When does a ripple become a tidal wave?

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  1. murphylaw‚
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    Da quando era rientrata a Londra, Juniper provava la strana sensazione di ritrovarsi sospesa in un limbo tra il passato e il presente. Complice il grigiore dell’inverno e il monolocale in cui se ne stava rinchiusa nella zona industriale vicino alle sponde del Tamigi, Londra sembrava diversa da come l'aveva lasciata: più fredda, inospitale, a tratti pericolosa. Nei pochi momenti in cui si avventurava all’esterno, per lo più in caso di necessità e avendo cura di mantenersi distante dai distretti magici, le strade, anche se deserte, sembravano scrutarla con uno sguardo invisibile, aggiungendo un impalpabile sentore di paranoia alla sua già crescente tensione. Non che potesse farne a meno, vista la situazione; se il monolocale messo a disposizione dalla rete dei ribelli rappresentava un rifugio sicuro, era anche il luogo che amplificava quella sensazione di estraneità: ogni giorno trascorso tra quelle quattro mura era scandito da una monotonia impregnata di impazienza e frustrazione, in cui i minuti trascorrevano lenti come ore. Non aveva una routine regolare a cui dedicarsi, solo la solitudine e l'attesa; per lo più, i giorni si trascinavano lentamente, resi a malapena sopportabili dalle letture fornitele da Aslan e dagli esercizi pratici con cui, inutile dirlo, aveva riscontrato pochi risultati. In quella monotonia, aveva accolto il compito di organizzare il viaggio nel Mare del Nord con fin troppo entusiasmo. Non solo quell’incarico le forniva un pretesto vero e proprio per uscire di casa e recuperare tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno, ma – più di tutto – ogni dettaglio pianificato, ogni contatto stabilito, ogni passo compiuto verso la concretizzazione di quel viaggio la faceva sentire utile. Tra gli esercizi e le ricerca di una bussola magica nei i mercatini delle pulci babbani, gli ultimi giorni erano trascorsi più rapidamente del previsto, in parte consumando l’attesa che precedeva ogni sessione con Aslan. « Mi aspetti da molto, June? » Probabilmente, in un altro momento, June sarebbe sobbalzata, colta di sorpresa; eppure, la sua mente registrò la presenza dello psichico senza il minimo sussulto, quasi come se fosse stato un pensiero che le aveva attraversato la mente piuttosto che una persona in carne ed ossa, a meno di un metro di distanza. Si era ormai abituata al modo silenzioso con cui il warlock compariva e scompariva ed il suono della sua voce, anche se improvviso, presupponeva un sentore di familiarità. « No, solo qualche minuto. Sono appena rientrata da alcune commissioni, se non mi fossi accorta dell’ora saresti stato tu quello costretto ad aspettare. » Accompagnò le parole con un leggero sorriso, mentre il fiato che le usciva dalle labbra si condensava nell’aria, in una nuvola di vapore. Una breve risata, bassa ma sincera, le sfuggì dalle labbra nell’udire il resto delle sue parole. « Benvenuto nella mia nuova vita! » Scherzò, allargando leggermente le braccia come a sottolineare la propria impotenza. Costretta com’era ad utilizzare la magia il meno possibile, June aveva scoperto di provare una nuova forma di rispetto nei confronti dei babbani: persino i compiti quotidiani, svolti senza l’aiuto della bacchetta o di qualche altro stratagemma magico, erano incredibilmente faticosi e dispendiosi – in termini di energia e tempo. « Come stai? » La ragazza si strinse nelle spalle, accigliandosi appena. « Come qualcuno che ha camminato tutto il giorno con queste temperature polari. » Scherzò, sollevando il sacchetto che stringeva nella mano guantata per mostrarglielo. Con il crescere del loro incontri, aveva iniziato a farsi un’idea più concreta di Aslan: come un puzzle, diversi tasselli erano andati al loro posto, definendone i contorni, smussandone gli spigoli e, in generale, facendo emergere una personalità ben lontana dall’impersonale cordialità che le aveva riservato durante il loro primo incontro. « Ma da un lato ne avevo bisogno. Non ne posso più di restare chiusa in casa tutto il giorno. » Sospirò appena. « Non avrei comunque potuto rimandare ulteriormente, ma freddo a parte è stato quasi piacevole. O forse il mio corpo si sta semplicemente ricordando come sintetizzare le endorfine. » Si affrettò ad aggiungere, con fare scherzoso, ed aria apparentemente casuale. In quel breve lasso di tempo aveva imparato a conoscere Aslan abbastanza bene da sapere che non avrebbe approvato il suo nuovo stile di vita – la mancanza di orari fissi, il ritmo talvolta irregolare tra sonno e veglia, la dieta a base di caffeina e cibi economici, spesso precotti. « Tu, invece? » Incontrò lo sguardo di lui per qualche istante, soppesandolo di rimando. Sebbene Aslan non se ne fosse mai lamentato, era certa che mantenere i contatti con lei fosse più difficile e stancante di quanto desse a vedere. « Finisco questa e possiamo andare, se non ti dispiace. Hai già cenato? » Spostò lo sguardo dalla sigaretta al viso di lui e, infine, scosse piano il capo. « Non proprio. Ho mangiato un sandwich a pranzo, ma poi sono riuscita a recupare solo un pezzo di torta di carote e una tazza di caffè. » A mia discolpa, pensavo di fare in tempo a cenare prima del tuo arrivo. « [...] Quindi mi sono preso la libertà di portarti qualcosa da mangiare. Non è niente di che, eh - anatra alla pechinese e riso. Roba semplice. » Nell’udire quelle parole, le iridi chiare della ragazza si spostarono istintivamente sul borsone, accompagnate da un gorgoglio del suo stomaco traditore, fortunatamente eclissato da un miagolio del tutto inaspettato. Ma che… Per una frazione di secondo, persino Aslan parve sorpreso. Poi, con la solita calma, June lo osservò piegarsi sulle ginocchia ed aprire lo zaino, da cui fece capolino il muso di un gatto dal lucido mantello nero. Nell’oscurità del vicolo, gli occhi verdi brillavano come pietre, le pupille rotonde e dilatate per catturare la luce e, forse, tentare di addolcire il giovane warlock. « Sembra che l'affare di oggi sia due ospiti al prezzo di uno. June - questa è Blacky, il mio famiglio. Che, a quanto pare, ha deciso proprio oggi di disimparare la parola no. E che uscirà dal borsone prima di subito perché la principessa non merita di farla, visto che le avevo gentilmente chiesto di restare a casa. » Ancor prima che Aslan avesse finito di parlare, June avanzò istintivamente di qualche passo, gli occhi chiari fissi sul felino. Si sfilò un guanto ed allungò la mano pallida nella direzione del famiglio, per permettergli di familiarizzare con il suo odore. Infine, quando il naso umido le sfiorò l’indice in cenno di assenso, gli riservò una delicata grattatina dietro le orecchie che, in cambio, le valse un rumoroso ringraziamento sottoforma di fusa. June sorrise, abbandonandosi ad una risatina leggera. « Nessun problema. Adoro i gatti. » Replicò, chinandosi maggiormente per permettere a Blacky di appoggiarsi al suo ginocchio e, con un movimento fluido, cercare una posizione confortevole nel suo avambraccio. « E di solito io piaccio a loro, anche se prima di adottare Onyx ho sempre pensato di essere una persona da cani. » Un sorriso leggermente assorto si fece largo sulle sue labbra, velato da una leggera malinconia al pensiero dei suoi animali domestici. Sapeva che Èmi se ne stava prendendo cura nel migliore dei modi, ma una parte di lei provava una profonda nostalgia. « Comunque » Riprese, forse un po’ troppo rapidamente per risultare naturale. « un gatto come famiglio ti si addice. » Sollevò parte della sciarpa per riparare Blacky dal freddo e, dopo aver gettato una rapida occhiata in direzione della sigaretta ormai consunta che Aslan reggeva tra le dita, gli indicò una via laterale con un cenno del capo. Raggiunsero un condominio dall’aria anonima e June aprì la porta principale, facendosi da parte per permettere ad Aslan di entrare. « L’ascensore si è rotto la settimana scorsa, perciò dovremo farcela a piedi. » Lo avvisò, premendo il pulsante vicino all’entrata. L’ambiente si illuminò di una luce tetra, leggermente traballante. A prima vista, l’intero palazzo non ispirava fiducia ma, una volta giunti al piccolo monolocale, la situazione non era poi delle peggiori. Per quanto spartano, l’ambiente era pulito ed i mobili ben tenuti; c’era persino una porta scorrevole con cui, in caso di necessità, era possibile dividere la cucina dalla zona notte. « Mi hai chiesto se ho mangiato. Tu? » Chiese, mentre gli faceva cenno di accomodarsi. Depositò delicatamente Blacky sullo schienale della poltrona e si sfilò il cappotto, abbandonandolo sul bracciolo. « Non mi è rimasto granché in frigo, ma posso fare del thé. Gelsomino o menta? » Riempì il bollitore e lo accese, prima di sporgersi all’interno della credenza per recuperare due tazze e un piattino da thé. Quando riemerse, indicò distrattamente il tavolo, su cui erano sparse diverse cartine dei paesi scandinavi, fogli pieni di appunti e materiale da trekking babbano – indumenti termici, torce e corde. « Mi spiace per il disordine, c’è talmente poco spazio qui dentro che non so più dove mettere la roba. Non faccio altro che spostarla dal tavolo al letto e viceversa. » Ridacchiò. « Sposta pure tutto dove trovi posto, tanto non ho ancora finito. Merlino solo sa se riuscirò a trovare una bussola magica. » Più che con lui, si lamentò tra sé e sé, leggermente irritata. Di per sé, trovare una bussola magica non era un compito difficile; ma farlo in territorio babbano, senza destare sospetti o servirsi di intermediari che avrebbero potuto attirare l’attenzione era assai più complicato. Forse dovrei semplicemente comprarne una babbana e provare ad incantarla. Quanto può essere difficile? Diede un rapido colpo di bacchetta e due piatti, seguiti dalle posate e dai bicchieri, aleggiarono rapidamente in direzione del tavolo, sfrecciando pericolosamente vicino ad Aslan. June nemmeno se ne accorse, intenta a miscelare la varietà di thé scelta dal warlock. « A proposito » Esordì, alzando la testa di scatto. « Blacky puo’ mangiare il tonno? » Gli chiese, mostrando una scatoletta ancora chiusa che aveva ripescato in fondo alla dispensa.
     
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5 replies since 14/1/2024, 18:28   364 views
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