✖ Santa Claus is coming to town!

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +5    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    44
    Reputation
    +89

    Status
    Waiting!
    24 Dicembre 2023,
    12:45 circa

    Il 24 Dicembre, Iron Garden addobbato a festa si dispiegava come una commedia grottesca sullo sfondo grigio e tetro di un cielo nuvoloso. Le stradine che conducevano alla piazza principale, strettamente costeggiate da abitazioni logore e malconce, erano state ravvivate da ghirlande secche e spaurite, probabilmente il lascito di magazzino di qualche fiorario, e i grandi fiocchi spioventi rosso acceso appesi ai lampioni faticavano a mascherare le condizioni indigenti in cui versava il ghetto. Nondimeno, la piccola piazza centrale era stata allestita con quanto gli abitanti potevano offrire e con ciò che i volontari avevano donato, creando una scena in cui l'ostentata generosità del Ministero della Magia inglese si scontrava con la dura realtà di un'esistenza repressa. Un albero di Natale, non proprio rigoglioso ma decorato con stelle fatte di carta e luci tremolanti, svettava spiovente al di sopra dei vari banchetti, realizzati alla meglio con tavoli rustici e semplici, carichi di ogni genere di beni di prima necessità: ceste di viveri, pacchi di vestiti usati ma puliti, coperte e oggetti di uso comune e persino giocattoli di seconda mano destinati ai più piccoli. Un vecchio giradischi gracchiava a fatica le stesse canzoni natalizie a ripetizione, brani nostalgici e un po' logori che facevano da colonna sonora a quell'evento di beneficenza, mentre un gruppo di volontari con il classico cappellino natalizio, elfi malconci e perfino qualche renna, si davano da fare per intrattenere i bambini, radunati attorno all’albero di Natale, con gli occhi ricolmi di attesa e meraviglia. Nell’aria, si respirava gratitudine mista ad un impalpabile senso di umiliazione nell'accettare ciò che veniva offerto – l’ennesimo boccone amaro risverato loro con disprezzo da chi deteneva le redini della loro esistenza. In quell’occasione, ciascuno degli abitanti di Iron Garden aveva ingoiato il proprio orgoglio, costretti a piegarsi alle regole imposte di una carità forzata, dove ogni dono, seppur gradito, portava con sé un retrogusto di rabbia repressa e sottomissione. Nonostante ciò, la scarsità di risorse e la precarietà delle condizioni sembravano aver cementato un insolito sentimento di solidarietà, a tal punto che la sistemazione degli addobbi e la responsabilità delle diverse postazioni erano state state suddivise con notevole collaborazione. A mezzogiorno inoltrato, l’area adibita ai viveri aveva iniziato a distribuire pane e prodotti da forno ancora caldi, riempiendo l’aria di un invitante odore di lievito e farina, mentre gli Auror e i dipendenti del Ministero si assicuravano che l’evento procedesse senza alcun tipo sorpresa.

    tumblr_inline_p82he1hTW11rihseq_500
    […] Leggermente in disparte rispetto alla bancarella degli abiti smessi, Freya aveva trascorso le ultime ore ad ispezionare, pulire, dividere ed impacchettare i giocattoli per tipologia, assicurandosi che venissero riposti nella cesta con la corretta dicitura prima di essere distribuiti ai bambini, quando il vecchio Paddy sarebbe entrato in scena, vestito da Babbo Natale ed accompagnato da uno slittino incantato. Si muoveva rapidamente nei pressi della bancarella, troppo occupata nel proprio compito per fare caso a ciò che le accadeva attorno. Crescendo nel sistema, costantemente sballottata tra orfanotrofi e case famiglia, aveva imparato in fretta a celare le sue vere sensazioni dietro una maschera di compostezza e, dal momento in cui aveva messo piede ad Iron Garden, la sua esistenza era stata caratterizzata da un'osservanza meticolosa delle rigide regole imposte dal Ministero della Magia. Apparentemente docile, Freya aveva aderito diligentemente a ogni norma, soffocando rabbia e disprezzo dietro un comportamento impeccabile. La sua nuova vita era noiosa e ripetitiva, spartita tra la serra dove affiancava Galathéa Durand come erborista ed il presidio medico, in cui si era offerta di coprire diversi turni come volontaria e, sebbene il suo ruolo non fosse di rilievo, rappresentava una sorta di compromesso tra i suoi interessi e le rigide imposizioni della comunità magica. « Miss Thysen, ci sono altre tre casse da scaricare. » Con il suo solito passo strascicato – l’emblema di chi non aveva fretta, né freddo – Graham Campbell si appoggiò al tavolo, facendole cenno dietro di sé con il pollice, un lampo di divertimento nelle iridi grigio sporco. « Grazie, Campbell. Arrivo subito. » Sollevò lo sguardo su di lui quel poco che bastava per rivolgergli un sorriso apparentemente sincero, prima che l’Auror si allontanasse fischiettando, intento ad accendersi l’ennesimo sigaro di scarsa qualità. Col passare dei giorni, Freya aveva imparato in fretta a memorizzare nomi, facce e abitudini della maggior parte del corpo di sorveglianza e, tra loro, Campbell sembrava trarre una certa soddisfazione dal sottolineare le tristi condizioni in cui versavano o osservarli faticare con aria placida; a dispetto di ciò, era pigro e svogliato, a tal punto che raramente si preoccupava di perquisire abitanti o visitatori. Malgrado il disprezzo che provava nei loro confronti, l'educazione e la cortesia che aveva adottato con Auror ed impiegati ministeriali erano diventate un'arma discreta ma efficace per ottenere un trattamento più accomodante, in parte grazie anche all’influenza esercitata da Eren. Terminato l’ultimo pacchetto, si sfilò il cappotto di lana per evitare che le fosse d’intralcio; la sua mise era piuttosto discutibile – maglione di lana rosso scuro intonato al fiocco che aveva tra i capelli, gonna di pelle nera, calze scure e anfibi –, più adatta ad un concerto rock che a un evento di beneficenza, ma il freddo non sembrava disturbarla. « Jas, torno subito. Finisci tu qui? » La donna annuì e, con un cenno di ringraziamento, Freya si fece largo tra i volontari fino ad una delle casse indicate da Campbell. Si chinò sulle ginocchia e sollevò le maniche del maglione, nel tentativo di salvaguardarlo da schegge o eventuali chiodi, infine fece scivolare le dita ai lati della base, per farvi presa. Nel sollevarsi, si accorse che era più pesante di quanto aveva immaginato. Da quando i giocattoli pesano così tanto? Prese un respiro profondo e si apprestò a farsi strada tra la gente, diretta alla postazione. « Attenzione! » Vociò, quando due bambini le tagliarono bruscamente la strada, rischiando di farla inciampare e di rovesciare l’intero contenuto della cassa addosso a qualche povero malcapitato.


    Freya ha quasi ucciso qualcuno - o il figlio di qualcuno - con una cassa piena di giocattoli.
    Se vi serve, sta probabilmente imprecando.
     
    .
  2.     +4    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Lega di Quidditch
    Posts
    218
    Reputation
    +242

    Status
    Waiting!

    « Ciao ragazzi! Oggi mi trovo con la squadra ad Iron Garden per l'iniziativa di beneficienza organizzata dal Ministero della Magia. Chissà che non si presenti anche Donovan: muoio dalla voglia di incontrarlo di persona da quando ero una ragazzina. » Sulle prime Mei non aveva fatto troppo caso alla voce della compagna di squadra, pensando che stesse solo mandando un messaggio vocale al gruppo di amici fighetti di cui si circondava per tirare di coca nei bagni. Aveva deciso di ignorarla, come faceva spesso, pur non riuscendo a trattenere del tutto l'alzata di occhi al cielo al solo sentire quello stridulo "ciao ragazzi". Cambiava sempre voce quando doveva rivolgersi ad una platea. E forse avrebbe dovuto capire proprio da quel dettaglio, che tale platea fosse ben più ampia di un semplice gruppo whatsapp. Ci arrivò tuttavia solo quando beccò con la coda dell'occhio i suoi movimenti ampi. Stava facendo un video. Una diretta? Forse una semplice storia per wiztagram. Ma è seria? « Vi confesso che la situazione qui è molto triste. Queste persone hanno bisogno di tutto l'aiuto che possiamo dargli. Quindi se vi va passate da qui e donate qualcosa. O se avete altri impegni, nella mia bio trovate il link per la raccolta fondi: il ricavato verrà donato interamente per la manutenzione di Iron Garden. » Tradotto: il ricavato sarebbe andato al Ministero, che se lo sarebbe intascato senza far vedere nemmeno una lira agli abitanti del quartiere. « Baci baci. » Strinse la mascella, aspettando che la collega spegnesse il video prima di avvicinarsi a lei di gran carriera, strapparle il cellulare dalle mani e buttarlo a terra con un certo impeto. « MA TI SEI DROGATA? » Ah, eccola la tua vera voce. Forse era ipocrita da parte sua. Che senso aveva fare quei pezzi in privato quando all'atto pratico non aveva pronunciato nemmeno una parola contro ciò che stava succedendo? Si era tenuta il suo lavoro, lasciando che metà delle persone a cui teneva venissero messe sui manifesti e l'altra metà rinchiusa nel ghetto. Ne era consapevole, e intimamente sentiva di essere giudicata per questa sua scelta perché era lei stessa, la prima a sentirsi in colpa. Tuttavia, nell'ipocrisia, quanto meno ben si guardava dall'ostentazione. « Dio se vorrei! Almeno non avrei sentito le cazzate che hai appena detto. » « A differenza tua sto usando la mia piattaforma per fare qualcosa di buono. » Sbuffò una risata amara, Mei, alzando platealmente gli occhi al cielo. « Ovvero stai racimolando la paghetta per quel bimbo minchia che ti scopi. Non ha già una ragazza, Sheila, mh? Non è anche lo stesso che ti ha passato l'herpes? O era un altro Auror? Non ricordo. » « Come se tu non fossi qui solo per farti fotografare mentre fai la samaritana. » Serrò le labbra, sollevando una delle scatole di pentolame per spingerla contro il petto di Sheila, che si trovò costretta a sorreggerne il peso per bloccare l'impatto. « Ed è per questo che tengo la fogna chiusa. » Sibilò, fissandola negli occhi in silenzio prima di squadrarla dall'alto in basso. « Entrambe le fogne. » In verità avrebbe volentieri evitato di presentarsi nel ghetto se non fosse stato per l'incoraggiamento decisamente insistente del consiglio amministrativo. Avrebbe preferito non vedere, o forse non farsi vedere, proprio per evitare di sentire quel misto di rabbia e vergogna che la rendeva tanto sensibile da esplodere con estrema facilità. Forse era più arrabbiata con se stessa che con Sheila. Forse si sentiva semplicemente un'impostora a trovarsi lì, consapevole di aver fatto la scelta più vigliacca. Ma era più semplice puntare il dito contro qualcun altro. Così aveva girato i tacchi, allontanandosi dai compagni per tenersi occupata altrove. Ogni qualvolta qualcuno le si avvicinasse per chiedere una foto o un autografo, Mei si sentiva morire dentro un po' di più, ma lo elargiva comunque con un sorriso affettato sulle labbra - da bella bambolina che doveva essere durante quella giornata. Per lo più a chiederglielo erano altri maghi, gente che non viveva lì dentro.
    794310d3624ab3f71e23cb9d78af67516a286aeb
    Le creature la guardavano di sottecchi, o non la trattavano affatto. Meglio così, lo preferiva. « Attenzione! » La voce arrivò troppo tardi, o comunque non sufficientemente presto da prevenire l'impatto diretto con una scatola di giocattoli. A salvarla dall'inevitabile furono solo i suoi riflessi pronti: le mani scivolarono velocemente sotto la base della cassa, stabilizzandola dalla caduta e sorreggendone il peso insieme a chiunque la stesse trasportando. « Ce l'ho ce l'ho. » proferì svelta, scuotendo il capo per togliersi dal viso le ciocche di capelli che le erano cadute a pararle gli occhi durante il movimento brusco. Solo quando la situazione fu messa in sicurezza e la giovane Chang ebbe spostato lo scatolone insieme agli altri destinati allo smistamento - solo allora incontrò lo sguardo della persona che stava dall'altra parte, rimanendo per un istante con gli occhi sbarrati e la bocca asciutta di parole. Non rivedeva Freya da diversi mesi, da prima che tutto quel casino scoppiasse. Nonostante uscissero piuttosto spesso, Mei non si era fatta viva, e del silenzio dell'altra non aveva pensato nulla. Ma bastava un'occhiata per capire che non fosse una semplice visitatrice. « Oh, ciao. » Riuscì a dire, con qualche secondo di ritardo, tentando di ostentare naturalezza tramite un tiepido sorriso. « Non pensavo di trovarti qui. » Una frase del cazzo, ma decisamente meglio di chiederle cosa ci facesse da quelle parti. « Mh.. posso aiutarti a smistarli. » Fece una pausa. « Ho visto che ci sta un sacco di roba per bambini e un po' meno per adulti. » Altra pausa. « Sono riuscita a imboscare qualche stecca di sigarette. Magari dopo posso lasciarle a te.. non so come funziona da queste parti, ma ho immaginato che per alcuni potesse essere un regalo gradito - anche se non necessario. » Ma immagino che sia un po' umiliante vivere solo del necessario.

    Interagito con Freya]

     
    .
  3.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Collegiali
    Posts
    322
    Reputation
    +982

    Status
    Anonymes!
    Otis si guardava attorno, tra le mani un bicchiere di carta contenente del té fumante – un bene di prima necessità che non poteva mancare nella casa di nessun inglese, non importava quanto vivesse al limite della povertà – il viso semicoperto dalla grossa sciarpa gialla e nera, un memorabilia di tempi passati neanche troppo lontani da cui non si sarebbe mai separato. Il petto si sollevava e si abbassava in un ritmo regolare, ma rapido. Era difficile, per lui, trovarsi lì. Fuori dal via vai di persone che lavoravano agli stand, in preparazione dell'evento, che avrebbe ricevuto maggior affluenza di lì a qualche ora, prevedibilmente, si limitava a cercare di identificare i volti delle persone attorno a lui, e contemporaneamente si augurava di non riuscire a trovare neanche una faccia conosciuta. Sarebbe andato via prima possibile. Non era lì per partecipare ai festeggiamenti, era lì per intervistare i residenti di Iron Garden, i visitatori che venivano dalla città, e forse anche qualche funzionario ministeriale. Voleva farlo per bene, voleva dedicarcisi con tutto se stesso, anche se sapeva che sarebbe stato completamente inutile; non riusciva a sottrarsi all'imperativo di documentare, di fornire una fotografia che sarebbe potuta rimanere, anche solo nel breve termine – sentiva che anche se lui personalmente non ci credeva così tanto, vi fosse una certa importanza nella presenza di giornalisti in un'occasione del genere. E lui era questo, no? Un giornalista. Non un eroe. La parte più facile sarebbe stata la scrittura, quella più difficile condurre le interviste, certamente ritrovandosi con ex abitanti di Inverness, forse vicini di casa – quelli sopravvissuti, o che non erano stati costretti a fuggire. Approfittò di quel tempo, in cui attendeva che Alena finisse di fare la coda per qualcosa, per farsi coraggio. Faticava a non sentirsi un impostore, un traditore, un cittadino di Londra, la spregevole scelta che questo sottendeva: cosa avrebbero pensato di lui? La difesa contro quel tipo di pensieri arrivò sottoforma di impassibile accettazione. Non riguarda te. Queste persone hanno perso tutto e sono state ostracizzate, la loro colpa segnata al momento della nascita, senza possibilità di redenzione. Se ti odiano, se ti disprezzano, devi farti carico di questo fardello – è questo che fa un compagno, si fa carico del dolore altrui, anche a proprio discapito. L'avrebbe accolto, senza
    controbattere, perché l'avrebbe capito, addirittura l'avrebbe invitato. «Ali, ci sei?» Improvvisamente un po' più coraggioso, Otis richiamò la collega, intenta a parlottare con qualcuno, all'ingresso della fiera. «Con chi parli?» Fece, avvicinandosi, e inclinando un po' la testa. Rimanendo lì impalato per un secondo, escluso dalla conversazione, gli ci volle un attimo prima di identificare il ragazzo, una sorta di colbacco logoro calato sulla testa che ne nascondeva un po' del viso. «...Oliver?» Mormorò quando lo riconobbe, soltanto allora distogliendo l'attenzione di lui da Alena, a metà del discorso. «Otis?» Gli ci volle qualche istante, ma poi vi fu un guizzo negli occhi del ragazzo, segno che doveva aver collegato la faccia alla persona. «Branwell?» «Sì!» Fece semplicemente, prima di calarsi un po' la sciarpa dal viso, per farsi vedere. Oliver, inaspettatamente, lo cinse in un abbraccio stretto, la pressione aumentata dagli strati di abbigliamento che avevano addosso. Rimase immobile, colto alla sprovvista, e solo quando sollevò un braccio per dargli qualche pacca sulla schiena il ragazzo si allontanò. Oliver Mason era più grande sia di lui che di Alena; era uno studente Corvonero, diplomato ormai da un paio di anni, che per un periodo aveva offerto ripetizioni a Otis ed Émile, perché aveva un talento naturale per la pozionistica. Si diceva avesse un futuro nel mondo della farmacologia, e se non andava errato, Otis avrebbe giurato di ricordare che si vociferasse di un brevetto a suo nome per un elisir capace di migliorare istantaneamente la memoria. Era un cittadino di Inverness. «Che bello vedervi. Alena mi spiegava che state scrivendo un articolo – continui con l'aspirazione giornalistica, eh?» Lo spintonò con il gomito. Otis emise una risatina imbarazzata. «Ci provo... Uhm... Possiamo... Farti qualche domanda?» Andrò dritto al punto, perché ascoltare di come i sogni di gloria di una brillante promessa del mondo della madimagia fossero stati infranti l'avrebbe spinto oltre il burrone, probabilmente. «Sì, sì, ma certo! Ho già risposto a qualche domanda di Alena, e non ho molto tempo, ma se riusciamo a farcela in cinque minuti sono vostro!»
    «Da non credere, tutto quell'entusiasmo, eh?» Oliver si era dileguato, l'eco dei ringraziamenti dei due aspiranti giornalisti ricambiato da energici saluti e segni che si sarebbero ribeccati più tardi. «Com'è possibile?» mormorò, più parlando tra sé e sé che non chiedendolo ad Alena. Forse era il modo in cui ciascuno provava a sopravvivere, a tirare avanti, il rifiuto di pensarsi vittime. Otis tirò su col naso, una folata di vento gelido che penetrò la giacca, soffiandogli sulla nuca e scendendo lungo la schiena. «Chissà che non si presenti anche Donovan: muoio dalla voglia di incontrarlo di persona da quando ero una ragazzina.» Percepì lo sguardo di Alena puntato insistentemente su di lui, e così si girò, inquisitorio. «Che c'è? Non lo sapevi?» Solo il pensiero gli faceva accapponare la pelle. Per il proprio bene, avrebbe voluto essere lontano da lì prima del suo arrivo. «Non saremo qui quando verrà, SE verrà – questo te lo dico già da ora. Non c'è articolo che tenga, Ali». Trascinava i piedi a terra, le mani nelle tasche. «Tanto non è che lo puoi intervistare, quindi non ci serve neanche a niente» – una mezza verità, quella, perché certo che sarebbe servito, assistere all'arrivo del Messia nel quartiere in cui erano state recluse le creature fantastiche; ma sarebbe stato utile a chi? Solo a loro, al lustro di scrivere un articolo che testimoni un momento simile. No, il focus doveva essere sui cittadini del quartiere, non sul sensazionalismo, non sui colpi di scena. Una cosa pulita, sincera, onesta – era il minimo che poteva fare.


    Edited by the educator - 10/12/2023, 16:37
     
    .
  4.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    732
    Reputation
    +155

    Status
    Anonymes!
    «Théa, ci serve una mano con gli ultimi cestini, puoi venire un secondo?» Ad uno sguardo esterno Galathéa sarebbe apparsa irriconoscibile, la mattina della vigilia di Natale – senz'altro se paragonata alle copertine delle riviste patinate su cui era apparsa la sua faccia fino a qualche mese prima. Il capello di lana intessuto a maglia era munito di paraorecchie e due treccine di lana che dondolavano ad ogni suo movimento. Le mani, screpolate dal freddo, erano coperte con guanti abbastanza logori, con buchi praticamente per ogni dita. I capelli, ormai insopportabilmente lunghi, erano intrecciati alla solita maniera, e un paio di ciocche le ricadevano davanti agli occhi, obbligandola a soffiarsi sul viso o scostarli dalla fronte con insopportabile frequenza. «Arrivo» bofonchiò, ingoiando rapidamente il biscotto che i ragazzi del forno avevano generosamente distribuito agli altri standisti, quella mattina, quando avevano incominciato ad adibire la piazza centrale per il mercatino. Sfregò le mani velocemente per ripulirle dalle briciole, finì di sistemare il tendone sopra la bancarella e fece una corsetta per raggiungere i colleghi, ai margini della piazza, intenti a scaricare i carretti dalle ceste di frutta e verdura. Era una vita così semplice, e contemporaneamente così complicata, che mai avrebbe pensato di ritrovarsi a condurre. «Hai notato quell'Auror?» Indicò con il mento, mentre si faceva passare una cassa da Mia, quella che aveva imparato essere la sua ombra – Haru – che dondolava le gambette seduto sul carretto. «Come si chiamava?» Parlava a bassa voce, tenendosi impegnata, indicando alla ragazza di accompagnarla con un cenno della testa. «Quanto credi che osserveranno da vicino l'evento, al Ministero?» Una domanda apparentemente leggera nel tono di voce in cui fu posta, lo sguardo distratto e vagamente assopito. Non la spaventava l'idea di un'attenzione serrata allo svolgimento del mercatino di beneficenza, fondamentalmente certa che avessero fatto un buon lavoro nel camuffare l'eccesso di prodotto che avrebbero donato rispetto a quanto dichiarato al Ministero, ma era comunque importante saperlo. «Ieri ho parlato con Douglas, l'ispettore» fece poi, poggiando la cassetta a terra e sbuffando sonoramente. Si poggiò al tavolo di legno, dando le spalle alla piazza, le braccia intrecciate al petto. Quando parlava, nuvolette bianche si formavano nell'aria tra lei e la collega. Haru, talmente piccino da non raggiungere il banco, scompariva dietro Mia. Galathéa si chinò per recuperare una cosa che aveva casualmente pescato dalla bancarella deputata alla donazione di giocattoli, e che aveva riposto in una delle scatole sotto al tavolo. Inclinando il capo, non senza una solita punta di imbarazzo e difficoltà a relazionarsi con la piccola creatura, agitò un piccolo peluche a forma di coniglio, il suono delle palline di plastica che conteneva che venivano mosse. Forse era
    originariamente pensato per gli animali
    . Cercava di includerlo, sopratutto per non dare a Mia l'impressione che per lei la presenza del bambino fosse un peso – non lo era davvero, nonostante le iniziali perplessità. Era solo difficile instaurarci un rapporto... «Mi ha detto che esiste la possibilità che il Ministero ci richieda un sopralluogo ulteriore della serra, per vedere come avanzano i lavori» fece, tornando a concentrare la propria attenzione su Mia, l'espressione subito più contrita. Diede a lei il peluche – ormai conscia che fosse sempre meglio passare prima per la madre, quando le veniva in mente di consegnare un qualunque tipo di oggetto al piccolo. «Ho detto che ho intenzione di essere presente, qualora ciò accada. Mi sembra naturale. Questo per dire che io sarò lì oggi pomeriggio, probabilmente.» Non si soffermò ulteriormente a raccontare altri dettagli di quella conversazione con il funzionario ministeriale addetto alla supervisione dei lavori alla serra, ma si passò inconsapevolmente le dita sullo spazio di pelle tra pollice e indice, apparentemente illeso. Fu complesso mantenere la calma quando sentì le parole di una ragazza, il cellulare puntato in faccia, a pochi passi da loro. «Chissà che non si presenti anche Donovan: muoio dalla voglia di incontrarlo di persona da quando ero una ragazzina.» Sbuffò dal naso, semplicemente, in una risatina tanto incredula quanto beffarda, scambiandosi un'occhiata con la collega – neanche troppo celata. Théa scosse la testa, continuando a sistemare la merce, ma non riuscì a non sentire il resto, più comicamente incuriosita che non particolarmente oltraggiata. Se avesse dovuto arrabbiarsi ogni volta che le capitava di sentire la gente sparare stupidaggini probabilmente non avrebbe più avuto energie per occuparsi di tutto il resto. Non c'è tempo per la rabbia quando muori di fame. «O se avete altri impegni, nella mia bio trovate il link per la raccolta fondi: il ricavato verrà donato interamente per la manutenzione di Iron Garden.» A questo punto non furono soltanto gli occhi, ma tutto il corpo a ruotare verso Mia, battendo le palpebre un paio di volte e stringendo le labbra, immobile. Non servì dire altro: tanto bastò per essere eloquenti. Schioccò la lingua, quindi, ben consapevole della presenza, seppur ancora piuttosto scarsa, di svariati impiegati del Ministero attorno a loro. «Okay, secondo me il grosso è fatto, per ora. Vado a fare un saluto veloce agli altri – c'è Freya al banco dei giocattoli, forse riusciamo a sgraffignare qualcos'altro per Haru.» Fece rivolta a Mia, quando Miles e Vivienne si avvicinarono allo stand con l'ultimo carico di merce. «Torniamo subito. Avete fatto colazione? Vedo se riesco a portarvi dei biscotti?»
    Al suo banco, Freya parlava con una persona che aveva un volto conosciuto, ma che Théa non avrebbe saputo identificare. Quello che sapeva per certo, però, era che non fosse di Iron Garden. Vagamente circospetta, avanzò verso di loro, fin quando non si accorsero della sua presenza. «...non so come funziona da queste parti, ma ho immaginato che per alcuni potesse essere un regalo gradito - anche se non necessario.» Poggiando i palmi sul banco, e sporgendosi appena, le trecce pendenti del suo cappello che ricadevano in avanti, rivolse un sorriso gentile alla Thysen e uno sguardo interrogativo sufficientemente loquace alla ragazza con cui stava parlando. «Dove ti ho vista?» Fece, senza particolari convenevoli, esaminandone i lineamenti. «Sei famosa?» Aggrottò la fronte, cercando di fare mente locale. «I regali sono sempre ben accetti da queste parti. Si vede che oggi c'è proprio uno spiccato senso caritatevole che proviene da Londra. Dev'essere la magia del Natale.» Annuì, battendo le palpebre un paio di volte. «Come la tua amica, prima, così commossa... È bello che siate venute a farci visita. Auspichiamo un incontro con il Messia?» La voce era cortese, il sorriso pure, l'atteggiamento innocente e apparentemente candido. Non aveva voglia di discutere, voleva soltanto far provare a quella gente un briciolo di vergogna – soltanto un po', com'era giusto che fosse, sempre che fossero capaci di provarla. Qualcuno deve pur farlo.


    Interagito con Mia, Haru (♡), Freya, Vivienne, Mei. Tutti in pratica.
    Menzionato Nate (👎)
     
    .
  5.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Corvonero
    Posts
    132
    Reputation
    +288

    Status
    Anonymes!



    we could call it even
    you could call me babe for the weekend
    'tis the damn season, write this down.


    « Oliver! » Oliver Mason, anni ventidue, ex Corvonero, gli occhi azzurri più brillanti che Alena avesse mai visto. L'espressione della Gauthier si trasformò istantaneamente non appena lo vide, ospitando un sorriso a trentadue denti e un'aria quasi intontita. « Sono Alena, Alena Gauthier! Mi riconosci? » Era difficile che Oliver individuasse a colpo d'occhio nei lineamenti da ormai giovane donna della Corvonero quelli della dodicenne con cui aveva conversato l'ultima volta al castello, quando l'aveva aiutata a perfezionare il suo Wingardium Leviosa. Ogni tanto Alena ripensava a quella sera, che nel suo diario segreto annoverava come l'evento in cui aveva cominciato a provare certe pulsioni. « Alena... Ma sei tu! Eri quella bambina che mi chiedeva sempre ripetizioni in Sala Comune... » Senza che fosse necessario, probabilmente avrebbe voluto aggiungere Oliver, che si ritrovava ogni volta a rassicurarla della riuscita dei suoi incantesimi. « Sì, beh, non sono più tanto bambina adesso... » « Eh, lo vedo! » Alena arrossì, le guance parzialmente coperte dalla spessa sciarpa di lana rossa che le regalava un po' di tepore in quella mattinata ghiacciata. « Sei qui da sola? » Magari. Scosse piano il capo, incapace di disfarsi di quel sorrisino ebete. Ha detto che si vede che sono cresciuta. « No, sono qui con alcuni compagni di Hogwarts perché stiamo lavorando ad un articolo su Iron Garden per il giornalino. A proposito, dimmi un po', come ti trovi qui? » Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, inclinando leggermente il capo, gli occhi nocciola persi ad esplorare quella mascella così definita, ricoperta da un sottile strato di barba ispida, quel naso leggermente adunco, e quegli occhi così... brillanti. « Beh ti dirò, potrebbe esserci di peggio. Certo, le condizioni per adesso non sono delle migliori, ma pian piano stiamo dando nuova vita a questo quartiere. Certo è una soddisfazione. Sembra che il Ministero abbia chiaro quello che vuole fare qui dentro. E ti dirò, ci sono tante cose da sistemare, tante imperfezioni, ma la verità è che se ti impegni, qui dentro, vieni ripagato. » Parlava con una certa convinzione, Oliver, e quelle parole riuscirono perfino a far risvegliare Alena dallo stato contemplativo in cui era ricaduta. Dici davvero? « E non avete paura di ritorsioni? Il Ministero ha ucciso quei due vampiri, non avete paura che succeda anche a voi, se, per caso, disubbidite agli ordini? » Oliver si strinse le spalle, sospirando. « Certo, questo è un rischio. Però cosa vuoi che facciamo? Questo è il modo migliore per riscattarsi, dopo quello che è successo, e ritornare in società a testa alta. » Alena assottigliò lo sguardo. Non riusciva a capire se credesse a quello che diceva, o se quelle parole così ottimistiche fossero dettate dal mero spirito di sopravvivenza. « Capito. Beh, se uno di questi giorni tu avessi voglia di fare un giro fuori da Iron Garden... » « Ali, che fai? Con chi parli? » E ti pareva. Chissà perché Otis aveva sempre il tempismo più terribile di tutta la scuola. « Stavo parlando con lui, Otis. » La sua risposta a denti stretti fu quasi del tutto ignorata, mentre i due ex compagni di scuola si riconoscevano e si salutavano a dovere. Ah, lui si becca pure un abbraccio. Stette a guardare l'interazione in silenzio, le braccia conserte e l'aria improvvisamente annoiata. Quando Oliver si congedò da loro, qualche momento più tardi, Alena lo guardò via, affranta, e lanciò un bacio alla sua schiena perfettamente scolpita (o almeno così se la immaginava, perché sommersa dal cappotto gigantesco che indossava) che si allontanava da lei. « Da non credere, tutto quell'entusiasmo, eh? » Sarebbe stato ancora più entusiasta, se mi avessi lasciato ancora qualche minuto da sola con lui. « Com'è possibile? » Alena si strinse le spalle, ritornando per un attimo seria, mentre insieme si addentravano nel quartiere. « Non lo so » infilò le mani gelide nelle tasche del cappotto chiaro, gli occhi puntati di fronte a sé. « Secondo me non sarà facile trovare qualcuno che ci dirà la verità. Anche se promettiamo di pubblicare le testimonianze in anonimo. Credo sia molto rischioso per loro. » Distrattamente diede un calcio con lo stivaletto nero ad un mucchio di neve in un angolo della strada. « Conosciamo qualcuno, qui, che avrebbe voglia di parlarci e dire le cose come stanno senza paura delle conseguenze? » chiese, puntando lo sguardo sul ragazzo, consapevole che, tra i due, Otis era quello con più contatti.
    « Chissà che non si presenti anche Donovan: muoio dalla voglia di incontrarlo di persona da quando ero una ragazzina. » Nell'udire quelle parole, gli occhi di Alena si spalancarono, alla stessa maniera di una persona che ha appena ricevuto una notizia fantastica. Li puntò immediatamente su Otis, certa che anche lui avrebbe apprezzato quella buona, anzi ottima notizia per la loro giornata giornalistica. « Oddio, Otis! » esclamò, battendo le mani con anticipazione. « Che c'è? Non lo sapevi? » Aggrottò la fronte. « No che non lo sapevo. » E tu perché non sei contento? « Non saremo qui quando verrà, SE verrà – questo te lo dico già da ora. Non c'è articolo che tenga, Ali. » Alena spalancò la bocca, scioccata, puntando i piedi sul posto. « Stai scherzando, spero. » Ma Otis continuava a camminare lungo la stradina come se niente fosse. « Scusa, ma che significa che non saremo qui?! » Lo raggiunse, parandoglisi davanti stavolta, per evitare che continuasse ad incedere oltre, ignorandola. « Tanto non è che lo puoi intervistare, quindi non ci serve neanche a niente. » « Ma tu sei completamente pazzo! » Gli occhi strabuzzati, non si preoccupò nemmeno del tono stridulo e acuto con cui quelle parole le erano uscite di bocca, tanto da far voltare un paio di teste nella loro direzione. « Ma dai, vuoi dirmi veramente
    che se Eric Donovan - il Messia, il Prescelto, come lo chiamano tutti ora! - sbucherà fuori a far visita al MERCATINO DI NATALE DI IRON GARDEN - vuoi dirmi veramente che tu prendi e te ne vai? »
    Scosse piano il capo, incredula. È proprio vero che non te lo meriti questo posto da Capo Redattore. « A parte che non puoi dirlo se rilascerà interviste o meno - l'altro giorno ho letto sulla Gazzetta che è andato a trovare dei magonò senzatetto di Westminster, perché mai non dovrebbe dare attenzione al giornalino scolastico di Hogwarts? Secondo, anche se non lo dovessimo intervistare, sarebbe comunque interessante per l'articolo vedere cosa fa. Anche solo fargli una foto! Ho portato la macchina fotografica, io. » Perché ovviamente io penso a tutto. « Devo veramente dirtelo io che faremmo un disservizio a tutti gli studenti di Hogwarts se ce ne andassimo proprio quando arriva Donovan? » Inarcò un sopracciglio, convinta. Credeva fermamente in quelle parole: era convinta che una testimonianza sull'arrivo di Donovan, se questo fosse avvenuto, fosse un dovere, nei confronti dei loro compagni, da cui il giornalino non poteva esimersi, a prescindere delle credenze. E poi, sinceramente, Alena moriva dalla voglia di vedere questo fantomatico Prescelto dal vivo. « E dai, per favooooore Otis!!! » A quel punto, siccome era intenzionata a vincere con le buone o con le cattive, decise di passare al tormento. Si arpionò quindi al braccio di lui, strattonandolo con forza un paio di volte. « Ti prego!!!! Lo sai anche tu che sarebbe uno scoop pazzesco! Il Sonorus ha bisogno di un articolo del genere, dopo il flop dell'eclissi! Dobbiamo aumentare i numeri delle vendite o vedrai che già da gennaio il nuovo Preside ci taglierà i fondi, te lo dico io. »


    [spoiler_tag][/spoiler_tag] interagito con otis
    nominato il messia del mio cuore ❤
     
    .
  6.     +5    
     
    .
    Avatar

    🖕🏼

    Group
    Collegiali
    Posts
    204
    Reputation
    +37
    Location
    Notting Hill, Londra

    Status
    Anonymes!
    8cd32c7d61659b0f920723ab0bae28cb02dab895
    Il ventiquattro dicembre era arrivato, puntuale come sempre e sul volto di Asher era calata una malinconia che non accennava ad andar via. Con l'avvicinarsi delle feste entrava in una sorta di depressione natalizia e nulla sembrava risollevarlo da quello stato di tristezza e angoscia infinita. Solo con la fine delle feste, il giovane Chesterfield tornava al suo solito umore. Lui aveva sempre visto il Natale come un obbligo a dover essere felici, ad avere una famiglia unita o ad apparire al meglio, magari anche a sforzarsi di mostrare una versione migliore del suo carattere. Un utopia, per quanto lo riguardava. Ed era proprio quella sensazione di non poter cambiare le carte in tavola che creava in lui un forte senso di frustrazione legato al sentirsi inadeguato rispetto alla gente comune. Questo suo stato d'animo, lo portava ad essere parecchio suscettibile e infatti, in quei giorni il rapporto con la sorella era più incrinato del solito, complice il fatto che Sierra lo aveva obbligato a rappresentare la testa di porco alla festa di beneficenza organizzata dal Ministero della magia. Se già litigavano sul quale fosse il modo migliore per crescere i propri fratelli, quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. 'Perchè devo andarci proprio io? Sai benissimo che non ho un buon rapporto con le feste.' Borbottò mentre rientrava in cucina, per porre nelle scatole alcune casse di birra. Credo che un po' di spirito natalizio possa farti bene. A questo commento, Asher alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa di incomprensibile che suonava quasi come un insulto. E poi io ho una bambina di cui occuparmi. Sierra accompagnò quelle parole con un sonoro bacio sulla guancia del fratello e sparì nella sala principale della locanda che era già gremita di gente. Si rimise al lavoro subito dopo aver mandato sua sorella al diavolo. Non riusciva a capire perché continuava ad ostinarsi nel fargli piacere a tutti i costi quelle festività. 'Sto andando.' Aveva annunciato un'oretta più tardi, rendendosi conto che l'orario prestabilito per i volontari era già arrivato. Aveva sentito più volte parlare di Iron Garden quando non era ancora a conoscenza del mondo magico e tra i babbani correva voce che fosse una zona maledetta, stregata. Da bambino, spesso aveva organizzato delle uscite notturne con dei suoi compagni di scuola per vedere con i suoi occhi quello che succedeva da quelle parti. Più volte era riuscito ad organizzare qualche stupido scherzo per far scappare i suoi compagni di scuola a gambe levate. Con un sorriso sulle labbra sì indirizzò verso le porte di Londra, dove c'era un'ex zona industriale che in quel periodo era stata riqualificata come quartiere per accogliere le creature magiche presenti sul territorio inglese. Una volta imboccato il suo ingresso, il giovane Chesterfield aveva notato un'immensa differenza tra l'atmosfera natalizia che si respirava nella grande metropoli e tra quella che invece si respirava nel ghetto. Ogni singola strada di Londra era stata riempita di decorazioni e luci varie, i quartieri sembravano fare a gara a chi consumava più corrente elettrica e ad Asher tutto quello sfarzo sembrava un'esagerazione rispetto alle miserabili decorazioni che erano state utilizzate per decorare Iron Garden. Le strade desolate avevano si e no, qualche ghirlanda rinsecchita e qualche lucina dismessa che produceva una luce fioca che non sarebbe bastata ad illuminare neanche la più piccola delle finestre. Durante il suo tragitto aveva deciso di lanciare un incantesimo su una ghirlanda presente su quelle porte, per renderla più rigogliosa e verde che mai. Un piccolo gesto che forse avrebbe fatto sorridere qualcuno. Raggiunse la piazzetta del ghetto e si armò del miglior sorriso che conosceva per mascherare la malinconia che lo accompagnava da quasi un mese. 'Signori la Testa di porco è arrivata! Tra poco potrete iniziare a mangiare. Si guardò intorno e notò di essere l'unico a non avere nessun tipo di indumento o accessorio rosso ma la cosa non sembrò turbarlo più di tanto. 'In quale stand mi posso mettere?' Domandò ad una delle organizzatrici. 'Se c'è qualcuno che mi può aiutare, ho parecchie scatole da scaricare.' Disse mentre iniziava ad allestire la bancarella che gli era stata assegnata con il primo scatolone che aveva portato. Tirò fuori delle vecchie tovaglie che aveva trovato in uno degli armadi della locanda e le aveva utilizzate per ricoprire il tavolo di legno, così da nascondere alcune ammaccature che lo ricoprivano. Poi si allontanò verso il furgone che aveva utilizzato per trasportare i vari pacchi e ritornò con tre di essi, uno dei quali conteneva dei vecchi indumenti che lui non indossava più per via dell'aumento della sua massa muscolare. 'Questa scatola, invece, dove la posso mettere?' Domandò alla ragazza. 'Sono degli indumenti e un giocattolo....' Il giocattolo in questione era stato realizzato dalla sorella di Asher, cucendo insieme due vecchi cappelli fino a quando non avevano assunto la forma di un coniglietto di pezza. '...mi rendo conto che non è molto ma è tutto ciò che ho da offrire.'
    Asher è arrivato e ha portato i viveri! Se vi va di interagire, è qui.


    Edited by 99 problems - 17/12/2023, 09:23
     
    .
  7.     +6    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ministero della Magia
    Posts
    482
    Reputation
    +776

    Status
    Waiting!
    « Va bene qui? » Nate si voltò in direzione dell'elfo domestico, intento a posizionare alcune ceste di regali in un angolo della grande serra, finalmente riordinata per l'occasione natalizia. Annuì distattamente. « Sì Dinkie, lascia pure tutto lì. » All'interno delle ceste, niente più che qualche piccolo pensiero per i collaboratori della serra, per ringraziarli del loro arduo lavoro nelle settimane precedenti - e anche, un po', per scusarsi del suo approccio un po' brusco talvolta. Ognuno di loro avrebbe trovato una coperta di lana, perfetta per ripararsi dalle temperature gelide di Iron Garden, un maglione di cachemire e un'ottima bottiglia di vino. « Ora puoi andare. Grazie mille. » Preferiva evitare che Dinkie fosse vista in giro ad Iron Garden: non era esattamente il luogo più amichevole per un elfo domestico. La congedò, dunque, e la guardò sparire sotto i suoi occhi con uno schiocco di dita.
    Concluso quell'obbligo, si diresse verso il centro del quartiere, dove gli abitanti avevano allestito quel piccolo mercatino di beneficienza che ormai da giorni era al centro delle conversazioni di tutti. Le mani infilate nelle tasche profonde del cappotto, avanzava tra le bancarelle a passo lento, quasi incerto. Dovette arrestarsi quando un gruppo di ragazzi che trasportavano un grosso scatolone gli tagliarono la strada senza minimamente degnarlo di una seconda occhiata. Certo, non poteva ignorare qualche bisbiglio sottovoce qua e là al suo passaggio, e come molti sembrassero assumere una postura più eretta e dignitosa, quando lo notavano; ciò nonostante, la frenesia pareva regnare su ogni cosa, e tutto quel vociare, quell'andirivieni, quel sovraffollamento, erano ciò che dava linfa vitale ad Iron Garden. Non era il posto di Nate, quello - e nei momenti di particolare ottimismo gli piaceva pensare di averlo evitato con le scelte giuste, nella vita, ma questo era un sollievo che durava ben poco, perché subito incombeva in lui la realizzazione che molti non avevano avuto scelta.
    Individuò Freya, dietro una delle bancarelle, e tirò un sospiro pesante. Non era facile vederla lì. La sua presenza lì gli ricordava che era tutto un caso fortuito, e che lui, più che sveglio, nella vita era stato fortunato. « Ciao. » Le si avvicinò, rivolgendole un sorriso caloroso. Per quanto in quel momento nessuno fosse intorno a loro, Nate preferì evitare di fare alcun riferimento alla loro ultima conversazione, e alla richiesta pressoché estrema della Thysen. « Beh, buona vigilia... per quello che vale. » Quelle ultime parole le sussurrò, affinché solo lei potesse sentirle. Nate sapeva che quel briciolo di empatia valeva molto, molto poco anche per Freya. « Hai programmi per domani? » chiese,
    mentre sfregava lentamente i palmi delle mani, per riscaldarsi. « Se ne avessi voglia, sei la benvenuta a pranzo da me. Ci saranno alcuni amici, ma niente di eccessivo. Sto cercando di convincere anche Tom a venire... Magari, se sapesse che ci sei anche tu, si deciderebbe. » Rivolse alla ragazza un sorriso sincero. Lo stato di salute di Thomas era uno degli argomenti di cui avrebbe voluto discutere con la ragazza: chissà perché era convinto che, una volta fuori da Azkaban, qualsiasi problema si sarebbe risolto, che le cose sarebbero tornate come una volta. Ma quella visione semplicistica e forse un po' immatura era ben lontana dalla realtà delle cose: non solo Tom rientrava nel mondo civile dopo anni di trauma, ma lo faceva nel modo più misterioso e intricato possibile. La decisione del Messia l'aveva tacciato agli occhi di tutti come un seguace, se non un complice perfino, del disegno del Prescelto: e per quanto Nate avrebbe voluto credergli, perfino lui aveva ancora remore a riguardo. In questo contesto, quindi, andava letta la nuova vita di Thomas Montgomery, che per adesso faceva fatica a reinserirsi nei circoli di una volta, e in generale nella società civile, preferendo di gran lunga rimanere chiuso nel proprio appartamento, lì dove critiche né occhi indiscreti potevano raggiungerlo. Guardò Freya. La sua non era una preghiera, bensì una richiesta cortese. « Qualunque cosa farai, l'importante è che tu non abbia in programma di passare il Natale qui dentro. » Quelle ultime parole non poté fare a meno di pronunciarle arricciando il naso in una smorfia, mentre si guardava intorno e accennava allo spazio disastrato che li circondava. Nel farlo, i suoi occhi caddero casualmente in quelli di una figura poco distante, che solo adesso notava. « Buongiorno, Durand. » La salutò, il tono più freddo, ma pur sempre cortese. « Tutto bene con i cestini? » Una domanda di routine, quella, giusto perché non sarebbe stato corretto, una volta lì, ignorare del tutto la questione. Dal suo canto aveva già la certezza che il gruppo avesse portato a termine l'allestimento dei cestini: se aveva osservato qualcosa in quelle settimane, quello era l'impegno che quelle persone mettevano ogni giorno per la serra e per le loro colture. Tornò poi a guardare Freya, deciso a distogliere l'attenzione dalla Durand il prima possibile. « Allora, come stanno andando le cose, per il resto? »

    [spoiler_tag][/spoiler_tag]interagito con freya e con galathea

     
    .
  8.     +7    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Collegiali
    Posts
    337
    Reputation
    +768

    Status
    Anonymes!

    C'era qualcosa di rassicurante nella quotidianità, anche la più squallida, quando la straordinarietà altro non era se non il festival dell'ipocrisia. Iron Garden ci aveva messo poco a diventare il luogo dimenticato in cui gli scarti della società magica potevano finalmente essere ignorati, ripulendo le strade dei maghi dalla sgradevole diversità di chi - per un motivo o per un altro - stonava con un presunto quadro perfetto di società funzionale. In quella realtà marginale, Veronica non si era sentita a disagio: gli ricordava casa sua, la sua famiglia, il quartiere in cui era cresciuta e le condizioni a cui era sempre stata abituata. Aveva incassato il colpo di quel passo indietro nella scalata sociale e lo aveva fatto a testa alta, conscia del fatto che nessuna casetta ad Hogsmeade o scarna rassicurazione potesse valere il pegno di compromettere i propri valori. Avrebbe solo avuto un posto più comodo in cui sentirsi in colpa. E forse io preferisco stare lontana da questa gente più di quanto loro preferiscano stare lontani da noi. Per questo, alla comunicazione dell'evento natalizio, la Grifondoro aveva stretto i denti, sperando in cuor suo che una sorta di dignità - forse di coerenza - avrebbe portato la maggioranza a scegliere di rimanere lì dove era stata per i mesi passati. Con suo grande disappunto, non era quello di un quartiere mezzo vuoto lo scenario che le si era parato di fronte. « Hanno una bella faccia a venire qui come se nulla fosse. » disse sottovoce a Mia, indicandole con un cenno del mento un gruppetto di giocatori di Quidditch di varie squadre importanti. Se poteva in qualche modo comprendere le persone comuni, quelle che non erano poi tanto diverse da loro e che potere non ne avevano affatto, di certo lo stesso giudizio clemente non lo riservava a chi veniva a lanciar loro le briciole dall'alto solo per farsi bello. Questa roba ti insegna proprio a riconsiderare chi prendere ad idolo. Ma d'altronde cosa ci si aspetta da un mondo che ha preso a Messia un tipo che volava dietro una pluffa? Sospirò, scuotendo leggermente il capo per togliersi qualche ciocca di capelli dal viso mentre organizzava sul tavolo le varie cibarie donate. Non amava l'idea che quelle persone pensassero che gli abitanti di Iron Garden dipendessero dalla loro benevolenza, ma era abbastanza saggia da sapere quando fosse il momento di mordersi la lingua. « Si dice qualcosa di interessante? » Appunto. Rivolse un sorriso palesemente affettato a Dave Cassidy, uno degli Auror più petulanti che avesse mai avuto il dispiacere di conoscere. « Oh sa, classiche cose da ragazze: vestiti, trucco, bei ragazzi. C'è così tanto da ammirare oggi. » disse, con tono falsamente frivolo e uno sbattere di ciglia sarcastico a cui Cassidy risposte con un'alzata scettica di sopracciglia. Ormai la conosceva sufficientemente bene da conoscere la reale natura di quelle affermazioni. « Vedete di chiacchierare di meno e darvi più da fare se volete che vi rimanga qualcosa a fine giornata. » Perché ovviamente anche la beneficienza aveva delle condizioni, per chi la riceveva. Assottigliò lo sguardo, arricciando gli angoli delle labbra. « Ci impegneremo ad essere nella lista dei bravi bambini. Promesso. » Non appena l'Auror voltò le spalle, la giovane Rigby roteò gli occhi fin quasi a vedere il proprio stesso cervello, scoccando poi un'occhiata a Mia e un veloce labiale: lo odio. « Signori la Testa di porco è arrivata! Tra poco potrete iniziare a mangiare. » Era certa di aver già visto quel ragazzo, forse proprio ad Hogsmeade, ma non avrebbe saputo ricordarne il nome nemmeno per salvarsi la vita. « Abbiamo preparato un tavolo qua per il cibo. » Disse, indicandogli un grosso tavolone di legno alla sua sinistra, sotto lo stesso tendone di un rosso sbiadito. « Se c'è qualcuno che mi può aiutare, ho parecchie scatole da scaricare. » Annuì, pulendosi le mani sul grembiule che le era stato istruito di indossare e facendo il giro del tavolo per raggiungere quello che aveva indicato poco prima al ragazzo. Fece cenno anche a Mia di seguirla, così da rendere il tutto più svelto. « Questa scatola, invece, dove la posso mettere? » Mentre faceva spazio per il cibo, la voce del ragazzo la portò a voltarsi, lanciando un'occhiata al contenuto dello scatolone. Non trattandosi di cibo non faceva parte delle loro mansioni. « Sono degli indumenti e un giocattolo... mi rendo conto che non è molto ma è tutto ciò che ho da
    tumblr_inline_pa8b984Lq91vfgvm4_1280
    offrire. »
    Ad attirare la sua attenzione, tra i vari contenuti della scatola, fu proprio il giocattolo in questione. Non sembrava un vecchio oggetto dismesso tra la sfilza di giocattoli industriali che molti maghi avevano portato loro forse più per bisogno di svuotarsi casa che altro. Sembrava fatto a mano. Il materiale era vecchio, ma le cuciture piuttosto fresche - dettagli, quelli, che alla figlia di una sarta non sarebbero sfuggiti. Sorrise tra sé e sé. « Posso? » chiese, lanciando un'occhiata al ragazzo per avere conferma del permesso prima di prendere il pupazzo in mano. Le ricordava così tanto quelli che sua madre faceva per lei e i suoi fratelli. « Sai che ne avevo uno un sacco simile quando ero piccola? Era a forma di elefante. Mia mamma lo aveva fatto con delle tutine vecchie e aveva usato una calza per la proboscide. Credo lo avessi chiamato Dumbo. » Rise. Molto originale, lo so. Non sapeva nemmeno perché stesse condividendo quelle cose con un perfetto sconosciuto, ma forse erano passate così tante settimane dall'ultima volte che si era permessa di pensare alla sua famiglia, che quel ricordo così netto e tangibile l'aveva colpita con più forza. « Dumbo ha fatto una brutta fine quando mio fratello ha deciso di usarlo come pluffa. » Ci ho pianto per almeno due settimane buone e ho preteso che gli venisse fatto un adeguato funerale. Poi però suo fratello aveva messo da parte un po' di soldi e gliene aveva comprato uno vero, di peluche di Dumbo. Sbuffò una risata dalle narici, sollevando poi il giocattolo e lanciando un'occhiata al ragazzo. « Questo magari lo teniamo al sicuro, ok? Conosco giusto qualcuno a cui potrebbe interessare - vero, Mia? » Alzò un po' la voce per attirare l'attenzione dell'amica, e una volta avuta le mostrò il giocattolo che teneva in mano. Era certa che Haru avrebbe apprezzato. Perché quel bambino non ha mai abbastanza conigli. « Quale variazione di coniglio scegliamo per il suo nome? » Si voltò di nuovo verso il ragazzo. « L'hai fatto tu.. o qualcuno che conosci? »

    Interagito con Mia e Asher

     
    .
  9.     +6    
     
    .
    Avatar

    the devil inside;

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,486
    Reputation
    +1,228

    Status
    Anonymes!
    È un insulto. Tutto quanto. Un'ipocrisia bella e buona. Mia ne aveva fin sopra i capelli di Iron Garden. Forse perché aveva la possibilità di sognare una vita fuori; forse perché qualcuno, da qualche parte, l'aspettava per davvero. Quello stesso lusso non l'avevano tutti quanti, né sembravano vedere la possibilità di vivere altrove come una cosa possibile. Mia invece, con un piede dentro e uno fuori, guardava a quell'iniziativa con estrema estrema sufficienza, mal sopportando la presenza di chiunque non fosse un abitante del ghetto. Sono venuti a vedere come stiamo; se davvero, viviamo sulle spalle dei poveri contribuenti. È una cosa così schifosa. « Hai notato quell'Auror? Come si chiamava? » « Coglione numero ventidue. » Rispose con un certo sarcasmo gettando l'occhio nella direzione che Théa le indicò. Ormai non riusciva a vedere più gli Auror nemmeno da lontano. Tentava di evitarli, e ogni qual volta avesse un incontro ravvicinato con uno di loro, tendeva a rispondere in maniera secca tenendo la testa bassa. Da quando faceva di tutto per evitare gli incontri al Pulse, aveva notato un cambio di umori non indifferente. Un atteggiamento che la teneva sempre sugli attenti. « Quanto credi che osserveranno da vicino l'evento, al Ministero? Ieri ho parlato con Douglas, l'ispettore. » Nathan Douglas. Ecco un nome che non sento da un sacco di tempo. C'erano stati momenti in cui una Mia decisamente più piccola e stupida conosceva ogni gossip relegato a tutte le persone che roteavano attorno ad Albus Potter. Più che di una cotta, si trattava di una teneva quanto poco salutare ossessione, che la portava a seguire con una certa assiduità tutte le voci riguardanti quei ragazzi. Avevano fatto la storia a Hogwarts, e forse continuavano a farla anche adesso. Non propriamente nel modo in cui ci aspettavamo però. In confronti, Mia era sempre stata un pesce piccolo. Non sufficientemente popolare, non abbastanza carismatica, né abbastanza promiscua. Lei, era poco più che la bambina destinata a finire sulle bocche di tutti i suoi compagni perché è scappata di casa. « Ah si? Che dice? I pomodori non rispettano gli standard di qualità del grande Ministero della Magia Inglese? » Forse se ci lasciassero entrare in qualche erboristeria a Diagon Alley, potremmo anche comprare del concime di qualità. Ma non era questo il caso. Le creature erano ormai bandite da ovunque, e l'unica cosa che potessero fare era pregare quegli emissari pomposi o gli Auror nella speranza che decidessero di fornire loro della materia prima più adeguata per lavorare in pace. « Mi ha detto che esiste la possibilità che il Ministero ci richieda un sopralluogo ulteriore della serra, per vedere come avanzano i lavori. Ho detto che ho intenzione di essere presente, qualora ciò accada. Mi sembra naturale. Questo per dire che io sarò lì oggi pomeriggio, probabilmente. » Io invece spero di non esserci più per niente qui dentro, il prima possibile. Un pensiero che mantenne per se stessa mordendosi la lingua, annuendo pacatamente. « Certo. Se non mi chiamano da qualche altra parte e hai bisogno di una mano, fammi sapere. » Si strinse nelle spalle. « Tanto, è solo la Vigilia. Non abbiamo un cazzo da fare. » Piena. Completamente. E non fece altro che peggiorare, specialmente quando alle sue orecchie giunsero le parole di una palese oca giuliva. Nemmeno Théa sembrò gradire quell'intervento, ma Mia fece del suo meglio per non abbandonare il suo dovere saltando addosso alla malcapitata per strapparle i capelli. In questi casi aver combattuto al Pulse potrebbe quasi dare un senso a tutta quella fatica. E invece non fece niente, preferendo piuttosto scuotere la testa osservando la mora, prima di volgere lo sguardo in direzione di Haru che studiava con una certa attenzione il pupazzo che aveva ricevuto. Le dava così tanto conforto vederlo tutto sommato tranquillo. A volte lo invidiava davvero tanto. La sua capacità di navigare attraverso quella situazione, percependo solo in parte il malessere generale, era un qualcosa che Mia avrebbe voluto per se stessa.
    « WALLACE! » Trasalì di colpo nel vedere Kai dirigersi nella sua direzione. Cazzo. « Qui avete finito. » Si rivolse in modo estremamente sgarbato in direzione dei suoi colleghi della serra, indicando loro di allontanarsi e cercare qualcos'altro da fare agli stand poco lontani. Volse lo sguardo in direzione di Haru, per poi guardare Mia con un'espressione piuttosto eloquente. « Nelle prossime sere sei richiesta. È periodo festivo.. sai come funziona. » Certo che lo sapeva. Durante le vacanze molti impiegati erano in ferie. Tanti uffici e attività chiudevano, oppure lavoravano a ritmo rallentato, il che significava che avevano più tempo per altro. « Non lo so, Kai. C'è un sacco di lavoro qui, ed io non mi sono completamente ripresa. » « Te l'ho detto. Per quello c'è sempre rimedio. » Droga; antidolorifici, beveroni energizzanti e chissà quant'altro. Tutta la merda che gira nel ghetto. Mia non ne aveva voluto sapere. « Non avrai altre occasioni. Se non ti fai vedere, non posso più proteggerti Mia. Fatti vedere come ci siamo detti, altrimenti.. » « Altrimenti cosa, uhm? » Non riuscì a trattenersi, e se ne pentì immediatamente, specialmente quando l'Auror fece un ulteriore passo nella sua direzione guardandosi attorno. Le rivolse un sorriso beffardo, sospirando. « Niente. Ti posso assicurare che se non vieni di spontanea volontà, ci tornerai comunque. Fidati - non vuoi diventare la puttanella che ha buttato al cesso la sua unica possibilità. » Pausa. Sollevò lo sguardo su Haru sorridendo in maniera più pacata prima di tornare a osservarla. « Siamo stati molto gentili con te no? E con le tue amiche. Con il tuo piccolo. Non vorrei che qualcuno iniziasse a fare domande su cosa fate quando non siete ad Iron Garden. » Un colpo al cuore. Mia lo osservò come se fosse sul punto di saltargli alla gola. Non lo fece. Troppi testimoni. « Fatti trovare al solito posto. » E così come se ne era arrivato, Kai sparì. Fanculo. Dovrei andare da un giornalista e spifferare tutto. Ma a che pro? Nessuno le avrebbe creduto, e anche se qualche giornalista avesse deciso di pubblicare la storia, il Pulse era un posto fantasma. Ultimamente aveva persino sentito fosse diventato itinerante. Organizzavano lotte anche altrove, per raggiungere anche maghi residenti fuori da Londra. A quella storia non ci avrebbe creduto nessuno. Se anche dovessero crederci, minimo direbbero che me la sono andata a cercare. È questo quello che fanno i lycan no? Vivono di violenza. Articoli in merito alla pericolosità della civiltà di Inverness, d'altronde, erano stati pubblicati a più riprese. [...] « Hanno una bella faccia a venire qui come se nulla fosse. » Quando raggiunse Ronnie, con un Haru tutto rosso in viso per la camminata nel gelo di fine dicembre, Mia sembrava vivere su un altro piena. Seguì lo sguardo dell'amica, guardandosi intorno individuando sempre più volti di persone che non aveva mai visto da quelle parti. L'evento aveva attirato sin troppi curiosi e anche persone che non si aspettava proprio di vedere. « Un tempo la gente andava al circo o allo zoo. Adesso vengono ad Iron Garden. » Non poteva fare a meno di trovare del tutto inopportuna la presenza di tutte quelle persone, famose e non famose. Sono venuti per fare cosa? Per sentirsi meglio con loro stessi? Dopo aver votato Minerva? Dopo esser stati zitti quando ci hanno lasciati senza una casa? « Ho visto anche diversi nostri ex colleghi. Prima qualcuno stava facendo qualche offerta. Come se qualcuno avesse bisogno della loro elemosina. » In quel momento l'orgoglio di Mia era troppo ferito per accettare la possibilità che qualcuno, per giunta qualche ex compagno o collega, potesse lavarsi la coscienza presentandosi là dopo mesi. « O della loro pietà. O condiscendenza. Ci è successa una cosa brutta. Mannaggia quanto gli dispiace dalle loro casette di merda mentre studiano le tre leggi di Golpalott. » Ma vaffanculo. E avrebbe anche continuato se solo non fossero state interrotte. « Vedete di chiacchierare di meno e darvi più da fare se volete che vi rimanga qualcosa a fine giornata. » Non a caso Mia gettò uno sguardo eloquente in direzione di Veronico alzando gli occhi al cielo. Fortunatamente non ebbe tempo di aggiungere altro. « Signori la Testa di porco è arrivata! Tra poco potrete iniziare a mangiare. » E quindi, senza pensarci due volte, Mia fece sedere Haru sulla bancarella in attesa del suo ritorno, seguendo gli altri due non senza guardare di tanto in tanto in direzione del bambino. « Hai portato un botto di roba. Figo. » Almeno qualcuno non fa finta di dare una mano. E così si diede da fare per sistemare tutte le provvigioni blaterando di tanto in tanto cose senza senso in direzione di Haru per tentare di non farlo annoiare troppo. In verità, il bambino era incuriosito da un po' tutto ciò che accadeva attorno a lui, quindi non c'era poi tutto questo bisogno di stimoli. A volte la gente si fermava per osservarlo meglio e salutarlo. Tutte cose che in verità, Mia vedeva non di buon occhio, specialmente quando si trattava di visitatori. Non è una cazzo di scimmia in gabbia. « ..vero Mia? » Ma in verità gli occhi dello stesso bambino brillarono di colpo, tanto che sgambettò chiedendo di essere messo giù per raggiungere Ronnie, Asher e il nuovo giocattolo. Rimase a osservare il piccolo raggiungere gli altri due mentre parlottavano, per poi avvicinarsi a propria voglia. « Hai detto Testa di Porco? Ringrazia il tuo capo.. è raro vedere certa roba da queste parti. Siamo ormai abituati al se è commestibile, possibilmente freddo e gommoso, è già perfettamente in linea con quello che ci meritiamo. » Forse stava un po' esagerando, ma di certo la mensa non era un grande posto in cui consumare i propri pasti. D'altronde, non aveva neanche idea di parlare col proprietario del locale in persona, quindi dal suo punto di vista poteva lamentarsene quando volesse. « Farà ottima pubblicità al locale. Ma se ci lasci portare a casa un po' di scatolame sotto banco, io e Ronnie dichiariamo alla stampa che ci avete sfamati per due mesi. » Le cose vanno proprio così e a dire il vero non me ne vergogno neanche. « Io sono Mia, e il ladro di conigli è Haru. » Disse posando una mano sopra la testolina coperta del bambino chino sulla scatola di indumenti, intento a soppesare il suo nuovo pupazzo. « Quindi.. giusto per curiosità. » Si strinse nelle spalle e osservò il biondino per poi gettare uno sguardo a Ronnie. Probabilmente lei aveva idea di quale fosse la sua curiosità. D'altronde Mia se ne lamentava di continuo, e il fatto che non potesse più entrare in un sacco di posti, quasi fosse un randagio, la disturbava non poco. « La Testa di Porco accetta ancora creature? Oppure fanno solo beneficenza qui? No perché ho sentito che ai Tre Manici non possiamo più entrare da prima che fosse stata annunciata l'inaugurazione di Iron Garden e al Paiolo mi hanno buttato fuori prima di metterci piede - tipo.. uhm.. un mese fa. » E infatti, almeno coerenti, non sono venuti a portarci i cornetti. Ci mancherebbe! « Qual è la vostra linea? » Siete amici o nemici. « Chiedo così, giusto per sapere.. nel caso passassi per Hogsmeade e volessi un Incendiario. »

    Interagito con Thea, Ronnie e Asher.






    Edited by « american beauty » - 18/12/2023, 09:12
     
    .
  10.     +5    
     
    .
    Avatar

    GRYFFINDOR PRIDE

    Group
    Maghi Adulti
    Posts
    509
    Reputation
    +319
    Location
    Denver, Colorado

    Status
    Waiting!

    « Chissà che non si presenti anche Donovan: muoio dalla voglia di incontrarlo di persona da quando ero una ragazzina. » Diede di gomito a Malia, sopprimendo una risata. « Sta cosa non smette di stendermi. Cioè bo se potessi tornare indietro nel tempo, andare al tavolo a cui Tris ci obbligava a studiare e dirle "amo, non puoi capire, stai insieme al messia", io Malia ti giuro che lo farei. » Forse la situazione non era poi così divertente come Dean voleva metterla, ma cercare di sdrammatizzare era sempre stato il suo meccanismo di coping con la realtà. D'altronde Iron Garden era già grigio e deprimente a sufficienza senza che ci si mettesse anche lui a peggiorare le cose. « Cioè questa bomba completamente fuori dalla mia bingo card. » Io continuo a sostenere che è una cazzata. In realtà vi siete inventate sta cosa per non farmi il regalo di dottorato, e tutte queste persone che vi stanno al gioco sono comparse di un elaborato piano per prendervi gioco di me. In fin dei conti la sola idea che Eric Donovan, tra tutti, fosse risorto per espiare i loro peccati faceva piuttosto ridere; era proprio una di quelle cose che Dean avrebbe detto dopo essersi fumato una misticanza. Evidentemente, però, la realtà superava anche la più sfrenata fantasia chimica del giovane americano. Sospirò, scaricando una cassa piena di cibo in scatola dal camioncino parcheggiato al lato della piazza. Durante la sua infanzia, Dean si era spesso servito alle caritas locali e sapeva bene cosa fosse utile e cosa no quando si trattava di beneficienza. Chiunque avesse portato il cibo in scatola era stato piuttosto previdente: quella roba aveva lunga scadenza e sebbene non fosse pietanza di prima qualità, poteva davvero fare la differenza a lungo termine per gli abitanti del ghetto. Lo stesso non si poteva dire del cibo fresco o dei latticini, che dovevano necessariamente essere mangiati nel giro di pochi giorni, regalandogli solo un'abbuffata natalizia ben poco utile. « Comunque ho nascosto qualche scatoletta lì ai contatori della luce. Sai, per dopo. » le riferì sottovoce, scoccandole un'occhiolino complice prima di andarsene via con una grossa scatola da portare allo stand della pesca di beneficienza. Gli organizzatori avevano ritenuto opportuno mettere gli articoli più rari (dolciumi, snack, bibite e così via) come premi. D'altronde nessuno lì dentro avrebbe dato la priorità a quelle cose. « Largo, arriva il lusso. » disse ironicamente, rivolto ad Ava, nel poggiare il pesante scatolone sul tavolo. « Ci sta anche la coca cola. Ho pensato che questa informazione potesse interessarti. » Non ne beveva una da mesi, e per di più quella inglese tendeva ad essere decisamente meno zuccherata - un affronto vero e proprio alla sua cultura e le sue radici. « Come va qui? C'è stata qualche vincita importante? » Lo sguardo dell'americano si puntò sul panettone che troneggiava in cima alla pila dei premi. Ne avevano portato solo uno, e Dio solo sapeva chi avesse avuto quella brillante idea, visto che in Inghilterra nessuno conosceva quel dolce. L'aspetto, tolto il colore sgargiante della confezione, sembrava piuttosto semplice. « Chissà di che sa. Tu immagina vincere una roba super iper limitata e poi scoprire che fa schifo al culo. Proprio Natale nel ghetto. » Ridacchiò, lanciandosi una veloce occhiata circospetta intorno prima di sgraffignare un pacchetto di M&Ms. Lo aprì svelto e se ne lanciò una in bocca, allungandolo poi in direzione della coinquilina per invitarla a favorire. « Tranquilla, ti copro io. » la rassicurò, voltandosi dall'altro lato per tenere d'occhio tutt'intorno e accertarsi che nessun Auror li stesse vedendo. Fu allora che notò, poco distante, una figura nota. « No vabbè! Ma tu lo sai chi è quello? Lo conosci? » Nate Douglas in tutto il suo splendore principesco, intento a far conversazione con delle poveracce come loro. Dubitava che Ava lo conoscesse di persona, ma avendo frequentato il college, forse ne aveva sentito parlare. « Quello, cara mia, è nientepopodimeno che Nathan James Douglas secondo. » Pausa. « C'ho fatto scuola. Non ti dico. Un soggetto. Praticamente andava sempre in giro con questa squad di maschi che - detto tra noi - eeeh ce siamo capiti. Mai visto con una tipa, personalmente, quindi fatti due più due. E niente: era un botto amico con il ragazzo di Tris, però poi è successo un casino. Viene fuori che Watson è un lycan, frequenta la Morgenstern - e a loro je stava sul cazzo, no? - quindi poi a na certa boom te li ritrovi che se guardano storto e non se parlano. » Non sapeva quanto ad Ava importasse dei gossip vecchi di anni, ma Dean non era il tipo da non condividere informazioni di questo tipo. « Per un po' tutto morto. Poi lui che fa? Prende e va tipo a Dubai o so un cazzo io dove vanno i ricchi quando
    tumblr_inline_pn18xaZ2111rk450s_540
    sono girati di culo. E io mica lo sapevo che era tornato sto matto. »
    No vabbè, sto amando. Rimase per un istante ad osservarlo, come se stesse meditando qualcosa. Poi si decise. « Vie'. Te lo presento. » Le fece ampio cenno con il braccio di seguirlo, mentre già cominciava a colmare a grandi passi la distanza che lo separava da Nate e la bionda - una residente del ghetto che Dean non conosceva ancora bene - con cui stava parlando. « Avvocato! » Con la sua solita giovialità, l'americano assestò una poderosa pacca sulla spalla dell'ex compagno, prendendogli poi la mano per stringerla vigorosamente. « Come stiamo, carissimo? Oh mortacci tua da quanto tempo. Che ci fai qui? Tornato per le feste? » Si voltò, lanciando un'occhiata eloquente alla bionda con cui stava parlando. « Eh beh in effetti tu l'hai mai visti Nate e Babbo Natale nella stessa stanza? Fa riflettere. » Rise, dando di gomito al povero Douglas. « Insomma. Torni, non dici niente, non offri manco una cena con tutti i soldi che c'hai. Dai si fa per giocare, mica lo sapevi che ero qui. » Fece una pausa. « Comunque questa è Ava, che ci teneva tantissimo a conoscerti perché le ho raccontato un sacco di te. » Sospirò. « Che ricordi. Ma perché non organizzi una rimpatriata? Chiami tutti quelli simpatici.. e poi non te presenti. » Rise di gusto, assestandogli una seconda pacca. « Si scherza si scherza. Lo sai che te voglio troppo bene. » Fece una pausa, guardandolo bene in viso come a studiarlo. « Sai che ti vedo abbronzato, comunque? Dov'è che stavi? »

    Interagito con Malia, Ava, Nate (importunato) e Freya

     
    .
  11.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Collegiali
    Posts
    322
    Reputation
    +982

    Status
    Anonymes!
    «Non lo so, secondo me non sarà facile trovare qualcuno che ci dirà la verità. Anche se promettiamo di pubblicare le testimonianze in anonimo. Credo sia molto rischioso per loro. Conosciamo qualcuno, qui, che avrebbe voglia di parlarci e dire le cose come stanno senza paura delle conseguenze?» Sì, probabilmente quelli che non hanno più niente da perdere. L'atmosfera era strana, nel distretto delle creature magiche. Tutte le volte che ci aveva messo piede aveva avuto la sensazione che nell'aria vi fosse un particolare tipo di tensione, un silenzio scandito soltanto dal rumore della ferrovia o dei lavori di costruzione; i visi spenti puntavano gli occhi a terra. Soltanto qualcuno sfidava il cielo e alzava il mento. Era stato spesso al quartiere, da quando era stato istituito, per venire a far visita alla mamma e ai fratelli; ma ogni volta gli incontri dovevano essere brevi e rapidi, di frequente si erano tenuti durante le pause nei turni di lavoro di Pervinca, che si raccomandava con lui di tornare immediatamente a casa, senza fermarsi a parlare con nessuno. Un eccesso di premura che Otis, a 19 anni, avrebbe potuto violare o ignorare, eppure non lo faceva: a testa bassa, il capello calato sulle orecchie, si infilava le mani in tasca e filava via, consegnati i beni di prima necessità che gli veniva in mente di portare alla sua famiglia per poter giustificare quelle visite. Era un pesce talmente piccolo da sentire che anche quell'accortezza fosse eccessiva – figurarsi se il Ministero teneva uno come Otis Branwell nel proprio mirino – ma per quanto insignificante si credesse il rischio che correva non era da niente. Era figlio di un membro del branco, ex tirocinante del Gruppo Peverell e ex abitante di Inverness: non poteva fare come gli pareva. Bisognava tutelarsi, almeno in minima parte – questo gli altri abitanti di Iron Garden l'avrebbero capito, giusto? «Non vedo alcuni di loro da quando Inverness è crollata» ammise, stringendo le labbra, sentendo perfettamente come suonassero quelle parole. Mia, Ronnie – sperava di rincontrarle, e allo stesso tempo temeva la loro reazione. Sarebbero state arrabbiate con lui, per non aver scritto? Per non aver chiesto loro come stessero? Avrebbero capito? «Forse, uhm... Sarebbe più facile con qualcuno che io non conosca personalmente. O, cioè, qualcuno che so di vista, non un amico, ecco...» Tornare nel quartiere per piazzare loro una bacchetta davanti e chiedergli di raccontare lo sconvolgimento emotivo e psicologico che quella condizione causava loro lo faceva sentire a disagio – specie quando quelle domande, prima ancora che da una prospettiva giornalistica, non le aveva poste nemmeno come amico.
    «Ma tu sei completamente pazzo!» Ci risiamo. Otis non potè trattenere uno sbuffo sonoro, arrestando il passo, quando Alena Gauthier cominciò con la solita tiritera. Era così difficile, per lei, capire che non aveva alcun interesse a trovarsi in presenza della persona che era responsabile – in una misura che ancora non capiva – della distruzione di casa sua e della reclusione della sua famiglia? Era davvero così folle ciò che chiedeva Otis? «Certo che ti voglio dire che prendo e me ne vado, Alena. Non ha già sufficiente spazio su ogni articolo che pubblica la Gazzetta? In prima pagina tutti i santi giorni?» Cercava di tenere il tono di voce più basso di quello stridulo di lei, voltando solo il capo nella sua direzione. «A parte che non puoi dirlo se rilascerà interviste o meno - l'altro giorno ho letto sulla Gazzetta che è andato a trovare dei magonò senzatetto di Westminster, perché mai non dovrebbe dare attenzione al giornalino scolastico di Hogwarts? Secondo, anche se non lo dovessimo intervistare, sarebbe comunque interessante per l'articolo vedere cosa fa. Anche solo fargli una foto! Ho portato la macchina fotografica, io.» Alla storia dei magonò Otis strabuzzò gli occhi, il dubbio che faceva capolino nella sua mente che Alena non avesse afferrato il perché di visite come quella da parte del Santone del Ministero. «Alena.» Si passò una mano sul viso, arrossato dallo sfregamento e dal freddo. «Non è questo il senso dell'articolo. L'articolo esiste per amplificare le voci messe a tacere, silenziate. Sonorus è letteralmente il nome del giornale. Quale tipo di amplificazione pensi che serva ad uno come Donovan???» Niente da fare. Immutabile, il viso della Gauthier lo fissava in un'espressione tra il supplicante e il combattivo, per cui l'alternativa sarebbe stata risponderle che se tanto ci teneva a fargli una foto o chiedergli una dichiarazione, allora l'avrebbe fatto da sola, perché se ne sarebbe andato. Ma entrambi sapevano che non l'avrebbe lasciata da sola ad Iron Garden – una Gauthier in un posto come quello spiccava come un pugno in un occhio. E poi sarebbe toccato a lui stare ad
    ascoltarsi le sue lagne quando si fossero rivisti al campus, che gli avrebbero tolto quel poco di salute mentale che gli rimaneva. «E dai, per favoooooore Otis!!! Ti prego!!!! Lo sai anche tu che sarebbe uno scoop pazzesco! Il Sonorus ha bisogno di un articolo del genere, dopo il flop dell'eclissi! Dobbiamo aumentare i numeri delle vendite o vedrai che già da gennaio il nuovo Preside ci taglierà i fondi, te lo dico io.» Tacque, indurendo appena la mascella, prima di emettere un secondo, profondo e lento, sospiro. «Una foto. Una.» Alzò il dito indice, di modo che la ragazza lo vedesse forte e chiaro. «Nessuna dichiarazione, Alena. Nessuna. Gli fai una foto, descrivi che cosa fa in meno di due righe, e assolutamente non lo menzioni nel titolo dell'articolo. Queste sono le condizioni, o ti lascio qua.» Bluffò. Il solo pensiero di trovarsi in sua presenza gli faceva accapponare la pelle. Ripensò a Émile, che era stato presente al Ministero il giorno dell'eclissi, e aveva visto l'intera scena, il racconto preoccupato che gli aveva fatto la sera stessa al telefono. Come aveva fatto ad assistere ad una scena del genere? Otis, con certe forze, non voleva averci niente a che fare. Tornò a guardare davanti a sé, facendo vagare lo sguardo sulle bancarelle che cominciavano a essere sempre più complete – per quanto scarne apparissero. «Signori la Testa di porco è arrivata! Tra poco potrete iniziare a mangiare.» La voce catturò la sua attenzione, sia perché non si aspettava la partecipazione della locanda – molte di loro si erano tenute alla larga dal mostrare apertamente supporto per la causa di Iron Garden – sia perché due figure a lui note, quella piccina di un bambino e quella più alta della madre, la seguivano per dare una mano. Deglutì, rimanendo ad osservare. Fu qualche istante dopo che riconobbe anche Veronica, vicina a Mia. Da quella distanza i loro sguardi avrebbero potuto incrociarsi, e Otis, un po' inebetito, rimase come in attesa che accadesse, ma così non fu. Serrando la mascella, e senza dire niente alla collega, avanzò a lunghe falcate verso il banchetto del Testa di Porco. «Ciao a tutti, uhm...» Si schiarì la voce, il tono solitamente piuttosto basso che veniva sovrastato dal vociare e dal rumore generale. «Posso... Possiamo aiutare?» Fece vagare lo sguardo sul tavolo, colmo di scatoloni di indumenti, qualche giocattolo, e poi vassoi di cibo da riscaldare. Non spostò gli occhi da una sciarpa appallottolata in una scatola per qualche secondo, e poi si fece coraggio, e guardò Ronnie, di fronte a lui. Strinse le labbra in un sorriso che sembrava di scuse, e poi fece lo stesso verso Mia, e Haru. Sperava che capissero il silenzio degli ultimi mesi, ma sapeva che non gli era dovuto. Era stato difficile relazionarsi con chiunque, rinchiuso nella propria bolla di isolamento dopo tutto ciò che era successo. Quando riemergeva da quei lunghi periodi di ibernazione, la parte più difficile era incontrare gli sguardi di chi credeva che a lui non importasse abbastanza; niente era più falso: a volte si sentiva così sopraffatto, da quanto gli importava, da aver bisogno di staccare. Si sentiva così stupido, nel suo ridicolo cappotto, con i suoi guanti cretini, e la sua sciarpa cretina, quell'aria da residente di Londra, da outsider, da impostore. Si vergognava. «Saremo felici di aiutare in qualunque modo serva. Diteci se possiamo esservi utili.» Tornò a puntare gli occhi chiari in quelli scuri della sua migliore amica – lui la considerava ancora tale, lei? «Possiamo metterci a servire da mangiare, o anche a fare i piatti... Quello che volete, vero, Alena? Siamo a vostra disposizione.»


    Interagito con Alena, Mia, Ronnie, Asher
    Citato Emi
     
    .
  12.     +4    
     
    .
    Avatar

    💅🏼

    Group
    Member
    Posts
    177
    Reputation
    +17
    Location
    New Orleans

    Status
    Anonymes!
    Sono passati alcuni mesi, ormai, da quando sei entrata ad Iron Garden. Ci è voluto un po' ma alla fine ti sei rassegnata a quel nuovo stile di vita e hai deciso di abbracciarlo nel migliore dei modi. Dopo i primi giorni in cui credevi che ribellarsi avrebbe potuto cambiare le cose, hai deciso di apparire ai ministeriali come una ragazza volenterosa e ben disposta ad accettare tutto quello che le viene proposto. Alcune volte ingoiare il rospo non ti è stato facile ma hai cercato di prendere le cose per il verso giusto, come hai sempre fatto. Nei momenti di solitudine ti ritrovi spesso a domandarti se mai un giorno tutto quello che stai vivendo finirà, se le persone che hanno dato il via a quest'idiozia si renderanno conto non serve ghettizzare persone come te. Tuttavia, l'arrivo delle feste, sembra aver acceso in te un piccolo barlume di speranza che custodisci gelosamente come se avessi paura che qualcuno possa portartelo via. In quei giorni ti stai dando molto da fare, non solo nella serra ma anche con alcuni piccoli regali che darai alla festa di beneficienza organizzata per il ventiquattro di dicembre. Vivendo ad Iron Garden hai perso un po' di quella tua ingenuità e infatti diffidi dall'improvvisa bontà d'animo del Ministero. Credi, come molti abitanti del quartiere, che non sia un caso se abbiano deciso di organizzare una simile iniziativa. «Do un'ultima occhiata agli infusi e arrivo.» Dici alle ragazze che con te si stanno occupando di sistemare la serra e con le quali avete pensato di utilizzare alcune delle piante da voi coltivate per preparare degli ottimi infusi caldi. Sbirci dalla finestra della serra, la stradina su cui si affaccia ti ricorda molto le stradine di New Orleans quando, in compagnia della tua famiglia, facevi lunghe passeggiate per andare a visitare i mercatini di Natale che tanto amavi. Quest'anno dovrai rinunciare a tante cose: la deliziosa cena preparata dalle sapienti mani di tuo padre, i canti intonati da tua madre mentre insieme ai tuoi fratelli decori l'albero di natale, gli inimitabili sables di tua nonna, le grida di gioia dei tuoi fratellini più piccoli quando scartano i regali. La tua famiglia è quello che ti manca più di tutto, persino della libertà che ti è stata tolta. L'unica cosa alla quale non hai rinunciato è un maglioncino rosso decorato con i classici motivi natalizi che hai indossato tante di quelle volte ma dal quale non riesci a separarti. Anche quell'indumento un po' rovinato, ti porta con il pensiero alla tua famiglia. Hai messo gli infusi in alcune brocche che sei sicura manterranno la temperatura calda delle bevande e ti dirigi, con la massima prudenza, verso la piazzetta del villaggio dove puoi notare un gran numero di persone. Ti avvicini allo stand e inizi a posizionare le brocche insieme ad alcuni bicchierini di carta, poi ritorni alla serra dove recuperi gli ultimi scatoloni. «Abbiamo finito, questi erano gli ultimi pacchi.» Annunci a Thea e poi sorridi alle altre ragazze a mo' di saluto. «Torniamo subito. Avete fatto colazione? Vedo se riesco a portarvi dei biscotti?» Domanda Thea con il suo solito fare gentile. Accetteresti solo perché non vuoi essere scortese ma il tuo problema con il cibo ti porta a dover mentire. «No, grazie. Ho già fatto una colazione abbondante questa mattina.» Sorridi, cercando di dare un briciolo di verità alle tue parole.

    Ho portato anche Vivienne. Un post un pochino inutile però lei c'è. Se avete bisogno di lei, sapete dove trovarla.
     
    .
  13.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Maghi Adulti
    Posts
    127
    Reputation
    +186

    Status
    Anonymes!
    La prima volta che aveva sentito parlare del Natale era stato da Eliphas. Nella fattispecie, l'amico gli aveva raccontato di quanto disastrosa fosse stata la sua esperienza con l'albero che i maghi usavano addobbare per la festività, e di come per un attimo avesse temuto di averlo letteralmente ucciso. E, in cuor suo, Aslan aveva sempre creduto che la sua esperienza in merito sarebbe rimasta soltanto quello - indiretta, scandita dai racconti di chi, al contrario di lui, si trovava coinvolto in determinate questioni, che fosse per via delle circostanze o per indole particolarmente festaiola. Aslan, festaiolo, non lo era affatto. Se gli fosse stato possibile, anzi, avrebbe volentieri depennato l'intero mese di Dicembre dal calendario - in fondo, benché non festeggiasse quello strambo riadattamento dello Yule, in quel mese cadeva una ricorrenza differente: il suo compleanno. Per anni lo psichico aveva brontolato sul fatto che non ci fosse alcun bisogno di festeggiarlo; per altrettanto tempo era stato ignorato da tutti i propri cari. Eliphas per primo. Era stato strano perciò rendersi conto che quell'anno avrebbe trascorso la ricorrenza lontano dal demonologo, probabilmente da solo, come per anni aveva finto di desiderare. La consapevolezza gli aveva lasciato l'amaro in bocca. Forse era anche per questo che, come da prassi per lui, si era buttato sul lavoro con una determinazione triplicata rispetto al solito: in quel mese in particolare, aveva fatto anche più del solito per aiutare Juniper Rosier. Aveva organizzato un incontro in più per il semplice fatto che Lee, in situazioni di stress, con le mani in mano non ci sapesse proprio stare. Del Mercatino di Natale organizzato ad Iron Garden gli era arrivata voce da terzi, come accadeva di solito, e lui dal canto suo non aveva impiegato molto a decidere che sarebbe andato. I suoi - gli altri warlock - si erano mostrati reticenti in merito. Evidentemente il tempo in cui non ci facciamo esclusivamente i cazzi nostri è finito. E forse lo era, finito, per loro. Per Aslan invece era vero il contrario: quello, a costo di attirare più occhiatacce del solito, era esattamente il momento di prendere una posizione definita. E certo, non poteva ancora farlo nella misura e nella maniera in cui avrebbe voluto, non sabotando un piano più grande, ma Lee era sempre stato paziente. Avrebbe fatto uso della cosa anche in quell'occasione.
    Tf9NoqT
    « Ciao ragazzi! Oggi mi trovo con la squadra ad Iron Garden per l'iniziativa di beneficienza organizzata dal Ministero della Magia. Chissà che non si presenti anche Donovan: muoio dalla voglia di incontrarlo di persona da quando ero una ragazzina. » Queste le prime parole che accolsero lo psichico quando questi, con tanto di scatolone ricolmo di svariati viveri e oggetti, fece il suo ingresso al mercatino. Forse la cosa più appropriata sarebbe stata accelerare il passo e non guardare nemmeno quella ragazzina esaltata, ma Aslan il suo sguardo lo incrociò eccome. « Immagino che ognuno apporti esattamente il contributo che il suo intelletto consente. » Non si era neppure curato di tenere la voce bassa, lo psichico, ed in realtà anche di fronte all'alterco tra la giovane influencer ed un'altra ragazza, rimase semplicemente ad osservare, divertito oltre l'espressione criptica. Attese un altro po' prima di avvicinarsi a quello che ad un certo punto era divenuto un gruppetto. Si rivolse, però, proprio alla ragazza che aveva in primo battuta contrastato la fan numero uno del messia ed alla giovane che stava con lei. « Scusatemi, ho portato un po' di cose, ma non sono sicuro di come funzioni per smistarle. » Fece passare lo sguardo dall'una all'altra, l'accenno di un sorriso sulle labbra. « C'è un po' di tutto, quindi volevo capire se mi conviene iniziare una selezione per conto mio o se qualcuno possa darmi una mano. » In realtà c'era anche un'altra questione che doveva risolvere, una persona che doveva trovare. Non ebbe però il tempo di esplicitare quella necessità perché ne sentì la voce a qualche passo di distanza. «Come la tua amica, prima, così commossa... È bello che siate venute a farci visita. Auspichiamo un incontro con il Messia?» Scosse la testa, Aslan, osservandone la figura. Non ti smentisci proprio mai, eh. « Galathéa. » Le disse, senza alzare troppo la voce ma sufficientemente da essere udito. « Quando ti liberi ho bisogno di te un secondo. » Sempre che cercare di mettere a disagio persone che forse non se lo meritano così tanto non sia la tua priorità assoluta in questo momento. Le lanciò un'occhiata piuttosto eloquente, ben sapendo che non fosse il caso di menzionare le comunicazioni che l'elementale gli aveva richiesto. Non in un contesto in cui non si fidava di nessuno, fondamentalmente, e dove sentiva già sufficienti sguardi addosso. Poco ci mancava che qualcuno venisse dritto per dritto a chiedergli se fosse proprio uno warlock o meno. « Ah, e nello scatolone ci sono anche dei mochi. Conviene che vengano distribuiti subito. » Quella, per la verità, era l'unica cosa che dovesse essere consumata immediatamente che aveva portato. Non era necessaria, ma immaginava avrebbe fatto piacere. soprattutto ai bambini. E ce n'erano tanti, troppi in giro.



    babbo aslan è arrivatooo:

    ha fatto il suo commento snarky sulla tizia che faceva la diretta, interagito con Mei, Freya e Galathéa.

    Ah, ha pure portato dei mochi perché è braf, cià :')


    Edited by haegeum - 21/12/2023, 12:29
     
    .
  14.     +3    
     
    .
    Avatar

    🖕🏼

    Group
    Collegiali
    Posts
    204
    Reputation
    +37
    Location
    Notting Hill, Londra

    Status
    Anonymes!
    8cd32c7d61659b0f920723ab0bae28cb02dab895
    Il suo arrivo nel ghetto sembrò tirar su il morale di alcuni dei partecipanti che, a giudicare dai loro volti stanchi e pensierosi, dovevano essere gli abitanti di quel postaccio. Ben presto intorno a lui si radunò un discreto numero di persone pronte ad aiutarlo. Era abituato a spaccarsi la schiena da solo, insieme a sua sorella che non faceva altro che correre avanti e indietro dal loro appartamento (per controllare la piccola) alla cucina. «Hai portato un botto di roba. Figo.» Una delle ragazze, che credeva di aver intravisto qualche volta -ma era difficile dirlo con certezza vista l'enorme quantità di persone con la quale aveva a che fare durante le sue giornate-, commentò la bile di scatole che avevano appena finito di scaricare. 'Mia sorella ed io siamo dell'idea che se devi fare una cosa, la devi fare bene.' Nonostante non avessero così tante scorte per il locale, avevano pensato che gli abitanti del ghetto dovessero averne più bisogno di loro. I Chesterfield erano fatti così: sempre pronti a dare una mano al prossimo, anche al costo di perdere quelle piccole ricchezze che avevano. «Posso?» Domandò un'altra delle ragazze che era corsa ad aiutarlo. 'Certo, fai pure. Questa ora è tutta roba vostra.' Disse e lasciò che la ragazza frugasse nella scatola che aveva appena poggiato sul tavolo, quella contenente il peluche di pezza. Quando vide che era proprio quello l'oggetto che l'aveva colpita, non poté fare a meno di sorridere. Non avrebbe mai pensato che quel coniglietto di pezza potesse riscuotere così tanto successo. «Sai che ne avevo uno un sacco simile quando ero piccola? Era a forma di elefante. Mia mamma lo aveva fatto con delle tutine vecchie e aveva usato una calza per la proboscide. Credo lo avessi chiamato Dumbo.» Sorrise davanti a quella confessione inaspettata, alla quale non sapeva bene come reagire. 'Dumbo hai detto? Mia nipote non vuole guardare altro cartone se non quello.' Dumbo era il compagno delle notti passate a cercare di far addormentare Stormie: ne andava pazza, ogni volta che non riusciva a dormire quello era l'unico modo per calmarla. Aveva trovato una similitudine nella piccola Stormie perché anche lui aveva un cartone al quale era affezionato e che sua sorella utilizzava per farlo addormentare quando non ne voleva sapere niente di mettersi a letto. « L'hai fatto tu.. o qualcuno che conosci? » 'Mia sorella, l'ha realizzato con due vecchi capelli.' Rispose brevemente prima di ritornare con il suo sguardo sulla ragazza che precedentemente aveva commentato positivamente la loro partecipazione a quella festa di beneficenza. «Farà ottima pubblicità al locale. Ma se ci lasci portare a casa un po' di scatolame sotto banco, io e Ronnie dichiariamo alla stampa che ci avete sfamati per due mesi.» Ascoltò attentamente quelle parole e incrociò le braccia al petto, poi si guardò attentamente intorno per capire se quello che stava per dire potesse essere intercettato da orecchie indiscrete. 'Possiamo organizzarci. Se mi date un contatto o anche un posto dove vederci, alla fine di ogni turno potrei darvi qualcosa per il giorno successivo.' Ash non si sarebbe fatto sfuggire un'occasione del genere: gli affari alla Testa di Porco andavano bene ma qualche altro guadagno facile, non gli sarebbe dispiaciuto. «Io sono Mia, e il ladro di conigli è Haru. » 'Io sono Ash.' Rispose brevemente prima di accovacciarsi e stringere la mano al piccolo, dicendogli che quel coniglietto poteva tenerselo poiché era suo ormai. Rimettendosi in piedi, disse: 'Anche mia nipote, Stormie, stravede per i peluche. Come ne vede uno, non capisce più niente.' Adorava quella bambina. Era arrivata in un momento difficile, sicuramente i soldi non bastavano per sfamare un'altra bocca ma Sierra ed Ash non avrebbero mai fatto l'errore di abbandonarla in qualche orfanotrofio. Sia lui che sua sorella sembravano aver messo la testa a posto da quando Stormie era arrivata nelle loro vite. «Quindi...giusto per curiosità.» A quelle parole, aggrottò le sopracciglia. «La Testa di Porco accetta ancora creature? Oppure fanno solo beneficenza qui? No perché ho sentito che ai Tre Manici non possiamo più entrare da prima che fosse stata annunciata l'inaugurazione di Iron Garden e al Paiolo mi hanno buttato fuori prima di metterci piede - tipo.. uhm...un mese fa.» Sbuffò sentendo quelle assurdità. 'Che stronzi. Per quanto riguarda noi...' Non si preoccupò di utilizzare un tono di voce più basso per non far sentire ai ministeriali quelle parole. 'Le nostre porte sono sempre aperte, non vogliamo prendere parte a questo "terrorismo" inutile che stanno facendo.' Lui non era un esperto di politica, nè si interessava di certi argomenti ma quando c'erano di mezzo delle ingiustizie, lui non riusciva a starsene con le mani in mano e se poteva aiutare in qualche modo quelle vittime innocenti, lo avrebbe fatto con piacere. 'Per qualsiasi cosa potete sempre chiedere a noi, sul serio. E nel caso in cui qualcuno avesse da ridire, mia sorella ed io sappiamo come difenderci.' Un ghigno spuntò sul suo viso. Dopo tutto quello che avevano dovuto affrontare nelle loro brevi vite, avrebbero superato anche qualche attacco da parte dei ministeriali o da quelli che appoggiavano quella stronzata del ghetto. A quel punto si unirono a loro anche altre due ragazzi. «Saremo felici di aiutare in qualunque modo serva. Diteci se possiamo esservi utili.» 'Bene, allora vi metto subito a lavoro.' Rispose con tono scherzoso, alla testa di porco non aveva così tanti aiutanti quindi doveva approfittarsene. 'Bisogna finire di allestire il tavolo e poi possiamo iniziare a distribuire i pasti.' Iniziò ad uscire un po' di oggetti che servivano per abbellire il tavolo e indicò, invece, un altro scatolone che conteneva le vivande. 'Gli alcolici lasciateli pure nelle scatole...non vorrei che avessero qualcosa da controbattere.'

    Ash ha interagito con Ronnie, Mia, il piccolo Haru, Otis e indirettamente con Alena.


    Edited by 99 problems - 28/12/2023, 14:08
     
    .
  15.     +5    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    44
    Reputation
    +89

    Status
    Waiting!
    Nonostante tutto, l’impatto risultò meno catastrofico di quanto avesse previsto. Oltre la cassa, qualcuno frenò prontamente i suoi movimenti e Freya sbatté maldestramente contro il contenitore, senza tuttavia rovesciarne a terra l’intero contenuto. « Ce l'ho ce l'ho. » Annuì senza guardare il suo interlocutore, assicurandosi che la cassa fosse ben salda tra le braccia altrui e solo pochi istanti dopo, quando non vi fu più l’ingombrante oggetto a separarle, si accorse che si trattava di qualcuno che conosceva sin troppo bene. « Oh, ciao. » Se avesse dovuto scommettere, avrebbe detto che l’espressione sul viso di Mei non doveva essere poi tanto diversa dalla sua: un misto di sorpresa, nervosismo e – forse – persino un malcelato imbarazzo. In passato avevano trascorso parecchio tempo assieme ma, in seguito all’istituzione di Iron Garden, i contatti tra loro erano bruscamente cessati e, implicitamente, Freya aveva ipotizzato che la giocatrice di Quidditch preferisse mantenersi ben lontana – o per lo meno neutrale – dall’esprimere un parere nei confronti delle scelte del Ministero. Non che potesse biasimarla; il dissenso non era ben accolto e, a maggior ragione nel caso di figure pubbliche, portava con sé spiacevoli e rognose conseguenze. « Non pensavo di trovarti qui. » Nonostante i suoi sforzi, Freya non riuscì a frenare una risata sinceramente divertita che, nel giro di qualche secondo, mandò in frantumi il sorriso di circostanza che si era dipinto sul suo viso. Che cazzo, Mei, fai sul serio? « Ah, no? » Le domandò, inarcando un sopracciglio. Non sembrava offesa, quanto inaspettatamente divertita. Cazzo, fino a qualche mese fa non me lo sarei aspettato nemmeno io. « E dove avresti scommesso che fossi? » Se dall’esterno poteva sembrare una domanda curiosa, forse persino una provocazione, in realtà non vi era malizia nella sua voce. « Panama? Cuba? O nelle Ande? » Tirò a indovinare, elencando alcuni dei luoghi in cui aveva viaggiato in passato e che, probabilmente, non avrebbe avuto modo di rivedere tanto presto. « Se ti puo’ consolare, ho seriamente pensato di darmela a gambe ma oggettivamente parlando non credo che sarei arrivata tanto lontano. Forse sarei riuscita a cavarmela per un paio di mesi, ma sarei finita qui dentro comunque – perciò tanto vale evitare ulteriori aggravanti, non credi? » Si strinse nelle spalle, come a voler minimizzare la gravità della conversazione, il tono di voce allegro e squillante. In quel momento più che mai era evidente che loro vite avevano preso direzioni diverse, persino diametralmente opposte, e d’un tratto, Freya si sentiva come se la sua presenza in quel contesto avesse bisogno di giustificazioni o spiegazioni. Si inumidì le labbra e annuì, passandosi distrattamente una mano tra i capelli mentre un altro sorriso, educato ma più spontaneo, faceva capolino sulle labbra. « In effetti ci servirebbe un po’ di aiuto. Stanno arrivando più donazioni del previsto. » Evidentemente, Iron Garden deve essere la nuova causa del momento. C’è quasi da preoccuparsi che il San Mungo non riesca a raccogliere abbastanza giocattoli per pediatria. Afferrò un paio di guanti da giardinaggio, spessi e con una fitta trama in metallo sulla punta delle dita, e glieli porse. « Ti consiglio di usare questi. Abbiamo trovato già più di una sorpresa. » E, stringendo appena le labbra, le fece cenno in direzione di uno scatolone ricolmo di puntine, lamette e aghi che avrebbero potuto causare danni non indifferenti se fossero finiti nelle mani dei bambini. « Scusatemi, ho portato un po' di cose, ma non sono sicuro di come funzioni per smistarle. » Una voce maschile le interruppe e Freya si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con un ragazzo che non ricordava di aver visto prima. Gli rivolse un sorriso gentile, cercando di apparire naturale sebbene ormai avesse la sensazione che – complice il freddo – i suoi lineamenti fossero tesi in una posa plastica; dopotutto, per quanto detestasse l’idea di ricevere della carità, nessuno di loro si trovava nella posizione di poter fare lo schizzinoso. E, almeno per il momento, le intenzioni del giovane sembravano sincere. « Ti ringrazio per il contributo. Al momento stiamo controllando che tutto sia in buone condizioni, e poi gli oggetti vengono smistati per categoria. Quello è il tavolo dei giochi per i bambini, per lo più divisi in base ad età e tipologia. Laggiù ci sono i vestiti per i più piccoli, gli indumenti per gli adulti, ed il necessario per la casa come coperte ed asciugamani. E l’ultimo banchetto in fondo è quello degli oggetti casalinghi, e di tutto ciò che non rientra nelle altre categorie. » Gli indicò i tavoli uno per uno, attorno ai quali numerosi cittadini di Iron Garden si davano da fare alla meglio. « Per il momento puoi tranquillamente appoggiarti qui, se ti è più comodo. » Gli passò un altro paio di guanti. « Io comunque sono Freya, e lei è Mei. » Si presentò, includendo la giovane Chang nella conversazione. « [...] non so come funziona da queste parti, ma ho immaginato che per alcuni potesse essere un regalo gradito - anche se non necessario. » Freya ridacchiò, tastando un coniglietto di peluche e, dopo averlo giudicato idoneo, gettandolo in un cesto già pieno di pupazzi. « Non sarò certo io a proibire il tabacco, conosco più di una persona che sarà felice di sapere che Babbo Natale ha pensato anche agli adulti. » Stava per aggiungere altro quando la figura di Galathéa entrò nel suo campo visivo, dall’altra parte del tavolo. «Dove ti ho vista?» Istintivamente, gli occhi chiari di Freya corsero dalla mezza-ondina a Mei, studiando la reazione di entrambe. Durante i mesi trascorsi in compagnia della Durand si era fatta un’idea piuttosto concreta della sua personalità, schietta e talvolta ruvida, ma fondamentalmente genuina; non poteva dire di conoscerla a fondo ma, forse perchè costrette a condividere la medesima sorte, Freya la sentiva un’anima affine. Al contempo, conosceva meglio l’indole di Mei e sospettava che, dall’esterno, l’approccio di Théa potesse apparire come aggressivo – o, per lo meno, diffidente. « [...] Come la tua amica, prima, così commossa... È bello che siate venute a farci visita. Auspichiamo un incontro con il Messia? » Soffocò un sospiro, allungandosi per afferrare l’ennesimo giocattolo riposto tra le due e, così, invadendo il loro campo visivo. « Mei è un’amica. Le ho chiesto io di venire oggi. » Esordì, d’un tratto, interrompendo il silenzio. Rivolse un sorriso a Galathéa, nella speranza che la sua parola bastasse ad allentare la tensione. « Ed una giocatrice di Quidditch molto famosa tra i maghi. Deve essere per questo che l’hai vista in giro. » Non sapeva esattamente a cosa si stesse riferendo la Durand, né perché avesse deciso di prendere parola e, peggio ancora, garantire per Mei, ma le parole le erano uscite dalla bocca automaticamente. Non guardò la giocatrice, limitandosi a pescare l’ennesimo giocattolo da ispezionare. Comprendeva – e condivideva – la posizione di Galathéa ma, in quel momento, sollevare una polemica non sarebbe stato d’aiuto – al contrario, qualunque tipo di intoppo li avrebbe dipinti come ingrati e riottosi, corroborando ancor di più l’immagine animalesca e selvaggia che il Ministero della Magia aveva costruito a tavolino per l’opinione pubblica. « Praticamente tutti sono qui per i propri interessi o per propaganda, ma almeno la sua presenza farà felici i ragazzini che tifano Harpies. » E se lo meritano. Almeno a Natale. Sollevò lo sguardo ad incontrare quello di Mei solo per una frazione di secondo, prima di abbassarlo per seguire l’operato delle proprie mani. Non ringraziarmi. Non so nemmeno io perché l’ho fatto. Malgrado la distanza instauratasi tra loro, era felice di vederla – abbastanza da lasciarsi travolgere da un impulso difensivo. « A proposito di Harpies » Riprese, con tono più leggero. « come vanno le cose? Sai già quali squadre affronterete nel primo quarto del 2024? » Le domandò, con una certa curiosità. Ai tempi di Hogwarts, Freya era stata una giocatrice abbastanza dotata da meritare un posto nella squadra di Corvonero – salvo abbandonare volontariamente il team quando gli allenamenti settimanali si erano scontrati con la sua mancanza di costanza. Se non altro, un po’ di indiscrezioni sportive renderanno il pomeriggio più sopportabile.

    […] « Ciao. » Nate Douglas le si avvicinò nello stesso momento in cui Mei si era allontanata per prendere una tazza di tisana bollente. « Ehilà, ispettore. » Lo canzonò facendo dondolare la parola sulla punta della lingua, seppur senza alcun tipo di astio. « Non pensavo di trovarti qui anche in un giorno di festa. Non ti avranno mica costretto a fare gli straordinari? » Gli domandò, corrugando leggermente la fronte, perplessa. Ai suoi occhi, non era un mistero che a Nate non piacesse il suo nuovo incarico – a tal punto che doveva esserne felice quasi quanto la maggior parte degli abitanti di Iron Garden. « Beh, buona vigilia... per quello che vale. » Freya ridacchiò, scuotendo appena il capo. Anche se lei e Douglas non erano amici, vi era un ché di liberatorio nell’udire qualcun altro dar voce ai suoi pensieri – e, forse, il fatto che quel qualcuno fosse proprio Douglas rendeva il tutto ancor più esilarante. « Altrettanto… considerate le circostanze. » Replicò, sollevando appena lo sguardo su di lui con un barlume di complicità. « Hai programmi per domani? » Con lentezza, Freya smise di sistemare il vestito di una bambola malconcia e osservò Nate per qualche istante, il capo leggermente inclinato di lato. Ah. Quindi non sei qui solo per farmi gli auguri. « Mh, fammici pensare… alle undici ho il brunch a Parigi con la cugina del Principe di Monaco, alle sedici un evento esclusivo a Vienna, poi ovviamente cena ed after party all’Albertina, e infine devo essere a casa prima di mezzanotte. Ho promesso ad Eren che quest’anno ci sballeremo assieme: io snifferò la coca e lui si farà un martini direttamente dalla mia giugulare. Solo roba di qualità, eh. » Scherzò, guadagnandosi un’occhiata orripilata da una signora di passaggio. Ops. « Scherzavo. Niente programmi. » Esordì, di punto in bianco, stringendosi nelle spalle. Per lei, le festività non avevano mai avuto un significato particolare; erano più un’idea astratta che una realtà tangibile. Eventi come Natale o il compleanno rappresentavano un capitolo di vuoto emotivo, in cui i suoi ricordi erano tappezzati di immagini sfocate di altri bambini, gioiosi e sorpresi mentre scartavano regali, l'odore della neve fresca, la luce calda di una candela, il suono di una risata lontana, quasi come se le festività stessero scorrendo davanti ai suoi occhi come il paesaggio di un treno dal finestrino, lasciandola a guardare da lontano. « Se ne avessi voglia, sei la benvenuta a pranzo da me. Ci saranno alcuni amici, ma niente di eccessivo. Sto cercando di convincere anche Tom a venire... Magari, se sapesse che ci sei anche tu, si deciderebbe. » Un sorriso impercettibile piegò appena le labbra di Freya nell’udire quelle parole. Avrei dovuto immaginarlo. L’invito di Douglas era un gesto inaspettato, gentile persino, ma al contempo le provocò una sorta di imbarazzo. « Ti ringrazio per l’invito, Nate. È gentile da parte tua pensare di includermi. Lo apprezzo davvero. » Gli rivolse un sorriso sincero, sfilandosi i guanti per fare una pausa. « Comprendo anche la tua preoccupazione per Thomas. Sono stata ad Azkaban una sola volta per poco più di un’ora e non voglio nemmeno immaginare come debba essere trovarcisi prigionieri per anni – soprattutto da innocenti. » Scosse piano il capo, tra sé e sé. « E come se non bastasse - » Si interruppe, mordendosi il labbro inferiore per non dire troppo, non in un luogo così affollato. Come se non bastasse, ora deve fare i conti anche con l’attenzione indesiderata regalatagli da Donovan. Si scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con un lieve sospiro. Era ingenuo, quasi tenero, pensare che qualcosa di così insignificante come la sua presenza potesse influenzare le scelte di Thomas. « Vorrei dirti che posso aiutarti, ma se devo essere sincera non credo che la mia presenza farà alcuna differenza. Non so di quanto tu sia a conoscenza o che idea ti sia fatto di… beh, tutto quanto, ma posso assicurarti che è meno romantico di quello che sembra. » Era certa di non avere un ruolo cruciale nella vita di Thomas, né di essere il punto di svolta per le sue decisioni; da sempre, il loro rapporto era stato scandito da una strana forma di convenienza e complicità che, negli Stati Uniti, era mutata a tal punto da divenire un bisogno primordialmente legato alla sopravvivenza. Allo stesso tempo, però, Freya si sentì fastidiosamente consapevole della sua impossibilità di rimanere indifferente quando si trattava di Thomas – una debolezza che, ne era certa, non doveva essere sfuggita a Douglas. « Se pensi che possa darti una mano in qualche modo, puoi contare su di me – per domani o per altro – ma ti prego di ricordare che è una faccenda delicata. Sicuramente più complessa di quanto possiamo comprendere – e probabilmente non di rapida risoluzione o miglioramento. Forzare la mano potrebbe non essere una buona idea. » Magari ha bisogno di tempo, di spazio o di entrambe le cose. Che si tratti anche solo di non pensare, di tentare di cancellare quello che è successo. Ha il diritto di farlo, ora che è libero. « A che ora inizia il pranzo, domani? » Domandò, con fare quasi casuale, mentre Nate si rivolgeva a Galathéa, poco distante. Freya dovette trattenere a stento una risata, memore della rigidità sfoggiata da entrambi nelle serre, durante i turni di lavoro. « Allora, come stanno andando le cose, per il resto? » La bionda si strinse nelle spalle, notando in quel momento la figura di Mei di ritorno con due tazze fumanti, tra la folla. « Al solito, direi. Niente di eccezionale, ma non posso nemmeno lamentarmi. Parecchie persone sono più in difficoltà di me. Rispetto alla maggior parte dei presenti praticamente vivo in un hotel a cinque stelle. » Scherzò, con un briciolo di cinismo; era strano pensare di essere una privilegiata, quando per tutta la sua vita non era stata altro che svantaggiata in tutto – famiglia, condizione economica, prospettive future. « Tra l’altro… ieri ho finito di riempire un modulo per gli ingredienti dell’erboristeria. Te lo farò avere il ventisette, con il freddo e le influenze stagionali che dilagano ho bisogno di più alcol ed erbe. So che sono piuttosto restii al riguardo, ma mi serve per sciroppi e decotti. Credi sia possibile… allentare un po’ la presa? » I controlli del Ministero sulle sostanze richieste per fini medici o preventivi erano severi, anche se le quantità introdotte ad Iron Garden venivano meticolosamente registrate. Stava per aggiungere altro quando un ragazzo biondo li raggiunse, rifilando una pacca sulla spalla di Nate. « Avvocato! » Per un istante, Freya ebbe l’impressione di veder Douglas impallidire – o forse si trattava di una vaga espressione di orrore – salvo ricomporsi in una frazione di secondo. « Eh beh in effetti tu l'hai mai visti Nate e Babbo Natale nella stessa stanza? Fa riflettere. » Per poco non si strozzò, nel vano tentativo di nascondere una risata dietro un colpo di tosse. Ricordava Dean Moses dai tempi di Hogwarts e, sebbene non avessero mai realmente interagito, era impossibile non trovarlo al centro di ogni confusione. « In realtà » Esordì, dopo aver rivolto un saluto ad Ava. « Nate stava proprio dicendo che gli piacerebbe organizzare un pranzo prossimamente. Nulla di concreto, per ora, ma si parlava di Capodanno o dell’Epifania, giusto? » Buttò lì, con aria innocente, mantenendo lo sguardo fisso su quello del Serpeverde. « Una cosa per pochi intimi, no? » Gli domandò, rischiando di scoppiare a ridere da un momento all’altro. Avrebbe tranquillamente esteso l’invito al pranzo di Natale se solo non avesse paura di un crollo nervoso da parte di Douglas.


    Doveva essere un post breve – SEH.
    Interagito con Mei, Théa, Aslan, Nate, Dean ed Ava. Menzionato Thomas. Ora vado a drogarmi, ciao.

    Io che vedo quanto è lungo il mio post:

    i-have-a-problem-jwoww
     
    .
15 replies since 5/12/2023, 23:38   561 views
  Share  
.