Let's keep this hate in a photograph

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    Quando si era presentato al Ministero della Magia con una richiesta così inusuale, le reticenze erano state non poche. Richiedere il permesso di documentare per ragioni artistiche le condizioni di vita nel quartiere di Iron Garden era scomodo. Non potevano dirgli di no; altrimenti avrebbero ammesso che quello non fosse un quartiere al pari di tanti altri, ma non potevano nemmeno dirgli di sì senza alcune chiare condizioni. Fitziwilliam avrebbe potuto svolgere il suo lavoro con l'impegno di permettere che le foto ricevessero approvazione prima della loro pubblicazione, si sarebbe sottoposto a un controllo all'entrata e all'uscita dal quartiere e avrebbe permesso a un emissario del Ministero della Magia di controllare le fotografia non appena sarebbero uscite dal laboratorio. Avrebbe altresì permesso agli Auror sul posto di dargli indicazioni qualora fosse necessario, e avrebbe evitato di entrare in contatto con creature potenzialmente pericolose. Insomma, sto andando allo zoo. Tutte quelle precauzioni erano state fatte passare come misure di sicurezza atte a tenere lui al sicuro e non certo l'operazione del Progetto Minerva. Poco male. Seppur la sua curiosità nei confronti del ghetto fosse quanto mai genuina e fosse certo di poter scattare qualche foto tutto fuorché scontata, era altrettanto vero che il giovane Gauthier non aveva intenzione di inserire nulla di particolare all'interno del ghetto, né intendeva portare nulla al di fuori di se stesso. Certo, gli sarebbe piaciuto poter portare qualcosa per i bambini di Percival, ma immaginava che avrebbe potuto incontrarlo fuori, nel caso avesse particolari necessità. In effetti, con l'ex compagno e amico di lunga data, il giovane Gauthier si sarebbe visto nel pomeriggio, quando i suoi nuovi a dir poco ridicoli impegni si sarebbe conclusi e la luce gli avrebbe impedito di scattare ancora. Nel mentre però, una volta varcate le porte di Iron Garden, Fitzwilliam si ritrovò di fronte a uno scenario che gli apparve alquanto simile alla realtà che veniva raccontata. Forse tutto ciò avrebbe potuto constatarlo in anticipo, se solo avesse trovato la volontà di presentarsi all'evento di beneficienza organizzato alla Viglia di Natale, ma a dirla tutta, farlo gli era sembrato alquanto ipocrita e fuori dai suoi schemi. Il giovane Gauthier era un esteta, un osservatore, non certo un filantropo, e tutto ciò che rientrava nelle sue attività parallele, doveva rimanere ben distinto dall'immagine che voleva necessariamente dare di sé in società. Si era quindi lasciato controllare attentamente, dagli Auror, per poi continuare la sua strada in solitaria. Che fosse osservato lo sapeva bene, ma sapeva anche che gli emissari del Ministero avrebbero interferito il meno possibile con il suo lavoro per non insospettirlo. In fondo, seppur con intenti artistici, in quel momento l'ex Corvonero era un reporter fatto e finito, e qualunque comportamento fuori luogo avrebbe potuto innescare una reazione a catena che nessuno voleva. Dalla sua, aveva passato la prima mezz'ora e girovagare tra le stradine, ficcando il naso in qualche palazzo, ricercando geometrie particolari e scorci inesplorati, finché, una figura nello specifico non aveva attirato la sua attenzione. Inclinò la testa di lato mentre un piccolo sorriso compariva sul volto candido di lui. Bingo! Malia Stone; un vero e proprio pesce fuor d'acqua. Non c'erano vere ragioni per cui la ragazza dovesse vivere in quel posto. Le sarebbe bastato scoccare le dita, fare un'ovazione sufficientemente credibile ad Eric Donovan e in men che non si dica sarebbe uscita da quel posto dimenticato da dio. La stimava molto, perché l'unica ragione per cui avesse scelto di stare a quelle condizioni, era la lealtà che la legavano ai loro comuni amici. Strano; nonostante tra le loro amicizie in comune ci fossero diversi congiunti, loro, amici non lo erano mai stati, né Fitz l'aveva mai guardata con la stima che ora le riservava. L'aveva sottovalutata, trasformata in un perfetto soggetto in movimento da scattare durante le partite di Quidditch a scuola, e durante gli anni passati a Hogsmeade; uno dei suoi scatti, era tutt'ora uno dei suoi quadri preferiti. Uno di cui andava particolarmente fiero. Una giovane giocatrice al tramonto, la sua ombra sulla tela di un cielo nuvoloso. E in effetti, anche questa volta la scattò a tradimento mentre stava - spazzando? Il rumore dell'otturatore della sua analogica compatta lo annunciò prima ancora che la mora potesse accorgersi di lui.
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    « In un modo o nell'altro non riesci proprio a fare a meno di lavorare con le scope, eh? » Si avvicinò appena stirando un leggero sorriso. Lei palesemente stanca, lui fresco come un fiore, sereno, apparentemente indisturbato dalla posizione della ragazza. E perché avrebbe dovuto? Non era certo sua intenzione creare più imbarazzo di quanto fosse necessario. « Ciao ragazza di fuoco » Così l'aveva rinominata in quello scatto, e la scintilla, Fitz riusciva ancora a vederla. « - ne è passato di tempo. » Tanto. Ma non abbastanza per dimenticare in quale squadra giocassero entrambi. Malia lo sapeva? Poteva intuirlo? Non importava. Lo avrebbe scoperto abbastanza presto, perché a lui bastava acchiapparne uno. E tu sei perfetta per quello di cui abbiamo bisogno. « Ti vedo un po' affaticata. Hai bisogno di una mano? » Era palesemente sarcastico e non fece nulla per nasconderlo. Mise piuttosto mano alla tasca della giacca e tirò fuori un pezzo di pergamena. « O magari vuoi assentarti per un po'? » Pausa. « Sono qui per fare un po' di scatti. Il Ministero mi ha permesso di venire qualche giorno per concludere un progetto a cui sto lavorando per una mostra che aprirà in primavera. Non conosco molto bene però Iron Garden. » Le allungò di colpo quello che era un permesso su cui avrebbe dovuto apporre il nome del suo accompagnatore. « Vuoi farmi da Cicerone, oppure sei troppo impegnata? » Fece un'altra pausa guardandosi intorno mentre si girava la macchinetta tra le mani. « Vorrei il punto di vista di qualcuno che ci abita. » Inclinò la testa di lato osservandola con più attenzione. « Potresti fare un favore a un vecchio amico? Tutto pagato - eh! C'è scritto tutto sul foglio. »


     
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    Era una di quelle giornate, per Malia - iniziata male e continuata pure peggio. La mattinata si era aperta con le urla di Caleb e Nancy, dal piano di sopra. I suoi vicini erano la classica coppia che non avrebbe dovuto stare insieme, ma che nessuno capiva perché non si lasciassero una volta per tutte - la tesi di Malia attribuiva la colpa alla mancanza di iniziativa di lui e alla cecità di lei. Talvolta alla Stone dispiaceva pure, un po' perché si rivedeva nella povera Nancy, troppo innamorata per accorgersi che lui la stesse sostanzialmente prendendo in giro. Ad ogni modo, tutta l'empatia che la mora provava svaniva completamente nel momento in cui i due vicini si facevano sentire coi loro toni soavi agli orari più inaspettati della giornata. Litigate furenti nel cuore della notte, che si concludevano spesso in riappacificazioni passionali altrettanto rumorose alle prime ore del mattino. L'ultima sorpresa l'avevano riservata per le cinque in punto di quella mattina, quando Nancy aveva cominciato a lanciare per terra oggetti non ben identificati (i pesanti tonfi sul soffitto avevano convinto una Stone in dormiveglia che qualcuno stesse bombardando il ghetto) perché aveva scoperto dei messaggini sul telefono del fidanzato di quella troia di Selene - proprio queste parole aveva usato, in un tono di voce così squillante da arrivare ben distinte alle orecchie della povera Malia, che nel frattempo si passava una mano sul viso, distrutta. Dormire serenamente nel ghetto era sempre difficile: faceva freddo, si era circondati da rumori di ogni tipo, e le condizioni generali erano pessime. Il letto di Malia, ad esempio, aveva delle molle che continuavano a sbucare fuori dal materasso, malgrado tutti gli incantesimi di contenimento della mora.
    E così quella mattinata era iniziata male. L'aveva accettato, Malia, alzandosi dal letto con uno sbuffo sonoro, aveva sgranocchiato un paio di biscotti in piedi, nel piccolo cucinino del suo - chiamiamolo - bilocale, e si era diretta verso il bagno per una doccia, ghiacciata come tutte le mattine. Si era vestita alla bell'e meglio, indossato sopra gli abiti la tuta da lavoro, e si era diretta poi giù per la scalinata di ferro esterna, che collegava il suo appartamento con la strada. La prima parte del turno la dedicava a raccogliere la spazzatura dai portoni del quartiere. Dopodiché passava a spazzare, e infine, il pomeriggio, si recava nelle varie fabbriche e attività per raccogliere i rifiuti speciali. Probabilmente era la sua cattiva predisposizione, ma quella mattina perfino le strade di Iron Garden sembravano più sporche del solito. Le pareva di essersi imbattuta nel doppio del numero di sacchi di spazzatura, e ora, che era intenta a spazzare con la propria scopa sul ciglio della strada, era convinta di poter contare almeno il triplo di cicche di sigarette buttate per terra. Razza di incivili, pensava, mentre colpiva con violenza quei mozziconi, ben consapevole di essere lei, la prima degli incivili. Di questa natura erano i suoi pensieri, quando vennero interrotti improvvisamente da un click. Era un rumore strano, lo capì immediatamente, un suono che non si sentiva spesso per le strade di Iron Garden. Un suono che aveva sentito tante volte rivolto nella sua direzione, ai tempi del Quidditch, dalle circostanze più plateali a quelle più subdole. Si voltò, e lo vide. « In un modo o nell'altro non riesci proprio a fare a meno di lavorare con le scope, eh? » Aggrottò le sopracciglia. Lo stupore che provò nel trovare di fronte a sé Fitzwilliam Gauthier, tutto sorridente e vestito da principino, fu annichilito dall'orrore dell'accorgersi che le aveva appena scattato una fotografia. Mentre spazzava. Sporca e ricoperta di rifiuti. Sulle prime non fu in grado di reagire, evidentemente scioccata per quello che stava vedendo. « Ciao ragazza di fuoco - ne è passato di tempo. » Inarcò le sopracciglia, rivolgendo al ragazzo un'occhiata eloquente. Mi stai prendendo in giro? « Ti vedo un po' affaticata. Hai bisogno di una mano? » E aveva pure l'ardire di utilizzare quel cazzo di tono scherzoso mentre le parlava. Ebbe l'istinto di sputargli in faccia. Riuscì a trattenersi, però, al pensiero che nei dintorni si potesse trovare qualche auror del Ministero, e che le avrebbe fatto passare un brutto quarto d'ora se si fosse arrischiata di aggredire un principino come Gauthier. Spostò la scopa alla propria destra, facendo perno con essa sul pavimento, e appoggiandosi con un braccio. Prese un profondo respiro. « Cancella quella foto, Gauthier » disse, con molta calma, mentre lo vedeva tirar fuori dalla tasca una pergamena, nella quale riconobbe il logo ministeriale. « O magari vuoi assentarti per un po'? Sono qui per fare un po' di scatti. Il Ministero mi ha permesso di venire qualche giorno per concludere un progetto a cui sto lavorando per una mostra che aprirà in primavera. Non conosco molto bene però Iron Garden. » « Mhm... E sticazzi? » fu il commento della ragazza, mentre riprendeva a spazzare per terra veementemente, questa volta ben attenta a farlo nella direzione opposta, per far sì che un paio di mozziconi insieme ad una nuvola di terra e polvere finissero direttamente sulle scarpe lucide del ragazzo. « Vuoi farmi da Cicerone, oppure sei troppo impegnata? » Scoppiò in una risata fragorosa, Malia, tirando la testa all'indietro. Non ci poteva credere. « Ma fai sul serio? » chiese per accertarsi, guardinga. « Vorrei il punto di vista di qualcuno che ci abita. Potresti fare un favore a un vecchio amico? Tutto pagato - eh! C'è scritto tutto sul foglio. » Tutto pagato! Questa era bella. Quella mattina, Malia proprio non aveva la pazienza di sentire oltre. Udite quelle parole, lasciò cadere la scopa per terra, il rumore dell'impatto del manico per terra che si propagò nella stradina deserta. Con un paio di falcate ridusse lo spazio che li divideva, fino a fronteggiare il ragazzo, seppur le toccasse farlo da qualche centimetro più in basso. « Allora. Punto numero uno - e sollevò l'indice all'altezza dei suoi occhi, perché lo vedesse chiaramente - innanzi tutto non ci allarghiamo. Io e te, amici, non lo siamo stati mai. » Se tu chiami amici i compagni di scuola con cui ti è capitato di scambiare qualche parola, fai pure, ma non è il caso mio. Sollevò anche il medio, sotto i suoi occhi. « Punto numero due, io non ti porto a fare nessun giro proprio da nessuna parte perché questo non è uno zoo in cui puoi fare le foto alle persone come fossero animali! » Quando è troppo è troppo. « Non me ne frega niente del tuo cazzo di foglio del Ministero, anzi lo sai dove te lo puoi mettere? » Accompagnò le sue parole con un eloquente quanto volgare gesto della mano, prima di indicare con le dita il punto numero tre. « Terzo, e te lo dirò per l'ultima volta. Cancella - quella - cazzo - di - foto. Conto fino a tre, e poi ti spacco la macchinetta, Gauthier. E non sto scherzando. »

     
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    Non si aspettava certo un benvenuto con i fiocchi, d'altronde Fitzwilliam aveva misurato attentamente i suoi passi. Lasciando il Libero Stato di Inverness, è diventato al pari di altri, diramati nel fitto reticolo d Londra, uno che a detta di molti non aveva sufficientemente a cuore la causa. In verità, il giovane Gauthier aveva una linea di condotta più sofisticato; non era rimasto nella Città Santa perché trovava i Ribelli o i lycan migliori di altri, ma perché la loro linea di azione era più in linea con ciò che considerava giusto per il suo vissuto personale. Un linea di condotta forse egoista, che si basava unicamente sulla lealtà nei confronti di amici messi al bando, sulla consapevolezza che l'autodeterminazione di ciascun popolo e gruppo di appartenenza fosse stato leso alla radice da forze invisibili. Avrebbe potuto mostrarsi disinteressato, continuare la propria vita come se niente fosse; era in fondo un privilegiato che campava di rendita, e così poteva continuare a fare per tutta la sua vita. Se fosse stato meno romantico, la sua vera natura l'avrebbe accettata; avrebbe accettato la sua possibilità di poter fare qualunque cosa, di poter scegliere qualunque strada senza ripercussioni rispetto alla sua condizione se non in relazione alle persone che gli avrebbero voltato le spalle. Ma col tempo, Fitzwilliam ha capito che la vita è fatta di persone, e la felicità - seppur fugace - esiste solo in condizione del posto e delle persone che scegli di avere affianco. Non si fa scompiglia quindi troppo di fronte all'atteggiamento della giovane Stone; semmai sospira e solleva le sopracciglia con una leggera spocchia tipica di chi capisce solo in parte l'atteggiamento della ragazza. Nel vederla infatti ridurre lo spazio tra loro, lasciando cadere la scopa a terra, il moro solleva il mento assottigliando appena lo sguardo con un leggero scetticismo. Se vuole sembrare minacciosa, non troverà poi molto terreno fertile. Il giovane Gauthier di certo non è tipo da liti, specialmente quando non abbiamo più quindici anni, né stiamo litigando per i punti casata. « Non iniziamo con le sceneggiate, Stone, che dici? » Un avvertimento e un modo per mettere le mani avanti prima ancora che inizi a parlare, specialmente alla luce di quell'indice che gli punta contro con un certo fervore. « Allora. Punto numero uno innanzi tutto non ci allarghiamo. Io e te, amici, non lo siamo stati mai. » Annuì con estrema calma, osservandola con un'espressione neutra. Se avesse voluto davvero ferirla o provocarla, l'avrebbe trattata con condiscendenza, e invece decise di lasciarla fare senza scomporsi più di tanto, preferendo piuttosto storcere il naso accettando la sua presa di posizione silenziosamente. « Punto numero due, io non ti porto a fare nessun giro proprio da nessuna parte perché questo non è uno zoo in cui puoi fare le foto alle persone come fossero animali! Non me ne frega niente del tuo cazzo di foglio del Ministero, anzi lo sai dove te lo puoi mettere? » Ancora una volta sospirò roteando gli occhi al cielo, attendendo pazientemente che finisse. Sarebbe stato comunque inutile tentare di frenarla durante quel palese tentativo di autodifesa. « Terzo, e te lo dirò per l'ultima volta. Cancella - quella - cazzo - di - foto. Conto fino a tre, e poi ti spacco la macchinetta, Gauthier. E non sto scherzando. » A quel punto quasi a voler sgonfiare in maniera repentina l'umore della giovane Stone, Fitzwilliam si liberò della macchina stretta attorno al collo, afferrando il polso di lei per metterle la macchina tra le mani. La osservò con estrema attenzione, inclinando la testa di lato.
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    « Prego, spaccala. Se pensi che potrebbe portarti alcun vantaggio, fallo, Malia. » Allargò le mani rivolgendole un sorriso affettato, prima sbuffare con un'espressione leggermente delusa. « Avanti! Spaccala! » Fece un passo nella sua direzione a sua volta sovrastandola appena in altezza. « Dovrei farti notare che è una macchina analogica, quindi non solo spaccandola non risolveresti niente, ma oltretutto rischi anche di metterti nei guai inutilmente. » Poteva anche decidere di fare di testa sua, Malia, ma in fondo quell'accanirsi era un po' come lottare con i mulini a vento. Oltrettutto, per quanto io possa capire la tua frustrazione, prendersela con persone che non c'entrano mi sembra abbastanza sciocco. « Se vuoi sfogarti fai pure, Malia, ma forse prima dovresti chiederti perché di tutte le persone ho deciso di offre questa magnanima possibilità proprio a te. » Sgranò appena gli occhi, osservandola con un'espressione piuttosto eloquente. « Hai ragione. Io e te non siamo mai stati amici. Ma abbiamo ancora amici in comune, quindi credo che potrei meritarmi almeno il beneficio del dubbio, che dici? » Per quanto fuori dal giro di Malia, Fitz non si era mai dimostrato una persona scorretta, né aveva mai tentato attivamente di andare contro a persone come lei. Non era il tipo che si beasse del suo privilegio; non lo aveva mai fatto, e non si era mai dimostrato poco propenso a intrattenersi in compagnie di ogni estrazione. Gli piacevano le persone, gli erano sempre piaciute, e proprio per questo non faceva alcuna differenza, né amava il classismo. Quindi dovrai proprio spiegarmi che problemi hai. « Facciamo a cambio e fai finta di farmi vedere quanto è bello questo posto? » Chiese quindi sventolando ancora una volta il permesso del Ministero, alludendo allo scambio tra la macchinetta e la pergamena. « Facciamo che mi mostri un posto tranquillo. Discreto. Magari con un bel paesaggio, ma abbastanza riparato. » Pausa. « Puoi anche avere il rullino, se smetti di agitarti a buffo. Non sono qui per farvi fare il fenomeno da baraccone. Se avessi voluto farlo, mi avresti visto qui in circostanze decisamente più tranquille - tipo l'evento di beneficienza. » Fatti furba Malia. « Decidi tu, faccio sempre in tempo a trovare qualcun altro, e tu puoi tornare al tuo inderogabile lavoro. »

     
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