Everybody's gotta live

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Collegiali
    Posts
    337
    Reputation
    +768

    Status
    Anonymes!

    Non c'era mai stata nella zona industriale di Londra, in primis perché non ne aveva mai avuto motivo. Chi ci andava da quelle parti se non i babbani? Beh, forse proprio per questo Stanley Ferguson l'aveva scelto come luogo per lo scambio. D'altronde non potevano certo fare quella compravendita nella trafficata Diagon Alley, dove il giovane lavorava come garzone di bottega - e poi, in generale, Veronica preferiva sempre effettuare quei traffici il più lontano possibile dai centri magici, specialmente adesso che la sua condizione da abitante del ghetto la rendeva più esposta e fragile. « Tu conosci la zona? » Sebastian aveva scosso il capo. « Mai stato. Penso che non ci sia traccia magica per chilometri da queste parti. » La mora arricciò le labbra, per metà consolata e per metà preoccupata. Quel dedalo grigio di strade ed edifici tutti uguali non era territorio amico per nessuno dei due - il che poteva rivelarsi problematico, qualora Stanley avesse deciso di giocargli un brutto tiro. Tuttavia era anche un punto a favore, visto che di certo sarebbe stato molto difficile incappare in qualche Auror o cittadino particolarmente diligente. « Quanta distanza vuoi che mantenga stavolta? » Ci pensò un attimo, portandosi la sigaretta alle labbra e sbuffando una nuvoletta di fumo e condensa dalle labbra. « Rimani dietro l'angolo. Non si sa mai. » Stanley le era sembrato un tipo abbastanza a posto, ma era pur sempre un drogato. Uno che chiede roba abbastanza pesante, per giunta. Di norma istruiva Sebastian a rimanere sempre a distanza d'orecchio, senza farsi vedere. Quella volta, tuttavia, Veronica non si sentiva troppo sicura. Non sapeva nemmeno perché, di preciso; era semplicemente una sensazione alla bocca dello stomaco. Ma Seb è grosso. Se quello stecchino prova a fare qualcosa di strano non se ne uscirebbe bene. Uno come lui le serviva: qualcuno che potesse difenderla senza usare la magia. Non era stato difficile trovarlo ad Iron Garden: lì dentro tutti avevano bisogno di un lavoretto in più per arrotondare, e Seb da vendere aveva la stazza e le conoscenze apprese in due anni di Corso Auror. Gli lanciò un'ultima occhiata prima di svoltare l'angolo, come ad accertarsi che sarebbe rimasto piantato lì, dopodiché prese un sospiro, gettò il mozzicone a terra calpestandolo con la punta della scarpa e virò verso il vicoletto segnalato da Stanley. Lui era già lì, seduto con le gambe a penzoloni su un cassonetto. Non appena la vide balzò giù, stirandole un sorrisino di circostanza. « Facciamo veloce che ho un appuntamento. » Falso, ma prima finivano e meglio era. « Quanto era? » « Venti galeoni. » Il ragazzo annuì, tirando fuori dalla tasca un sacchettino pesante e cominciando a contare una ad una le falci. No vabbè. Pure i semini si è portato. Sospirò, leggermente spazientita, mentre lanciava un'occhiata veloce ai due ingressi del vicolo. « Qui ne ho diciotto. » « Non faccio sconti. » Si affrettò a dire, secca. « Aspetta che dovrei averne altri spicci.. » Si tastò i pantaloni, affondando le mani tremule nelle tasche dei cargo per estrarne altri spicci ancora più piccoli, contandoli lentamente. « E due! Eccoli tutti. » Praticamente vado in giro tintinnando come una fatina. « Posso vedere? » Annuì, infilando la mano nella tracolla per estrarre una fiala dal colore perlaceo. La girò, mostrandogli le lineette che ne indicavano la quantità sotto gli occhi di Stanley che improvvisamente si illuminarono. « Perfe- » « EHI VOI! VOI DUE! CHE CAZZO FATE? » Lo sguardo di Veronica saettò verso l'ingresso opposto del vicolo, da cui due uomini nerboruti si stavano dirigendo di gran carriera verso di loro. Fu tutto troppo veloce. La mora cercò di nascondere la fiala, ma la mano di Stanley fu più veloce, strappandogliela di mano come un giocattolo e staccandosi a correre verso l'ingresso da cui Veronica era arrivata. « SEB! STA SCAPPANDO. » Un fuggi fuggi generale. Veronica si voltò per correre dietro a Stanley, Sebastian sbucò dall'angolo, gli altri due presero velocità per raggiungerli. Ad un certo punto non riuscì a distinguere più nulla tra la paura, il vociare, gli strattoni e il suono assordante di uno sparo. Sentì solo una mano tirarla per i capelli e poi la netta sensazione di un colpo alla testa. Nero.
    Il primo senso a tornare fu l'udito. Due o tre voci maschili che parlavano tra loro in una lingua che Veronica non conosceva. In lontananza, ovattato, un ritmo di bassi che pulsava nella testa. Fu quello a portare alla luce il dolore. Un dolore martellante al capo, concentrato sul lato sinistro. Doveva aver preso una bella botta. Inspirò dolorosamente tra i denti in risposta a quel fastidio, cercando di portarsi una mano alla testa per percepire l'entità del danno, ma invano. Era legata. Mani e piedi vincolati saldamente alla sedia su cui si trovava, con la testa che ciondolava in avanti e i lunghi capelli appiccicati al viso sudaticcio. Mentre le sue palpebre sfarfallavano nel tentativo di aprirsi e mettere a fuoco l'ambiente, un senso di panico cominciò ad assalirla. La stanza era pressoché spoglia e l'illuminazione bassa, ma le iridi accolsero comunque quell'improvvisa fonte di luce con fastidio, facendola mugolare. « Ma guarda chi si è svegliata! Ci hai messo poco, bambolina. E io che pensavo di averti tramortita per bene. » Sollevò a fatica il capo, di poco, quanto bastava a mettere a fuoco la figura dell'uomo che le si era chinato davanti, troppo vicino da sentire
    1a3398b27685c475ae09dbd2d72201903d3f42b4
    l'odore nauseante del suo profumo da quattro soldi. « Dove sono? Dov'è Sebastian? » L'uomo rise di gusto. « Quello grosso? Ah il tuo amico mi sa che ci metterà un po' di più, sai? Non è fortunato come te. » Lo avevano colpito? Era a lui che avevano sparato? Istintivamente provò a divincolarsi dalla stretta dei lacci, ma il suo tentativo vano sembrò solo più divertente per l'aguzzino, che fece presa tra i suoi capelli per strattonarle la testa all'indietro e obbligarla a guardarlo. Un gesto brusco, che le strappò un lamento di dolore. « A chi state sotto, mh? Gli albanesi? Mh? Pensavamo che dopo l'ultima volta fosse chiaro, che nel nostro territorio non ci dovete entrare. » « Non li conosco. Non sto con nessuno. » Ansimò, più per la difficoltà di respirare in quella posizione che altro. « ヤリマン! » imprecò, sputando a terra con disprezzo. Veronica non sapeva di preciso cosa avesse detto, ma non c'era bisogno di grande fantasia per immaginare quanto meno a grandi linee il senso. « Pensaci tu a questa cagna. Io devo attaccare di sotto. » Qualunque cosa avesse detto nella sua lingua, Veronica non si sentì granché più rincuorata quando l'uomo uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle e lasciandola sola con l'altro - che se ne era rimasto in silenzio in un angolo. Per un po' non disse nulla, tenendo il viso voltato da un lato, a fissare il muro, in attesa che qualunque cosa dovesse succederle le succedesse. Ma il silenzio la faceva sentire solo più nervosa, più impaurita. « Risparmia le forze. Quello che ho detto al tuo amico è la verità. Non sono affiliata a nessuno. Non so di cosa state parlando e non so di preciso cosa volete da me. Ma se non mi lasciate entro stasera qualcuno mi verrà a cercare e mi troverà. » Non perché ci tengano chissà quanto a me, le autorità del Ministero, ma la mia bacchetta è tracciata. Se non rientro per il coprifuoco mi vengono a prendere per i capelli. Fece una pausa, prendendo un lungo respiro. Parlare era uno sforzo non indifferente in quelle condizioni. « Nella borsa non ho un cazzo di valore. L'avrete già visto. » Era tutto incantato con le fatture standard anti-babbano, quindi anche i pochi soldi che portava con sé sarebbero apparsi loro come nulla più che un sacchetto di biglie, e le fiale come rossetti o mascara. Lentamente volse lo sguardo verso il punto in cui si trovava il suo interlocutore. Nel metterne a fuoco il viso, l'espressione di Veronica cambiò velocemente: prima dubbiosa, poi confusa e infine interdetta. « Hiroshi? » Tra tutte le persone che si aspettava di vedere, lui era di certo l'ultimo. « Ma che posto è questo? Nella zona industriale non ci sono mai stati maghi. » Ma è importante? Sospirò. « Senti, io e Sebastian dobbiamo tornare ad Iron Garden entro stasera altrimenti ci arrestano. E se trovano noi trovano anche te. » E Raiden. C'è anche Raiden, giusto? Siete insieme. « Inventati qualcosa.. confondili, non lo so. » Scosse il capo, piano, con una smorfia di dolore sul viso.

     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    664
    Reputation
    +118

    Status
    Anonymes!
    Da quando Raiden aveva manifestato il desiderio di aumentare la sua influenza nell'organizzazione, Hiroshi non aveva potuto fare altro se non seguirlo, e così un po' alla volta aveva iniziato a mettere le mani in pasta un po' dove potesse. Che altro avrebbero potuto fare lui e Jeff d'altronde? Rimanere separati era quanto mai controproducente e nessuno dei due aveva intenzione di lasciare il giovane Yagami da solo. Avrebbero avuto maggiori probabilità di guardarsi le spalle se fossero rimasti pressoché nella stessa zona di interesse e oltretutto, in assenza di notizie certe su quanto quella situazione sarebbe rimasta tale, impegnarsi per scalare almeno un po' le gerarchie era la strategia più auspicabile. Così, anche il giovane Nakamura e il loro compagno inglese avevano cominciato a cercare opportunità per uscire dal Kitten's Garden. Ora che la loro squadra si era oltretutto arricchita della presenza di Beatrice Morgenstern e delle due cugine Delgado, dovevano evitare di rimanere all'interno di quel locale il più possibile. Aveva imparato che la vita fuori dal locale era più sopportabile. Il suo umore era migliorato di molto da quando aveva la possibilità di vedere la luce del sole, lavorare anche di giorno, oltre che col favore delle tenebre. I ritmi non erano meno stancanti, ma uscire di tanto in tanto, fare cose diverse rispetto al solito aggirarsi come un morto vivente tra i corridoi i claustrofobici del grande capannone in cui aveva cominciato la sua avventura, lo aveva reso quasi funzionale. Hiroshi parlava poco, e fraternizzava ancora meno. C'era chi dicesse che fosse stupido e che sotto sotto avesse un importante deficit. Poco male, finché lavorava a testa china nessuno sembrava fare poi troppo caso a lui. Svolgeva le sue mansioni con diligenza, di qualunque cosa si trattasse, e questo bastava affinché potesse sopravvivere senza passare grossi guai. Non guardava né a destra, né a sinistra, solo davanti, sperando che in questo modo potesse ignorare quanto stava accadendo attorno a lui. Lo accettava, e forse questa era la cosa più grave.
    Nell'abitacolo della macchina, il suo compagno Kaito lo colpì improvvisamente sul braccio. Per Hiroshi era Okada-san, e doveva portargli rispetto, non solo perché era più importante di lui nell'ordine delle gerarchie, ma anche e soprattutto perché era più grande. Era un uomo sulla trentina, grande e grosso, sregolato al limite dello psicopatico, ma proprio per questo adeguato per il ruolo che svolgeva. Si occupava della gestione delle pattuglie di quartiere. Una specie di sbirri - spacciati - tuttofare che assicuravano l'ordine e la protezione del loro territorio. Riscuotevano i pagamenti dalle attività di zona e dai soldatini che vendevano i loro prodotti nelle piazze. Hiroshi era quel giorno lo scagnozzo che guardava le spalle allo scagnozzo capo, un po' una sorta di guardia del corpo, autista e scudo umano all'occorrenza. Non a caso, quando una delle tossiche di zona si avvicinò all'abitacolo con fare provocatorio, Hiroshi mise mano alla pistola per assicurarsi che la donna ricordasse con chi avesse a che fare. Una sorta di minaccia-avvertimento costante, che doveva ricordare ai loro collaboratori quanto poco stessero scherzando. Uno scambio liscio come l'olio che portò poco dopo il giovane Nakamura a rimettere in moto la macchina e spostarsi lentamente sulle strade per il controllo dei successivi isolati. « Guarda qua! » Disse di colpo Kaito, attirando la sua attenzione con una gomitata, avvicinando lo schermo affinché il giovane Nakamura potesse vedere a sua volta la foto che gli stava mostrando. Era la stessa ragazza di prima in un abbigliamento decisamente più succinto. « Amanda vuole fare carriera. Te la presto qualche volta se fai il bravo. » In quel loro mondo passare dallo spaccio di strada al Kitten's Garden era quasi un lusso e questo la diceva lunga su quale tipo di vita stessero conducendo. Ma Amanda non rientrava nel target del locale, e per quanto potesse immaginare che del suo corpo avrebbero comunque saputo farsene qualcosa, sarebbe rimasta nelle piazze della zona industriale per molto tempo ancora. Non disse niente, Hiroshi, tentando piuttosto di stare attento alla guida mentre Kaito, un po' deluso dalla reazione ricevuta rimise il telefono in tasca sniffando dal dorso della mano un po' di polverina bianca, non senza risparmiarsi in commenti circa i possibili gusti discutibili di Hiroshi. Svoltò a destra immettendosi su una strada più stretta, guardando a destra e a sinistra finché Kaito non si girò di colpo a fissare un punto specifico alla propria sinistra. Un istante e stava già aprendo la portiera dalla macchina sfoderando la pistola. « Bastardi! Lo sapevo io che prima o poi sarebbero tornati. Ferma la macchina! » Hiro eseguì lasciando a propria volta l'abitacolo della macchina, andando velocemente incontro ai malcapitati, mentre Kaito puntava già la pistola contro gli intrusi. Un terzo sbucò fuori all'angolo mentre una pallottola proveniente dalla canna di Kaito lasciava inerme uno dei due giovani. Mentre Kaito afferrava per i capelli la donna, assestandole un colpo alla testa, Hiro aveva preso a muoversi tra le fila di palazzoni tutti uguali alla ricerca del biondo, seguito a pochi metri dal collega col fiato corto. Dell'altro nessuna traccia. Una brutta situazione. Se poco poco gli altri avessero fiutato che gente estranea proveniente da chissà dove riusciva a spacciare sotto il naso di Okada-san, la voce si sarebbe sparsa. « Porca merda! Porcaccia di quella - » Non era contento. Per niente. « Va bene. Va bene così. Riportiamo la troia alla base e la facciamo parlare. » Kaito gli si avvicinò con uno sguardo di monito puntandogli la canna della pistola contro scoppiando a ridere. « Questa storia resta tra noi, vero? » Il giovane Nakamura strinse i denti e abbassò lo sguardo mantenendo i nervi saldi. « Certo, Okada-san. » Un inchino di rispetto prima di occuparsi della scena del crimine. Del corpo del malcapitato, sapeva già, avrebbe dovuto occuparsene lui in un secondo momento, ma ciò che lo stupì sul momento fu qualcosa di diverso. Quelli non erano gli uomini di una banda rivale. E forse realizzarlo era anche peggio.

    Non aveva potuto fare altro se non caricare Ronnie in macchina e mettersi alla guida sotto le imprecazioni di Kaito che si era fatto se possibile ancora più irascibile. Colpiva il cruscotto come un cane rabbioso mentre imprecava contro ogni possibile clan che potesse aver messo su quello smacco. Ovviamente, una volta scoperto il guaio, avrebbe dovuto avvisare il Capo, e ammettere che ancora una volta estranei avevano osato entrare nel suo territorio sotto il loro naso. Non poteva permetterlo. Per qualunque ragione Veronica si trovasse lì, dubitava che fosse entrata a far parte di un qualche gruppo di criminalità organizzata per poi andare a fare scambi in territorio di altri. Doveva trattarsi di altro. Non aveva molto tempo, doveva agire in fretta. Mettere Kaito KO in mezzo alla strada non era un'ottima mossa; se poco poco il suo comportamento fosse risultato sospetto, ci sarebbero state troppe domande sulla faccenda. Fortunatamente erano alla fine del giro e Hiroshi avrebbe completato a breve il suo turno, lasciando l'altro ad altri affari. Doveva solo trovare il momento adatto per agire, ma quello non era né il luogo, né il tempo. C'era un cadavere di mezzo e un tipo a piede libero. Doveva vederci chiaro prima di agire, e doveva accertarsi che Veronica non stesse facendo nulla che avrebbe potuto effettivamente creare ulteriori problemi. « Andiamo negli uffici. Quella parte è vuota. Attireremo meno attenzione. » Insomma, suggeriva di utilizzare il capannone adiacente al locale, che comprendeva gli uffici di quelli che facevano i conti, il quartier generale dei superiori, le palestre e diverse stanze dalla più vasta utilità. A quell'ora, in pieno turno di lavoro della maggior parte di loro, il posto era sempre vuoto, e questo giocava a suo favore. Kaito lo osservò con iniziale sospetto, poi scoppiò a ridere dandogli due pacche sulla guancia. « Allora non sei così stupido come dicono. Bravo! Resta con me, ragazzo; se la spuntiano con questa puttana, ti farò fare grandi cose. » Hiroshi annuì e così, caricata la ragazza in spalla, cercò una stanza priva di finestre in cui avrebbero attirato poca attenzione. [...] Non era felice. Le iniziali indagini sugli effetti personali della Rigby non avevano dato alcuna parvenza di sospetto. Semmai sembrò scatenare ulteriormente l'ira di Kaito. Trovare degli intrusi nel loro territorio era un conto, ma non avere nulla per le mani e rischiare di fare anche la figura dell'idiota era se possibile anche peggio. Hiroshi non si scompigliò per tutto il tempo, rimanendo piuttosto in un angolo vigile, nel caso in cui l'uomo avesse deciso di superare il limite. « Quello grosso? Ah il tuo amico mi sa che ci metterà un po' di più, sai? Non è fortunato come te. » Un bluff bello e buono. Lo smilzo non ce l'aveva fatto, era vero, ma di quello grosso non c'era stata traccia. A quel punto non si sarebbe stupito se avesse appreso che aveva usato qualche trucco per sparire dalla circolazione. Speriamo solo che non si sia smaterializzato. Ci manca solo magia tracciata da queste parti. Lo scambio tra i due non portò a molto, e così, con il congedo di Kaito, Hiroshi e Veronica rimasero da soli. « Risparmia le forze. Quello che ho detto al tuo amico è la verità. Non sono affiliata a nessuno. Non so di cosa state parlando e non so di preciso cosa volete da me. Ma se non mi lasciate entro stasera qualcuno mi verrà a cercare e mi troverà. Nella borsa non ho un cazzo di valore. L'avrete già visto. » Hiroshi sospirò pesantemente sollevando lo sguardo verso l'alto chiamando a raccolta tutta la sua pazienza prima di allontanarsi dal muro in cemento armato, avanzando dallo spazio della penombra creato dalla drammatica luce puntata dall'alto sopra la chioma della mora. « Hiroshi? » « Già. » Lapidario, fece il giro del tavolo facendo scattare il coltello svizzero che teneva in tasca per liberarle mani e piedi. « Ma che posto è questo? Nella zona industriale non ci sono mai stati maghi. » « Non mi sembra che tu sia nella posizione di fare domande, Veronica, quindi facciamo che ne parliamo un'altra volta che dici? » Era alquanto seccato, era evidente, non a caso quando le tagliò le fascette che le incatenavano le mani sospirò osservandola con estrema attenzione. « Non fare altre cazzate, intesi? Questa non è gente a cui rispondere con risparmia le forze. » Non voleva spaventarla più del dovuto, ma doveva sapere che esercitare cautela nel luogo in cui si trovavano era la cosa più saggia. « Senti, io e Sebastian dobbiamo tornare ad Iron Garden entro stasera altrimenti ci arrestano. E se trovano noi trovano anche te. Inventati qualcosa.. confondili, non lo so. »
    5fae1e918558b440174a48990c9e3ceff35575be
    Più parlava, più Hiroshi aveva davvero tanta voglia di risponderle in maniera estremamente sgarbata. Lo so cazzo, lo so che dovete tornare. So anche che non dovevate trovarvi qui. Questa è una rogna con cui nessuno di noi dovrebbe avere a che fare. Fortunatamente la faccenda non era poi così complessa; Kaito avrebbe tenuto la bocca chiusa quanto meno per il momento. Se doveva ammettere che qualcosa non andava nel loro territorio, doveva quanto meno dimostrare di portare qualcosa in tavola assieme all'ammissione. Avevano però le ore contate. « No, tu devi tornare ad Iron Garden entro stasera, Veronica. Lo smilzo non ce l'ha fatta. Kaito gli ha sparato. E l'altro - l'altro se l'è data alle gambe quando ha sentito lo sparo. Per il suo bene spero lo abbia fatto perché sapeva di non poter usare la magia così lontano dal ghetto, altrimenti - » Altrimenti siamo comunque tutti fottuti. Si passò le mani con una certa disperazione sul viso prima di annuire e sospirare tra se e se. Su una cosa Veronica aveva ragione. Kaito doveva conoscere una versione leggermente alterata della verità. « Ok. Usiamo il Confundus. Lo convinciamo del fatto che eri lì per comprare - eroina Veronica, è questo quello che vendono qui. Tu compri sempre dalla stessa persona - da me. Quindi tutto quel teatrino è nato dal fatto che questo tizio tu non lo conoscevi. Kaito gli ha sparato perché stava vendendo roba sotto banco. Tu sei una tossica, lui è un eroe e ce ne andiamo a casa, intesi?. » Pausa. Man mano che parlava la osservava con attenzione per assicurarsi che recepisse le sue istruzioni. Dovevano giocarsela con molta cautela se volevano uscirne puliti e in fretta da lì dentro. Anche perché, credo sia abbastanza chiaro ormai che questa è gente che prima spara e poi fai domande. « C'è qualcos'altro che devo sapere rispetto a questa vicenda? I tipi che erano con te, chi sono e cosa stavate facendo? Cosa sanno della zona industriale e soprattutto, quello che è sparito.. lo conosci? Ci darà problemi? » Al di là di tutto doveva accertarsi che non sarebbero stati un problema. Non conosceva il biondo che era scappato, non era certo nemmeno se lo avesse visto in viso e se, quell'informazione li avrebbe compromessi o meno in ogni caso. « Ehi! Ascoltami attentamente - questa non è gente con cui si scherza, Veronica. Devi promettermi che non farai passi falsi. Io ti farò uscire da qui in tempo, ma solo se ci atteniamo al piano. Usciamo insieme e lo attiro in una zona tranquilla. Là fuori non dici niente; se incontriamo qualcuno lasci parlare me - se ti chiede come ci conosciamo, sei la mia ragazza, ecco perché la roba te la passo solo io. » La osservava con estrema attenzione; provava ad avere un tono rassicurante, Hiroshi, ma non per questo intendeva indorarle la pillola. Perché di quelle persone, lei, come chiunque altri doveva aver paura. Qui il fatto che tu sia strega non significa nulla, specialmente quando non puoi usare la tua bacchetta. Di colpo si schiarì la voce abbassando di colpo lo sguardo. « Dovresti tentare di - sembrare più.. una che fa uso di quella roba. Non so.. hai qualcosa con cui.. » E dicendo ciò si solleticò il braccio indicandoglielo come a farle intendere che sarebbe stato auspicabile trovare un modo per far sembrare che le sue braccia fossero davvero quelle di un'eroinomane. « Di sotto le luci sono abbastanza ingannevoli quindi non è che deve essere perfetto - Kaito poi è fatto quindi.. non è che se ne accorgerà più di tanto. » Sospirò e tentò di darle lo spazio necessario per fare la propria parte. « Hai qualche domanda? »




     
    .
1 replies since 12/1/2024, 19:03   62 views
  Share  
.