All we ever wanted was everything

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3    
     
    .
    Avatar

    dauntless

    Group
    Ricercati
    Posts
    915
    Reputation
    +1,126

    Status
    Anonymes!

    Per incontrare Eriko aveva scelto un luogo più affollato, oltre che un orario diurno. Seppur si fossero mantenuti sempre in contatto, Raiden sapeva ben poco degli spostamenti della sorella fuori dal ghetto, e non le aveva mai chiesto informazioni troppo dettagliate per non innervosirla. D'altronde ci mancava solo quello, visto quanto si era offesa per non essere stata coinvolta nel gruppo dei fuggiaschi. Come se fosse tipo una gita scolastica a cui non puoi mancare. Ma la capiva, e forse lui non avrebbe fatto nulla di diverso nei suoi panni. Eriko ne aveva dovuti ingoiare tanti di rospi, nel tempo, e quelli che lo riguardavano ne costituivano una parte non indifferente. Ti ritrovi sempre ad avere un fratello in fuga. Sì, era già capitato. Non era stato semplice comunicarle quella sua decisione quando aveva scelto di scappare dal Giappone, e gestirne le conseguenze lo era stato ancor meno. Lei era l'unica a sapere dove si trovasse o in che condizioni fosse, mentre al resto del paese (sua madre compresa) veniva farcita la notizia del ritrovamento del suo cadavere. Gli avevano fatto persino un funerale. Le ossa non erano le sue - chissà quale poveraccio si era ritrovato a prestarle per una tomba che non gli apparteneva. Ed Eriko, in tutto ciò, non aveva potuto far altro che mantenere il silenzio. Ingoiare a denti stretti per proteggerlo, e per proteggere la notizia che i lycan si erano riattivati - che sapevano quale pila di menzogne il governo giapponese stesse farcendo alla sua popolazione. Ma lei serviva lì, perché era l'unica persona di cui Raiden si fidava abbastanza ciecamente da mantenere quel segreto e lavorare per costruire le basi della liberazione dall'interno. Ed eccola lì, ancora una volta, a farsi carico di quel distacco, pur se in circostanze diverse. Con la differenza che stavolta non c'era nemmeno Hiroshi a farle compagnia. In cuor suo sperava che lei e Mia si stessero vicine, ma per quanto fosse certo che nessuna delle due si sottraesse dall'aiutare l'altra, non poteva comunque riporre troppe speranze nel fatto che il loro rapporto potesse improvvisamente essere diventato più solido.
    Ci aveva messo mesi a darle quell'appuntamento, forse perché consapevole del fatto che Eriko dovesse essere una delle abitanti più sorvegliate del ghetto; più ancora di Mia, perché non era legata a doppio filo ad un solo ricercato, ma ben due. E anche per questo la scelta del luogo era ricaduta proprio sulla biblioteca nazionale: un posto trafficato, addirittura famoso, che non ispirava nulla di losco - specialmente in pieno giorno. L'avevano pianificato bene, quell'incontro, preparandolo per settimane in maniera tale da incappare in meno rischi possibile. Il primo ad andarci era stato Raiden, per un sopralluogo. Poi era toccato ad Eriko, che aveva impostato quelle visite come qualcosa di abitudinario, andando alla biblioteca a cadenza regolare e passandoci il tempo che aveva a disposizione per studiare o fare qualunque cosa si potesse fare lì dentro senza dare nell'occhio. Durante quelle incursioni, Raiden osservava a distanza, dal tetto di un palazzo all'altro capo della stanza, controllando se la sorella fosse seguita o meno. Ovviamente sì. Ma dopo un po' di tempo il loro piano aveva iniziato a funzionare, e la coppia di auror che si alternava in quell'incarico aveva progressivamente abbassato la guardia fino a smettere del tutto di entrare nella biblioteca quando lei vi faceva il suo ingresso. Solo a quel punto, dopo essersi accertati che il trend fosse ormai consolidato, avevano deciso di vedersi. Raiden sarebbe arrivato per primo, e lei lo avrebbe raggiunto nel magazzino interrato.
    Rispetto agli ambienti ufficiali, il sotterraneo era decisamente più squallido. Scatoloni colmi di vecchi libri, casse piene di bottigliette d'acqua impilate, vecchie apparecchiature tecnologici e mobili ricoperti da teli di plastica riempivano l'ambiente grigio, illuminato malamente da alcuni neon sfrigolanti (quelli che ancora funzionavano). Fatta eccezione per l'acqua, tutto il resto sembrava completamente abbandonato, a giudicare dallo strato di polvere di cui era ricoperto. Con il naso un po' storto per la sporcizia, il giovane Yagami tolse la coperta di plastica da un paio di poltroncine consunte, sedendosi lentamente prima su una e poi sull'altra per assicurarsi che non cedessero. No, erano solo un po' scricchiolanti e la stoffa logora. Non un salotto di classe, ma siamo abituati a peggio. D'altronde per chi aveva visto Iwo Jima, quello sembrava quasi sfarzo. Quando sentì il suono delle nocche all'uscio, nella sequenza prestabilita, il moro schizzò in piedi, raggiungendo la grossa porta d'acciaio. Un sorriso a metà tra la felicità e l'amarezza si disegnò sulle labbra del giapponese nel vedere il viso della sorella. Un viso che vedeva piuttosto regolarmente, sì, grazie al contatto lycan. Ma di persona è un'altra cosa. Le fece cenno col capo di entrare, dando solo una veloce occhiata alle sue spalle prima di richiudere la porta. « Ho preparato il salotto. » disse, ridacchiando appena nell'indicarle quelle due poltroncine disposte totalmente a caso in un angolo della stanza, vicino ad una pittoresca chiazza sul muro. Nel breve tragitto le rivolse un'occhiata, sorridendo un po' tra sé e sé prima di allungare una mano a strizzarle leggero la spalla. Non erano tipi da abbracci, o quanto meno lo erano solo in circostanze rare, ma questo non significava che l'affetto espresso da quei piccoli gesti fosse minore. « Puoi tenermi il muso se vuoi, ma sono contento di rivederti. Tutta intera. » Cosa che, di quei tempi, non era affatto scontata. Con un sospiro prese posto a sedere, chinandosi verso terra per allungarle uno dei due bicchieri di caffè che aveva preso al bar. « Il tuo solito. » Non so come sia il caffè nel ghetto, ma dubito sia molto diverso dall'acqua sporca. Si avvicinò il proprio bicchiere alle labbra, prendendone un sorso. « Come stai Eriko? Ti stanno dando filo da torcere lì dentro? » Puntò lo sguardo in quello della sorella, cercando di coglierne ogni sfumatura, indicandole poi con un cenno del mento una busta appoggiata a terra, ai piedi della poltroncina su cui lei era seduta. « Ti ho portato un po' di cose. Per te e per mamma. Soldi principalmente. Li abbiamo messi insieme con Hiro. Non sono tanti perché cerco di fare il più possibile per aiutare Mia con Haru, ma almeno non dovete stare a centellinare troppo. » Di quello stipendio che riceveva, Raiden si teneva davvero poco o nulla. Non gli interessava che vivesse in un tugurio, che non avesse una vita al di là dei turni di lavoro da pazzo accatastava lasciandosi giusto il tempo per dormire un pochino, né tanto meno gli importava di concedersi sfizi. Il giapponese avrebbe anche potuto dormire su una panchina senza lamentarsi, purché certo che la sua famiglia vivesse in condizioni dignitose. « La mamma come sta? »

     
    .
  2.     +2    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,304
    Reputation
    +1,296

    Status
    Anonymes!
    « Signorina Yagami, abbiamo avuto modo di notare che è tra i - » Simon Foster, l'auror di mezza età incaricato di interrogarla quel giorno, parve esitare per un momento. Poi si sporse leggermente in avanti, fissando gli occhi grigio sporco in quelli della giovane lycan, quasi quella sua vicinanza potesse effettivamente intimidirla in qualche maniera, aggiunse in tono più grave «...follower di Yagami. Conferma? » Beh, oddio, hai scoperto l'acqua calda. Complimenti. Tuttavia la giapponese non si mosse di un centimetro. Piuttosto si prese un attimo, come per esaminarne bene i lineamenti, imprimerli a dovere nella propria memoria. « Beh, sì. » Rispose infine, forse in maniera troppo stringata dopo un'attesa così lunga. L'auror, infatti, si sporse ancora nella sua direzione, lanciandole uno sguardo eloquente, con tanto di sopracciglia sollevate. Si aspettava Eriko dicesse qualcosa, era evidente, ma la ragazza rimase lì a fissarlo, impassibile. Uno stallo alla messicana. Lui fissava lei, lei fissava lui, in attesa di qualcosa. Lui, probabilmente, si aspettava che l'interrogata cedesse, ingenuamente inconsapevole che non c'era gioco al quale Eriko non fosse brava quanto a quello del silenzio. Andarono avanti così, a fissarsi, per diverso tempo, forse addirittura qualche minuto buono, prima che l'uomo emettesse uno sbuffo e le rivolgesse un infastidito: « Beh? » Eriko sbatté le palpebre una, due volte. Non disse nulla. La si poteva giusto sentir respirare. L'uomo cominciò a battere i polpastrelli sulla superficie sporca del tavolo. « Le ho fatto una domanda. » Ribadì ad un certo punto. « Signor Fosterson... » « Foster. » Eriko annuì rapidamente, come per mettere le mani avanti: « Foster, mi scusi. Ah, che fatica questi cognomi inglesi - ci crede che faccio ancora confusione? - signor Fester, sono costernata, ma credevo di aver risposto alla domanda che mi ha fatto. » Puntò gli occhioni nei suoi, inclinando la testa appena di lato e aggrottando la fronte in un'espressione confusa. « Mi ha domandato se seguo Yagami su wiztagram ed io le ho detto che era così. Non me ne ha posto altre, mi pare. » Pausa. « In ogni caso devo non averla colta. Mi spiace. Potrebbe ripeterla? » La Yagami glielo vide scritto in faccia che l'uomo si stava chiedendo se si stesse per caso prendendo gioco di lui, scandagliando il volto della giovane alla ricerca della più piccola espressione che potesse catalogare fuori posto. Ma lei non aveva mosso un muscolo al di fuori dello sbattere le palpebre, in attesa. Brutta giornata, eh Foster? Non solo ti tocca interrogare della gente per un post su wiztagram, ma ti sono pure capitata io. Gran bella merda. Eriko supponeva l'agente fosse nuovo; non solo non l'aveva ma l'uomo era anche troppo gentile nei suoi confronti. La forma di cortesia cadeva piuttosto in fretta quando dall'altra parte c'era lei, d'altronde. Ma lui dovevano averlo appena promosso. O retrocesso, per affidargli qualcuno come lei, dato che era notoriamente in grado di far perdere la pazienza anche ad un santo. In più, forse in linea con l'età, non sembrava particolarmente a suo agio con l'argomento social, il che rendeva la situazione solo più imbarazzante nella sua interezza. Il malcapitato sospirò nuovamente, sempre più infastidito: « E per quale ragione segue Yagami su wiztagram? » Eriko sbatté le palpebre una, due volte. Una terza. Passò a mordicchiarsi l'interno guancia mentre osservava l'auror con sguardo forse un po' perplesso. Come se le avesse fatto una domanda sul genere di "di che colore è il cavallo bianco di Napoleone?" « È... mio fratello? » Azzardò, in un tono che si collocava perfettamente a metà tra il basito e l'imbarazzato. Ed un po' in imbarazzo forse lo era - non tanto per sé, quanto per il proprio interlocutore. Pensa dover passare la giornata a fare ste domande di merda. Hai per caso intenzione di chiedermi se la presenza di Hiro nel video è un complotto? Hai già contato quanti capelli in testa hanno tra tutti e due? Magari è un segno pure quello. L'auror, era evidente, non doveva essere rimasto particolarmente contento di quella risposta. « Mi prendi in giro, Yagami? » Ed ecco che aveva abbandonato anche i formalismi. « Veramente no. » Pausa. « Però ecco, se la sua prossima domanda è come mai seguo Nakamura su wiztagram, possiamo risparmiarci questo giro dell'oca? Comprendo la difficoltà di star dietro alle troppe informazioni, signor Faster, però posso dirle già subito che lo seguo esattamente per lo stesso motivo. Sono miei fratelli tutti e due. » Ovviamente storpiare il suo cognome per la terza volta in pochi minuti non doveva aver giocato a suo vantaggio, perché la tenne lì per almeno altri venti minuti. E per altrettanti minuti, Eriko si trovò a fare il gioco di dire il meno possibile, facendolo però sentire quanto più idiota potesse. Magari sarà la mia buona azione dell'anno e lascerai il posto per andare a zappare la terra, che forse è meglio. Tanto, che avrebbe incontrato uno dei celeberrimi - e pericolosissimi - ricercati nell'arco di qualche giorno, Foster non l'avrebbe mai scoperto.
    La sequenza concordata con Raiden era stata piuttosto semplice. Tre. Uno. Due. Con tre secondi di attesa tra i colpi. Ed Eriko la eseguì con precisione e rapidità, attendendo che il fratello si palesasse oltre la porta dello stanzone nei sotterranei dove avevano concordato di incontrarsi. Quando finalmente si palesò, sorridente, Eriko si limitò a stringere le labbra come se, paradossalmente, fosse infastidita di vederlo lì. Lo oltrepassò rapidamente, come a sottintendere che dovesse affrettarsi a richiudere la porta. Ci mancava poco gli desse una spallata, per la verità, per quanta verve ci aveva messo nel superarlo. Sembrava quasi che non ci fosse venuta di propria volontà e che non fosse stata lei, la prima ad assillare il maggiore per quell'incontro. Se lo immaginava già che sua madre l'avrebbe rimproverata, se l'avesse vista fare così. Però io ho le mie ragioni, pensò stizzita. E stizzita lo era eccome. Era stata lasciata indietro di nuovo, e per di più, ancora una volta, non aveva potuto avere voce in capitolo. Eppure, non vista, un'occhiata al fratello la lanciò lo stesso. Mentre era di spalle, in modo da poterlo incolpare di esserselo immaginato, di essere stato considerato tanto in fretta dalla più piccola. La stessa che ora lo guardava con sguardo nettamente più morbido, preoccupato, passandone in rassegna la figura con rapida precisione e apprensione assieme - quasi avesse paura di trovare qualcosa fuori posto. Un po' ce l'aveva. « Ho preparato il salotto. » Quando Raiden le rivolse quelle parole, era già tornata in sé. Si limitò ad amettere un verso scettico, il nasino già storto. « Immagino guarda. » Commentò, roteando gli occhi. Unimpressed to say the least. « Puoi tenermi il muso se vuoi, ma sono contento di rivederti. Tutta intera. » Strinse le labbra piene esalando dal naso, Eriko, prima di controbattere: « Non ti sto tenendo il muso. » Gli stava decisamente tenendo il muso, sebbene lei non la vedesse così. Il muso si tiene a cinque anni per le stronzate, Raiden. Io sono incazzata nera con te e quell'altro coglione perché mi avete lasciata indietro. Perché non so cosa vi succede. Perché, per l'ennesima volta, non posso fare altro se non l'aiuto da casa. Era questa, la verità, Questo che ad Eriko pesava. Sin da quando era piccola in molti avevano scherzato sul fatto che Eriko volesse imitare Raiden in tutto e per tutto, e forse inizialmente, in fase infantile, era stato così. Questa tendenza era andata affievolendosi col tempo, ovviamente, eppure qualcuno ci scherzava ancora sopra. Persino la madre le aveva fatto capire, la sera in cui Raiden ed Hiro avevano lasciato il quartiere, che si stesse intestardendo inutilmente, quasi il fine ultimo della più piccola fosse quello di seguirli e basta, tanto per fare. Quasi il suo desiderio più intimo non fosse quello di togliere almeno un po' di peso dalle spalle dei fratelli. Dalle spalle di Raiden. Ma tanto quando mi impunto io, sono solo Eriko che si incazza. L'aveva anche detto alla madre, a mezza bocca, nella rabbia. Comunque non penso abbia capito. « Comunque tra i due non vedo perché dovrei essere io quella non intera. Tu piuttosto? Hiro?» Gli chiese, osservandolo attentamente, stavolta in maniera aperta, quasi lo stesse davvero esaminando di nuovo. Prese posto sulla poltroncina senza fare troppi complimenti, ed allo stesso modo, con un cenno del capo come ringraziamento, accettò il caffè che Raiden le aveva portato. « Come stai Eriko? Ti stanno dando filo da torcere lì dentro? » Un'altra alzata di occhi al cielo, automatica, quasi Raiden le avesse fatto una domanda dalla risposta più ovvia del mondo. « Al massimo sono io che ne sto dando a loro. » Affermò. « Oggi tale Foster mi ha chiesto come mai seguissi te ed Hiroshi su wiztagram. Questa domanda ha dato il via ad una bella mezz'ora - più per me che per lui. » Sbuffò una risata dal naso, sporgendosi leggermente, curiosa, verso il fratello. « Me la spieghi questa cosa, tra l'altro? Com'è che improvvisamente così tanta gente sta ritrovando il proprio influencer interiore? » Pausa. « Te l'hanno mai detto che per fare l'influencer quantomeno non devi avere il profilo privato? » Sospettava, Eriko, che ci fosse qualcosa sotto. Eppure il loro rapporto era sempre stato così - si punzecchiavano a vicenda. Di continuo. Poi, quando le venne allungata una busta, si trovò ad osservarla confusa. « Cos'è? » « Ti ho portato un po' di cose. Per te e per mamma. Soldi principalmente. Li abbiamo messi insieme con Hiro. Non sono tanti perché cerco di fare il più possibile per aiutare Mia con Haru, ma almeno non dovete stare a centellinare troppo. » Lo sguardo, ora indecifrabile, forse un po' punto sul vivo, passò dalla busta a Raiden, poi di nuovo alla busta, poi di nuovo al fratello. « Raiden. » Gli disse. Un po' un ammonimento e un po' non lo sapeva nemmeno lei cosa. Le dispiaceva. « Raiden, guarda che io lavoro. » Pausa. Sembrava un rimprovero, sembrava persino stizzita, ma la verità era che era soltanto preoccupata marcia. Per te, per quell'altro disadattato. « Posso prendere qualcosa per la mamma, se può servire a farvi stare più tranquilli. Però per me non vi preoccupate. Me la cavo. Non mi sembra giusto. » Hai già una famiglia da mantenere. Una moglie, un figlio, e te stesso. Se pensi di mantenere anche me cosa mangi, pane e speranza? Al massimo lascio il College. Momentaneamente. A quel pensiero aggrottò appena la fronte, incrociando le braccia al petto. « La mamma come sta? » Eriko bevve un altro sorso di caffè. Eh, come sta? « Bene. Se la cava. » Quantomeno non era nella depressione nera di quando aveva creduto Raiden morto. Non sapeva dove si trovassero due dei suoi figli, era vero, ma sapeva che fossero vivi. E, per paradosso, era qualcosa. « Stavo pensando di chiedere a Percy Watson se possiamo inventarci qualcosa per infilarla a lavorare a scuola. Un corso per i bambini, pomeridiano, non so. Non mi va che faccia troppo lavoro fisico. Lo sai che si stanca. E in generale non è una cosa che sta bene. » Non se ha una figlia con tutti gli arti funzionanti. « In generale è preoccupata. Penso sia normale. Ma... finché non è sola è tutto gestibilissimo. Poi vabbè - lo sai com'è mamma. » Le basta sapere che Haru sta bene, e sta automaticamente meglio. « Tu? Ci sono novità? Si sta smuovendo qualcosa? »



    Edited by masterm#nd - 23/1/2024, 12:41
     
    .
  3.     +2    
     
    .
    Avatar

    dauntless

    Group
    Ricercati
    Posts
    915
    Reputation
    +1,126

    Status
    Anonymes!

    BFg83m2
    « Al massimo sono io che ne sto dando a loro. » Sorrise. Aveva dubbi? No, assolutamente. Eriko era considerata un osso duro persino in Giappone, dove le autorità tendevano ad essere decisamente meno morbide e accorte.. figuriamoci lì. Raiden poi, che per quasi un annetto aveva lavorato nel QGA, sapeva bene con che tipo di persone e metodi avessero a che fare. Nulla a che vedere con quella che invece era stata la loro, di formazione. Il che non era poi così positivo, ma in situazioni del genere tornava certamente utile. « Oggi tale Foster mi ha chiesto come mai seguissi te ed Hiroshi su wiztagram. Questa domanda ha dato il via ad una bella mezz'ora - più per me che per lui. » Rise di gusto a quelle parole. « Certo che non sanno davvero che pesci prendere. Tanto valeva chiederti di motivare la tua scelta di nascere proprio nella mia stessa famiglia. » Incompetenza ai massimi livelli, signori. « Me la spieghi questa cosa, tra l'altro? Com'è che improvvisamente così tanta gente sta ritrovando il proprio influencer interiore? Te l'hanno mai detto che per fare l'influencer quantomeno non devi avere il profilo privato? » Sollevò le sopracciglia, facendo spallucce. « Poi ti spiego tutto, promesso. Una cosa alla volta. » E infatti la priorità assoluta Raiden la diede al consegnare alla sorella ciò che le aveva portato. Nonostante fosse consapevole che Eriko non avrebbe accettato tanto facilmente i soldi, in cuor suo sperava che non avrebbe insistito troppo. D'altronde loro ne avevano ben più bisogno di lui, e a Raiden la vita spartana non era mai pesata quando limitata a se stesso e nessun altro. Tanto che ci farei? Il necessario per campare ce l'ho. Di andare a fare aperitivo con gli amici non mi interessa onestamente. « Raiden. Raiden, guarda che io lavoro. » E quindi? Non lo disse, ma il suo sguardo era sufficientemente eloquente da lasciarlo ad intendere. « Eriko, lo so come sono le condizioni nel ghetto. » E no, non era di certo un posto in cui impegnandosi si poteva far carriera o in cui il lavoro veniva anche solo onestamente retribuito. « Posso prendere qualcosa per la mamma, se può servire a farvi stare più tranquilli. Però per me non vi preoccupate. Me la cavo. Non mi sembra giusto. » « L'importante è che li prendi. Poi quello che ci vuoi fare non è affare mio. Ma se è la giustizia che ti preoccupa.. non ci pensare nemmeno. Io e Hiro due conti in tasca ce li sappiamo fare, e i nostri limiti li conosciamo. Stiamo bene così, davvero. » Stirò un sorriso, annuendo leggermente come a tentare di rafforzare quel concetto. Non sapeva quanto Eriko ci avrebbe creduto, conoscendo le tendenze del fratello, ma sperava che gli avrebbe concesso lo stesso quel tentativo di aiutare lei e Hanna. Forse era anche questo il punto: a Raiden mancava sentirsi parte della famiglia, avere il proprio ruolo, prendersi cura di tutti. E un po', di quella situazione in cui si trovavano, si sentiva anche responsabile. Se avesse scelto di rimanere in Giappone, se avesse tenuto fede al proposito di mettere fine a quella carriera, se avesse fatto meglio il suo lavoro quando gli auror erano entrati ad Inverness.. forse adesso non sarebbero stati lì. Forse tutta questa cosa non sarebbe stata evitabile lo stesso. Magari ci saremmo ritrovati in ogni caso a fare i morti di fame in un ghetto, ma quanto meno saremmo stati tutti sulla stessa barca. Si sarebbe comportato diversamente allora? Non avrebbe sentito la necessità di prendere anche più lavori di quanti il suo corpo si potesse permettere, pur di sostenere al meglio la sua famiglia? No, probabilmente non sarebbe cambiato nulla. Raiden sarebbe sempre stato Raiden - dentro o fuori da un ghetto, con un lavoro o con un altro. « Bene. Se la cava. » Annuì piano, distogliendo lo sguardo perché forse non voleva vedere negli occhi della sorella il segnale del contrario. « Stavo pensando di chiedere a Percy Watson se possiamo inventarci qualcosa per infilarla a lavorare a scuola. Un corso per i bambini, pomeridiano, non so. Non mi va che faccia troppo lavoro fisico. Lo sai che si stanca. E in generale non è una cosa che sta bene. » « Sì beh se è possibile non sarebbe male. In fondo lei sta lì dentro solo perché mi ha partorito. » Hanno persone peggiori, a cui negare quei posti di lavoro. « In generale è preoccupata. Penso sia normale. Ma... finché non è sola è tutto gestibilissimo. Poi vabbè - lo sai com'è mamma. » Sospirò, annuendo ancora. Hanna ne aveva viste di cotte e di crude, ma soprattutto di decisamente peggiori. Quando si trattava di lei, però, Raiden si comportava sempre come se camminasse sui gusci d'uovo, timoroso di fare l'ennesimo passo falso e ferirla. Ne aveva passate tante, anche troppe, e nonostante alcune fossero frutto dei suoi stessi errori, il giovane Yagami non era mai riuscito a fargliene del tutto una colpa. Le aveva trovato scuse, anche quando era stata la sua di pelle a pagare quegli errori a caro prezzo. Aveva sempre trovato motivi, alibi, ragioni - qualunque cosa pur di perdonarla e non infierire su quei sensi di colpa che, ne era certo, Hanna ancora portava nel cuore. « Tu? Ci sono novità? Si sta smuovendo qualcosa? » La domanda lo riscosse dai pensieri, sollevando dalla sua fronte quella piccola ruga formatasi dalla tristezza a cui tutte quelle considerazioni lo portavano di volta in volta. « Sì e no. » introdusse, portandosi il bicchiere alle labbra per prendere un piccolo sorso di caffè prima di posarlo a terra e poggiare i gomiti sui due braccioli. « Con Tris ci siamo incontrati praticamente per caso. Adesso lavora insieme a me e Hiroshi, ma quando l'ho vista io non aveva contatti con nessuno. È stato.. dolce-amaro diciamo. Da una parte ritrovarla mi ha fatto sentire un po' meno solo, dall'altra era un po' la conferma che la nostra fosse una nave senza nocchiere. » Sospirò. « Fortunatamente poco dopo siamo stati richiamati tutti a raccolta da Potter e dalla Carrow. Pare che abbiano passato tutto questo tempo a mettere in piedi un sistema di appoggio abbastanza solido per la resistenza. L'Ordine della Fenice - è così che l'hanno chiamato. » Di quel nome, Raiden aveva già sentito parlare, come più o meno ogni anima nel mondo magico. Tuttavia per uno come lui era pur sempre solo un nome, parzialmente vuoto del significato che invece assumeva per altri. « Da qui la cosa dei post. Tris ha proposto di fare questa cosa per mostrarci compatti e far fare un po' la figura dei cretini a quelli di Minerva. E.. beh, immagino anche per dare un pochino di speranza a chi magari non è d'accordo ma non ha il coraggio di dire nulla o non sa cosa fare. » Dubitava che per raggiungere quelle persone sarebbe bastato qualche post su Wiztagram, ma da qualche parte si doveva pur iniziare. « E in sostanza siamo usciti da lì con il compito di fare questa cosa e prendere contatti con la gente che sta ad Iron Garden in modo da compattarci e avere un po' di insight sulla situazione nel ghetto. » Scrollò le spalle, piegandosi dunque a riprendere la tazza di caffè per berne un sorso. « Tutto qui al momento. A Mia ho già comunicato la questione, con te intendevo parlarne adesso, e poi organizzerò un incontro anche con Jerome per metterlo al corrente. Non ho fatto ancora in tempo a reperire dei cellulari sicuri da utilizzare per comunicare con noi, ma li farò avere a lui. » Il punto Jerome gli dava un po' pensiero: conoscendo il fratello di Mia e consapevole di non essere la sua persona preferita, non sapeva davvero cosa aspettarsi da quell'incontro, ma aveva sufficiente fiducia nel fatto che il buon senso lo avrebbe portato a scambiarsi con lui in maniera civile su questioni di quell'importanza. « Voglio parlare con lui anche perché ci sono delle cose di Mia che mi preoccupano un po'.. e c'entrano anche con ciò di cui abbiamo parlato alla riunione. » Fece una pausa, bevendo un sorso di caffè mentre gli occhi guizzavano in quelli della sorella. « Tu sai qualcosa del Pulse? » Se conosceva Mia, probabilmente doveva aver evitato di mettere Eriko al corrente di quei suoi movimenti, guidata dalla certezza quasi matematica che il tutto sarebbe stato riferito proprio a lui. Ma adesso che la diretta interessata glielo aveva rivelato, forse poteva essersi scambiata anche con Eriko sulla questione. E se pure non lo avesse fatto, non era comunque detto che lei non fosse già di suo consapevole dell'esistenza di quel locale e di ciò che avveniva al suo interno. Su questo fronte, d'altronde, ci servono tutti operativi.

     
    .
  4.     +2    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,304
    Reputation
    +1,296

    Status
    Anonymes!
    « Eriko, lo so come sono le condizioni nel ghetto. » E quindi? La più piccola sostenne lo sguardo del fratello, inarcando un sopracciglio a sottolineare che di certo non si aspettava Raiden fosse all'oscuro delle condizioni in cui viveva gran parte della sua famiglia. Il punto di Eriko però non era certamente quello. Non stavo mica cercando di rifiutare quei soldi per il puro gusto di farlo. No, non era così. In un altro momento, anzi, la mora avrebbe volentieri accettato quel dono venuto dal cielo. D'altra parte, per quanto non fosse materialista, in un certo qual senso, forse per via del suo status di più piccola di casa, si era sempre sentita viziata da entrambi i fratelli. Sebbene fossero soliti punzecchiarsi, nessuno dei due maggiori le aveva mai fatto mancare nulla, né l'aveva mai fatta sentire trascurata in alcun modo. Raiden in particolare, consapevole della necessità dell'altra di sentirsi importante, non aveva mai mancato di dedicarle il tempo e le attenzioni che l'altra richiedeva. O pretendeva, a seconda dei casi. Quella volta però era diverso. Quella situazione in sé rientrava in un'area un po' grigia per Eriko, conflittuale in un certo senso. Se da un lato era più che conscia del bisogno di quei soldi, dall'altro si sentiva quasi umiliata dalla prospettiva di doverli accettare. Lo capiva, da qualche parte nel suo intimo, che non fosse colpa del fratello. Capiva che stesse cercando di aiutarla per come poteva, di non farla sentire abbandonata a sé stessa in un contesto che definire poco vivibile sarebbe stato un eufemismo, eppure le bruciava da morire. Si trovava per l'ennesima volta a non avere scelta, a dover chinare il capo ed accettare quell'offerta impossibilitata a far altro che quello. Non un vizio, ma una necessità. Per di più doveva farlo con la consapevolezza che alla sua controparte fossero costati ore di duro lavoro, lontano dalla maggioranza dei suoi cari, che non potevano far altro che dipendere da lui per quell'aiuto economico. Non posso fare niente, di nuovo. A parte la bella statuina al ghetto. Era per questo che Eriko aveva insistito così tanto per venire con loro. Forse al tempo non sapeva ancora che il tutto si sarebbe srotolato in quella maniera, non poteva d'altronde nemmeno volendo, ma sapeva che ci fosse bisogno di lei. In qualche maniera sarebbe stata utile, lo sapeva, ed aveva la presunzione di credere fermamente che lo sarebbe stata molto più che ad Iron Garden. Lì cosa faccio? Interrogatori infiniti con gli Auror? Compagnia alla mamma? Le sembrava quasi irrisorio se confrontato alle condizioni di Raiden ed Hiro. Inutile. Ed Eriko detestava sentirsi inutile, maggiormente perché quella sensazione andava a toccare un nervo scoperto. Sembrava il memento di una costante. Inutile lo era adesso, inutile lo era stata quando Raiden aveva dovuto scapparsene dal Giappone, ed inutile lo era stata anche quando lui ed Hiroshi venivano gonfiati di botte. Stupidamente, ai tempi, avrebbe voluto che Ichiro provasse a farlo anche con lei. Non tanto perché morisse dalla voglia di farsi pestare, quanto perché immaginava avrebbe capito il reale peso della cosa. E perché comunque, ne era convinta, le sarebbe pesato meno che non vivere nella consapevolezza di non poter fare niente e basta. Ecco, le sembrava di vivere nello stesso loop di allora: i fratelli chissà dove, ricercati dal Ministero, lei ad Iron Garden a fare le linguacce agli Auror. « L'importante è che li prendi. Poi quello che ci vuoi fare non è affare mio. Ma se è la giustizia che ti preoccupa.. non ci pensare nemmeno. Io e Hiro due conti in tasca ce li sappiamo fare, e i nostri limiti li conosciamo. Stiamo bene così, davvero. » Lo osservò attentamente, Eriko, sotto la luce al neon che, sospettava, non aveva ancora lunga vita. Si sarebbe probabilmente fulminata in via definitiva nel giro di qualche giorno. Il fratello non sembrava mostrare segni visibili di maltrattamento, eppure riusciva a vederne la stanchezza anche ad occhio nudo. Non ci voleva un genio a capire che lo Yagami lavorasse molto e dormisse soltanto lo stretto necessario. Lo esaminò forse più a lungo di quanto non sarebbe stato normale, ma alla fine strinse le labbra in una linea sottile prima di soffiare un sarcastico: « Avete addirittura imparato a contare? Questi sì che sono passi in avanti, Raiden! Le tabelline quando le iniziate? » Va bene. Hai vinto tu. Questo, ciò che sembrava dire la sua espressione corrucciata però, mentre si abbassava quel tanto sufficiente a raccogliere la busta da terra e mettersela accanto. ed infatti sbuffò in maniera appena udibile, prima di nascondersi nel bicchiere, dietro un sorso di caffè. Ci fu un momento, mentre la loro conversazione scorreva, dove la Yagami non poté far altro che lanciare un'ulteriore occhiataccia al fratello, punta di nuovo sul vivo dal suo: « Sì beh se è possibile non sarebbe male. In fondo lei sta lì dentro solo perché mi ha partorito. » Forse avrebbe fatto meglio a mordersi la lingua, per una volta, ma quel commento buttato lì con così tanta leggerezza semplicemente la ferì. « Ah. Stai cercando di dirmi che tu ed Hiro avete deciso di finalizzare il fatto che il nostro trio debba diventare un duo dopo una lunga riflessione? O che sono stata adottata? In entrambi i casi devo farti i complimenti per il tatto. » Una pausa. Nonostante il sarcasmo della voce, lo sguardo della giapponese era incredibilmente serio. Io sono come te, Raiden. « Vedi di farti passare questa fisima che la situazione in cui ci troviamo sia colpa tua, per cortesia. » Si sporse appena verso di lui, aggrottando le sopracciglia.
    « Talmente che la colpa è tua, guarda, che effettivamente il Giappone ha dato il ben servito anche ad Hiro senza che fosse come te. »
    Si prese un attimo per osservarlo ben bene, l'espressione che si distendeva un poco, appena più morbida ora: « Capisco essere responsabili, Raiden, però... no. Questa è una cosa troppo grossa per le tue spalle. »
    Tornò a poggiarsi allo schienale della poltroncina, accavallando le gambe per ascoltare di nuovo con attenzione gli aggiornamenti del maggiore. « Sì e no. Con Tris ci siamo incontrati praticamente per caso. Adesso lavora insieme a me e Hiroshi, ma quando l'ho vista io non aveva contatti con nessuno. È stato.. dolce-amaro diciamo. Da una parte ritrovarla mi ha fatto sentire un po' meno solo, dall'altra era un po' la conferma che la nostra fosse una nave senza nocchiere. Fortunatamente poco dopo siamo stati richiamati tutti a raccolta da Potter e dalla Carrow. Pare che abbiano passato tutto questo tempo a mettere in piedi un sistema di appoggio abbastanza solido per la resistenza. L'Ordine della Fenice - è così che l'hanno chiamato. » Annuì, pensosa. Eriko si era sempre interessata di storia e, una volta sbarcata in terra britannica, aveva impiegato poco ad aggiornarsi su quella del posto. Il nome le era noto. Con ogni probabilità, se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe anche saputo elencarne i vecchi membri a menadito. Però un nome resta solo quello - un nome. Almeno finché non gli si rende giustizia. « Che vuol dire rete di appoggio? » Gli domandò pragmatica. « Che garanzie sono riusciti a darvi? » Garanzie. Sicurezze. Punti di appoggio. Eriko era ben consapevole del fatto che mettere in piedi qualsiasi tipologia di meccanismo che coinvolgesse delle persone richiedeva del tempo. Le cose si complicavano ulteriormente quando questi piani coinvolgevano persone colpevoli di fronte alla legge o in cattività, come nel loro caso. Per questo le risultava naturale ragionare in maniera pratica. Dal suo punto di vista era molto semplice riempirsi la bocca di paroloni, ma avere un'idea del punto di partenza poteva essere utile per stimare quanto lavoro ci fosse ancora da fare. Senza contare che, egoisticamente, un po' lo pretendeva, di sapere i fratelli al sicuro. Se possibile, in condizioni migliori di altri nella loro stessa posizione. Si sono fatti un culo così per aiutarvi tutti. E non ve lo dovevano nemmeno. « Da qui la cosa dei post. Tris ha proposto di fare questa cosa per mostrarci compatti e far fare un po' la figura dei cretini a quelli di Minerva. E.. beh, immagino anche per dare un pochino di speranza a chi magari non è d'accordo ma non ha il coraggio di dire nulla o non sa cosa fare. » Eriko sollevò le sopracciglia. Non sapeva che pensare in merito. Da un lato il far fare figure di merda ai ministeriali stava certamente funzionando - il suo ultimo interrogatorio ne era solo una prova - ma avrebbe davvero sortito l'effetto sperato? Questo non sapeva ancora determinarlo. Senza contare che, comunque, sperava quello non fosse l'unico aggiornamento, e che la questione dei social servisse soltanto come diversivo per qualcosa di più importante. Più grosso. « E in sostanza siamo usciti da lì con il compito di fare questa cosa e prendere contatti con la gente che sta ad Iron Garden in modo da compattarci e avere un po' di insight sulla situazione nel ghetto. » Emise un lungo verso pensoso. « Vabbè. In sostanza è ancora molto lunga. » Fu il suo commento. Non c'era particolare acidità nel suo tono nuovamente pragmatico. In fondo, per quanto la sua posizione potesse bruciarle, considerato quanto Raiden le aveva detto e a come aveva incontrato la Morgenstern, non era difficile immaginare che il tutto stesse giusto cominciando a prendere forma. « C'è qualcosa che possiamo fare da Iron Garden? A parte far andare virali i post, si intende. » L'ultimo commento era stato forse un po' scettico, ma solo perché le bruciava la condizione di non poter fare di più per essere utile. « Tutto qui al momento. A Mia ho già comunicato la questione, con te intendevo parlarne adesso, e poi organizzerò un incontro anche con Jerome per metterlo al corrente. Non ho fatto ancora in tempo a reperire dei cellulari sicuri da utilizzare per comunicare con noi, ma li farò avere a lui. Voglio parlare con lui anche perché ci sono delle cose di Mia che mi preoccupano un po'.. e c'entrano anche con ciò di cui abbiamo parlato alla riunione. » La più piccola gli lanciò un'occhiata inquisitiva a sentir nominare la cognata. « Quali cose? » Gli domandò. Che ha combinato Mia? Fu un pensiero istintivo, quello, dettato più dalla preoccupazione che da un desiderio di puntare il dito contro la cognata. La vedeva spesso, in fondo, e spesso le aveva tenuto Haru. Forse, alle volte, si era immaginata addirittura che l'altra potesse non essere proprio in giri auspicabili. Ma d'altra parte chi lo era, nel ghetto? Eppure, se Mia era colpevole di qualcosa, altrettanto lo era Eriko. Perché non aveva mai indagato, nonostante il pensiero le fosse talvolta balenato in testa. Aveva distolto lo sguardo nella speranza che non fosse nulla di troppo grave. « Tu sai qualcosa del Pulse? » Aggrottò la fronte, chiaramente impegnata a riflettere sulla domanda di Raiden. « Sì. Ho sentito qualcosa, al College. » A differenza di tanti altri, Eriko aveva un enorme vantaggio - quello di frequentare il mondo esterno quel tanto che bastava da non perderci i contatti. Per di più frequentava Magisprudenza - non era una sorpresa per nessuno che la facoltà pullulasse di figli di papà che quella laurea la volevano soltanto perché faceva figo avercela. Ovviamente, almeno da quando si trovava ad Iron Garden, la giapponese si era spesso trovata ad essere scansata dai colleghi, soprattutto coloro i quali si trovavano, ideologicamente, dall'altra parte rispetto a lei e che quindi la consideravano un po' una criminale mancata, ma questo le dava la possibilità di essere spesso invisibile. « Non ne ho ben capito la collocazione esatta in quel di Londra, ma dovrebbe essere un locale di lotta clandestina? » Una pausa che impegnò a rievocare la conversazione origliata per caso tra colleghi più grandi, che non le avevano prestato alcuna attenzione, forse convinti che non potesse capirli, o che non stesse prestando loro attenzione dal momento che aveva le cuffie infilate nelle orecchie. « So che alcuni figli di papà, di ministeriali, vanno a scommetterci soldi. A combattere sono Creature, immagino, perché il tipo parlava di una mezza-veela. Non so altro però. » Non disse altro per qualche istante, impegnata a scandagliare il volto di Raiden, mentre da qualche parte nella sua testa si accendeva una spia d'emergenza. « Aspetta. Perché me lo chiedi? » Un nodo allo stomaco accompagnato da una sensazione di disagio. Allarme persino. C'entra con Mia? Che mi sono persa?




    Edited by masterm#nd - 23/1/2024, 12:43
     
    .
  5.     +2    
     
    .
    Avatar

    dauntless

    Group
    Ricercati
    Posts
    915
    Reputation
    +1,126

    Status
    Anonymes!

    « Sì. Ho sentito qualcosa, al College. » Sollevò le sopracciglia, raddrizzando appena le spalle. Raiden aveva per lo più lanciato quella domanda a mo' di tentativo, senza tuttavia sperare troppo in una risposta. Non era certo che Eriko avesse informazioni, e conoscendo la sorella non credeva nemmeno che potesse aver fatto la stessa scelta di Mia. Perché tu lo sai molto bene che quegli ambienti ti chiedono più di quanto promettono. « Non ne ho ben capito la collocazione esatta in quel di Londra, ma dovrebbe essere un locale di lotta clandestina? » Annuì, portandosi il bicchiere di caffè alle labbra per prenderne un piccolo sorso. « Sì, da quel che so. Credo che per lo più ingaggino creature, o comunque gente del ghetto. » Insomma, i disperati; quelli che avevano ben poco da perdere e quasi tutto da guadagnare. Era semplice far leva su quelle persone, chiedere loro di scendere a compromessi con la propria dignità in cambio di uno sprazzo di normalità venduto come un privilegio per cui dover strisciare. E Raiden non era diverso. Cambiava il luogo, cambiavano le persone, ma la morale era sempre la stessa: pur di rimanere a galla era costretto a sacrificare i propri principi e la propria dignità, vendendosi a qualcuno che l'avrebbe tranquillamente masticato e sputato via se e quando la sua utilità fosse esaurita o a convenienza. « So che alcuni figli di papà, di ministeriali, vanno a scommetterci soldi. A
    6883a51ba10ee8d84390aa303dc8fc7472eecf3c
    combattere sono Creature, immagino, perché il tipo parlava di una mezza-veela. Non so altro però. »
    Strinse leggermente le labbra, annuendo piano. Forse era meglio così - che Eriko ne sapesse poco - perché significava che quei giri non fossero arrivati ancora sufficientemente vicino da far schizzare il fango sulle sue scarpe. « Aspetta. Perché me lo chiedi? » Se lo doveva aspettare. Eriko non era mai stata il tipo di persona da lasciare le cose a metà, o anche solo sorvolare su una questione che forse non era stata approfondita per un motivo. Forse era meglio se non avessi nominato Mia. Ma del senno del poi son piene le fosse. E forse, sotto sotto, Eriko era anche la persona di cui si fidava di più in quel frangente. Non poteva essere certo di come avrebbe reagito, né di cosa avrebbe fatto o come avrebbe interpretato la sua preoccupazione, ma sapeva che - almeno interiormente - lo avrebbe un po' capito. Anche perché non è che Mia stia andando tipo a farsi una canna con le amiche. Sta rischiando grosso, e non credo se ne renda nemmeno pienamente conto. Prese un altro sorso di caffè, dandosi tempo per riflettere su come parlare di quella situazione senza farla partire troppo per la tangente. Poi prese un sospiro, sollevando gli occhi in quelli della sorella. « Innanzitutto devi promettermi che quello che ti dico rimarrà qui dentro e non ne farai parola con nessuno.. soprattutto con Mia. » Fece una pausa. « Ne parlerò anche con Jerome. Perché è suo fratello, e perché eventualmente può essere utile anche nell'obiettivo generale di smantellare quello schifo. » Sempre che si senta in vena di collaborare, con me nello specifico. Su questo non poteva contarci troppo, ma per quanto il rapporto tra lui e il giovane Wallace non fosse dei migliori, non lo considerava uno stupido. Magari sulla faccia non mi darà mai la soddisfazione di prendermi sul serio, ma di quella me ne faccio poco. L'importante è mettere fine a questa storia. E Jerome non è uno sciocco, spero capirà da solo con cosa - e con chi - abbiamo a che fare. « Mia c'entra perché è una di quelle creature. » Semplice e diretto. Raiden non era mai stato il tipo da battere il can per l'aia: se una cosa era riassumibile in tre parole, tre parole avrebbe usato. « Se hai avuto modo di chiederti come Haru possa permettersi le medicine per bambini, i giocattoli e quant'altro.. è questo il motivo. Non io. O quanto meno il mio contributo è solo parziale. » Sebbene il problema principale non fosse di certo questo, anche l'idea che Mia dovesse abbassarsi a un tale livello, Raiden la percepiva comunque come una propria mancanza; come se le scelte di lei fossero frutto del suo non essere più in grado di garantirle lo stile di vita che avevano avuto in precedenza. E questo, a sua volta, aveva innescato la foga di Raiden nel prendere sempre più turni, lavorare sempre più sodo, più a lungo; come se eliminare la presunta radice di quel problema potesse sistemare le cose. « E.. Eriko, io davvero lo capisco che lì dentro tutti si devono trovare qualcosa di poco pulito per sopravvivere, ma questo è diverso. » Non aveva nemmeno bisogno di elencarle tutti i motivi, Eriko conosceva benissimo quegli ambienti. Aveva passato sufficiente tempo nell'esercito giapponese da sapere esattamente chi era il tipo di persone con cui avevano a che fare e quali rischi c'erano in ballo. « Non te lo sto dicendo perché voglio che tu faccia qualcosa a riguardo. Anzi, se non le dici niente è meglio. » Perché sarebbe capace di intestardirsi anche di più se viene a sapere che te l'ho detto. « Però ecco.. stalle vicino, cerca di darle una mano. » Le rivolse un'occhiata, stirando un sorriso tenue, dai tratti un po' malinconici. Si sentiva così impotente, nel sapere di non poter fare niente per cambiare quella situazione - per accertarsi che Mia fosse al sicuro, che vivesse serenamente senza doversi guardare costantemente le spalle. Sospirò leggero, portandosi il bicchiere alle labbra in un attimo in cui sentì il bisogno di distogliere lo sguardo dal suo, nel tentativo di nasconderle quell'amarezza che non aveva comunque bisogno di prove per essere dedotta. « Ma non è solo una questione personale. » Per quanto il fatto che Mia fosse coinvolta gli premesse più di qualunque altra cosa, Raiden era pur sempre un soldato, e aveva un obiettivo ben preciso. « Abbiamo bisogno di portare il Pulse agli occhi di tutti. Di far vedere chi è veramente questo Messia. » Riportò lo sguardo in quello di Eriko. « Da ricercati non ci possiamo avvicinare - non al momento, almeno. » Non senza una copertura, o senza sapere nulla del luogo e delle persone che lo frequentano. « Mia ha detto di essere stata agganciata da un Auror. Non mi ha detto il suo nome, ma è plausibile che nel ghetto ci siano diversi ministeriali con il compito di reclutare creature o voltare lo sguardo altrove quando si tratta di ripagare la prestazione. » Le rivolse un'occhiata eloquente. Poteva già immaginare dove stesse andando a parare. Eriko aveva tutti gli strumenti tattici e fisici per affrontare un compito del genere. « Dobbiamo sapere chi sono, come agiscono, i loro spostamenti.. tutto ciò a cui possiamo arrivare. » Pausa. « Non ti chiedo se ne sei capace, perché so che lo sei. Ti chiedo solo se accetti il compito. »

     
    .
  6.     +2    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,304
    Reputation
    +1,296

    Status
    Anonymes!
    « Innanzitutto devi promettermi che quello che ti dico rimarrà qui dentro e non ne farai parola con nessuno.. soprattutto con Mia. Ne parlerò anche con Jerome. Perché è suo fratello, e perché eventualmente può essere utile anche nell'obiettivo generale di smantellare quello schifo. » Cominciamo bene. Da dietro il bicchiere di caffè, lo sguardo di lei saettò comunque alla ricerca di quello del fratello. Rimase così per qualche secondo prima di emettere un basso verso d'assenso. D'altra parte, se voleva capirne di più di tutta quella storia, non poteva far altro che assecondarlo, Raiden. Eppure questa premessa va solo a consolidare il mio pensiero di fondo - che Mia c'entri davvero qualcosa. Quello che inizialmente era partito come un vago sospetto, uno al quale la giovane Yagami per prima non aveva voluto dare un nome, stava trasformandosi sempre più rapidamente in una spiacevole realtà. Cioè mi sono volutamente voltata dall'altra parte mentre mia cognata si faceva gonfiare di botte? É questo? Strinse appena le labbra, la giapponese, nel tentativo di reprimere bile e rabbia che cominciavano a risalire, restando immobile a fissare il fratello maggiore in palese attesa della bomba che, ormai lo sapeva, sarebbe arrivata di lì a qualche istante. « Mia c'entra perché è una di quelle creature. » «何だよ?! » Cosa cazzo?! Sì, nonostante un po' se lo fosse aspettato, sentirselo dire dritto per dritto, portò comunque la reazione istintiva di sincerarsi di quel che era appena giunto alle sue orecchie. « E le è sembrata una buona idea perché..?! » Nell'osservare Raiden con due occhi enormi, da qualche parte nella sua testa, Eriko aveva cominciato ad unire rapidamente i puntini. Le volte che la cognata le aveva chiesto di tenere Haru ad orari particolari. Quelle in cui le era sembrata particolarmente giù di corda o stanca. Ma anche il quantitativo di giocattoli che il piccolo di casa aveva a disposizione. Ora i conti tornavano. Tuttavia, oltre alla comprensibile rabbia dovuta a quella scoperta, Eriko provava anche una buona dose di imbarazzo. No, ancor meglio - vergogna. Si vergognava perché, pur avendo notato cose che non le tornavano, aveva fatto la scelta consapevole di far finta di non vedere. Forse perché aveva sempre sperato che, qualunque cosa Mia facesse, non fosse nulla di così preoccupante. Così fuori dal seminato. « Se hai avuto modo di chiederti come Haru possa permettersi le medicine per bambini, i giocattoli e quant'altro.. è questo il motivo. Non io. O quanto meno il mio contributo è solo parziale. E.. Eriko, io davvero lo capisco che lì dentro tutti si devono trovare qualcosa di poco pulito per sopravvivere, ma questo è diverso. Non te lo sto dicendo perché voglio che tu faccia qualcosa a riguardo. Anzi, se non le dici niente è meglio. Però ecco.. stalle vicino, cerca di darle una mano. » Quelle parole di Raiden, come un po' tutto il discorso, lo accolse soltanto il rumore dei suoi respiri cadenzati. Era evidente che quella scoperta l'avesse infastidita molto - lo sguardo ora pericolosamente sottile mentre si mordeva l'interno guancia. « Non ci posso credere che mi sono fatta infinocchiare su una cosa del genere! » Sbottò alla fine, incapace di far altro. Se ne vergognava, sì, ma di certo non avrebbe ignorato la propria mancanza per farsi bella, Eriko, non davanti al fratello maggiore che le apriva gli occhi su una realtà del genere. « Non ci posso pensare che io le tenevo Haru, e lei... che cazzo! » Più che effettiva rabbia però, quella di Eriko per la gran parte era frustrazione.
    leejieun_hdl_04-071]
    « É anche colpa mia, Raiden. Mi dispiace. Avrei dovuto fare più domande e stare più attenta. » Ed era estremamente raro che Eriko chiedesse scusa, ma era sinceramente costernata. Non solo sentiva di essere venuta meno alla promessa di tenere quanto più al sicuro possibile la loro famiglia, ma la sua negligenza aveva anche permesso che Mia corresse ulteriori rischi. « Vabbè, inutile dire che non ricapiterà più e che se vuoi che non le dica di esserne al corrente, non glielo dirò. » Passò qualche attimo in cui la giovane tornava a torturarsi ancora l'interno guancia, visibilmente corrucciata. « Però, Raiden - io non credo questa scelta sia scaturita da una necessità soltanto economica. Sia chiaro! » E qui sollevò l'indice della sinistra, un po' ad attirare l'attenzione del fratello ed un po' a ribadire il concetto. « Non voglio giustificare né la mia mancanza, né tantomeno la scelta kamikaze di tua moglie. Però...» Però? « Stare al ghetto è frustrante. E mi dirai - e noi che dobbiamo dire? - e ci starebbe. Farebbe pure parte del mio punto in realtà. » Fece una pausa, un'espressione ed uno sguardo serissimi. « Ad Iron Garden ci sfiniamo per fondamentalmente il nulla - l'hai detto da solo che sai come sono le condizioni al ghetto - lei sa che ti spacchi per aiutarci... e per favore, non attaccarmi la solfa del è il minimo, perché io ti conosco abbastanza da sapere che tu il minimo non lo facevi nemmeno all'asilo. E come lo so io, lo sa anche lei. In tutto questo sa di non poter fare nulla di concreto per aiutarti, ed anzi, non può far altro che prendere. E fa sentire un sacco impotente, questa cosa. » Prese un sorso di caffè per sciacquarsi la bocca ma, tesa com'era, nemmeno ne percepì davvero il sapore. « Tu invece senti di dover provvedere perché di base... che altro puoi fare? Un cane che si morde la coda. » Un momento di silenzio dove il suo sguardo pareva dire è normale che tutti abbiano perso l'equilibrio. « Comunque sia, ripeto: non sto difendendo né Mia né tantomeno il tuo stacanovismo. Posso capire entrambe le cose, ma voglio sperare che lei se ne stia tirando fuori. E che anche tu capisca di essere fatto di carne. » Perché lo so che ti sfianchi. Lo vedo. Con un altro sospiro lasciò che il fratello portasse il discorso verso il prossimo punto, le labbra ancora strette in una linea sottile. Il fastidio non le era passato, ma si stava costringendo ad essere vigile ed operativa. « Ma non è solo una questione personale. Abbiamo bisogno di portare il Pulse agli occhi di tutti. Di far vedere chi è veramente questo Messia. Mia ha detto di essere stata agganciata da un Auror. Non mi ha detto il suo nome, ma è plausibile che nel ghetto ci siano diversi ministeriali con il compito di reclutare creature o voltare lo sguardo altrove quando si tratta di ripagare la prestazione. » A quelle parole lo sguardo della giovane si fece, se possibile, ancora più attento. Sembrava quasi potesse prevedere cosa Raiden le avrebbe detto di lì a breve, di nuovo, ed era evidente da come all'improvviso aveva raddrizzato la schiena, quasi pendesse dalle sue labbra. Era così, a conti fatti. « Dobbiamo sapere chi sono, come agiscono, i loro spostamenti.. tutto ciò a cui possiamo arrivare. Non ti chiedo se ne sei capace, perché so che lo sei. Ti chiedo solo se accetti il compito.» Eriko gli lanciò un'occhiata quasi sarcastica, il sopracciglio sollevato, prima di proferire: « Potrei rifiutare solo qualora conoscessi qualcuno di più adatto di me. » Gli disse, col tono di chi implicava l'ovvio con quell'affermazione. Sappiamo entrambi che non conosci nessuno di più qualificato, no? « Quanto tempo ho? O meglio - quanto vorresti metterci, idealmente? » Una domanda estremamente concreta, quella della giapponese. Eriko non era tipa da voli pindarici. Quando si trattava di questioni come quella pensava in maniera dettagliata - perché di dettaglio non potevano permettersi di farsene sfuggire nemmeno mezzo - e per scadenze. Qualsiasi operazione grossa, d'altra parte, richiedeva quel genere di forma di pensiero. « Al ghetto ci lavora il tuo amico - Cunningham. Quanto è affidabile? Potrebbe essere un punto di contatto con quella realtà. » Pausa. « Se però non ti fidi a sufficienza, dovrò obbligatoriamente calcare altre strade. Che non è detto che siano più sicure - te lo dico già ora: se dovessi trovarmi costretta ad entrarci, al Pulse, e dovessi reputarlo necessario, non farò la pappamolle che si tira indietro all'ultimo e fa saltare tutto. Cercherò di evitarlo, ovviamente, ma lo sai come vanno queste cose. » Andavano con continui imprevisti, ecco come. « Continuerò intanto a tenere d'occhio anche la gente al college. Lì sono più rilassati quindi automaticamente più inclini a parlare troppo. Pareri? Suggerimenti? »




    Edited by masterm#nd - 23/1/2024, 12:38
     
    .
  7.     +2    
     
    .
    Avatar

    dauntless

    Group
    Ricercati
    Posts
    915
    Reputation
    +1,126

    Status
    Anonymes!

    « É anche colpa mia, Raiden. Mi dispiace. Avrei dovuto fare più domande e stare più attenta. » Scosse il capo, piano, tirando un breve sospiro. « Non è colpa tua. Non potevi immaginarlo. » Questo era ciò che Raiden diceva agli altri, consapevole del fatto che nulla di ciò che Mia gli aveva detto potesse essere in qualche modo prevedibile o prevenibile dall'esterno. Uno standard comprensivo che, tuttavia, il giapponese non sembrava capace di applicare anche a se stesso. In seguito a quelle rivelazioni aveva rimuginato molto, sentendosi responsabile delle scelte che sua moglie aveva fatto. Se avesse fatto di più, se avesse lavorato più duramente, se le fosse stato più vicino - tanti se a cui cercava affannosamente di porre rimedio, nel tentativo di colmare tutte quelle carenze e correre verso uno standard di perfezione che nemmeno nelle circostanze più rosee avrebbe potuto realisticamente raggiungere. « Vabbè, inutile dire che non ricapiterà più e che se vuoi che non le dica di esserne al corrente, non glielo dirò. Però, Raiden - io non credo questa scelta sia scaturita da una necessità soltanto economica. Sia chiaro! Non voglio giustificare né la mia mancanza, né tantomeno la scelta kamikaze di tua moglie. Però... » Però cosa? I suoi occhi scuri la guardavano alla ricerca di quella risposta, silenzioso. « Stare al ghetto è frustrante. E mi dirai - e noi che dobbiamo dire? - e ci starebbe. Farebbe pure parte del mio punto in realtà. Ad Iron Garden ci sfiniamo per fondamentalmente il nulla - l'hai detto da solo che sai come sono le condizioni al ghetto - lei sa che ti spacchi per aiutarci... e per favore, non attaccarmi la solfa del è il minimo, perché io ti conosco abbastanza da sapere che tu il minimo non lo facevi nemmeno all'asilo. E come lo so io, lo sa anche lei. In tutto questo sa di non poter fare nulla di concreto per aiutarti, ed anzi, non può far altro che prendere. E fa sentire un sacco impotente, questa cosa. » Scosse nuovamente il capo, questa volta con più veemenza. « Qua non si tratta di me, Eriko. Io non ho bisogno di essere aiutato. » Un mantra che si ripeteva perché forse, in questa maniera, anche lui ci avrebbe creduto. E perché sarebbe stato motivo di vergogna, ammettere il contrario. « Tu invece senti di dover provvedere perché di base... che altro puoi fare? Un cane che si morde la coda. Comunque sia, ripeto: non sto difendendo né Mia né tantomeno il tuo stacanovismo. Posso capire entrambe le cose, ma voglio sperare che lei se ne stia tirando fuori. E che anche tu capisca di essere fatto di carne. » Lo avrebbe mai capito, Raiden? Probabilmente no. Non era nella sua natura. O quanto meno gli insegnamenti impartiti da Hichiro e dall'esercito avevano messo radici abbastanza in profondità da modificare in maniera permanente l'atteggiamento di Raiden nei confronti di quelle cose. Non riusciva a contemplare la possibilità che esistesse un limite agli sforzi che poteva permettersi di fare, specialmente se quegli sforzi servivano a mantenere la propria famiglia. E a conti fatti avrebbe di gran lunga preferito uscire di senno per il sovraccarico piuttosto che fare i conti con l'idea di non aver fatto tutto ciò che poteva e doveva fare. È una questione di responsabilità. Sposarsi, avere dei figli - tu lo sai che io queste cose non le ho mai prese a cuor leggere, come un desiderio astratto di replicare una favoletta. Perché è bello - è stupendo - ma non è una favola. Quando hai una famiglia non puoi permetterti di pensare troppo a te stesso: vivi in condizione e al servizio di qualcun altro. Un sistema di valori, quello, che aveva condizionato tutte le scelte intraprese dal giovane Yagami, a partire dalla decisione di allontanarsi in solitaria e lasciare il resto della famiglia ad Iron Garden. Era una soluzione che gli piaceva? No, ovviamente. Egoisticamente avrebbe voluto portarsi tutti dietro e stare insieme anche nella disgrazia; era la sua coscienza, però, ad impedirgli di fare una cosa simile. C'erano pochi punti fissi nella morale di Raiden, ma quei pochi erano incisi nella pietra, e si sarebbe anche gettato da un ponte pur di non comprometterli.
    « Potrei rifiutare solo qualora conoscessi qualcuno di più adatto di me. » Sorrise, alzando appena gli occhi al soffitto in una bonaria presa in giro. « Quanto tempo ho? O meglio - quanto vorresti metterci, idealmente? » « Entro la primavera? Pensi che sia possibile? » Una tempistica che di certo non le avrebbe permesso di adagiarsi troppo sugli allori, ma nemmeno di affrontare il compito grossolanamente. Non è che abbiamo questa grande fretta, ma le cose cambiano velocemente e i ministeriali non sono tutti stupidi. Prendersela più comoda potrebbe esporci a più rischi del contrario. « Al ghetto ci lavora il tuo amico - Cunningham. Quanto è affidabile? Potrebbe essere un punto di contatto con quella realtà. Se però non ti fidi a sufficienza, dovrò obbligatoriamente calcare altre strade. Che non è detto che siano più sicure - te lo dico già ora: se dovessi trovarmi costretta ad entrarci, al Pulse, e dovessi reputarlo necessario, non farò la pappamolle che si tira indietro all'ultimo e fa saltare tutto. Cercherò di evitarlo, ovviamente, ma lo sai come vanno queste cose. » Annuì. Sì, lo sapeva bene. E per quanto volesse tenere Eriko il più possibile alla larga da quella realtà, sapeva di non poter controllare tutti gli imprevisti del caso - specialmente a distanza. « Continuerò intanto a tenere d'occhio anche la gente al college. Lì sono più rilassati quindi automaticamente più inclini a parlare troppo. Pareri? Suggerimenti? » Sospirò, portandosi la tazza di caffè alle labbra per prenderne l'ultimo sorso prima di appoggiarla vuota accanto alla poltrona. « Se riesci a trarre informazioni dai tuoi compagni non sarebbe male. Come ti dicevo, ho intenzione di parlarne anche con Jerome. Se sarà disposto ad aiutare, immagino che la cosa migliore sia compartimentalizzare. Siete entrambi nel ghetto, quindi potete guardare entrambi da vicino i meccanismi che si svolgono lì, ma tu sei anche al college. Quindi ti direi di concentrarti su quello e di lasciare eventualmente a lui il territorio di Iron Garden. » Fece una pausa, inclinando leggermente il capo di lato. « Anche perché immagino che lì dentro tu sia molto più tenuta d'occhio di lui. » Ciò non toglieva che a certe informazioni potesse arrivarci comunque - pur con una certa cautela - ma era innegabile che al campus avrebbe potuto agire con più tranquillità. « E poi suppongo che al campus si concentrino di più i clienti del Pulse, mentre ad Iron Garden i lavoratori - se così possiamo chiamarli. Sarebbe auspicabile ottenere informazioni da entrambe le parti, così da poter valutare con più chiarezza quali carte giocarci. » Sicuramente vedere la prospettiva dei clienti, le modalità di entrata e cose così potrebbe aiutarci ad infiltrarci. Sempre con la premessa di conoscere bene i sistemi di sicurezza dall'altra campana. Annuì tra sé e sé, piuttosto soddisfatto di quel piano. Nessuno poteva garantirgli che Jerome avrebbe effettivamente aiutato la causa, ma si sentiva comunque ottimista a riguardo. « Per quel che riguarda Riley.. beh, per ogni dodici esiste un Giuda. Non posso garantire ciecamente per lui, ma è una brava persona. Pur non essendo dei nostri, dubito che volterebbe lo sguardo altrove. » È stato l'unico in quell'ufficio maledetto a farmi sperare. Forse perché abbiamo valori simili, o perché prende seriamente la responsabilità che il suo lavoro comporta. Un punto, quello, che li aveva portati anche a trovarsi nella situazione in cui stavano adesso: con Raiden ricercato e Riley ancora tra le file degli Auror. Eppure, nonostante le divergenze, il giapponese provava ancora una forte stima per il collega - una stima sufficientemente forte da portarlo a spendere in lui quella fiducia. « Nel dubbio è sempre meglio essere cauti, ma Riley.. penso che ci abbia a cuore, a modo suo. Non posso dirti di riporre tutta la tua fiducia in lui.. ma puoi dargli credito, e lasciarti aiutare. » E forse anche lui ha bisogno di qualcuno a cui appoggiarsi.

     
    .
  8.     +2    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,304
    Reputation
    +1,296

    Status
    Anonymes!
    « Qua non si tratta di me, Eriko. Io non ho bisogno di essere aiutato. » No, infatti si tratta del vicino. Chiaramente. Rimase a fissarlo in silenzio Eriko, sempre più irritata dall'atteggiamento del fratello. « Ah, scusami. » Gli disse, lo sguardo che si faceva suo malgrado più sottile ed il tono nettamente più affilato di quello di prima. « Avevo capito che quello che si smazzava per aiutarci fossi tu. Devo essermi sbagliata, chiaramente. » Continuava ad osservarlo, Eriko, chiaramente indispettita dal suo modo di fare. Perché devi essere così, Raiden? Sembrava chiedere con lo sguardo. Perché devi ostinarti a non volerti bene? Infantile, forse, quel pensiero della più piccola. Eppure non riusciva a metterla diversamente nemmeno nel suo animo: più il fratello faceva così e più dentro di lei gorgogliava un prepotente senso di rabbia. Se avesse potuto, Eriko l'avrebbe tirato fuori da ovunque si trovasse in quel momento - prima di tutto dalla sua testa - con le sue stesse mani. Per la collottola, come si faceva con un gattino poco collaborativo. Non c'è nulla di più frustrante del dover guardare le persone che ami farsi del male, ma tu questo non lo capisci. Non lo vuoi capire per questa tua concezione malata secondo la quale pensi di essere fatto di adamantio, o chissà che cazzo d'altro. Ma lei lo sapeva benissimo che Raiden fosse fatto soltanto di carne. Così come lo era anche lei. O Hiroshi. O Mia. Tu proprio non lo capisci, vero? Che non sei così insospettabile come pensi di essere. Che non basta dire che ce la fai da solo per farci stare tranquilli. L'aveva già vista, già vissuta - quella storia. In un contesto differente, certo, ma non era stato meno difficile avere a che fare con Raiden ai tempi del lockdown. Anche allora Eriko si era trovata figurativamente a parlare con un muro. Lo stesso che sembrava esserci, in quel momento, tra lei e la sfera emotiva del fratello. Proprio perché era una sensazione che alla lycan era estremamente familiare, una che le lasciava l'amaro in bocca, la frustrazione che provava era triplicata. Nonostante questo, tuttavia, sapeva che cercare di sfondare la porta per forza avrebbe soltanto indispettito il fratello, o almeno così le sembrava in quel momento, per cui strinse ancora un'ultima volta le labbra in una linea sottile. « Te lo ripeto, Raiden: ogni tanto ricordati di essere una persona con gli stessi bisogni di qualunque altra. » Era chiaro che quella non fosse una cosa che gli stesse chiedendo tanto per fare, lo sguardo che bruciava d'intensità. Io di un fratello ridotto ad un automa non me ne faccio niente. Non te lo perdono, se osi trattarti come se il tuo benessere fosse trascurabile. Eriko Yagami non era mai stata brava con certe cose. Da un lato la sua indole era naturalmente meno morbida di quella di tante altre persone; dall'altra nessuno le aveva mai insegnato che vivere in contatto con la propria emotività in positivo, essere vulnerabili, fosse necessariamente una cosa fattibile. Gli ambienti in cui aveva vissuto, sia a livello sociale che personale, non l'avevano mai portata a sentirsi a suo agio con certe cose. Questo però non significava che al fratello tenesse meno. Forse, addirittura, il fatto che il suo affetto scorresse così tanto in profondità e vedesse la superficie tanto raramente, la portava a percepirlo in maniera più intensa e totalizzante. Erano poche le cose che non avrebbe fatto per il benessere della propria famiglia, e di quella famiglia, per lungo tempo, Raiden era stato il punto focale. Il maggiore era stato il suo punto di riferimento più positivo per lunghissimo tempo, prima dell'arrivo di Hiro a completare il quadretto. Raiden era suo fratello, ma era stato anche il suo migliore amico, ed il suo più importante confidente. Talvolta, perché obbligato dalle circostanze, si era ritrovato ad assolvere compiti che solo un padre avrebbe dovuto portare a termine. Non c'era persona, al mondo, allla quale Eriko volesse più bene e fosse più riconoscente di Raiden. Semplicemete non esisteva. Raiden era la stessa persona che le aveva preparato il bento per la scuola quando Hanna non era nelle condizioni di farlo; era lo stesso ragazzino - ora solo più alto - che si era intestardito per imparare a farle le trecce come piacevano a lei, perché non sentisse di avere qualcosa in meno rispetto alle compagne di scuola. Raiden era, in buona parte, il motivo per cui Eriko pensava di essere cresciuta per diventare una persona vagamente funzionale. Come posso perdonarti il non volerti bene, quando io te ne voglio così tanto? Sì, Eriko teneva tanto al fratello. Troppo, a dire di molti, tanto che era spesso stata definita ossessiva. Tanto che la sua reazione a Mia era stata catalogata come eccessiva, come semplice gelosia. E per quanto in minima parte potesse anche esserlo, non lo negava che non le avesse fatto piacere la prospettiva di sapere lontano Raiden, c'era dell'altro - ed era la paura inconscia di vederlo star male. Forse perché aveva notato quanto il maggiore tenesse all'ormai moglie, forse perché consapevole di non poter fare niente qualora questa avesse deciso di spezzargli il cuore. In virtù di tutto ciò era estremamente difficile per Eriko ignorare l'istinto di litigarci fino allo sfinimento, con Raiden, eppure, in virtù del fatto di esserci già passata, decise di limitarsi a quell'ammonimento. Darmi da fare su altri fronti, questo immagino possa essere un aiuto che reputi tale. Lasciò quindi che l'altro portasse il discorso su questioni più concrete e pressanti: « Entro la primavera? Pensi che sia possibile? » Eriko puntò lo sguardo nel suo e si strinse nelle spalle.
    leejieun_hdl_04-117
    « Se è entro primavera avrai risultati entro primavera. » Disse semplicemente. Non le interessava quanto sarebbe stato complesso ottenere dei buoni risultati, né le importava di spendersi in paroloni - se quello era il termine, era per allora che il fratello avrebbe ottenuto ciò che gli serviva. D'altronde il maggiore non era l'unico perfezionista né tantomeno l'unico stacanovista della famiglia. E considerato come stavano le cose, Eriko non intendeva minimamente risparmiarsi per ottenere dei risultati degni di tale nome. « Se riesci a trarre informazioni dai tuoi compagni non sarebbe male. Come ti dicevo, ho intenzione di parlarne anche con Jerome. Se sarà disposto ad aiutare, immagino che la cosa migliore sia compartimentalizzare. Siete entrambi nel ghetto, quindi potete guardare entrambi da vicino i meccanismi che si svolgono lì, ma tu sei anche al college. Quindi ti direi di concentrarti su quello e di lasciare eventualmente a lui il territorio di Iron Garden. Anche perché immagino che lì dentro tu sia molto più tenuta d'occhio di lui. » La giovane annuì, consapevole del fatto che l'altro avesse ragione. « Beh, a meno che non si sia improvvisamente innamorato della vita ad Iron Garden, immagino non abbia tanta scelta se non quella di darsi da fare. » Fece un altro sorso del caffè ormai tiepido, ma comunque delizioso rispetto all'acqua sporca che veniva loro proposta al ghetto. « Ci lavoro insieme, comunque. Lo vedo tutti i giorni. » Ribadì, stirando un sorriso millimetrico. « Nel caso... » Si strinse nelle spalle. Ovviamente auspicava non fosse necessario, ma sapeva pure che il rapporto tra Raiden e Jerome non fosse tra i più distesi, ed esisteva una minima possibilità che l'altro facesse problemi perché sì. Le probabilità non erano alte, certo, e sperava di non vederle realizzarsi, ma comunque. Comunque sono sempre stata meno gentile di te. E questa era una grande verità, così come lo era il fatto che Eriko fosse in grado di rendere impossibile la vita di chiunque, nessuno lo sapeva meglio di Raiden. « E poi suppongo che al campus si concentrino di più i clienti del Pulse, mentre ad Iron Garden i lavoratori - se così possiamo chiamarli. Sarebbe auspicabile ottenere informazioni da entrambe le parti, così da poter valutare con più chiarezza quali carte giocarci. » Un altro rapido cenno del capo. « Certo. Più dettagliate sono le informazioni, minore è il rischio di un buco nell'acqua che non possiamo permetterci. » Disse, come a rafforzare il concetto espresso da Raiden. « Per quel che riguarda Riley.. beh, per ogni dodici esiste un Giuda. Non posso garantire ciecamente per lui, ma è una brava persona. Pur non essendo dei nostri, dubito che volterebbe lo sguardo altrove. » Il problema dei Giuda però è che non sai mai se potrebbero cambiare bandiera dall'oggi al domani. Un pensiero che Raiden parve anticipare con le sue parole successive: « Nel dubbio è sempre meglio essere cauti, ma Riley.. penso che ci abbia a cuore, a modo suo. Non posso dirti di riporre tutta la tua fiducia in lui.. ma puoi dargli credito, e lasciarti aiutare. » Eriko parve riflettere molto attentamente sulle parole del maggiore, soppesandole con cura. Si umettò le labbra prima di prendere la parola dopo un leggero sospiro: « Le informazioni che Riley ha, però, sarebbero forse più utili a Jerome che copre Iron Garden. » Proferì. Non sentì il bisogno di puntualizzare il perché. D'altronde, l'occupazione di Riley Cunningham parlava da sé - era un Auror, ne frequentava altri o, quantomeno, ci spendeva abbastanza tempo assieme da poterne tracciare i movimenti. « Anche se, vabbè - al Rusty Rose, dove lavoriamo, qualche ministeriale ci gira. Da un po' ci permettono di vendere alcolici - robaccia, benzina praticamente, e con un limite di consumazione - però per loro i limiti non esistono. E Jerome sa come trattare con la gente, sa come farla parlare. Sono sicura che saprà cosa fare. » Rassicurò Raiden, annuendo tra sé per rafforzare il concetto. « Restiamo che io lavoro sulla questione al Campus allora. » Poi inclinò il capo leggermente di lato. « C'è qualcun altro di affidabile? Al ghetto o fuori? » Chiese quindi, fattuale e precisa. « Vero che io e Jerome possiamo coprire due di questi punti. Però idealmente ci servirebbe qualcun altro. Qualcuno che magari sia nella posizione di frequentarli, certi posti, senza che ci dobbiamo subito mettere il naso noi. O voi. » Nomi? Qualcuno di cui questo nuovo Ordine della Fenice si fida abbastanza? O siamo a piedi?





    Edited by masterm#nd - 29/1/2024, 19:52
     
    .
7 replies since 5/1/2024, 19:51   417 views
  Share  
.