Non è colpa mia

Fitzwilliam & Chrys | Loft di Fitz, 10 dicembre 2023

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    « Non penso tu sia una merda. » Certo. Ma questo non ti ha impedito di lasciarmi intendere che è proprio così. Annuisce il moro, ma non riesce nemmeno a guardarlo. La verità è che non ha idea di quale sia il suo problema; se è Chrys, se stesso, oppure tutto il resto. In un mondo ideale Fitz sarebbe una persona funzionale, capirebbe di avere di fronte a sé un ragazzo che ha bisogno di aiuto. Ma la verità è che il giovane Gauthier non sente di poter aiutare nemmeno se stesso. Prosegue nella vita annaspando, cercando se stesso, interrogandosi su quale sia il suo scopo, senza mai arrivarci davvero. Una parte di sé trova tutto ciò che sta accadendo ridicolo. Il modo in cui è stato separato dai suoi simili, dai suoi amici, dalla terra che ha sentito di adottare per se stesso. In quell'assurdità di mondo, ogni tangenza di equilibrio sembra disintegrarsi sotto i suoi polpastrelli freddi, e lui, Fitz, sembra non essere in grado di afferrare nulla. « Sono un deviato. E mi dispiace non essere bravo in un cazzo se non a fare melodrammi. A me piaci da morire. Ma è evidente che a piacermi magari è solo l'idea di quello che saremmo potuti essere se ci fossimo impegnati meglio da ragazzini e se - se io non fossi così. » Il moro chiuse gli occhi portandosi indice e pollice all'attaccatura del naso cercando di respirare ricercando una calma solo apparente, che nulla aveva a che fare con Chrys. In cuor suo avrebbe sempre voluto chiedergli perché gli piacesse; anche quella sera, avrebbe voluto chiederglielo diverse volte. Fitz non era dissimile a un quadro; visto da lontano appariva bello, composto, dignitoso. Nell'avvicinarsi troppo, ognuna delle pennellate che componevano le immagini che ricreava, apparivano più evidenti, a volte imprecise, scomposte. Di quello, di essere davvero visto, il giovane Gauthier aveva sempre avuto paura, o forse aveva evitato che accadesse per proteggersi dalla parvenza di imperfezione che lo rendeva umano. Era a dirla tutta irrilevante, perché quando riaprì gli occhi per guardare la sua controparte, non glielo chiese comunque. Non ti chiederò cosa ti piace di me; cosa pensi di poter trovare qui. Perché la verità è che hai ragione: qualunque cosa tu pensi ci sia, è solo un'illusione. E dell'infelicità delle sue mura, della diga che aveva eretto contro il mondo, Fitz era geloso custode e prigioniero. « E non sono annoiato - non mi sto divertendo. Sto solo male. Sto male, ma non fa niente. » A quel punto, dopo un silenzio che sembrò durare un'eternità, Fitz fece un passo avanti e poi un altro. Si; Chrys stava male, ma non era certo lui a poterlo aiutare a migliorare. Per certi mali, non bastano né la buona volontà, né tanto meno l'affetto. Quello, c'era, seppur non sapesse esternarlo, né sapesse cosa fosse lecito fare a quel punto. Allungò la mano per solleticare con delicatezza il braccio del moro; una carezza leggera, forse un timido senso di riavvicinamento, di fronte al quale si ritrasse tuttavia in fretta, come se stesse giocando col fuoco e avesse paura di bruciarsi. « Se hai bisogno di aiuto - » Si morse il labbro inferiore prima di incrociare la braccia al petto. « - non è cercando una scopata che starai meglio. Io.. io non posso guarirti. » Sarebbe stato egoista dirgli il contrario. Dirgli che continuando ad adularlo e ricercarlo in quella maniera sarebbe bastato affinché qualunque cosa lo perseguitasse andasse via. « Se hai bisogno di aiuto - posso aiutarti a cercarlo.. ma non puoi fare così, Chrys. Non puoi aspettarti.. » Non puoi aspettarti che vada bene così. Chrys aveva la sua croce, ma anche le persone con cui si comportava così avevano le proprie. Fitz sapeva di averne le proprie. « Se vuoi restare, la stanza degli ospiti è tua, e se vuoi parlare.. » Possiamo parlare. Non sono un mostro. Ma so anche che non ho gli strumenti per aiutarti. Tutt'al più puoi dirmi cosa succede. Ma alla fine, ti dirò comunque che hai bisogno dell'aiuto di qualcuno che sa quello che sta facendo. « .. se vuoi parlare ti ascolterò. Però non posso permettermi di rimettermi nuovamente nella situazione di prima. A me non fa bene, ed è.. è imbarazzante. » Lo ammise con estremo candore. « Non ti butterò fuori dalla mia vita, né da casa mia, se ne hai bisogno. Ma per ora, posso solo starti vicino come amico. Io.. non posso permettermi di crollare. » O di diventare la persona che si abbandona ai raptus d'ira. Tanti contano su di me, ed io non posso deluderli di nuovo. « Devi farti aiutare però.. non so da quanto tempo va avanti questa storia, ma.. non va bene, Chrys. »

     
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    Più questa situazione va avanti, più mi rendo conto di essermi rinchiuso da solo in circostanze che non mi piacciono. E non so se è perché non riesco ad accettare che mi si dica come fare le cose o se, perché, un po' di orgoglio ce l'ho anche io. Non so mai se si tratta di una questione puramente egoistica o se sono semplicemente io ad esser fatto così. L'unica cosa che mi par di capire, adesso, è che non riesco ad uscirne bene da qui. Che vorrei restare, trasformare il mio bisogno in una spinta, un motivo per cui potrei essere io quello a prendermi cura di lui. Ma non sarà così facile. Me ne rendo conto quando lo guardo, quando la forza di fingermi integro ai suoi occhi ancora la ho. Che lo so, lo so, è una bugia bella e buona, ma è una bugia bianca. Un motivo per non appesantire ulteriormente tutto. Che già l'aria - insomma, già mi viene difficile pensare di poter respirare in un posto del genere.
    Scuoto semplicemente il capo, anche se non per rispondere alla constatazione più ovvia. Io voglio che qualcuno mi salvi da questa situazione, eppure, al col tempo, non voglio che lo facciano. Perché mi vergogno ad essere così, a sentirmi tanto fragile da sapere di non poter permettere agli altri di fidarsi di me. Di contare su di me.

    "No, no, lasciamo stare" affermo in un sibilo di voce, mentre mi risistemo gli abiti al meglio e in quell'ordine cerco di trovare disperatamente un appiglio nel caos. È solo la testa che mi esplode, sarà sicuramente a causa di quello se mi sento così instabile qui. "Non riuscirei a dormire qui come un semplice ospite." Categorico, ma sorrido. Flebile, pacato, senza accennare a chissà quali secondi fini. Perché in realtà non ne ho. E se mi prefisso un obiettivo è solo per far del bene. O, insomma, quantomeno per provarci. Per non essere una totale merda. Perché non star sempre a rimarcare gli stessi punti del cazzo. "Magari - e già mi sembra una proposta sciocca " - potremmo mangiare insieme" non mi faccio vicino, non voglio essere di troppo, farlo sentire braccato dalla mia incoerente presenza. "Io non ti ho chiesto com'è che stai tu. Oltre a questo, insomma, scusa" Forse da che ci conosciamo non abbiamo mai parlato così tanto. O così approfonditamente. Forse non siamo mai stati bravi a parlare o almeno, non lo sono mai stato io. Nemmeno prima, nemmeno quando Daisy c'era e qualcosa da raccontare forse l'avevo. Adesso mi sembra solo di essere ridondante. Di non essere più divertente come un tempo. Di non saper più com'è che si mettano i piedi per così tornare quantomeno a ballare insieme. E io a Fitzwilliam mi stringerei ancora. Anche solo per una pacca sulla spalla. Una carezza al centro della schiena. Una mossa stupida ma che gli amici magari fanno. Magari per darsi conforti a vicenda anche se, per quel che mi riguarda, forse amici per come lo si intende, non lo siamo stati mai.


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