Children of Fire

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  1. cinderella's dead
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    La pressione che sentiva nelle tempie portava con sé solo altro panico, il terrore di aver perso il controllo per una cosa tanto stupida quanto insignificante. Ma lo era davvero? Stupida e insignificante? La vita di Diana si manteneva su equilibri precari. Viveva con la convinzione che se fosse stata impeccabile avrebbe potuto vivere una vita pressoché normale, agiata, serena, e questo era il motore propulsore di tutta la sua esistenza. « Ti diverti mai, Diana? » Erano nel salotto del suo attico quando un Magnus spazientito dal via vai della ragazza, incapace di stare ferma anche prima di un'intensa sessione di pulizie, le porge quella domanda con un'espressione annoiata. La mora continua a spostarsi nell'ambiente domestico come se mantenere anche solo un capello fuori posto fosse fuori discussione. Forse si sente solo ignorato; d'altronde è sempre piuttosto evidente quanto poco gradisca l'intrusione dello warlock. « Vedi la mia agenda da qualche parte? » Non lo stava neanche ascoltando. La sua testa viaggiava ad alta velocità pensando alla conferenza stampa e alle dichiarazioni che avrebbe rilasciato il giorno seguente. Minerva era da poco salita al potere e lei aveva ottenuto un importante contratto con una delle case più famose di moda del mondo magico. Doveva ripassare il suo discorso prima che Magnus rovistasse nella dua testa. « Diana. » Di colpo le dita di Magnus si stringono attorno al suo polso obbligandola a fermarsi. Non è davvero là, eppure il suo cervello registra quel contatto come se fosse vero. Il calore dei suoi polpastrelli contro la pelle fredda mentre avanza qualche passo nella sua direzione. « Mi hai sentito? Ti ho fatto una domanda. » In tutta risposta, la mora alza lo sguardo nella sua direzione schiudendo le labbra. « Anche io ti ho fatto una domanda. » Nessuno dei due interrompe quel contatto, quanto meno finché, consapevole del fatto che Diana non di sarebbe sottatta, la lascia andare. « Comodino, in camera da letto. » Lei stira un sorriso di finta gentilezza e senza aggiungere altro si dirige nella direzione da lui indicata. L'ha sentito, solo che non vuole rispondergli. Ha ormai imparato che Magnus ha sin troppo potere su di lei e quella domanda avrebbe dato il via solo ad altri giochetti psicologici. Odiava il potere che aveva su di lei. Odiava essere manipolata. « Sei nella mia testa da sufficiente tempo per sapere che non tutti ci divertiamo allo stesso modo. Se ti annoi, nessuno ti trattiene. » Sei comunque in anticipo. Come sempre. Traeva piacere dalla possibilità di esercitare il suo fascino sull'indole di lei. « Che noia! È un peccato che tu non sia cresciuta con noi. Cambieresti idea. Noi abbiamo un concetto di divertimento diverso. Dovresti abbracciarlo. Lasciarti andare ogni tanto. Sei una di noi in fondo. » Lo era? Magnus ci teneva molto a ricordarle che lei appartenesse alla comunità degli warlock. Che in realtà, se solo loro fossero stati sufficientemente aperti, Diana avrebbe avuto un ditale e avrebbe potuto partecipato a tutte quelle usanze che conosceva più per sentito dire che altro. « Quando Minerva avrà chiuso il cerchio tu tornerai tra i tuoi simili e potrai finalmente lasciarti alle spalle tutto. Sarai una di noi a tutti gli effetti. Dovresti iniziare ad abituarti all'idea. » Non c'era cosa che desiderasse di più. Fremeva all'idea di poter essere accettata, di non dover più vivere nell'ombra, convinta che la sua stessa famiglia le avrebbe fatto del male. « Mmh strano; pensavo che essere una warlock fosse qualcosa di più che divertirsi ai festini. » « Dipende. » A quel punto, per un istante Diana lo osservò da sotto i grandi occhiali da vista, prima di tornare a scorrere il suo discorso. Sapeva che una volta conclusa quella sessione sarebbe andata dritta a dormire; non diede quindi troppo peso alle parole di lui. Era, tuttavia, difficile non lasciarsi sedurre da quelle immagini, dal desiderio di appartenere. Di trovare finalmente il proprio posto nel mondo. Tutto ciò che faceva non era nemmeno lontanamente soddisfacente quando la possibilità di riappropriarsi di se stessa, abbracciare le sue origini, quella che a tutti gli effetti pensava fosse la sua communità. « Nel mondo reale mi tocca ancora lavorare. » Richiusa l'agenda la posò all'interno del cassetto scrollandosi la tensione di dosso roteando la testa verso destra e verso sinistra. « Ma arriverà il giorno in cui non dovrai più farlo. Scommetto che sarai un'ottima psichica. Forse anche qualcosa di più. Ciò che tu hai per le mani, Diana, è un potere che può infrangere i nostri antiquanti limiti. Ed io sarò lì ad aiutarti. Sempre. » Una fantasia. Un sacrilegio. Qualcosa che, Magnus non avrebbe nemmeno dovuto nominare. Oppure no? Cosa significa quando Minerva chiudera il cerchio? Tante domande a cui nemmeno lei aveva risposte certe. « Ma per adesso devo ancora lavorare. E anche tu devi. » Di arrotolò la manica della camicia fino all'altezza del'avambraccio, scoprendo il marchio che aveva sempre portato sul braccio, per poi lasciarlo lavorare. Il moro percorse con dita affusolate la pelle chiara di lei finché non giunse a toccare il marchio. Chiuse gli occhi inumidendosi le labbra. Attingere a quella magia, pensava Diana, sembrava quasi una specie di droga per lui. Quelle sessioni si protraevano per ore. Magnus scavava nella sua testa in maniera meticolosa, disegnando marchi potenti attorno al simbolo. Più e più volte le aveva detto che trovasse tutto ciò alquanto inutile. Tua madre non conosce davvero questa magia. Non può ucciderti, fidati. Ma Diana non si fidava. Semmai era certa che stesse nutrendo non solo l'ego ma anche l'ambizione e la sete di un giovane che aveva da tempo perso il controllo di sé. La Bernheimer, dal canto suo, aveva forse imparato a vivere in maniera così esemplare anche perché sapeva di non avere alcun tipo di privacy. Nessuno poteva garantirle che Magnus stesse facendo solo il suo lavoro, né poteva sapere a cosa lo warlock riferisse sul suo conto altrove. Così, meno domande si faceva, più riusciva a vivere in maniera rigorosa, e più non ci sarebbe stato nulla da dire sul suo conto. Lui giurava di non toccare parti di sé troppo private, ma nonostante questo c'erano momenti in cui aveva l'impressione che tenesse in pugno la sua anima. Se volesse potrebbe schiacciarla completamente. E non erano poche le volte in cui si chiedeva se non alterasse qualcosa di proposito, pur di tenere a bada i suoi impulsi.
    Forse non lo vedeva da troppo tempo, o semplicemente i marchi che solitamente applicava, avevano retto meno del solito. Aveva vissuto un periodo stressante e a dirla tutta, tutti quegli intoppi non aiutavano certo a farle fare bella figura. In fondo, anche quella volta, Diana non andava a casa dei Crane per divertirsi. Ci andava per esserci, per assicurarsi che la sua famiglia avrebbe continuato a godere del benestare del consiglio, perché doveva dimostrare di essere ancora una persona di cui potevano fidarsi. « Va tutto bene. » Continuava a ripetere ossessivamente trasalendo spaventata ad ogni scoppio. Le mani tremanti mentre sentiva quel fungo crescere dentro di lei premendo sul suo petto fino a farle male. Quasi non si accorse dell'improvvisa vicinanza del giovane warlock; non riusciva a respirare, combatteva con quel palese attacco di panico irrazionale che portava con sé solo altra tensione. Una mano afferrò l'avambraccio di lui, cercando una forma di equilibrio che nessuno poteva donarle. Così pensava. Osservava i movimenti del giovane senza veramente registrarli. Era come se una forza esterna la stesse strangolando. Non respirava. « Io - non riesco. » Non posso fermarlo. Non ce la faccio. Non riesco a respirare. Ma poi di colpo, qualcosa accadde. Il peso sul petto di lei sembrò risollevarsi di colpo permettendole di prendere una boccata d'aria tale per cui i suoi polmoni si riempirono per la prima volta di aria gelida. E come dal nulla, l'equilibrio arrivò. Come dopo una pioggia intensa, la nebbia e le nuvole addensatesi nella sua testa si allontanarono. E lei riuscì a mettere per la prima volta a fuoco il viso di lui. Lo vedeva. Non Magnus. Vedeva lui. « Meglio? » I colori dell'ambiente circostante ripresero a ravvivarsi, mentre un po' precaria si aggrappava al braccio di lui guardandosi attorno spaesata. Istintivamente osservò i lampioni sopra la sua testa. Avevano smesso. Le scintille si erano calmate di colpo. Tutto giaceva in una perfetta quiete come prima che i due arrivassero sulla desolata scena di quella strada bagnaticcia. « Non hai nulla per tenerlo sotto controllo? Un amuleto? Una gemma? Niente? » Lo sguardo della giovane Bernhaimer era talmente focalizzato sugli occhi scuri della controparte che quando quelle parole arrivarono fu come se quest'ultime provenissero dalle sue stesse interiora. Non aveva mai provato nulla del genere. Come se per un istante quel malessere avesse sostituito qualcosa che non le apparteneva e che invece arrivava direttamente da lui. Quella non era la solita magia di Magnus. Pur trovandosi spesso nella mente di lei, Diana aveva sempre percepito se stessa come intera, integra, come se qualunque cosa il giovane warlock stesse facendo non stesse in alcun modo alterando la sua anima. Erano sempre rimasti separari, e Magnus si era sempre sempre tenuto ben distante dall'andare troppo in profondità. Seppur le avesse detto più di una volta, con quel suo solito tono drammatico, che loro due erano una cosa sola, non lo erano mai stati. Istintivamente si portò la mano sul polso, come se volesse accertarsi che qualcosa fosse al suo posto. Nulla. Il bracciale che sua madre le aveva regalato molti anni prima non era lì. Scomparso. Come la macchina, come tutto ciò che la ancorava a quella precaria realtà. Lo sai. Tu lo sai che che è così. No. Non tu. Magnus. E avrebbe anche dovuto sapere che Magnus era il primo a non condividere l'ostinazione dei suoi cari di tenere a bada quella che per lui era un'impressionante fonte di energia. Il giovane psichico ne era affascinato. A tratti sembrava esserne ossessionato.
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    «Si - » Fu la sua risposta automatica. « - lo avevo. » Lo osservò armeggiare con quel gioiello un po' antiestetico senza dire niente, osservando piuttosto il suo volto come se si aspettasse che da un momento all'altro cambiasse sembianze. Chi sei? Perché quello, di certo non era Magnus. Sei un fantasma? Provieni dall'al di là? Ma soprattutto, perché la stava aiutando? « Durerà qualche giorno, se non succede nulla di troppo grave. Non farlo vedere, non parlarne con nessuno. Tienilo sempre a contatto con la pelle. Io e te non ci siamo visti, ok? E non ne faremo più parola. Ero qui per altri scopi, non per te. Quindi il massimo che posso fare è darti un passaggio con la smaterializzazione e lasciarti in un centro abitato da cui dovrai proseguire per conto tuo. Tutto chiaro? » Ma la cosa più strana di tutte era la leggerezza. Si sentiva come se avesse avuto un peso enorme sulle spalle per tempi immemori e ora, per la prima volta, riusciva a muoversi, respirare. Ispirò a fondo; l'aria gelida nei polmoni mentre lo osservava con occhi grandi e l'espressione di chi tentava di leggere nell'animo dell'altro. « Quando la runa sbiadisce puoi anche buttarlo, non importa. Ma ti consiglio di trovare qualcosa che lo rimpiazzi se non vuoi far esplodere altri lampioni. » Io e te non ci siamo visti, ok? Ma loro si erano visti. Erano lì. Sul ciglio di una strada in mezzo al nulla; una foresta buia da un lato, campi aridi dall'altra. Le colline alle spalle dello warlock. Un quadro che avrebbe voluto poter immortale per ricordarsi quanto fosse bello poter respirare, per rammentare quel barlume di libertà. « Come - come hai fatto? » Lo sguardo di lei puntato negli occhi di lui con un'espressione che si fa via via più seria. « Legge numero 195 del 1724, articolo 3, comma 1; nessun warlock può, senza eccezione alcuna, infrangere il sommo ordine delle classi costituito e tramandato tramite il Trattato del Sommo Concilio di Aleppo del 1523. L'inosservanza del presente articolo è punibile con l'estromissione immediata dal cuore della comunità warlock, oltre a sanzioni pecuniarie e restrizioni sulla pratica delle arti arcane. La sospensione dei diritti e dei privilegi warlock sarà effettiva fino a che il trasgressore non dimostri, attraverso un rito di purificazione magica approvato dal Consiglio degli Anziani, il suo pentimento e la sua volontà di sottomettersi nuovamente al Trattato del Concilio. Il Consiglio degli Anziani avrà definitivamente ogni diritto dello warlock e codannarlo all'Oblio Eterno. » La peggiore delle punizioni; dimenticare - per sempre. Tirò un lungo sospiro sollevando il mento a mo di sfida. Conosco bene le vostre leggi. Le nostre. Perché seppur Diana fosse vissuta fuori da quel mondo, ne aveva sempre bramato l'appartenenza. La sentiva come un'eredità, un diritto, qualcosa che a pochi bambini veniva concesso a prescindere e che a lei invece era stato sotratto. « Uno psichico non usa i sigilli a meno che non vuole andare incontro a un destino peggiore della morte » I marchi sì, ma sono completamente differenti. Quella in cui il giovane warlock si era destreggiato era una conoscenza diversa; una che apparteneva a un'arte completamente differente. Non era maldestro, né incerto e sembrava essere sufficientemente potente da tenere a bada energie con cui aveva ben poca dimestichezza. Un demonologo esperto. Poi di colpo ebbe una realizzazione, e le pupille di lei si dilatarsi ulteriormente, portandola a indietreggiare di un passo. Si portò la mano sul petto e strinse i denti. Ma certo. Come ho fatto a essere così stupida. Strinse il pugno della mano destra portandosi mordendosi l'indice con una tale violenza da percepire tutto il dolore causato dai propri denti. « È uno scherzo. » Sospirò profondamente cercando di contare fino a dieci prima di aprire bocca. « Mi sto impegnando con tutta me stessa a non strapparmi questo obbrobrio dal collo nella speranza che la prossima cosa a scoppiare sia la tua testa. Perché tu - TU - sei un - » - un completo deficiente. Ma quelle parole, Diana non le avrebbe detto a voce alta, perché in fondo doveva tentare di dimostrare la propria riconoscenza a una persona che l'aveva aiutata. Qualunque altra linea di condotta sarebbe stata non-impeccabile. « Era così difficile dire non sono Magnus, non ti conosco?? » Di colpo avanzò nella sua direzione puntandogli il dito contro. « Quanto tempo hai detto che ci vuole prima che la tua magia sparisca? Qualche giorno? » Accidenti, qualche giorno è tantissimo. « Se si accorgono che un altro warlock mi ha toccata - uno come te poi - siamo spacciati entrambi. Seguiranno la scia e troveranno te, ed io sarò tua diretta complice. » Penseranno che ho finalmente dato seguito alla mia fissazione di entrare in contatto con le communità degli warlock. Le comunità degli "impuri". Non riuscì a contenersi e di colpo, colta da un'improvviso raptus di rabbia lo colpì con la borsetta sul braccio. « Cosa ti dice il cervello eh?! Impuro e anche ricercato. » Forse prendere a borsettate uno spilungone, per giunta warlock e demonologo, che avrebbe potuto tranquillamente lanciarla in un fosso anche senza poteri magici era poco saggio, ma in quel momento non è che poteva fare poi molto. « Mi hai compromessa! » Bastardo! Si stava agitando talmente tanto che per poco non perse l'equilibrio sui suoi costosissimi tacchi a spillo. « Chi ti ha mandato? Da quanto tempo mi state cercando? Perché non mi lasciate vivere in pace? Non ho fatto del male a nessuno! Perché non potete semplicemente permettermi di esistere. » Soffiava pesantemente cercando di trattenersi dall'arrabbiarsi ancora di più. Scoccò la lingua contro il palato e scosse la testa. « Ridammi la mia macchina, su! E la Birkin. » Se penso che volevo anche mettermi in contatto con voi. « È opera tua la Mietitrice, avanti, confessa! Me l'hai messa alle calcagna e ora fai finta di aiutarmi, certo! » Creare un problema per far finta di risolverlo. Ma proprio mentre la stava nominando la vecchia megera comparve alle sue spalle; impallidì di colpo. Portava una vecchia vestaglia bianca; i lunghi capelli bianchi umidicci gocciolavano. Era sporca. Le gambe ossute avevano un aspetto orribile. Di colpo afferrò entrambi i lembi del cappotto dello warlock cercando riparo dalla sua presenza. Ma proprio quando tornò a guardare, la megera si avventò su entrambi urlante, prima di scomparire neo nulla. « Il vostro viaggio si ferma qui. » Di colpo si allontanò lasciando andare il suo cappotto con uno scatto. Se il sigillo di lui non teneva a bada quella cosa non ci stava più capendo nulla. Ma non avrebbe comunque ammesso di poter essersi sbagliata. Se sei qui, sicuramente non è un caso. E se mi stavi cercando voglio sapere che cosa vuoi da me. Si schiarì la voce e sollevò il mento sistemandosi la sciarpa di seta per poi rimettersi in ordine i capelli. « Ti sarei molto grata se potessi darmi quel passaggio. » Come se nulla fosse. « Vicino a una caserma, possibilmente. Devo denunciare la scomparsa della mia Birkin. E della macchina. » Pausa. « Ti pagherò. » Si affrettò a dire. « Profumatamente. » Altra pausa. « In contanti. O assegno. Come preferisci. »



     
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