva che se l'avessero presa non sarebbe stata lasciata andare come se nulla fosse. Ma in pratica, non era sui manifesti, né sulla sua testa c'era una taglia. Era in un limbo; non libera, ma nemmeno in cattività. In teoria doveva solo evitare gli Auror. In pratica devo evitare un po' chiunque. Ma era pur sempre meglio di dover fuggire per paura che chiunque fosse alla disperata ricerca delle ingenti somme di denaro promesse dal Ministero. « E' questa la ragione per cui siamo qui no? Per tornare a esserci.. se possiamo. Se qualunque di noi dovesse averne bisogno. » Osservò quindi ciascuno dei presenti. « Voi siete sistemati bene? Al sicuro? »


     
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    Erano arrivate a Londra solo qualche ora prima dell'incontro - un maggiore anticipo non solo era stato impossibile considerato il tipo di viaggio che le due Delgado avevano dovuto compiere, ma le avrebbe anche esposte ad una serie pressoché infinita di rischi inutili. Dopotutto c'era un motivo molto valido se entrambe erano finite letteralmente dall'altra parte del mondo. Tijuana. Se qualcuno glielo avesse detto anche solo sei mesi addietro, l'ex serpeverde gli avrebbe probabilmente riso in faccia, per ricordargli poi di smetterla di passare la propria vita su Netflix. La mia vita non è mica una puntata di 'Narcos: Messico', avrebbe probabilmente ribattuto arricciando il naso. D'altra parte però in quei pochi mesi erano successe cose ben più incredibili e devastanti. Cose che avevano scosso alle fondamenta molte delle sue certezze. Io e Lola siamo a tutti gli effetti delle criminali. Metà della mia famiglia è dietro le sbarre e l'altra se l'è data per non finirci. Uno che credevamo morto ha ben pensato di risorgere. Forse 'Narcos: Messico' è davvero il minore dei mali. Di fronte a quei pensieri parve incupirsi ulteriormente, la mascella serrata. Si voltò solo per una frazione di secondo, quasi ad accertarsi che la zia stesse al passo e che non si fosse improvvisamente volatilizzata nel nulla, mentre d'istinto stringeva la presa sulla bacchetta di contrabbando su cui era riuscita a mettere mano qualche tempo addietro. Aveva ancora anche la sua, ma non si era mai fidata ad usarla considerate le circostanze. Sembrava non fidarsi più di niente e nessuno, l'ex serpeverde, a tratti dubbiosa persino della composizione dell'aria che respirava. « Se ci è possibile evitiamo di tornare indietro. » Disse improvvisamente in direzione di Lola con decisione. Stavolta non si voltò a guardarla, continuando a tirare dritto a passo spedito. « Vero che per adesso siamo simpatiche ad Abe, ma chissà che non cambi idea. A moglie numero cinque mi pare che stiamo già abbastanza sul cazzo - non escludo sia solo questione di tempo prima che riesca a convincerlo che la sua non sia stata la scelta della vita. » Ed a quel punto noi non avremmo nemmeno come difenderci: lui di noi sa letteralmente tutto, mentre noi sappiamo solo che è il cugino di chissà quale grado di Dolores. Queste parole le risparmiò ad entrambe, ma era evidente che si fosse rabbuiata ulteriormente. Più che altro perché era vero: la loro situazione non era delle migliori. Nel tentativo di aprire loro una strada - una qualunque che permettesse loro di andarsene - la nonna era riuscita a mettersi in contatto con Abejundio Bautista De la Cruz. Non avevano molto in comune, tolto il nome orrendo. Abe non era nemmeno un mago. Suo padre era un magonò, se n'era andato dalla Spagna per trasferirsi in Messico chissà quanti anni prima, e l'ultima volta che si erano visti risaliva ad almeno un decennio addietro. Forse avrebbero dovuto chiedersi, quindi, come mai avesse spalancato le porte a quelle che erano poco più che perfette sconosciute senza battere ciglio, ma nel delirio generale nessuno ci aveva pensato. Dolores si era appellata al concetto di solidarietà cristiana; Sol, che in quelle cose non credeva più da un pezzo, si era limitata a storcere il naso. Come per ogni cosa, avrebbero capito l'entità del problema soltanto in seguito, una volta messo piede in quello che era a tutti gli effetti il dominio dell'uomo. In realtà non aveva mai spiegato alle due di cosa si occupasse di preciso. Le aveva messe a lavorare in un casinò però - uno di cui era gestore, in società con un tale che aveva del viscido - Lola al bar, Sol a fare da croupier. Sei carina, sveglia e hai una buona parlantina. E le mance sono ottime. Le mance, ottime, non lo erano grazie ai clienti. Ad un certo punto Abe l'aveva presa da parte e le aveva spiegato come girava il mondo, da quelle parti. C'erano persone che potevano e dovevano vincere; persone che andavano spennate. Non c'era niente di onesto in quell'ambiente, per quanto potesse esserlo una sala di quel tipo. E Sol sapeva benissimo di non poter essere scoperta a sgarrare perché il loro benefattore aveva dato qualcosa alle due Delgado, ma come gliel'aveva dato così poteva anche toglierglielo. E lei sentiva che fosse solo questione di tempo prima che questo accadesse. Si strinse ulteriormente nel cappotto di due misure più grande della sua, il viso seminascosto da una sciarpa scura. « Seriamente, Lols. Quella stronza ci ammazza nel sonno, secondo me. Poco importa che non abitiamo più con loro. » Una pausa brevissima, dove finalmente lo sguardo ceruleo incrociò quello della più grande. « Casa è sempre casa. Anche quando la tua stanza puzza di topo morto, fa un freddo porco e non puoi girare per strada senza rischiare la galera. » Distese le labbra nel primo sorriso della serata, gli occhi che scorrevano i numeri civici. Non dovevano essere troppo lontane a quel punto. Ed infatti l'edificio apparve alla sua vista qualche metro dopo. Sol rimase ad osservarlo pensosa per qualche istante prima di fare cenno alla zia di seguirla. Solo una volta dentro, al sicuro, parve rilassare leggermente le spalle. « Buenas. » Salutò i presenti con un cenno del capo, in attesa che anche Lola la raggiungesse per poter prendere posto. Erano tutti volti a lei noti, in una maniera o nell'altra, ma nessuno - al di fuori di Eliphas, col quale aveva condiviso la biblioteca in tempi più rosei - era qualcuno che conoscesse troppo bene. « E' sicuro darci informazioni su dove ci troviamo allo stato attuale e altri dettagli del genere? Oppure è meglio di no? Sia chiaro, non voglio farmi gli affari vostri. » Ad attirare la sua attenzione furono le parole di Lily Potter, che avevano distolto la sua attenzione dalla tazza di té che le era stata così gentilmente offerta. « Però, se qualcuno di voi fosse nei guai o ha bisogno di qualunque cosa, sappiate che io ci sono. » [...] La osservò per qualche secondo, in attesa che la ragazza finisse di parlare. « Beh, non penso sia negli interessi di nessuno far uscire un'informazione così sensibile. » Le rispose quindi in tono mite, stringendosi appena nelle spalle. Siamo tutti sulla stessa barca dopotutto. « Messico. » Aggiunse con semplicità. Sorvolò beatamente sui salti mortali che avevano dovuto fare per ritrovarsi a Londra, per dire invece: « Un favore da chiedere ce l'avrei. Non so se qualcuno abbia contatti ad Hogwarts o al College che sia. Qualcuno di fidato a cui possa chiedere di informarsi su come sta mio fratello. Se è effettivamente ancora lì o se... » Pausa. Un repentino cambio di rotta. « Che possa in qualche maniera farci avere notizie. Non hanno fatto in tempo ad evacuarlo e non ne abbiamo più saputo niente. Sta al secondo anno. » Si rendeva conto, Sol, che la sua fosse una richiesta strettamente personale. Una che forse avrebbe dovuto evitare di fare perché avrebbe scomodato quelle persone per una questione del tutto irrilevante per loro. Abbassò lo sguardo per qualche secondo, forse un po' a disagio e forse presa dai sensi di colpa di aver perso di vista il proprio stesso fratello. Si schiarì la gola prima di aggiungere. « Comunque, per quanto mi riguarda, vorrei tornare in qualche modo. Se non subito qui, almeno avvicinarmi un po' per poter essere reperibile in caso di necessità. Con quello, se un modo ci fosse, accetterei volentieri un aiuto. » Ammise infine osservando i presenti. Per il momento aveva detto la sua, ma voleva anche capire quali idee avessero gli altri in merito.


    Edited by peccadillo! - 11/12/2023, 05:34
     
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    « So cosa dicono alle spalle. » Non c'era bisogno di essere indovini per immaginarlo. Albus non era crollato; semmai si era buttato nella missione della costruzione della rete più di chiunque altri. Mun gli era rimasta accanto lungo tutto quel periodo, mettendoci del proprio, cercando di assicurarsi che il giovane Potter stesse davvero bene. Strappata dalle sicurezze di quella che era diventata la propria culla, Mun aveva compreso che forse in fondo le sue capacità sarebbero state più che mai importanti. E così, alla fine aveva condiviso con Albus la notizia del ritorno di Ryuk, e assieme a lui si era dedicata anima e corpo a quella che sarebbe diventata la rete di salvataggio di tutti. Non si trattava solo di rendere onore al ricordo di Harry Potter, che aveva imparato ad amare come se fosse un padre, ma anche ad assicurare un futuro alla sua famiglia. Un desiderio quello, su cui non intendeva scendere a compromessi. E così, dopo aver fatto i conti con tutti i sensi di colpa per averli lasciati da soli e dirigersi a Londra, aveva utilizzato quella presenza a proprio vantaggio. Mun aveva fatto di tutto per ricontattare quelle poche conoscenze di famiglia che con Minerva non avevano mai simpatizzato, e da lì era ripartita per assicurare in tanto alla rete sufficienti finanze da investire in caso di necessità. Il suo obiettivo era diventare una piccola signora dei sussurri; arrivare ad avere per quanto possibile occhi e orecchie dappertutto. Non era una missione facile, ma fortunatamente, i fedelissimi di Inverness, che nell'intimo delle loro abitazioni ancora tessevano le lodi della civiltà scomparsa, avevano risposto all'appello piuttosto in fretta. Le persone si fidavano di Albus, specialmente grazie alla condotta tenuta negli ultimi anni di gestione del gruppo Peverell, e rispondevano piuttosto bene alla solidità della coppia che sembrava aver rianimato Grimmauld e ogni possibile roccaforte sicura un pezzo alla volta. Così, ora erano pronti ad accogliere gli altri ricercati - una missione che avevano tenuto ben presente sin dal principio. Loro avevano la priorità, non solo perché tra di loro c'erano elementi imprescindibili per la ribellione, ma anche e soprattutto perché nessuno di loro doveva finire tra le grinfie del Ministero. Ogni cattura li farà sentire più forti, darà loro più fiducia e porterà l'opinione pubblica a fidarsi ancora di più del Messia. E invece, a crollare doveva essere proprio quella fiducia, la credenza secondo cui Eric Donovan potesse davvero salvarli da tutto e da tutti.
    Allo scoccare delle undici in punto, Mun provò un senso di intrinseca agitazione. Avrebbero risposto? Si sarebbero fatti vedere? Non lo sapeva, ma sperava potessero farlo, perché Albus e Mun, assieme al resto della rete avevano per loro più di una notizia e richiesta. Il suo spirito sembrò infatti alleggerirsi man mano che dal corridoio d'entrata giungevano sempre più ricercati. Non era stato casuale, chiamare solo loro in prima battuta. Dovevano fidarsi, sentirsi al sicuro, sapere che si trovavano tra persone che erano nella loro stessa situazione. Così, dopo aver consegnato alla minore dei Potter un paio di guanti senza fare troppo caso alla richiesta della rossa, e dopo aver gettato uno sguardo piuttosto intenso in direzione del giovane warlock ricercato, che evidentemente doveva trovare parecchio interessante l'ombra alle sue spalle, Mun tornò a sedersi in un angolo della stanza, attendendo che tutti quanti si mettessero comodi e mangiassero un boccone. Proprio durante quegli istanti, si concesse la possibilità di posare un bacio tra i capelli della cugina, abbracciandola teneramente, prima di sussurrarle un veloce « Sono felice che tu abbia deciso di rispondere. » Ti prometto che non te ne pentirai. O almeno questo quanto voleva pensare. « Un favore da chiedere ce l'avrei. Non so se qualcuno abbia contatti ad Hogwarts o al College che sia. Qualcuno di fidato a cui possa chiedere di informarsi su come sta mio fratello. Se è effettivamente ancora lì o se... Che possa in qualche maniera farci avere notizie. Non hanno fatto in tempo ad evacuarlo e non ne abbiamo più saputo niente. Sta al secondo anno. Comunque, per quanto mi riguarda, vorrei tornare in qualche modo. Se non subito qui, almeno avvicinarmi un po' per poter essere reperibile in caso di necessità. Con quello, se un modo ci fosse, accetterei volentieri un aiuto. » Mun spostò lo sguardo alla propria sinistra alla ricerca di del dio della morte; l'influenza e l'ubiquità del dio della morte, aveva capito fosse venuta meno, ma era certa che potesse comunque avere informazioni così spicciole. « Abbiamo ancora qualche contatto nel campus. Sono certa che riusciremo a trovarlo. » Detto ciò roteò per qualche istante la bacchetta, mentre uno stormo di buste di carta, attentamente ripiegate svolazzò nell'ambiente posandosi tra le mani di ognuno dei presenti. All'interno ciascuno di loro avrebbe trovato un po' di contanti - sterline e galeoni - diverse pergamene che Mun e Albus avevano scritto di proprio pugno nei giorni precedenti. « Non è molto ma può aiutarvi ad avvicinarvi a Londra. » Non è elemosina. Abbiamo bisogno di voi, è questa la verità. « Le banconote e le monete non sono tracciate. Io ed Albus abbiamo lentamente svuotato le nostre camere blindante prima della presa di Hogwarts. » E ora, l'eredita della loro famiglia, doveva servire a ripartire. Sapeva che non potevano offrire loro molto, ma Mun si sentiva sufficientemente fiduciosa da puntare su quelle persone. I soldi, sapeva fossero insignificanti, se non si aveva nessuna prospettiva. E per quanto, con tutte le risorse a loro disposizione sarebbero potuto andare lontani, la verità era che nessuno di loro era pronto a rinunciare a ciò che consideravano come casa loro, la società che conoscevano, quella in cui erano cresciuti e in cui erano diventati ciò che erano oggi. « All'interno della busta troverete anche una lista di contatti - persone di fiducia che potrete contattare qualora doveste aver bisogno di aiuto - e una mappa di tutti i vari posti sicuri che abbiamo individuato. Potete appoggiarvi per un po' o decidere di rimanerci. » Alcuni erano posti al pari di Grimmauld Place utilizzati già in precedenza dall'Ordine della Fenice. Una mappatura su cui avevano lavorato partendo dai documenti presenti proprio lì. « Vi chiediamo solo massima cautela nell'utilizzarli. Non sono luoghi in cui mettersi troppo comodi. E soprattutto non sono luoghi in cui potete rimanere tutti quanti assieme. » Tentare di riunirsi era forse l'obiettivo più auspicabile, ma non ancora praticabile. Il Ministero stava loro alle calcagna. Più volte volte Mun e Albus avevano avuto l'impressione di essere dieci passi indietro rispetto all'operato di Minerva. Ma non abbiamo ancora spazi sufficientemente grandi da arrivare a quell'ideale. È già tanto esser riusciti a rintracciare le vecchie case e covi di diversi ricercati dell'Ordine della Fenice e aver messo sotto Confundus gruppi ristretti di babbani in grado di occultare la nostra presenza. Per ora dovrà bastare. « In questa fase sarà fondamentale tentare di metterci in contatto con le persone di fiducia non ricercate, aiutare chi è in fugga per questioni relegate alla razza e allargare la rete. Possibilmente avere una certa influenza sul ghetto e le comunità di creature. » Insomma, dobbiamo tornare a fare squadra. « Chi sa già riattivare il tatuaggio dei Ribelli dovrà insegnarci a riattivarlo sui nostri cari, sulle persone di cui ci fidiamo. » Posò infatti il proprio braccio passandoci la bacchetta sopra sotto gli occhi di tutti i presenti. Il simbolo che Byron Cooper aveva sigillato sulla sua pelle diversi anni prima si materializzò di colpo sotto gli occhi di tutti. Ormai nuovamente inattivo, aveva bisogno di una svecchiata. « Va reimpostato. Dobbiamo dargli nuove regole. Ciò che ci diciamo non deve essere divulgato, senza alcuna eccezione. Ne va della nostra sicurezza e libertà. Insomma, abbiamo bisogno del marchio - e dobbiamo trattare solo con le persone che lo hanno a loro volta. »
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    Fece una leggera pausa e sospirò. « Avremmo anche bisogno dei nostri amici di Iron Garden. Tutti i lycan, e gli ex ribelli che hanno deciso di alloggiarci sono forse il nostro nucleo più forte. Se sono lì significa che la loro fedeltà non è ancora vacillata, e loro, più di tutti, potrebbero essere fondamentali. Hanno la capacità di muoversi tra i maghi alla luce del giorno, possono vedere e ascoltare cose che noi non potremmo mai raggiungere. » Li guardò con una certa insistenza. « Insomma, la rete deve arrivare ad Iron Garden e voi lycan, in questo siete i più indicati. » Pausa. Perché no, un giorno, quel posto potrebbe diventare anche molto di più. Ha recinzioni, barriere magiche e soprattutto è sufficientemente lontano dai quartieri magici di Londra. Chissà che non possa diventare un ipotetico nido? Anche solo provvisorio. Non era certa fosse il luogo migliore; forse avevano bisogno di un posto lontano dal controllo e l'influenza dei maghi, ma chissà se avrebbero mai avuto abbastanza forze per tentare? Solo il tempo e la tenuta delle rete avrebbero saputo dare loro risposte. « Abbiamo sufficienti risorse per spostarci con cautela e comunicare fuori dalle reti magiche; polisucco, ingredienti, un po' di risparmi e abbastanza contatti. Ma non abbiamo sufficienti persone, né possiamo raggiungere ogni posto e raccogliere ogni pezzo di informazione, o pensare ad ogni alternativa. Ci servono persone e fiducia.. altri luoghi a cui affidarci, strategie, sicurezza, cautela » Voi. Abbiamo bisogno di una squadra che lavori assieme a noi. Abbiamo bisogno dei talenti di ciascuno di voi. « ..e abbiamo bisogno di aiuto per capire come restare fuori dai radar della Loggia Nera. » Pausa. In quel frangente guardò prima Eliphas. Poi ognuno dei volti degli altri. « Dobbiamo dare un nome alla nostra disfatta. Non è Minerva, né Eric Donovan - non sono Pius Bauldry o Alexander Crane, né tanto meno Philip Collins. È la Loggia Nera. E allora dobbiamo ricordarci che anche adesso sono in ascolto e che l'unico modo per tornare ad avere un vantaggio è avere ben presente chi è il vero nemico. Ogni giorno, ogni momento, durante ogni tentativo di fugga, durante anche il più piccolo, stupido, insignificante passo che facciamo, dobbiamo ricordarci che allo stato attuale, se non ci hanno presi, è perché per le Logge non è ancora il nostro momento. » E noi dobbiamo sovvertire il loro vantaggio. Si può fare. Bisogna solo sapere quando è il momento di camminare col fuoco e quando è tempo di spegnerlo con l'acqua. « Dobbiamo sparire dal radar delle Logge, non dal radar dei maghi. » Pausa. « Entrambe le Logge. » Altra pausa. Ormai, Mun non aveva più nulla da perdere, né sentiva di dover dare a nessuno alcuna spiegazione in merito alla sua linea di pensiero. « Oppure sfruttarle. » Se fosse stato necessario, in quella fase, Mun era persino pronta a permettere loro di vederlo. Il dio. Se ciò sarebbe stato necessario per portarli a ricordare chi fosse il vero nemico, Mun lo avrebbe fatto.


     
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    dauntless

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    La voce era arrivata a Raiden piuttosto velocemente. Comunicare tra lycan, d'altronde, era semplice: bastava che uno venisse messo al corrente della notizia che si voleva trasmettere, e in poco tempo tutti gli altri simili interessati sarebbero stati informati. In cuor suo il giovane Yagami non aveva fatto altro che aspettare quel momento: una chiamata, un segno, qualunque cosa potesse dargli la certezza di non essere completamente abbandonato a se stesso. Così si era sentito: solo. Forse era più fortunato di altri, avendo Hiroshi e Jeff al proprio fianco, ma la consolazione era poca nel momento in cui tutta la comunità di cui aveva imparato a far parte si era sfaldata nel giro di una giornata. Aveva bisogno di sapere che tutto ciò per cui aveva combattuto e per cui aveva perso non fosse semplicemente evaporato - che da qualche parte, qualcuno avesse la volontà e le possibilità per dare inizio a un cambiamento. Uno duraturo, questa volta. Così non vi aveva pensato due volte, quando l'invito per Grimmauld Place era giunto alle sue orecchie. Aveva immediatamente comunicato la cosa agli altri due, organizzandosi per far sì che i loro spostamenti fossero più possibilmente al sicuro. Era un orario di merda, le undici di sera. Potter non poteva saperlo, dando forse per scontato che qualunque impegno potessero avere nel quotidiano fosse esaurito per quell'ora. Per loro non era così. Alle undici erano nel pieno del lavoro: il locale era sempre molto affollato in quell'orario e quasi tutti i lavoratori venivano destinati a qualche mansione. Trovare il modo per far sì che tutti e tre venissero esonerati non era stato facile; tendenzialmente Raiden preferiva non utilizzare la magia, soprattutto perché il locale aveva occhi e orecchie ovunque. Quella volta, tuttavia, era stato inevitabile. Avevano preso un pesce piccolo: uno dei manager che si occupa direttamente di scandire i turni di lavoro per chi, come loro, era in fondo alla catena gerarchica. Con una scusa lo avevano attirato nel labirinto grigio della zona industriale, lontano da occhi indiscreti. Il piano era semplice e la mente di un babbano malleabile, quindi un confundus era stato sufficiente a garantirgli la copertura per quella sera: Raiden, Hiroshi e Jeff sarebbero stati impegnati a pattugliare il territorio di strada per accertarsi che altre bande non violassero la segmentazione di Londra. « Magari un occhio diamolo comunque, quando usciamo. Ci sta sempre qualche spacciatorino stupido che sconfina. Gli riportiamo indietro qualche risultato e ci garantiamo un po' di pace per le prossime volte. » In soldoni: rimandare il malcapitato indietro zoppicante e portare alla base tutti i soldi e la droga che aveva. No, non era quella la vita che Raiden voleva condurre, ma era l'unica disponibile per lui al momento. Speriamo che questa cosa cambi alla svelta. Sospirò, stringendosi nella giacca troppo leggera per la stagione mentre svoltava la via in cui era fissato il luogo d'incontro. Era già stato a Grimmauld Place un paio di volte, così si era messo in testa ai due amici, conducendoli verso quello che era sempre stato un punto d'appoggio cardine dei Ribelli. Non aveva saputo molto da loro in quei mesi, dunque non sapeva davvero cosa lo avrebbe atteso dietro quella porta, ma in cuor suo sperava che il tempo trascorso dall'attacco fosse servito a quella gente per mettere in piedi qualcosa che potesse veramente aiutarli ad uscire dalla situazione in cui si trovavano.
    Varcato il portone d'ingresso trovò diverse facce amiche, a cui stese un tenue sorriso. Ad occhio e croce anche loro non sembravano messi molto meglio. Come potevano? Qualunque cosa facessero, ovunque si trovassero, avevano un intero mondo magico contro di loro. « Ehi. Come va? Sono contento di rivedervi tutte intere. » Si avvicinò a Sol e Lola Delgado, strizzando leggermente la spalla alla seconda. Nonostante i motivi per cui si trovavano a condividere quello status fossero molteplici, Raiden non poteva fare comunque a meno di pensare che in un qualche modo fossero andati tutti e tre a fondo insieme, dopo ciò che era successo ad Inverness durante l'attacco. Si fidava di loro. In una situazione tragica come quella in cui si erano trovati a combattere, Sol e Lola avevano dimostrato davvero di avere i nervi d'acciaio che servivano. « E' sicuro darci informazioni su dove ci troviamo allo stato attuale e altri dettagli del genere? Oppure è meglio di no? Sia chiaro, non voglio farmi gli affari vostri. » La minore dei Potter lo anticipò su quella domanda, a cui Sol rispose con qualcosa che lo stupì. « Messico. » « Quindi alla fine siete rimaste lì. » Dove si erano lasciati, quando per breve tempo avevano condiviso la fuga. « Noi siamo qui a Londra, verso la zona industriale. » disse, lanciando una veloce occhiata ai due compagni prima di far passare lo sguardo sugli altri presenti, come a voler condividere con loro quella notizia. D'altronde erano tutti sulla stessa barca: a nessuno avrebbe giovato spifferare l'ubicazione degli altri. « Comunque, per quanto mi riguarda, vorrei tornare in qualche modo. Se non subito qui, almeno avvicinarmi un po' per poter essere reperibile in caso di necessità. Con quello, se un modo ci fosse, accetterei volentieri un aiuto. » Lanciò un'altra occhiata a Hiroshi. Dici che si può? Un sospiro. Beh, tanto dubito che sarebbe molto peggio di qualunque cosa stiano facendo ora. Almeno potremmo fare gruppo. Aspettò comunque ad intervenire, anche perché la gente continuava ad arrivare ed era chiaro che ci fosse urgenza di parlare d'altro. Infatti, poco dopo, a prendere la parola fu Amunet Carrow. « Avremmo anche bisogno dei nostri amici di Iron Garden. Tutti i lycan, e gli ex ribelli che hanno deciso di alloggiarci sono forse il nostro nucleo più forte. Se sono lì significa che la loro fedeltà non è ancora vacillata, e loro, più di tutti, potrebbero essere fondamentali. Hanno la capacità di muoversi tra i maghi alla luce del giorno, possono vedere e ascoltare cose che noi non potremmo mai raggiungere. » Istintivamente il pensiero di Raiden tornò a Mia, al Pulse, a ciò che gli aveva confessato riguardo gli affari che i maghi gestivano sottobanco per usare le creature a scopo di lucro. Forse era giusto condividere quell'informazione anche con loro: far sapere alla rete che da qualche parte, sotto il loro naso, esisteva un mondo sotterraneo in cui le cose andavano molto diversamente da ciò che il Messia promuoveva. Infatti, non appena Mun finì di parlare, il giovane Yagami fece un passo
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    avanti. « Immagino di non essere l'unico ad avere qualcuno di caro ad Iron Garden. Sicuramente queste persone sono un punto di inizio: sappiamo che hanno i nostri stessi interessi. » Mia, Eriko, mia madre. Di loro si fidava ciecamente. « Ma c'è altro, oltre i cancelli di Iron Garden. Il Pulse. » Fece una breve pausa, passando lo sguardo sui presenti. « Qualcuno lo conosce? Pare che vi vengano organizzati incontri di lotta clandestini. Ci stanno di mezzo le mani di auror corrotti, maghi potenti, criminalità e anche di alcuni esponenti della Londra per bene. Ci portano le creature di Iron Garden e le fanno combattere in cambio di soldi, favori e libertà varie. » Si arrestò un istante. « Insomma, se c'è un posto in cui avere occhi e orecchie, è quello. » Si guardò bene dal nominare il coinvolgimento di Mia nella faccenda, in primis perché le aveva chiesto di tirarsene fuori, e non voleva che la cosa cambiasse. Non voglio che sia lei, la nostra spia lì dentro. Forse era egoistico, mandare avanti qualcun altro per proteggere sua moglie, ma in cuor suo non si sentiva di fare altrimenti. « Per il resto, dove stiamo noi.. mh, c'è sempre lavoro per tutti, diciamo. » Fece una pausa. « Non so cosa facciate tutti voi nello specifico, ma il nostro non è un bell'ambiente. Per delle donne ancor meno, immagino. Ma se gli fate vedere da subito di avere delle skills interessanti, il peggio potete evitarlo. » Passò lo sguardo soprattutto tra le due Delgado, che avevano espresso il desiderio di avvicinarsi a Londra. « Stare tutti nello stesso posto non è la mossa più intelligente, ma le persone per cui lavoriamo hanno molte basi qui a Londra, e per quanto possano fare come babbani - offrono comunque una buona protezione. Oltre a non chiedere documenti. » D'altronde a indirizzarli lì, alla Yakuza, era stato proprio un suo vecchio collega dell'esercito giapponese. Nessuno meglio di loro conosceva le scappatoie dai radar della società. Sospirò. « Non è l'alternativa migliore, ma è il meglio che siamo riusciti a trovare al momento. Se non avete dove stare, è un'opzione. »

    Interagito con Hiroshi, Sol, Lola e in generale con tutti i presenti sull'ultima parte

     
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    Mentre camminava frettolosamente per le strade buie della Londra babbana, con le mani affondate nelle tasche del pesante ed anonimo cappotto di lana grigia, June provava una fastidiosa sensazione di vulnerabilità; a dispetto degli anni trascorsi in Inghilterra, ogni strada e vicolo le sembrava nuovo, sconosciuto – e pericoloso. Con il suo volto dipinto sui manifesti appesi nei distretti magici, l’Inghilterra una volta casa e rifugio, si era trasformata improvvisamente in una terra ostile e le sue giornate si erano tramutate in una routine nervosa e difensiva. Si spostava di continuo, sempre in guardia, cercando di non attirare l'attenzione su di sé e accettando lavori umili che non avrebbero attirato l’attenzione, semplici impieghi come cameriera in cittadine babbane dimenticate da Dio. Soffocando il suo naturale bisogno di interazione sociale, si era costretta a mantenere un educato riserbo con i colleghi, passando la maggior parte del proprio tempo libero nella piccola stanza in affitto, la mente che viaggiava ponendosi un interrogativo dietro l’altro, fino a sfiorare costantemente l'abisso dell'incertezza. In tutto ciò, l’unica distrazione erano state le visite di Aslan; un avvenimento che, con il passare delle settimane, Juniper si era ritrovata ad aspettare con una certa impazienza. Non solo la presenza del warlock rappresentava un flebile legame con il mondo magico, ma anche una fonte attraverso la quale poteva raccogliere un minimo di informazioni. Era diventato un volto quasi familiare in quella vita solitaria, ed i loro incontri erano diventate le uniche occasioni in cui June si concedeva di utilizzare la magia; a dispetto delle sedute piuttosto frequenti, i suoi progressi erano ancora lenti e intangibili ma, sorprendentemente, June non sembrava esserne infastidita, forse perché aveva la possibilità di esercitare la magia (o, per lo meno di provarci) o, più semplicemente, perché non aveva ancora raggiunto il punto di rottura. Svoltò a sinistra in un vicolo secondario, gettandosi una rapida occhiata alle spalle, prima di superare una coppietta intenta ad ammirare le luminarie che ravvivavano il quartiere. Attraversò la strada e, dopo essersi assicurata che nessuno la stesse seguendo, salì rapidamente i gradini che conducevano al numero 12 e suonò il campanello. Non dovette aspettare altro che pochi secondi prima che la figura di Albus Potter facesse capolino attraverso la porta semi-aperta. « Albus, è bello vederti. » Lo salutò, rivolgendogli un rapido abbraccio e facendosi da parte per non intasare l’ingresso. « Jay e Lily come stanno? » Domandò, immaginando che stessero già riposando, mentre si sfilava il cappotto e lo appendeva all’attaccapanni vicino alla porta. Sebbene vi avesse sperato a lungo, l’invito di Albus l’aveva colta di sorpresa e June si era aggrappata a quell’invito come ad un lembo logoro e malandato della realtà che un tempo le era appartenuta, la possibilità di rivedere volti familiari, di ricongiungersi ad amici e parenti anche solo per una sera. Era impaziente di rivederli eppure, al contempo, quel barlume di gioia era accompagnato dal timore di un possibile disinganno. Erano trascorsi mesi dall’ultima volta che aveva avuto notizie certe e, per quanto cercasse di pensare positivo, era possibile che alcuni di loro avessero deciso di non presentarsi, o – peggio ancora – fossero stati arrestati. Sfregò nervosamente le mani tra loro nel vano tentativo di scaldarle e avanzò lungo il corridoio sino alla sala da pranzo. Nell’entrare, rivolse un cenno di saluto ai visi noti, quando il loro sguardo ricadde su di lei; conosceva la maggior parte dei presenti – se non personalmente, almeno di vista – e provò una profonda sensazione di sollievo nel notare che, seppur stanchi e forse spaventati, sembravano incolumi. Ricambiò il sorriso di Lily e lo estese in direzione di Eliphas al suo fianco, dunque riempì un bicchiere di thé bollente e si accomodò sul bracciolo di una poltrona poco distante da lei. Nonostante il cibo fosse invitante, si sentiva troppo nervosa per mangiare, troppo preoccupata di assicurarsi che ciascuno di loro fosse sano e salvo. Quando la giovane Potter prese la parola, June spostò lo sguardo su di lei, nello stesso momento in cui avvertì la presenza di Mun al suo fianco. « Sono felice che tu abbia deciso di rispondere. » Si girò istintivamente dalla sua parte, ricambiando l’abbraccio e socchiudendo gli occhi per qualche istante. Inspirò profondamente, provando una profonda sensazione di conforto nel riconoscere il profumo familiare di Mun. « Credimi, non me lo sarei persa per niente al mondo. » Replicò, sottovoce, per non disturbare il resto dei presenti. Strinse delicatamente la sua mano, osservandola per qualche istante. Sono contenta che tu stia bene. Che siate al sicuro. Avevo bisogno di saperlo. « Ricordami che ho una cosa per te, più tardi. » Le sussurrò, prima di riportare la propria attenzione sull’argomento principale. Vi erano molte cose su cui avrebbero dovuto aggiornarsi, ma quello non era il momento giusto. Annuì alle parole di Sol Delgado, stringendo delicatamente le mani attorno al bicchiere piacevolmente caldo. « Vale anche per me. Fino ad ora mi sono spostata piuttosto di frequente, per lo più in cittadine babbane di ben poco interesse per il Ministero. Ho usato una vecchia proprietà di famiglia per qualche tempo, ma anche se è piuttosto sicura non mi sento di escludere che potrebbe essere rintracciata – o suggerita. » Si inumidì le labbra, spostando lo sguardo su Amunet per qualche istante. Era certa che avrebbe compreso a quale luogo si riferiva e, soprattutto, a chi tra i loro parenti avrebbe potuto aver interesse nell’impedire loro di usarlo come rifugio. « Trovare un rifugio a Londra – o nei dintorni – faciliterebbe il mantenere i contatti. » Constatò, prima che, con un colpo di bacchetta, Amunet facesse ricadere una busta in grembo a ciascuno. « [...] All'interno della busta troverete anche una lista di contatti - persone di fiducia che potrete contattare qualora doveste aver bisogno di aiuto - e una mappa di tutti i vari posti sicuri che abbiamo individuato. Potete appoggiarvi per un po' o decidere di rimanerci. » June alzò lo sguardo di scatto in direzione della cugina, sorpresa. Aveva sperato che quell’incontro conducesse a qualcosa di concreto, ma non si era certo immaginata che Mun e Albus avessero messo in piedi una vera e propria rete. « Vi chiediamo solo massima cautela nell'utilizzarli. Non sono luoghi in cui mettersi troppo comodi. E soprattutto non sono luoghi in cui potete rimanere tutti quanti assieme. » Annuì, in una semplice dimostrazione di assenso, leggermente pensierosa. Avere una lista di posti sicuri le avrebbe facilitato non poco la possibilità di rimanere nei pressi di Londra, ma ciò non significava che potessero sentirsi al sicuro. Le loro facce ed i loro nomi erano ben conosciuti nel Mondo Magico e sarebbe bastato trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato – o imbattersi in qualcuno in grado di riconoscerli – per essere arrestati. Seguì il filo dei pensieri di Mun senza interromperla, la sua mente che già lavorava nel tentare di trovare un modo o un compito con cui avrebbe potuto rendersi utile. Non poté fare a meno di pensare ad Èmile, ma una parte di lei rifiutò violentemente quel pensiero. Non puoi chiedergli una cosa simile, non quando sai che lo metterebbe in pericolo. Sei stata proprio tu a dirgli di rimanere al sicuro. Portò il bicchiere alle labbra, bevendo un sorso di thé e trovandolo incredibilmente amaro, mentre Raiden prendeva parola. « Immagino di non essere l'unico ad avere qualcuno di caro ad Iron Garden. Sicuramente queste persone sono un punto di inizio: sappiamo che hanno i nostri stessi interessi. » Ripensò alle persone che si trovavano lì dentro. Ava, Malia. Era pronta a scommettere che non sarebbero rimaste con le mani in mano. Si accigliò leggermente nel sentir nominare il Pulse, certa di aver sentito qualcosa di simile, in precedenza. « Intendi dire che è una sorta di Mano Monca ma per ribelli e creature? » Domandò, senza riuscire a nascondere completamente una nota di orrore nella voce. Poteva solo immaginare come la disperazione spingesse i residenti di Iron Garden a offrirsi volontari per intrattenere il pubblico. Una morsa di disgusto le strinse lo stomaco al solo pensiero, subito seguita da un moto di rabbia. Istintivamente, serrò con più forza la mano attorno al bicchiere. Attese che Yagami terminasse il proprio turno, prima di prendere un respiro profondo. « Per quel che mi riguarda, non vi è molto di utile che posso condividere con voi. Negli ultimi mesi non ho fatto altro che spostarmi e vivere come una babbana. » Iniziò. « Tuttavia, sono disposta a rendermi utile come serve. Ho ancora diversi contatti con la comunità maride nel Mare del Nord. So che non sarà semplice chiedere il loro aiuto, ma a questo punto dubito fortemente che il rimanere neutrali possa portare loro alcun beneficio. » Senza contare che tra i residenti di Iron Garden vi sono anche membri della loro progenie. « Posso fare tranquillamente da messaggera, testare il terreno e vedere quanto – e se – possiamo fidarci. » Spostò lo sguardo su Mun per qualche secondo, prima di riportarlo sul resto del gruppo. Dopotutto, le comunità Maridi avevano a lungo collaborato con Inverness ed erano vicine alla
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    Loggia Bianca. « Per quanto riguarda Iron Garden ed il Pulse… se qualcuno deve rischiare per scoprirne di più, credo che sia giusto offrirmi volontaria. La taglia sulla mia testa è decisamente minore di quella di ciascuno di voi. Se anche dovessero scoprire la mia copertura e arrestarmi, al momento il mio unico crimine è di non essermi consegnata spontaneamente. » Non sapeva esattamente cosa il Ministero avesse in serbo per coloro che venivano arrestati nel bel mezzo di un ulteriore atto illegale, ma le probabilità che venisse spedita ad Azkaban erano assai minori rispetto al resto dei presenti. Guardò Mun, ricordando le sue parole di poco prima. « Immagino che mi servirà un po’ di quella polisucco. » Esordì, cercando di farla suonare come una battuta. Pessimo tentativo, Rosier.
     
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    Il fatto che fossero riusciti a trovarlo non lo aveva sorpreso. Il fatto che lo avessero cercato, quello sì. Dubitava fosse per una questione di amicizia o altro, visto che non c'era quasi nulla a legarlo alla famiglia Potter se non un rapporto cordiale con la figlia minore. Forse sono solo talmente disperati da chiamare a raccolta un po' tutti quelli che, come loro, non hanno vere e proprie opzioni. Per qualche giorno aveva seriamente intrattenuto il pensiero di non presentarsi. A che pro, d'altronde? Dubitava che qualunque cosa avessero da dire potesse ribaltare la situazione; e se pure così fosse stato, di certo lui non era poi così indispensabile per raggiungere l'obiettivo. A cosa serviva quell'incontro? Guardarsi in faccia e gioire del non essere gli unici con il culo per terra? No, questo non avrebbe rincuorato Eliphas, né lo avrebbe fatto sentire in qualche modo meno solo. L'opzione più plausibile era che volessero semplicemente rimboccarsi le maniche e fare squadra; ma anche verso questa ipotesi, il demonologo non si sentiva poi così predisposto. In cuor suo, sotto sotto, sapeva che fosse la scelta giusta, o quanto meno l'unica opzione propositiva a loro disposizione. Eppure non se la sentiva comunque. Non se la sentiva di scommettere di nuovo, di fidarsi ancora, di credere in qualcosa o qualcuno che aveva il potenziale di deluderlo. No, non avrebbe retto ad un'altra delusione. Già non stava reggendo a quelle passate e recenti. Era molto più semplice starsene nel suo, in un altro paese, in mezzo a gente che comprendeva a malapena, chiuso in una roulotte ad annegare nel loop ossessivo dei propri ricordi. Non presentarsi, dunque, sarebbe stata la cosa più logica. Ma in quegli sprazzi di lucidità - in quei pochi momenti della giornata che passava sveglio e quasi sobrio -, il giovane Luhng non poteva fare a meno di chiedersi se si stesse precludendo qualcosa. Un'opportunità? Una speranza? Tutto suonava così assurdo e ridicolo. Eppure voleva comunque sapere. E se ci fossero stati anche altri warlock? Probabilmente Aslan glielo avrebbe detto. Ma poteva essere plausibile, no? Il risveglio di qualche coscienza. Si sentiva sciocco soltanto a pensarlo, ma il germe di quel dubbio era difficile da estirpare. D'altronde era proprio quella sua incapacità di resistere alla curiosità, ad averlo fatto finire lì dove si trovava.
    « Hey! Una monetina per i tuoi pensieri. » Si voltò, abbassando lo sguardo per incrociare gli occhi della rossa. « Li valuti così poco? Potrei offendermi. » Le rivolse un sorriso tiepido, poco in linea con quelli che era solito elargire, ma sufficiente a sottolineare l'amichevole ironia. D'altronde, anche se avesse voluto risponderle, dubitava che avessero abbastanza tempo per mettersi a sviscerare tutti i pensieri e i sentimenti contrastanti che bollivano in pentola. « Ho qualche dubbio rispetto a questa cosa. » Se li hai tu, pensa io quanti ne ho. Sospirò. Le mani affondate nelle tasche del lungo cappotto scuro e le dita che giocherellavano distrattamente con il sottile anello che teneva ancora all'anulare dopo tutto quel tempo. « Non è che ci sia molto da perdere in ogni caso, a questo punto. Nella peggiore delle ipotesi usciamo tutti da quella porta con gli stessi problemi con cui siamo entrati. » In realtà nella peggiore delle ipotesi veniamo beccati e ci arrestano. Ma voglio sforzarmi a conservare il mio inguaribile ottimismo. « Fa freddo, comunque. Tanto vale entrare che dici? » Annuì, facendole cenno con la mano di precederla con un tenue sorriso disegnato sulle labbra. Era pronto ad incamminarsi, ma lei sembrava bloccata sul posto. Per un istante la guardò e basta, confuso, aspettandosi che dicesse qualcosa. Nulla. « Tutto a posto? » Non rispose. Semplicemente prese a camminare svelta in direzione della porta, come se nulla fosse. Dal canto suo, il demonologo prese un respiro profondo, seguendola senza proferire parola. D'altronde le stranezze non lo sorprendevano, specialmente vista la situazione di Lily. E no, Eliphas non era proprio nella posizione di giudicare o farsi domande.
    Erano stati i primi ad arrivare, ma non avevano fatto nemmeno in tempo a salutare entrambi i padroni di casa che già altri volti noti avevano iniziato ad entrare dalla porta, affollando lo stretto corridoio della vecchia casa nobiliare. « Non ci siamo mai ufficialmente presentati. Eliphas Luhng, piacere. » disse in direzione di Amunet Carrow, appena ne ebbe la possibilità. Se però la mano era allungata verso di lei in un gesto cordiale, gli occhi erano puntati alle sue spalle, dove fluttuava una figura grottesca che lo fissava con un misto di interessa e sorpresa negli occhi rossi. Un dio della morte, addirittura. Non disse nulla, ma a giudicare dallo sguardo della mora, doveva essere cosciente di quella presenza - e forse sorpresa del fatto che Eliphas potesse vederlo. Stirò le labbra, evitando di commentare. Spero solo tu sappia quello che fai. In seguito a quel breve scambio il demonologo prese posto in un angolo della stanza principale, appoggiandosi con le spalle alle due pareti perpendicolari senza unirsi ad alcuna discussione. Si limitò solo a cenni del capo e sorrisi leggeri nei confronti dei conoscenti. Prima quella cosa sarebbe iniziata, prima sarebbe finita e lui sarebbe stato libero di tornare al suo personale e confortevole nulla. « Voi siete sistemati bene? Al sicuro? » Sulle prime non si sentì chiamato a rispondere, ma quando un po' tutti iniziarono a condividere la propria ubicazione, prese parola a sua volta. « Est Europa. Attualmente Romania. Mi sono accodato a un gruppo di gitani. » Quelle persone, al pari degli warlock, erano sempre state ai margini della società magica - un po' per volere, un po' perché malvisti dai maghi comuni. Non avevano dunque battuto ciglio quando si era trattato di accoglierlo. Non aggiunse altro, banalmente perché non c'era molto altro da aggiungere, e lasciò che il discorso venisse trascinato avanti dagli altri fin quando non fu la stessa Carrow a prendere le redini della situazione e introdurre quello che immaginava fosse il vero motivo della riunione. « [..] Abbiamo sufficienti risorse per spostarci con cautela e comunicare fuori dalle reti magiche; polisucco, ingredienti, un po' di risparmi e abbastanza contatti. Ma non abbiamo sufficienti persone, né possiamo raggiungere ogni posto e raccogliere ogni pezzo di informazione, o pensare ad ogni alternativa. Ci servono persone e fiducia.. altri luoghi a cui affidarci, strategie, sicurezza, cautela.. e abbiamo bisogno di aiuto per
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    capire come restare fuori dai radar della Loggia Nera. »
    Mantenne lo sguardo nel suo quando, naturalmente, gli occhi della mora si posarono proprio su di lui a quelle parole. Di base l'idea che aveva era stata confermata: non c'era nulla se non una base di solidarietà. In un altro momento della sua vita, questo ad Eliphas sarebbe bastato; forse sarebbe addirittura stato il primo a rimboccarsi le maniche per rendere quella realtà ancor più solida. Ma adesso non riusciva a vedere in quel tentativo alcuna speranza. Erano brave persone, quelle che lo circondavano, ma non erano la sua gente, né avevano il potere di restituirgli ciò che aveva perso: la sua comunità, la sua vita, la fiducia nello spirito di comunione. Gli altri, però, sembravano ben disposti a tentare la sorte. Chissà se ci credono davvero o devono crederci perché non hanno altra scelta? Non era da lui, pensare cinicamente, ma non riusciva nemmeno a fare altrimenti. Così, quando Yagami e June ebbero finito di illustrare la propria utilità, il demonologo prese parola. « Dalla mia non posso fare molto. Posso però consigliarvi uno psichico molto competente su cui sono certo che potrete contare. Aslan Lee. È lui che mi ha fornito una via di fuga, e per quanto non sia il primo fan dei maghi, ha sufficienti motivi per darvi una mano.. in giusta misura. » Fece una pausa. « Io al momento sto bene dove mi trovo. Non vi negherò un aiuto per la questione delle Logge, qualora necessario, ma avvicinarmi a Londra non è nei miei piani. » E francamente non ho le forze per continuare a combattere una guerra che non è mai stata mia. Si strinse nelle spalle. « Però se per qualcuno di voi le cose dovessero mettersi male, beh.. i gitani sono piuttosto accoglienti. Immagino di potervi offrire questo. »

    Interagito con Lily, brevemente con Mun e sul finale con tutti

     
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    Se c’era una cosa che a Lola non era mancata dell’Inghilterra in quegli ultimi mesi, era il clima orrendo. Come avevano messe piede a Londra, non aveva fatto altro che lamentarsene, gettando occhiate risentite in direzione dei nuvoloni che si ammassavano nel cielo, come se questi potessero dissiparsi all’improvviso, intimoriti. Che cazzo di freddo. Ma non potevamo ritrovarci in una casa sicura in un posto al caldo… che ne so, Curacao o qualcosa di simile? A passo spedito, il viso nascosto tra il cappello, la sciarpa e il bavero della giacca di due taglie più grande, seguiva Sol sovrappensiero, lasciando che le parole della nipote si intrecciassero ai suoi pensieri. « […] Vero che per adesso siamo simpatiche ad Abe, ma chissà che non cambi idea. A moglie numero cinque mi pare che stiamo già abbastanza sul cazzo - non escludo sia solo questione di tempo prima che riesca a convincerlo che la sua non sia stata la scelta della vita. » La Tassorosso annuì distrattamente, ritrovandosi a contemplare il modo in cui le loro vite erano state stravolte senza alcun preavviso. Sospirò appena, nascondendo il naso all’interno della sciarpa. Come se essere ricercate nel Mondo Magico non fosse abbastanza, la loro fuga dal territorio inglese le aveva condotte dritte dritte all’interno della realtà criminale messicana, ospiti di un prozio discutibile e della sua – ancor più discutibile – quinta moglie. Sembra la trama di un romanzo noir. O peggio, di un film porno di infima categoria. Arricciò il naso, disgustata. Al principio, Abe le era stato piuttosto simpatico – matto come un cavallo, certo, ma pur sempre accomodante: le aveva accolte senza fare troppe domande e aveva trovato loro un lavoro, per quanto ciò implicasse immischiarle nell’attività di famiglia. In realtà, non le era nemmeno pesato: lavorare al bar le piaceva e, a parte qualche avance di dubbio gusto, i clienti erano sopportabili. Sorprendentemente, con il passare dei giorni, l’origine di tutti i loro problemi si era rivelata essere una persona sola: Marilena. La moglie di Abejundio sembrava averle prese in antipatia a pelle, senza una vera ragione, a tal punto che Lola aveva accolto di buon grado il suggerimento di trasferirsi in un piccolo appartamento in periferia, seppur ciò avesse significato dire addio al lussuoso giardino con piscina di Abe. Meglio una topaia piena di cucarachas che venire avvelenate da quella pendeja. Un pensiero che le aveva dato un minimo di conforto sebbene, in quel momento, avrebbe sopportato volentieri lo sguardo omicida della sudamericana pur di trascorrere qualche ora al caldo, con un bel cocktail in mano.
    Una volta giunte in prossimità del luogo sicuro indicato da Albus, si affrettò a salire i gradini dell’edificio numero 12 al seguito di Sol. Una volta all’interno, si disfò di giacca e cappello, sistemandosi la sciarpa attorno al collo. Il viaggio da Tijuana fino a Londra era stato un'esperienza travagliata e, ora che calava la sera, iniziava a sentirsi piuttosto stanca. Forse dovrei farmi un caffè. Soppesò quell’opzione, lasciando scorrere lo sguardo sulla tavola piena di cibo e bevande; considerata l’ora, era più che naturale che la caffeina non fosse parte del buffet e così, dopo qualche secondo di indecisione, si limitò a versare diverse dita di vino in un bicchiere. Afferrò qualche pezzetto di formaggio e si sistemò tra Sol e Raiden, le gambe incrociate sulla sedia, in una posizione che le avrebbe fatto guadagnare numerosi epiteti poco lusinghieri da parte di Dolores. « Ehi. Come va? Sono contento di rivedervi tutte intere. » Si voltò leggermente verso il ragazzo, un sorriso sincero ad illuminarle le labbra. « Mal di testa martellante e stanchezza da fuso orario a parte, mai stata meglio. Voi? » Replicò, spostando lo sguardo da Raiden a Hiroshi. A prima occhiata sembravano stare bene, eppure aveva l’impressione che il viso di entrambi fosse più magro, i lineamenti induriti dalla stanchezza e dalle precarie condizioni in cui erano stati costretti a rifugiarsi. Dopotutto, a chi non è andata di merda, ultimamente? Bevve un sorso di vino, nel tentativo di scacciare gli ultimi barlumi di freddo, e lasciò vagare lo sguardo sui presenti con aria assorta. Erano passati mesi dall’ultima volta che li aveva visti e ritrovarseli davanti, tutti assieme, le rendeva difficile concentrarsi su qualcuno – o qualcosa – in particolare. Saremo pure ricercati costretti a vivere alla giornata, ma qui tutti come il vino, eh. Alla faccia tua, Donovan. « E' sicuro darci informazioni su dove ci troviamo allo stato attuale e altri dettagli del genere? Oppure è meglio di no? » Come Lily prese la parola, lo sguardo olivastro di Lola si posò su di lei. La osservò in silenzio per qualche istante, prima di rivolgerle un sorriso vagamente malizioso. Hola, mamacita. Sol la anticipo’ e Lola si lasciò sfuggire una risatina, sollevando il bicchiere in un ironico brindisi. « Nel caso siate indecisi su dove passare le vacanze ve lo consiglio, ten out of ten. » Scherzò, prima di rivolgere un’occhiata leggermente confusa a Raiden. « Qui a Londra? Da quando siete tornati? » Sussurrò, in parte curiosa e in parte preoccupata. Restare così vicino al centro nevralgico del Ministero della Magia inglese non le sembrava una scelta prudente; sarebbe bastato un incontro sbagliato, un pizzico di sfortuna per essere rintracciati ed arrestati. Ma Raiden non è un idiota. Se ha deciso di tornare deve aver preso le dovute precauzioni. « Mia e Haru come stanno? Hai avuto loro notizie? » Gli domandò, in un sussurro, mentre con l’altro orecchio ascoltava le parole di Sol. La sua espressione si indurì leggermente nel sentirla nominare Mariano. Non avevano più avuto sue notizie dal crollo di Inverness e, per quanto Lola cercasse di essere ottimista, aggrapparsi alla speranza che stesse bene diventava ogni giorno più difficile. « Concordo con Sol. » Esordì, dopo qualche istante di silenzio, quando la nipote espresse il desiderio di tornare. « La nostra presenza in Messico sta diventando un po’… scomoda e, per quanto sicuro, trovarci così lontano non ci permette di rimanere aggiornate su quello che sta succedendo in Inghilterra. Avrebbe più senso tornare in Inghilterra. » Magari non proprio Londra, ma almeno nei dintorni. Era stanca di fuggire, stanca di trascorrere giorno dopo giorno intrappolata in un’esistenza che non le apparteneva – e che, soprattutto, non aiutava in alcun modo la loro causa. Così, quando Amunet Carrow iniziò a parlare, la sua espressione si fece d’un tratto più viva, tanto che Lola si raddrizzò sulla sedia, ascoltandola attentamente. Se il denaro era un aiuto ben gradito, una lista di contatti e di luoghi sicuri era ciò di cui, probabilmente, la maggior parte di loro aveva bisogno. Un posto in cui fermarsi, in cui poter trarre un sospiro di sollievo e darsi da fare per il prossimo passo. Si inumidì le labbra, spostando rapidamente lo sguardo su Sol. Possiamo tornare. Dobbiamo tornare. Niente più Abe, niente più Marilena e il suo chihuaua infernale. Se siamo in Inghilterra possiamo cercare notizie di Mariano, indagare su papà e Darius. Avrebbero dovuto essere caute, calcolare i rischi e comportarsi in maniera prudente, ma – almeno per il momento – la possibilità di non essere più una semplice pedina la elettrizzava. Amunet cedette la parola a Raiden e Lola ascoltò in silenzio, annuendo lentamente nell’assimilare quelle nuove informazioni. Seppur non fosse a conoscenza dell’esistenza del Pulse prima d’ora, non poteva certo dire di essere sorpresa da quella nuova scoperta. Semplicemente, la maschera era caduta ed i seguaci dei Minerva si stavano rivelando per ciò che erano sempre stati. « [...] ma il nostro non è un bell'ambiente. Per delle donne ancor meno, immagino. Ma se gli fate vedere da subito di avere delle skills interessanti, il peggio potete evitarlo. » Sollevò lo sguardo su Raiden nello stesso momento in cui il giapponese si rivolse nella loro direzione e, inevitabilmente, l’ombra di un sorriso fece capolino sulle labbra carnose. « Dubito possa essere peggio di Tijuana. » Esordì, certa che Sol avrebbe concordato. « E al momento non abbiamo molte altre opzioni. Dobbiamo trovare una copertura che ci permetta di sopravvivere, se possiamo usarla anche per rimanere in contatto senza destare sospetti o rischiare di essere arrestati tutti insieme, allora tanto meglio. » Io ci sto. Era disposta a fare ciò che era necessario, così come quando si era offerta volontaria per creare un diversivo al Ministero della Magia. Aveva dato la sua parola a Tris e non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro. Ne andava della vita di tutti loro – e dei loro cari. Mentre la Rosier parlava, la sua mente indugiò qualche minuto di troppo sulla loro famiglia. Da quando avevano messo piede in Messico, Lola e Sol si erano trovate catapultate in un vortice di incertezza i loro cari. Scambiarsi notizie – con metodi magici o babbani – era sin troppo rischioso e, così, giorno dopo giorno, l’assenza di informazioni era diventata un macigno sempre più pesante. Come se non bastasse, la consapevolezza di essere impotente la tormentava come una ferita infetta; bruciava, prudeva, e non le dava pace – a tal punto che Lola si trovava spesso in preda a pensieri angoscianti, tormentata dal timore di scoprire notizie terribili, da incubi che si facevano strada nella sua mente durante il sonno. Non si espresse in merito alla proposta della Rosier circa la comunità maride – d’altronde, avevano bisogno di tutto l’aiuto che avrebbero potuto reperire – ma un’espressione leggermente attonita si fece strada sul suo viso quando la ragazza si offrì volontaria per introdursi al Pulse. Era vero che la taglia sulla sua testa era assai minore di quella stilata per la maggior parte di loro ma, al contempo, invischiarsi in una simile situazione da sola e senza un modo per comunicare indisturbata era una vera e propria pazzia. No. Su questo ha ragione la Carrow. A suo dire, i lycan erano decisamente più adatto a quel compito – non solo la maggior parte di loro erano addestrati a combattere ma il legame psichico era un vantaggio da non sottovalutare. « [...] Io al momento sto bene dove mi trovo. Non vi negherò un aiuto per la questione delle Logge, qualora necessario, ma avvicinarmi a Londra non è nei miei piani. » Registrò le parole di Eliphas con qualche istante di ritardo, tanto che la sua espressione era già perplessa quando, infine, sollevò il volto nella sua direzione. « In che senso ‘io sto bene dove mi trovo’? » Domandò, forse più bruscamente di quanto avrebbe voluto. Illuminami Eliphas, perché devo aver capito male – oppure il vino deve avermi dato alla testa. Durante il periodo in cui Eliphas aveva lavorato come bibliotecario, Lola si era trovata spesso in sua compagnia e, complice la sua collaborazione con Inverness, aveva ben presto cominciato a considerarlo più di un semplice alleato. Forse per quello le sue parole la punsero sul vivo, toccando un nervo scoperto. « Perdonami, ma da come descrivi la situazione sembra quasi che tu stia rifiutando l’invito al cenone di Capodanno. » Si ritrovò ad osservarlo, con un misto di frustrazione e rabbia crescente. Le parole del demonologo implicavano un rifiuto velato, una sorta di distacco che reputava inaccettabile – ora più che mai. « Come puoi decidere di rimanere distante da tutto questo? Non è solo una questione di 'non essere il tuo problema'. Stiamo parlando di una situazione che coinvolge tutti noi, direttamente o indirettamente. Non puoi semplicemente voltarci le spalle e rintanarti in chissà quale buco per evitare una guerra di cui fai già parte, che to lo voglia o meno. » C’è già una taglia sulla tua testa, il Ministero o chi per loro non si dimenticherà di te solo perché, d’un tratto, hai deciso di farti da parte. Tutto in lei – le sue parole, il tono secco e vibrante della voce, il modo in cui si era bruscamente raddrizzata sulla sedia – lasciava trapelare rabbia e delusione. Si sentiva abbandonata da qualcuno in cui aveva riposto fiducia, e quella sensazione le bruciava dentro come una ferita aperta. « Nessuno di noi puo’ fare molto, da solo. Ed è per questo che siamo qui – per cercare di fare qualcosa, creare una rete di contatti e riprenderci quello che ci appartiene. Ma per riuscirci, ognuno deve fare la sua parte. » Non siamo nulla se restiamo separati, se ci lasciamo schiacciare dalla paura e dalla disperazione. È esattamente ciò che vogliono: annichilirci fino a spezzarci e renderci inermi. Chi più chi meno, tutti loro avevano perso qualcosa; eppure, nonostante ciò, Lola non riusciva nemmeno a concepire l’idea di farsi da parte con tanta remissività. Gli scoccò un’ultima occhiata in tralice, il sangue che le ribolliva nelle vene, il sapore del vino misto a quello amaro della bile. « Perché sei venuto, se non sei disposto a fare la tua parte? » Che senso ha promettere il tuo aiuto, se necessario, e al contempo scappare chissà dove? « Se questo è tutto ciò che puoi offrire, possiamo fare a meno di te – è comunque meglio di poter contare sul tuo aiuto a metà. » In un altro momento avrebbe dosato con più attenzione le parole ma, lì per lì, desiderava ferirlo, rigirare il coltello nella piaga e scatenare una qualunque reazione. Si no, no eres màs que un cero a la izquierda.


     
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    Hiroshi non era mai stato un grandissimo chiacchierone; non in circostanze di quel tipo. Sin da quando il suo paese gli aveva letteralmente voltato le spalle, il giovane Nakamura si era chiuso in se stesso sempre di più. In un modo del tutto imprevedibile, ci aveva rinunciato. Di tutte le cose che potessero capitargli, vedersi voltare le spalle dalla gente che aveva liberato e per la quale aveva scelto di stare lontano dalla sua famiglia e dall'affetto dei suoi cari era l'ultima che si fosse aspettato. Così, erano entrato in un periodo di mutismo selettivo che escludeva solo Raiden e in parte Jeff. Eseguiva solo. Eseguiva al lavoro, eseguiva nella vita. Faceva qualunque cosa gli venisse detto senza discutere. Non sembrava avere più alcuna aspirazione, né faceva piani che andassero più lontano del domani. E così era andata anche quella volta. Aveva seguito Jeff e Raiden in silenzio all'incontro, rivolgendo solo un tenue sorriso alle sorelle Delgado con cui aveva condiviso una parte di quella fugga del tutto inaspettata, per poi sedersi al fianco del fratello ascoltando la maggior parte degli interventi in silenzio. Avrebbe eseguito anche questa volta; quasi senza farsi domande, perché forse, per farsi domande, bisogna avere un obiettivo. Hiroshi, però, non sentiva di averlo più. Certo, voleva vedere la sua famiglia al sicuro, e si preoccupava per la sorella, la madre e la cognata, rimaste all'interno di quello che avevano definito il ghetto. Mia ed Eriko ci erano finite perché creature. Ma la madre? Ci era finita per semplice associazione, perché possibile riottosa o complice dei figli. Va così, adesso, il mondo. Un andazzo che Hiroshi stentava a riconoscere. Forse perché era abituato a vedere il marcio solo a casa propria, considerando tutto il resto bello, sicuramente più sereno, gentile. « Noi siamo qui a Londra, verso la zona industriale. » « Qui a Londra? Da quando siete tornati? » « Sarà circa un mese? Breve ma intenso. » A quel punto annuì tra se e se, ma non aggiunse nient'altro, lasciando il compito di illustrare la loro posizione al fratello. Aveva sicuramente più confidenza con molti dei presenti e conosceva meglio il modo di trattarci. « [...] dove stiamo noi.. mh, c'è sempre lavoro per tutti, diciamo. Non so cosa facciate tutti voi nello specifico, ma il nostro non è un bell'ambiente. Per delle donne ancor meno, immagino. Ma se gli fate vedere da subito di avere delle skills interessanti, il peggio potete evitarlo. » Il giovane Nakamura si ritrovò a fissare in silenzio la propria tazza fumante. Non sapeva quanto potesse consigliare il posto in cui si trovavano a qualcuno, ma immaginava che in fondo fossero un po' tutto alla ricerca di protezione. Sentirsi privi di protezione ti porta ad accettare tantissime cose. Forse è anche il loro caso. Aveva conosciuto sufficientemente le Delgado da immaginare che se la sarebbero cavata. Non era certo che avrebbero evitato tutte le ingiustizie di quel posto, ma forse, mantenendo la testa bassa sarebbero state in grado di evitare le cose più gravi. « Stare tutti nello stesso posto non è la mossa più intelligente, ma le persone per cui lavoriamo hanno molte basi qui a Londra, e per quanto possano fare come babbani - offrono comunque una buona protezione. Oltre a non chiedere documenti. Non è l'alternativa migliore, ma è il meglio che siamo riusciti a trovare al momento. Se non avete dove stare, è un'opzione. » A quel punto Hiro si inumidì a propria volta le labbra e annuì, guardando anche Jeff, decisamente più silenzioso del solito. Ormai avevano imparato a comprendere quando l'amico era preoccupato. Era chiaro che la questione rete e Iron Garden non lo lasciasse tranquillo. D'altronde, lì dentro c'erano le sue donne, e mi sentirei alla stessa maniera se sapessi che sono completamente indifesi. Hanno però Mia ed Eriko; Delilah è sveglia. Può farcela. « Non possiamo garantire per nessuno lì dentro e non possiamo neanche garantire che vi piacerà cosa dovrete fare. Facciamo del nostro meglio per guardarci le spalle, ma ognuno è per sé. » Pausa. « Se volete entrarci, pensateci molto bene. Quando lasceremo quel posto - semmai accadrà - ci sarà tanto.. lavoro. » E più siamo, più ripulire le proprie tracce sarà complesso. Se qualcuno fa cazzate, potremmo andarci di mezzo tutti. Non era un modo per dissuadere qualcuno. Hiroshi era perfettamente consapevole del fatto che fosse una buona alternativa nella loro posizione, ma restava il fatto che si trattava di un lavoro davvero nefasto. A quel punto tornò in silenzio, ascoltando i seguenti interventi mentre cercava disperatamente di tentennamento rispetto a nulla. Hiroshi non tentennava. Hiroshi eseguiva. Era questo il suo mantra. Poi di colpo, la situazione sembrò prendere una piega leggermente diversa e alle parole di Eliphas, Lola risposte con un certo fervore. « Nessuno di noi puo’ fare molto, da solo. Ed è per questo che siamo qui – per cercare di fare qualcosa, creare una rete di contatti e riprenderci quello che ci appartiene. Ma per riuscirci, ognuno deve fare la sua parte. Perché sei venuto, se non sei disposto a fare la tua parte? Se questo è tutto ciò che puoi offrire, possiamo fare a meno di te – è comunque meglio di poter contare sul tuo aiuto a metà. » Anche Hiroshi si chiedeva cosa fosse venuto a fare. Forse le parole della giovane Delgado lo avevano punto sul vivo più del dovuto, perché di colpo scoccò la lingua contro il palato sospirando profondamente con un'aria quasi infastidita.
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    « E cosa dovremmo riprenderci di preciso, Lola? » Una domanda che dal suo punto di vista era più che lecita. Era forse la prima volta che si esponeva in maniera così evidente. La prima volta che lo faceva da mesi, da quando il governo giapponese lo aveva sollevato dal suo incarico lasciandogli intendere che non era benvenuto a casa propria e che, qualora fosse stato sorpreso a piede libero, avrebbero collaborato con gli inglesi per determinare la sua responsabilità negli eventi che avevano portato all'occupazione delle Highlands. Come se loro non ci avessero aiutato. Come se non fossero stati alleati e complici di quell'impresa. Certo, è facile mostrare lealtà quando non bisogna fare nulla di concreto. « Cosa abbiamo? A parte noi stessi. I nostri alleati ci hanno voltato le spalle. Inverness non esiste più - la società dei lycan è sottosopra, gli warlock ci hanno buttati fuori dai loro territori. Insomma - cosa dobbiamo riprenderci? » Vuoi per caso ricostruire Inverness mattone per mattone nella notte? Forse si permetteva di parlare così proprio con Lola aveva più confidenza rispetto ad altri. La conosceva dai tempi della scuola, e ne abbiamo fatto di strada da quando studiavamo insieme. Un sogno in mezzo alla bufera, quei sei mesi passati a Hogwarts. Lo avrebbe biasimato lo stesso? Probabile. Ma era giusto ricordare anche che in ogni caso avevano quasi tutte le strade bloccate e che ogni obiettivo era solo un timido tentativo rispetto a ciò che avevano e che avevano perso. Per qualche istante abbassò lo sguardo, mordendosi l'interno delle guance. « Io voglio vivere. » Asserì di colpo. « Sono stanco di dover sopravvivere. » Sono stanco di lottare per qualcosa che qualcun altro considera illecito. Sono stanco di lottare per paura che qualcuno arriverà a strapparmi via tutto quanto. « Voglio costruirmi una famiglia, avere un posto tutto mio. Non ce la faccio più a combattere per cause di principio. Per quello che è giusto. Voglio solo essere lasciato in pace. Per questo posso lavorare. Ma devo sapere che anche voi volete la stessa cosa. » Sollevò di colpo lo sguardo guardando tutti gli altri presenti. « Se stiamo facendo comunella per l'ennesima volta per andare contro governi, Minerva, logge - per la misera! - contro il mondo.. solo per poi lasciare l'opera a metà, non ci sto. » Si strinse nelle spalle. « Ci abbiamo già provato. Non è andata molto bene. Quindi ve lo chiedo subito - a voi che ci avete chiamato - » E nel dire ciò alzà lo sguardo su Albus e Amunet. « - per cosa stiamo lavorando? A cosa serve questa rete? Perché io, di lottare per quello che avevamo non ci sto. » Rintanarvi su una montagnetta non è servito a niente; semmai ha solo complicato tutto quanto e di mezzo ci sono andate tante, troppe persone. Anche gente che non c'entrava assolutamente nulla. « Se invece lottiamo per vivere e non per continuare a lottare ancora e ancora a oltranza, vi do la mia parola che avrete tutta la mia fedeltà, fiducia e collaborazione. Altrimenti, ha ragione Eliphas e io me ne tiro fuori. » A quel punto guardò il giovane Potter con una certa insistenza attendendo chiaramente una risposta in merito. Aveva imparato che fosse necessario chiedere sempre conferma sulle intenzioni dei Ribelli; spesso, molti gli avevano dato l'impressione che non sapessero vivere senza trovare qualcos'altro per cui lottare. E forse in parte era così anche per Hiroshi; da bravo soldato non conosceva altra realtà. Ma sentiva il bisogno di dover smettere. Mettere un punto a quel cerchio vizioso. Andare avanti. Disimparare se necessario a essere un bravo soldato. Un po' si vergognava della sua posizione. Raiden lo avrebbe biasimato? Non ne avevano parlato. E non si sarebbe stupito se in cuor suo, a quel punto, avrebbe pensato che fosse un vigliacco.



     
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    « Non so cosa facciate tutti voi nello specifico, ma il nostro non è un bell'ambiente. Per delle donne ancor meno, immagino. Ma se gli fate vedere da subito di avere delle skills interessanti, il peggio potete evitarlo. » Perché il nostro invece è un centro benessere, guarda. Non ci voleva un genio a capire che nessuno dei presenti potesse mantenersi in maniera prettamente pulita, a meno che non fosse stato estremamente fortunato in merito. Ma la fortuna, si sa, ci sorride solo per prenderci per il culo ultimamente. Non le parve comunque saggio approfondire quel discorso davanti a tutti; da un lato non voleva mettere gli affari propri in pubblica piazza a prescindere, dall'altro quella vacanza messicana le aveva insegnato che essere cauti fosse il più delle volte la scelta migliore. [...] « Se volete entrarci, pensateci molto bene. Quando lasceremo quel posto - semmai accadrà - ci sarà tanto.. lavoro. » L'ex serpeverde sollevò lo sguardo su Hiroshi: « Secondo me è un discorso da approfondire in separata sede. Così potete anche farci un briefing sulla questione: come muoverci, ma soprattutto come non farlo. Immagino nessuno voglia più problemi di quanti già non abbia. » Si strinse nelle spalle con semplicità, riportando quindi la propria attenzione sulla questione del giorno: il motivo per cui tutti quanti si trovavano lì. Riorganizzarsi. Fare qualcosa di effettivo per rimettere delle basi. Accolse con una dose di attento silenzio la proposta di June Rosier la quale, era evidente, desiderava fortemente rendersi utile. « Per quanto riguarda Iron Garden ed il Pulse… se qualcuno deve rischiare per scoprirne di più, credo che sia giusto offrirmi volontaria. La taglia sulla mia testa è decisamente minore di quella di ciascuno di voi. » Quelle parole della mora in particolare tuttavia, la portarono ad inarcare le sopracciglia con scetticismo. Attese che finisse di parlare, nonostante la tentazione di interromperla e stroncare quel delirio sul nascere fosse fortissima. « Sinceramente non penso proprio che la tua sia una buona idea. » Le disse quindi schietta, sporgendosi appena per poterla vedere meglio e poter così incontrarne lo sguardo cristallino col proprio. « Ok, la tua testa non verrebbe pagata quindicimila galeoni, ma rischieresti comunque più di tutti. Specialmente perché, mi pare di capire, più in là dell'entrare non hai pensato. Ok, poniamo che tu ti sia infiltrata. Succede qualcosa. Ti prendono. Non hai il tempo di arrivare alla bacchetta per qualunque motivo. Che fai? » Le lanciò un'occhiata eloquente, prima di scoccare la lingua sul palato e scuotere lievemente la testa. « Fai che ti attacchi e tiri perché non avresti modo di avvertire nessuno. Loro si intascherebbero i soldi, la cosa salterebbe, e noi avremmo perso una risorsa importante, se non essenziale, che potrebbe fare la differenza occupandosi di ciò che più le compete. » Era evidente che la bionda si riferisse alla prima proposta della francese - quella di cercare aiuto dalle Creature del Mare del Nord. Non possiamo permetterci sgarri, nemmeno se vengono dal cuore. Non disse altro, riportando la propria attenzione sulla propria tazza. A lasciarla interdetta per la seconda volta furono le parole di Eliphas. Istintivamente si voltò verso il demonologo con espressione interdetta. Ma scusami, in che senso? Quella presa di posizione si discostava in maniera piuttosto netta dall'idea che si era fatta del Luhng. Ma forse mi sono sbagliata io. D'altra parte la gente cambia idea di continuo, non vedo perché tu dovresti essere diverso. Non ebbe il tempo di esprimersi in merito, o forse non volle, per cui assistette alla colorita risposta della zia in merito inizialmente senza aprire bocca. Si limitò a far saettare lo sguardo dall'uno all'altro, attendendo di poter dare un contributo degno di tale nome. « E cosa dovremmo riprenderci di preciso, Lola? » Più che dalle parole del giapponese, Sol fu sorpresa del tono. Tanto che, seppur avesse evitato di interromperlo, si voltò nella sua direzione come per controllare che fosse stato proprio lui ad aver parlato. « Cosa abbiamo? A parte noi stessi. I nostri alleati ci hanno voltato le spalle. Inverness non esiste più - la società dei lycan è sottosopra, gli warlock ci hanno buttati fuori dai loro territori. Insomma - cosa dobbiamo riprenderci? » [...] Sospirò piuttosto rumorosamente prima di portare lo sguardo su Mun e Albus. « Perdonatemi se mi intrometto per l'ennesima volta. » Fece scorrere lo sguardo sui presenti, fermandosi prima sul demonologo. « Io non sono del tutto d'accordo con Lola - il tuo aiuto ci serve, nella misura in cui vuoi darcelo, anche solo perché sei un assetto importante. Però Eliphas, sei stato molto vago. Che significa qualora necessario? Qual è la misura della necessità per la quale sarebbe consono scomodarti? » Pausa. Non è che ora sia meno necessario di quanto non lo fosse prima, eh. O viceversa. Quindi che vuol dire? Un momento di silenzio, prima di portare lo sguardo su Hiroshi. « Per quanto riguarda ciò che hai detto, invece, chiaramente non posso parlarti dell'intento di Mun, Albus, o nessuno che non sia io. Però ti posso dire per cosa voglio lavorare personalmente: per uscire dal mare di merda in cui ci troviamo. » Si strinse nelle spalle. « La cosa più importante che abbiamo perso tutti è la libertà. Se il tuo desiderio è quello di farti una famiglia, di essere lasciato in pace, io penso sia legittimo che tu la libertà di farlo ce l'abbia. E se una volta ottenuta quella non vedrai più il senso di votarti a delle cause, ci sta. Deve essere un tuo diritto. » Sospirò. « Però la verità è che per adesso diritti non ne abbiamo. Per questo ognuno deve fare il proprio per riprenderseli. »


    interagito con Raiden, Hiroshi, June ed Eliphas


    Edited by vigilante sh*t - 21/12/2023, 11:08
     
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    Quando aveva deciso di rispondere alla chiamata di Albus, Beatrice si era sentita sovrastata dalla questione. Come se di punto in bianco avesse realizzato che non avrebbe potuto nascondersi per sempre. Che in un modo o nell'altro doveva rialzarsi, oppure accettare la condizione in cui si trovava. C'erano giorni in cui la giovane Morgenstern si sentiva semplicemente inadatta a qualunque compito, e semmai ne aveva ancora uno, provava un senso di inadeguatezza rispetto alla sua portata. Non era più un leader, non era più neanche una guida. Della madre dei lupi, la lupa bianca, la matriarca, non ne era rimasto quasi niente, e in ogni caso, quegli appellativi non mi sono mai piaciuti. Troppo pomposi. Troppo anacronistici. E forse, in fondo, non adatti alla sua personalità. A ripensarci ora, anche il Credo aveva tentato di cucirla addosso un'immagine che non era propria. Avevano tentato di renderla un simbolo diverso da ciò che effettivamente era, da ciò che era cresciuta per diventare. E ora, a ripensare a quanto suo nonno si fosse battuto affinché Tris non cadesse nelle stesse trappole del genero, si pentiva amaramente di non aver ascoltato sufficientemente il suo cuore. Ma non era forse ciò che volevano loro? Vederla così; la matriarca sconfitta, umiliata e completamente inabile di fare alcunché. Voleva davvero dare ragione alle persone e alle entità che l'avevano costretta in quella condizione? Si chiedeva spesso chi fosse a quel punto. Diffidava della persona che era diventata; dubitava che quella era la strada che avrebbe sempre voluto intraprendere. Che quel risultato, anche prima della caduta di Inverness fosse ciò per cui aveva lavorato. Cosa ne sarebbe stato di lei e della sua eredità? Sentiva di avere le mani legate, e come un cane che si morde la coda, i suoi stessi pensieri sembravano percorrere un moto circolare uniforme, un loop nella foschia, in cui schiarirsi le idee sembrava quasi impossibile. Di una cosa però era certa; non poteva, e non voleva ripercorrere gli stessi errori. Non sarà più la matriarca. E così, nelle ultime settimane, assorta nel vecchio diario del padre, che il nonno le aveva consegnato, e che conteneva tutte le testimonianze più importanti sulla vita dei cacciatori, Beatrice aveva cominciato a realizzare che in un modo o nell'altro, dopo aver estromesso la memoria di Richard Morgenstern, ne aveva compiuto il disegno. Ho fatto esattamente la stessa cosa. Ho aperto sì le porte di casa mia, ma non ho mai tentato di plasmare una nuova società. L'ho resa nota, ma non riconoscibile. I cacciatori erano rimasti ferme sulle loro convinzioni. Giuste o sbagliate che fossero, non potevano essere condivisibili. Troppo diverse da ciò che il Mondo Magico conosceva, troppo misteriose, occulte, lontane. Così, presentatasi all'incontro, Beatrice aveva salutato con un abbraccio il proprio sin eater, ringraziando il cielo di saperlo sano e salvo. L'affetto che serbava nei confronti del giovane Potter, si era resa conto andasse al di là di ogni fedeltà immaginabile. Si sentiva sollevata di saperlo non solo al sicuro, ma anche vagamente sereno e pronto a ripartire. Nella prima parte dell'incontro, non aveva detto molto, preferendo piuttosto gettarsi con una certa voracità su un paio di panini messi là sul tavolo per tutti quanti. Aveva fame, e quello era forse il pasto più nutriente che ingurgitava da tempo. Tuttavia, non si perse nemmeno una parola detta dai presenti. Ascoltò con una pazienza che un tempo non avrebbe saputo esercitare, e che pure, col tempo aveva cominciato ad allenare. E ad un certo punto, mentre una serie di battibecchi avevano cominciato a volare nella quiete della grande cucina di Grimmauld Place, lo sguardo di Tris si era levato ancora una volta su Albus. In verità non riuscita a biasimare nessuna di quelle persone, per quanto alcuni spiriti fossero meno in linea con il suo pensiero di altri. Erano tutti smarriti, e tutti, chi per un motivo chi per un altro, aveva ragione a provare determinati sentimenti. Tris dal canto suo, a volte aveva l'impressione di non sentire assolutamente nulla. La rabbia però c'è. Di quella, però, allo stato attuale sapeva di non farsene nulla. Se anche avesse provato a sfoggiarne le fattezze, probabilmente il suo sarebbe stato un comportamento controproducente per se stessa, la sua famiglia e la sua gente. E allora cosa le restava? Forse un pizzico di speranza; la stessa che aveva animato la giovane Tris, giunta a Inverness per la prima volta, in quel luogo sconosciuto che tutti dicevano le appartenesse, ma di cui non conosceva assolutamente niente - la gente, le abitudini, la tempra. Quella speranza sembrò accendersi in lei nel osservare le fotografie appese al muro degli ex membri dell'ordine della fenice. Due quadri uno vicino all'altro; il primo rappresentante gli eroi finiti sulle pagine di storia come i più agguerriti maghi e streghe a fronteggiare il Signore Oscuro. Il secondo, non dissimile al primo, rappresentava un gruppo di scolaretti intenti a fronteggiare la stessa minaccia molti anni più tardi. Un giovane Harry Potter sembrò sorriderle appena, portandola a provare un senso di vuoto allo stomaco. La consapevolezza di non aver fatto abbastanza per proteggerlo, salvarlo.
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    « Non importa. Non importa cosa significa qualora necessario. » Asserì di colpo, prima addentare l'ultimo boccone di panino, sospirando profondamente prima di voltarsi veramente verso il resto del gruppo. « Abbiamo sbagliato. » Pausa. « Inverness ha sbagliato. Io ho sbagliato. » Sollevò lo sguardo, osservando il soffitto ingiallito stringendo i denti. « C'è una cosa che accomuna i lycan, i ribelli, gli warlock e le creature magiche. Ci siamo arroccati. Inverness ha aperto le proprie porte - ma possiamo veramente dire che abbiamo dato gli strumenti necessari alle persone per sceglierci? » Certo, c'era Peverell. Ma probabilmente è stato additato come strumento di propaganda "dello stato sedicente". « Ogni nostro sforzo si è tradotto in un nulla di fatto quando abbiamo chiesto lo status di indipendenza, quando abbiamo deciso di occupare la scuola, Hogsmeade, le Highlands pensando di poterle gestire meglio. Dovevamo essere migliori, e invece abbiamo precluso a genitori e figli di potersi vedere, abbiamo chiuso le porte in faccia a professori e intere famiglie che non condividevano la nostra lotta. » Pensavamo di poter costruire qualcosa di giusto con chi volesse seguirci, ma abbiamo solo fatto un grandissimo casino. E ne abbiamo pagato il prezzo. « Abbiamo dalla nostra parte alcune delle menti più brillanti della nostra generazione. » È così. Senza accorgercene, i ragazzini che eravamo non esistono più, e al loro posto sono sorti uomini e donne di grande valore e incredibili potenzialità. Abbassò lo sguardo deglutendo. Perché ci siamo arroccati allora? Perché abbiamo chiesto l'indipendenza? Perché non siamo stati in grado di affiancarci alla società che abbiamo salvato, ergendo un muro tra noi e chi stava dall'altra parte? « Continuare a nasconderci è sbagliato. » Fece un'altra piccola pausa, tempo in cui osservò ciascuno di quei volti. Amici di cui si fidava. A cui avrebbe affidato la sua stessa vita. « Il mondo deve sapere che ci siamo ancora. Che ci siamo riuniti. Che non stiamo andando da nessuna parte. Qualcuno dirà che siamo pericolosi, e che la nostra ricomparsa significa solo un potenziale nuovo atto violento. Ma per ogni bocca che ci odia, ce ne sta almeno un'altra che ci aspetta affamata. » E forse ci arriveremo, ma non come prima. Non per Inverness, non per qualche mattone, non per un castello. Se ci arriveremo, ci arriveremo per dare un'alternativa. « Dobbiamo fare le cose diversamente. Non possiamo permetterci di combattere. Non quando hanno un Messia che compie miracoli. » Per un attimo, Beatrice si inumidì le labbra sollevando le sopracciglia un po' incredula. « È tempo di giocare al loro gioco. Far vacillare la loro immagine, la loro credibilità, la fiducia che le persone hanno in loro. Il Pulse è un ottimo inizio. » Questa volta guardò direttamente Raiden e June. « Ma non basta. Dobbiamo essere ovunque ci è possibile. Fare qualunque cosa sia necessario - qualunque - per togliergli la terra da sotto i piedi. In poche parole: dobbiamo smascherare Minerva. Farli crollare nel caos. Costi quel che costi. » Dicendo ciò tirò fuori dalla tasca dei jeans il proprio cellulare scattando una foto del tavolo al completo. « Inizieremo mettendoci la faccia. Se l'opinione pubblica inizia a pensare che gli Auror non sono in grado di catturarci, la loro immagine inizierà a tentennare. » Sta già accadendo. « Percy mi ha raccontato che alla Vigilia hanno organizzato un evento nel ghetto. Quel giorno questa foto comparirà su tutti i nostri profili. Riattivateli. Fatevi vedere. Nulla di compromettente, ma fatevi vedere. Costantemente. Postate foto di città diverse, luoghi diversi, cene, pranzi, gattini - non importa. Bisogna.. prendersi gioco di loro. Ovviamente in maniera intelligente. » Non possiamo continuare a nasconderci. Non possiamo arroccarci. Ma non tocca neanche farci catturare per una storia stupida, mi sembra chiaro. E in questo, confidava nel buon senso di tutti. « Mentre le nostre immagini spensierate occuperanno le menti dei nostri nemici, noi penseremo a farci nuovi amici, inizieremo a fare visita a qualche pesce piccolo, ci faremo qualche giro al Pulse e - torneremo a trasmettere. Alla radio, in rete. Tutto pur di mantenere alta l'attenzione sul fatto che ci siamo. Li depisteremo. Giocheremo a scacchi. » Pausa. « Magari - io non sono bravissima a giocare a scacchi o a fare l'influencer. Ma noi abbiamo degli ottimi giocatori, comunicatori, strateghi.. faremo implodere Minerva e torneremo a casa. Ovunque ciascuno di noi pensi possa essercene ancora una per noi. » Era il suo unico piano. Una partita a scacchi con i vertici del Ministero della Magia. Con Eric in persona. « Siamo d'accordo? Pensate possa funzionare? E soprattutto, qualcun altro ha altre idee o suggerimenti concreti? » Non aveva altre strategie utili. Ma fare l'esatto contrario di ciò che aveva fatto fino a quel momento, le sembrava il modo migliore per non ripetere gli stessi errori del passato.

     
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    Durante i vari interventi, Albus era rimasto in silenzio. Cosa più unica che rara. Aveva tuttavia imparato dopo innumerevoli cadute e scontri quanto poco produttivo fosse dar voce ad ogni proprio pensiero nell'istante stesso in cui veniva prodotto. In questo, l'esperienza del Gruppo Peverell era stata di certo il fattore più formativo. Anche quella disfatta, il giovane Potter aveva deciso di prenderla nell'unica maniera che non l'avrebbe fatto crollare su se stesso: come qualcosa di necessario per la propria formazione, per imparare a fare di meglio, quando sarebbe sorta l'opportunità. Certo era che cercava di evitare il più possibile i canali di informazione statali, conoscendosi piuttosto bene da sapere che se solo avesse visto nei loro mezzi l'ombra del proprio lavoro, difficilmente si sarebbe trattenuto da una qualche forma di polemica. Un tratto su cui lavorava, ma che faceva comunque parte della sua persona, volente o nolente. Mentre i vari interventi si susseguivano, portando lo sguardo silenzioso del giovane Potter da una persona all'altra, al suo fianco un piuma incantata trascriveva veloce su un foglio di pergamena tutto ciò che veniva detto. Non voleva dimenticare nulla, e in quella fase era importante dare la giusta attenzione a tutti per far sì che quell'incontro arrivasse ad una conclusione produttiva. « Siamo d'accordo? Pensate possa funzionare? E soprattutto, qualcun altro ha altre idee o suggerimenti concreti? » Attese, passando silenziosamente gli occhi da un volto all'altro per vedere se ci fossero altri interventi.
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    Nulla? Ok. Fece dunque schioccare la lingua contro il palato, scrociando le braccia dalla posizione che avevano assunto sulla superficie del tavolo. « Ci sto. Penso che sia una buona idea. » disse pacato, annuendo in direzione di Tris. « In ogni caso, al momento non possiamo permetterci azioni troppo avventate. Siamo pochi, molti si trovano ad Azkaban e tanti altri hanno paura di rischiare. Ma è bene far passare il messaggio che non ci nasconderemo per sempre. » A quel punto sospirò, togliendo il foglio di pergamena da sotto la punta della piuma per scorrere velocemente le righe, ripassando i punti cardine dei vari interventi mentre si alzava dalla sedia. « Facendo mente locale.. abbiamo capito che Raiden può offrire una sorta di copertura - giusto? - e che June può fare da intermediario con la comunità maride. » Sollevò lo sguardo in quello della Rosier « Personalmente concordo con Sol nel pensare che il Pulse potrebbe metterti troppo a rischio. Abbiamo ancora troppe poche informazioni a riguardo, e mandare qualcuno di noi lì dentro senza un'adeguata copertura potrebbe rivelarsi controproducente. Ma questo è un punto a cui arriverò dopo. » Perché nel sentirli parlare, delle conclusioni le aveva tirate, ma prima di arrivarci voleva rivedere tutto ciò di cui si era parlato. « Poi chi abbiamo? Mh.. Eliphas che sta bene dove si trova e ci aiuta se se la sente. » Inarcò un sopracciglio, arricciando le labbra in un istante di pausa prima di rivolgere lo sguardo al demonologo. « Grazie.. le faremo sapere, immagino?! » Go boy give us nothing. « E infine Hiroshi che da ciò che ho capito vuole quello che vogliamo tutti ma con parole diverse. » Sospirò, togliendosi gli occhiali da lettura e mettendo via la pergamena, prima di rivolgere lo sguardo al giovane Nakamura, sollevando gli angoli delle labbra in un sorriso frutto di uno sforzo di pazienza. « Allora, chiedevi a cosa serve tutto questo, giusto? In parole povere serve proprio a far sì che i qui presenti - con le loro famiglie, i loro amici e tutte quelle persone che si trovano ad Iron Garden mentre noi parliamo - possano permettersi.. toh, tipo di immaginare la possibilità di quella vita che dici tu. Purtroppo la fregatura è che io, a differenza del Messia, i miracoli non li faccio. Quindi non ti posso esattamente garantire che domani non risorga un altro morto per dire che tutte le persone nate in un giorno dispari debbano essere sbattute in galera. » Fece spallucce, sarcastico. « Immagino che quindi dovrai valutare tu, se fidarti o meno. » Sollevò velocemente le sopracciglia, distogliendo quindi lo sguardo dal giapponese per tornare a tutti gli altri. « Detto ciò, se non mi è sfuggito nulla e non ci sono altri dubbi, io direi di procedere verso qualcosa di concreto. Amunet vi ha già dato le risorse che avevamo preparato, dunque sentitevi liberi di usarle come meglio credete. Questo posto vi sarà sempre accessibile, e con le dovute accortezze potrete venire qui quando vi pare. » Batté un paio di volte l'indice sul tavolo. « Sarà questa la nostra base e il nostro punto di ritrovo per le prossime volte. » Pausa. « Se avete qualcuno ad Iron Garden - o altrove - di cui vi fidate, includetelo. Non siamo la carboneria. La segretezza è importante, ma non deve diventare un'arma a nostro svantaggio. Dobbiamo avere occhi e orecchie ovunque. Al Pulse in primis, a quanto pare. E in questo è fondamentale l'aiuto di chi è ancora a piede libero e può accedervi senza destare troppi sospetti. Quando avremo capito con chi abbiamo a che fare, solo allora potremo pensare ad un piano per metterci la punta del naso. » Sospirò, tamburellando le dita sul tavolo a cui si era appoggiato. « E nel frattempo.. facciamo ciò che ha detto Tris. Con ogni mezzo. Se avete bisogno di aiuti informatici, chiedete pure - nessuno conosce la wiznet meglio degli ex Ribelli. Postate a Natale, e poi continuate. Fatevi sentire. E se qualcuno ve lo chiede: non siamo né ribelli, né lycan, né warlock - siamo l'Ordine della Fenice. » Che comprende un po' tutto.

    Interagito con tutti. Più nello specifico con Tris, June e Hiroshi

     
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