I swear it will get easier

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    Nate Douglas era stanco. L'iniziale trepidazione di intraprendere una nuova sfida era durata ben poco, e aveva presto lasciato spazio alla monotonia, la frustrazione e la noia. Le faccende da sbrigare all'interno della serra erano sempre le solite: controllare che i quantitativi denunciati fossero corretti, assicurarsi che le operazioni fossero svolte in sicurezza, e in generale supervisionare le attività. Come se ne capisse di giardinaggio. Quel venerdì pomeriggio era particolarmente stanco, complice la settimana di lavoro alle spalle, diviso tra serra e uffici, e la simpatica letterina che aveva trovato sulla scrivania nel suo ufficio del Ministero, quella mattina, che gli confermava che la sua quarta - quarta! - richiesta di essere riassegnato ad un altro ufficio era stata negata, ancora una volta. Quella situazione, da frustrante cominciava a farsi ridicola, anche per degli incompetenti come quelli che lavoravano al Ministero. « Per la prossima volta, gradirei un po' più di ordine in questi moduli, Josh. Ci tengo a ricordarti che non faccio il traduttore. » E la tua grafia è praticamente arabo. « Ci farò attenzione, ispettore. » Il ragazzo biondo lo guardava, con quella sua faccia da inetto che Nate avrebbe tanto voluto far scomparire dal proprio cospetto. « E fatemi il piacere di spostare quelle casse grandi che ci sono all'entrata, perché qualcuno potrebbe inciamparci - ve l'avevo già detto martedì ma evidentemente devo ripetermi più di una volta per essere ascoltato, qui dentro. » « Oh, sì, non avevo capito... Lo faccio subito. » Che ammasso di idioti. Ecco con chi aveva a che fare. Allargò le narici, per prendere un sospiro profondo, e proprio quando sentiva di potersi liberare di quella piaga di Josh, un trillo acuto e fastidioso riempì l'aria del capannone, perforando i timpani ad entrambi. Nate si sporse alla propria destra, i gomiti puntati sulla scrivania, per individuare la fonte del rumore nella piccola culla posta nell'angolo sinistro della stanza. Quel dannato bambino. Chiuse gli occhi per un momento, Nate, nel tentativo di raccogliere tutta la pazienza e la buona volontà che aveva in corpo, mentre la creatura continuava a strillare senza fine apparente. « Josh, fammi un piacere, mentre esci » disse, tra i gemiti fastidiosi e assordanti, costretto ad alzare la voce per farsi udire dal suo interlocutore, che stava ad un metro di distanza. « Mi chiami la madre di... di... » e indicò la culla, senza riuscire a richiamare alla mente il nome del suo ospite. « Haru. » « Sì, ecco, Haru. Mi chiameresti la madre di Haru? Molte grazie. »
    Quando la Yagami fece il proprio ingresso nel capannone, il piccolo era ancora visibilmente agitato. Nate accennò con una mano alla culla, rivolgendole un sorriso di cortesia. Attese che la madre calmasse il bambino, cercando di dar loro un briciolo di privacy, distogliendo lo sguardo e concentrarsi sulle proprie scartoffie per qualche minuto. Solo quando si accertò che avesse finito, si decise ad attirare la sua attenzione. « Mia? Potrei chiederti un minuto del tuo tempo? » Mentre parlava, accennò con il braccio alla sedia antistante alla propria scrivania, perché si accomodasse. Quando le fu davanti, puntò i gomiti sulla scrivania e congiunse le mani, appoggiandovi il mento. « Vorrei discutere con te di una questione. » Sospirò, spostando lo sguardo verso un punto imprecisato alle spalle di lei, mentre pensava alle parole più corrette per sollevare la questione. Era una faccenda delicata, ma era convinto fosse il momento di discuterne, una volta per tutti. « Lo sai che questo non è il luogo più adatto per un bambino della sua età? » iniziò, cauto, accennando con il capo al piccolo, che ora rideva sulle ginocchia della mamma. « Ci sono lavori in corso, rumori forti, per non parlare di fertilizzanti e materiali di Pozionistica che non è il caso siano alla sua portata. » Sospirò. « Ora, so che tu e tutti i tuoi collaboratori siete estremamente cauti, ma resta il fatto che si tratta di un rischio che, a mio parere, non vale la pena correre. » Diciamo anche che vorrei evitare di leggere sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta "Bimbo di due anni avvelenato con una foglia di aconito ad Iron Garden". « Quindi volevo prendermi un attimo con te per ragionare insieme su eventuali soluzioni alternative che si possono trovare, affinché possiamo stare tutti più tranquilli. » Le scoccò un'occhiata, a questo punto, attento alla sua reazione. « Inizio col chiederti se tu hai già un'opzione valida, ad esempio una persona fidata a cui lasciarlo durante le ore di lavoro, o un parente. »
     
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    « Mia! » Era alle prese con la verifica di una parte dell'orto, annotando diligentemente le osservazioni circa la crescita delle piantine di peperoni quando Josh la raggiunse un po' seccato. « MIA! » La giovane Yagami dal canto suo sembrava piuttosto assorta nei propri pensieri, tant'è che quando sentì la voce del biondo alzarsi, si voltò di colpo un po' spazientita. Provava un leggero fastidio inspiegabile, qualcosa che la pizzicava senza una vera ragione. Avrebbe solo voluto buttare quella cartellina per terra e calpestarla a più non posso, perché quei rapporti su delle dannate piante non avevano proprio ragione di esistere. Gli orti si curano e basta. Ci devi stare dietro. Non hanno bisogno di approfondite relazioni circa l'andamento della crescita e maturazione del prodotto. In effetti Mia, che al rispetto della vita bucolica di campagna ci teneva molto, trovava in quelle pretese del Ministero una pomposità ingiustificabile. « Eh! Si si - parla! Ti sento. » « Ti cerca - » Quando il nome di Nate Douglas non veniva fatto, era evidente si parlasse di lui. Di colpo abbassò la cartellina e sgranò gli occhi. Cazzo. « A me? Cerca - me? » « Haru l'ha disturbato. Mi sa che vuole parlarti. » Cazzo. Cazzo. Cazzo. Mia conosceva molto bene il petulante ispettore Nathan Douglas. Non poteva dire che lo stesso fosse per lui. Ai tempi della scuola, una giovanissima signorina Wallace aveva una forte fascinazione dei confronti degli studenti più grandi, specie se Serpeverde, tant'è che sul loro conto, Mia sapeva vita, morte e miracoli - quanto meno ciò che era di dominio pubblico. Faceva strano vederlo in quelle vesti - le vesti dell'ispettore. La catena alimentare però è rimasta la stessa. Io sono un insignificante pesce piccolo, mentre lui è il petulante ispettore. Faceva fatica a immaginare di cosa potesse trattarsi. Haru era rimasto nel capanno diverse volte, ma la questione non sembrava avergli mai dato fastidio. « O-ok? » Passò la cartellina a Josh per poi ripulirse le mani su uno strofinaccio lì vicino sospirando. E se ha scoperto del Pulse? Se qualcuno gli ha detto qualcosa? Se ha origliato qualcosa? Quello, assieme al fatto che Raiden fosse uno dei ricercati più in vista in Inghilterra, l'aveva portata a tenere sempre la testa china in presenza del giovane Douglas. Meno dava nell'occhio, meno sarebbe risultata sospetta. E così, nonostante gli avesse affibbiato un nomignolo piuttosto colorito, con lui nei paraggi, diventava un agnellino. Voleva ogni alibi possibile nel caso in cui qualche Auror tentasse di aprire bocca, e seppur fosse certa che uno come Douglas non sarebbe mai intervenuto per una come lei, poteva avere quanto meno la certezza che di lei si potesse dire una di quelle frasi fatte - sembrava una brava ragazza. Non mi pare il tipo da lotte clandestine. La preoccupazione di poter veder venire meno tutti i suoi sforzi, la portò a sospirare pesantemente e percorrere la strada verso il capanno con una certa pesantezza.
    Un ultimo respiro prima di bussare alla porta e penetrare nel capanno per constatare che quel fastidio era sì dovuto da qualcosa nello specifico. Haru si era svegliato e richiedeva attenzioni. Così, dopo essersi accertata del permesso dell'ex Serpeverde, si fece strada verso il lettino prendendo il bimbo in braccio. Si annoiava, ovviamente, specialmente quando vedeva persone intorno e non poteva lasciare quello spazio confinato. Bastava parlarci un po'. Ed effettivamente fu quello che fece, passandogli il suo piccolo pupazzo di coniglio e distraendolo un po' con baci e carezze, promettendogli che non sarebbe più tornato lì dentro. « Mia? Potrei chiederti un minuto del tuo tempo? Vorrei discutere con te di una questione. » Ecco, lo sapevo. Ora mi distrugge. « Certo. Di cosa si tratta? » Annuì e prese posto sulla sedia indicatale, con il piccolo attaccato al suo collo che prese posto sulle sue braccia non appena gli venne consegnato il suo coniglietto preferito. « Lo sai che questo non è il luogo più adatto per un bambino della sua età? Ci sono lavori in corso, rumori forti, per non parlare di fertilizzanti e materiali di Pozionistica che non è il caso siano alla sua portata. Ora, so che tu e tutti i tuoi collaboratori siete estremamente cauti, ma resta il fatto che si tratta di un rischio che, a mio parere, non vale la pena correre. » La tensione sulle spalle di lei sembrò venir meno di colpo, come se le avessero tolto un peso dal cuore. Certo, la questione non era poi molto più rincuorante del Pulse, ma restava che si trattava di una cosa meno illegale di quanto pensasse. Certo, ora il petulante ispettore vuole pure darmi lezioni su come si crescono i figli ad Iron Garden. Magnifico. Certo che non è un luogo adatto, ma quali alternative ho? « Quindi volevo prendermi un attimo con te per ragionare insieme su eventuali soluzioni alternative che si possono trovare, affinché possiamo stare tutti più tranquilli. Inizio col chiederti se tu hai già un'opzione valida, ad esempio una persona fidata a cui lasciarlo durante le ore di lavoro, o un parente. » Ovviamente. Un maggiordomo, due tate, un insegnate di inglese e giapponese e uno di pianoforte. Uno psicologo per l'infanzia e uno specialista di linguaggio infantile. Non lasciò trasparire l'ironia di quelle parole, seppur il sorriso amaro che gli rivolse rese abbastanza evidente l'assurdità di quel quesito. « Con tutto il rispetto, ispettore, secondo lei, se avessi un'alternativa lo lascerei qui per ore ad annoiarsi? » Non si trattava solo della potenziale pericolosità della serra, quanto anche del fatto che Haru avesse bisogno di socializzare con altri suoi coetanei. Aveva bisogno di giocare, di comunicare, di imparare a interfacciarsi con bambini come lui. Tutto ciò, in un ambiente in cui di bambini non c'erano così tanti, era pressoché impossibile. Chi era riuscito a mettere i propri bambini in sicurezza lo aveva fatto; un lusso che quelli come lei non erano riusciti a permettersi. Mandare via Haru con qualcuno di fidato sarebbe stato solo crudele, specialmente perché lontano dai genitori e fuori da Iron Garden sarebbe stato probabilmente anche meno al sicuro. Una leva facile da utilizzare contro la precaria situazione di Raiden. « Tutta la mia famiglia è qui oppure oltreoceano. Sarebbe superfluo precisare che siamo tutti costretti a lavorare, e che i nostri orari non sono dei migliori proprio perché ci sono persone come Haru che non possono lavorare per loro stesse. » Bocche in più da sfamare. Persone che hanno per lo più bisogni speciali. Si strinse nelle spalle mentre Haru batteva le manine energicamente ridacchiando. Lo osservò con massima serietà e una sincerità disarmante. « Quando posso lo lascio con mia cognata, o con la mia coinquilina, però in definitiva anche loro lavorano, e Haru non è un pacchetto che posso lasciare con chiunque. Nel ghetto non sono stati predisposti luoghi adeguati per bambini così piccoli, e ad essere onesta.. alla luce - » Abbassò lo sguardo soffiando frustrata. « - alla luce della nostra posizione come famiglia, non me la sentirei in ogni caso di lasciarlo con chiunque. » Era irragionevole? Forse. O forse era solo cauta, e aveva ragione di esserlo. Nel ghetto anche tra le creature, non tutti erano amici, né pensavano al bene della comunità. Così non siamo una comunità. Siamo un gruppo di estranei confinati, costretti a stare insieme senza altra alternativa. « Un paio di giorni fa ho proposto alla signorina Durand di permettermi di lavorare in orari serali. In questo modo potrei organizzarmi meglio e portarlo meno frequentemente. Però ho bisogno della sua approvazione. » Fece una breve pausa, prima di osservarlo con attenzione. Si inumidì le labbra e lo osservò con estrema eloquenza. « Ispettore, io ho bisogno di questo lavoro. E di tutti i lavori che sto svolgendo qui dentro. Posso fare a meno di confort che mi riguardano, ma lui cresce a vista d'occhio. Ha bisogno di vestiti, cibo e giocattoli; e ha bisogno di sentirsi al sicuro. » Nel dire quelle ultime parole lo sguardo della giovane Yagami si fece ancora più serio.


     
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    « Con tutto il rispetto, ispettore, secondo lei, se avessi un'alternativa lo lascerei qui per ore ad annoiarsi? » No. Nate sospirò, nell'udire quella domanda retorica alla quale non aveva bisogno di rispondere. In fondo la sua era stata una domanda quasi futile, immaginava già che la realtà della giovane ragazza fosse quella, ma era comunque il caso di assicurarsi del contesto, prima di prendere qualsiasi tipo di decisione. « Tutta la mia famiglia è qui oppure oltreoceano. Sarebbe superfluo precisare che siamo tutti costretti a lavorare, e che i nostri orari non sono dei migliori proprio perché ci sono persone come Haru che non possono lavorare per loro stesse. » Distolse lo sguardo dagli occhi di lei, puntando piuttosto gli occhi chiari sui fogli che aveva sulla scrivania. Era come infastidito da quello sguardo insistente, da quella mera schiettezza. Il piccolo nel frattempo ridacchiava e batteva le mani, beato, finalmente sulle ginocchia della madre, del tutto inconsapevole. « Quando posso lo lascio con mia cognata, o con la mia coinquilina, però in definitiva anche loro lavorano, e Haru non è un pacchetto che posso lasciare con chiunque. Nel ghetto non sono stati predisposti luoghi adeguati per bambini così piccoli, e ad essere onesta.. alla luce... alla luce della nostra posizione come famiglia, non me la sentirei in ogni caso di lasciarlo con chiunque. » Annuì, sospirando, mentre picchiettava distrattamente con i polpastrelli sul legno della scrivania. Ad aggiungere fuoco alla problematica, c'era il fatto che il piccolo Haru era il figlio di Raiden Yagami, e la povera Mia aveva più di qualche motivo per voler evitare di lasciarlo per le mani di chiunque. Gli abitanti del ghetto di Iron Garden erano variopinti, non tutti fedeli fino alla morte alla causa dei Ribelli, non tutti contenti del triste esito di quelle battaglie - più di qualcuno, forse, desideroso di vendetta. Era un'ipotesi remota, certo, ma Nate non riusciva a biasimare l'eccesso di precauzioni di una madre. « Capisco. Però, Mia, ti rendi conto che si tratta di una questione di sicurezza sulla quale non posso derogare? » Il problema persisteva. Per quanto empatizzasse con la situazione della ragazza, non poteva permettere che quel bambino trascorresse ancora lunghi periodi in quel luogo. Era d'altronde certo che al Ministero poco importasse della salute o della sicurezza di un infante figlio di Ribelli - ancor meno se figlio di Yagami - ma gli scrupoli imponevano al giovane Douglas di fare qualcosa; se non altro per non ritrovarsi con un altro morto sulla coscienza.
    « Un paio di giorni fa ho proposto alla signorina Durand di permettermi di lavorare in orari serali. In questo modo potrei organizzarmi meglio e portarlo meno frequentemente. Però ho bisogno della sua approvazione. » Tornò a guardarla, il labbro inferiore stretto tra i denti e l'espressione corrucciata, mentre tentava di fare mente locale. « Ah, sì! » esclamò, qualche secondo più tardi, sfogliando tra alcuni documenti, per estrarne uno in particolare, a cui aveva dedicato appena un'occhiata rapida, per poi metterlo da parte per esaminarlo in un secondo momento. « Ho qui la tua richiesta » le spiegò, mostrandogliela per un istante, e poi piazzandola di fronte a sé, per darvi una nuova scorsa veloce. « Ispettore, io ho bisogno di questo lavoro. E di tutti i lavori che sto svolgendo qui dentro. Posso fare a meno di confort che mi riguardano, ma lui cresce a vista d'occhio. Ha bisogno di vestiti, cibo e giocattoli; e ha bisogno di sentirsi al sicuro. » Sollevò il capo, a quel punto, puntando gli occhi di nuovo in quelli di lei. Trascorse qualche attimo di silenzio, tempo in cui il piccolo, per una qualche stramba coincidenza, sembrò voler completare la supplica della madre gettandole le braccia al collo e affondando il viso paffuto nell'incavo della sua spalla. Nate tornò a dare attenzione ai propri fogli, leggermente a disagio. « Ti firmo la richiesta » disse, dopo essersi schiarito la voce. « Non ho però facoltà di approvartela, a quello penserà il Ministero. Mi premurerò di accompagnarla con una relazione in cui sottolineo l'eccezionalità della tua problematica. Purtroppo non posso garantirti niente. » Anche perché, quando al Ministero leggeranno il tuo nome, è probabile che non abbiano molta voglia di farti dei favori. « Se anche dovessero accettarla, non credo ti permetterebbero di lavorare di sera tutti i giorni. » Sospirò, mentre finiva di compilare la richiesta della ragazza, vi apponeva una firma, per poi far ricadere il foglio, con un colpo di bacchetta, su una pila di altri documenti destinati al Ministero. « Quindi » e a quel punto congiunse le mani sul tavolo, tornando a portare l'attenzione sulla giovane. « il problema sussiste. » Non era una domanda, la sua. Suo malgrado, aveva compreso che Mia non poteva offrirgli alcun tipo di soluzione, e che al contrario aveva fatto rimbalzare il problema direttamente a lui; forse nella speranza che, nella (misera) posizione di potere in cui si trovava, potesse comprendere, dare una mano in qualche modo. S'inumidì il labbro mentre, lo sguardo assorto verso un punto imprecisato oltre la spalla di lei, tentava di ragionare su eventuali alternative. « Ti sentiresti a tuo agio a lasciarlo con un elfo domestico? » tentò, spiando la sua reazione. « Non so se hai mai avuto modo di approcciarti ai loro servizi, ma sono molto fedeli, incapaci di tradire chi gli dà ordini. Una soluzione del genere ti farebbe sentire più sicura? » Si strinse nelle spalle, mentre prendeva a scarabocchiare distrattamente su un foglio bianco, e continuava a ragionare. « Bada bene, questa non sarebbe una soluzione proposta dal Ministero. Non è nemmeno qualcosa di vietato, ma, se deciderai che fa al caso tuo, eviterei di pubblicizzarla, ecco. » Un breve sorriso a labbra strette parve addolcirgli l'espressione per un istante, quando tornò a guardare Mia. Insomma, siamo in un'area grigia non ben definita. « Non sarebbe un regalo, che sia chiaro. Ma ho diversi elfi in casa che per lo più si girano i pollici, e sono convinto che uno di loro sarebbe contento di badare al tuo bambino durante le mezze giornate in cui tu lavori. Questo è quanto. » Si strinse nelle spalle. « Se vuoi, puoi rifletterci per qualche giorno. Ma vorrei una tua risposta entro questa settimana, perché altrimenti dobbiamo pensare a qualcos'altro. » E io, francamente, sto finendo le alternative.
     
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    « Ti firmo la richiesta. Non ho però facoltà di approvartela, a quello penserà il Ministero. Mi premurerò di accompagnarla con una relazione in cui sottolineo l'eccezionalità della tua problematica. Purtroppo non posso garantirti niente. Se anche dovessero accettarla, non credo ti permetterebbero di lavorare di sera tutti i giorni. Quindi il problema sussiste. » Le sembra di essere rimasta in apnea per tutto quel tempo, non a caso tira un lungo sospiro, sollevata dalla potenziale possibilità di essersela cavata almeno in parte. Non tutti i giorni va bene. Significa che avrò meno giorni di cui preoccuparmi e potrò gestirmela in maniera più tranquilla. Era davvero tanto, non a caso, la giovane Yagami non riuscì a fare a meno di gettare uno sguardo di gratitudine in direzione di Douglas. Non si fidava di lui, ma di certo doveva ammettere che si aspettava una maggiore resistenza nei confronti di una simile richiesta. Ci ha rinunciato senza imputarsi. Questa è nuova. Un atteggiamento decisamente diverso rispetto allo scorbutico ispettore che aveva imparato a conoscere in quei mesi. Beh, forse conoscerlo è un parolone, considerando che Mia faceva di tutto per evitarlo, così come accadeva ormai con chiunque non le rivolgesse direttamente parola o una specifica richiesta. « Andrà bene lo stesso. » Ammette in un filo di voce stirando le labbra in un sorriso appena accennato. È la prima volta che ha mai sorriso a Nate Douglas in tutta la sua vita. Mia lo aveva conosciuto in qualità di ragazzo dell'ultimo anno quando lei stava frequentando a malapena il quarto anno. Era fuori dalla sua portata ed era elevato a degna personalità della casata Serpeverde. Lo aveva sempre visto come uno di quelli più grandi irraggiungibili - anche solo rivolgergli la parola le sembrava fuori discussione, così come accadeva con la maggior parte degli studenti degli ultimi anni. Per lei erano animali mitologici, specialmente alla luce del fatto che erano sulle bocche di tutti, chiacchierati dallo Shame e da tante voci di corridoio. Ora era diverso; rapportarcisi era diverso, e un po' si sentiva stupida per il tipo di atteggiamento che aveva avuto ai tempi nei confronti dei suoi stessi compagni di casata. Certo, resta il fatto che probabilmente ai tempi mi avrebbe visto come un lombrico, e non era certa che ora era diversamente. « Me lo farò andare bene. » Ammise stringendo il piccolo al proprio petto sollevata dalla possibilità di poter scampare ai suoi guai almeno in parte. Anche se non lo sai, oggi mi hai dato una grande mano. Diamine, potresti avermi salvato il culo. Ma proprio mentre è sul punto di alzarsi e lasciare il capanno, resta di sasso. Le labbra leggermente dischiuse mentre tenta di decifrare la natura di quanto ha appena sentito. « Ti sentiresti a tuo agio a lasciarlo con un elfo domestico? Non so se hai mai avuto modo di approcciarti ai loro servizi, ma sono molto fedeli, incapaci di tradire chi gli dà ordini. Una soluzione del genere ti farebbe sentire più sicura? Bada bene, questa non sarebbe una soluzione proposta dal Ministero. Non è nemmeno qualcosa di vietato, ma, se deciderai che fa al caso tuo, eviterei di pubblicizzarla, ecco. » Dire che prova un senso di smarrimento è poco. Ci sono certi limiti e certi piani che non vanno mai mischiati. Io sono una creatura e lui è un ministeriale. Lavora per le persone che mi tengono qua. Appoggia quelli che hanno messo al bando Raiden e rende la vita impossibile alla mia amica Théa. Dovrebbe quanto meno non tollerarlo, e trovare la sua presenza quanto mai sgradevole. « Non sarebbe un regalo, che sia chiaro. Ma ho diversi elfi in casa che per lo più si girano i pollici, e sono convinto che uno di loro sarebbe contento di badare al tuo bambino durante le mezze giornate in cui tu lavori. Questo è quanto. Se vuoi, puoi rifletterci per qualche giorno. Ma vorrei una tua risposta entro questa settimana, perché altrimenti dobbiamo pensare a qualcos'altro. » Accidenti. La giovane Yagami resta di stucco. Di certo, di tutte le possibili soluzioni che si sarebbe aspettata, accettare un elfo di Nathan Douglas era forse la meno probabile. Chi è questo uomo? Sta tentando di fregarmi? La ragione per cui non lasciava mai Haru senza la supervisione di una persona di cui si fidasse era relegata soprattutto alla sua consapevolezza di non potersi affidare mai più del dovuto a nessuno. Aveva bisogno di rifletterci, perché per quanto avventata, Mia sapeva che lasciar entrare in casa propria una creatura alle dipendenze di un ministeriale, significava mettere se stessa in una posizione vulnerabile. C'era qualcosa però nel suo atteggiamento che la portava a pensare che in verità non aveva cattive intenzioni. Forse perché in fondo a lei, il giovane Douglas non aveva mai fatto niente. Non l'aveva mai trattata male, né l'aveva trattata con la stessa sufficienza destinata ad altri suoi colleghi, che spesso si mettevano in netto contrasto con lui - seppur in maniera discreta. « Se posso pensarci un paio di giorni.. » Lo osservò con estrema cautela, come se avesse paura che quel tentennamento potesse in qualche maniera offenderlo, e peggiorare ulteriormente la sua posizione. Non sono propriamente nella posizione di storcere il naso, o di offendere a viso scoperto un Ministeriale. Ma Mia sapeva anche che, tutta quella strategia non era direttamente relegata alla sua incapacità di gestire lavoro e vita personale. Haru stava bene, e di certo stava meglio assieme a lei. Non poteva però negare a se stessa che un po' di distacco facesse bene ad entrambi. Il piccolo doveva imparare ad abituarsi almeno per brevi periodi all'assenza di entrambi i genitori, e Mia aveva bisogno di una pausa dal costante stare in pensiero per lui, dal perenne tentare di rimediare alle sue paturnie, spesso dovute all'assenza del padre. « Cioè - è un gesto molto gentile. » Sorprendentemente gentile, accidenti. Odia ammetterlo a se stessa, e odia ancora di più il fatto che quel gesto metta un forte dilemma sulla sua coscienza. « Ma vorrei rifletterci. Non ho alcuna reticenza nei confronti degli elfi domestici. » Raiden ne aveva due in Giappone. Chissà che fine avranno fatto, ora che il loro padrone era completamente fuori dal radar. Li avrebbero trovati sempre lì, oppure erano stati liberati? Immagino abbia poca importanza a questo punto. « Però non le nascondo che Haru soffre molto per.. il distacco. » Probabilmente a lui non interessa nulla, ma vuole comunque far sapere almeno in parte il suo punto di vista. Magari Nathan Douglas non porterà avanti il messaggio, ma vuole almeno dire la sua sul modo in cui avevano deciso di gestire quel posto. Abbassa lo sguardo sulla manina del piccolo stretta attorno al suo pollice e deglutisce. « Lo so che non ci sono situazioni ideali, e che a questo punto mi dovrei far andare bene un po' qualunque cosa, ma non trovo giusto che a soffrire debba essere un bambino. Lei dirà che avremmo dovuto pensarci prima.. » Deglutisce Mia, stringendosi nelle spalle. Vorrei dire che me ne pento. Ma non è così. « Al di là di discorsi di principio, le devo confessare che non è molto semplice vivere qui. Ci sono anziani e bambini che necessiterebbero di più attenzioni. Lei vede Haru ogni volta che viene qui, però ci sono tanti Haru qui dentro - piccoli e grandi - creature che non hanno mai fatto niente e la cui unica colpa è di essere nate. » Arriccia appena il naso. « Io non so che tipo di potere ha lei, ispettore, e quanto può spendersi, al di là dell'offerta di un elfo, ma se in quei rapporti, ha modo di includere ogni tanto le vere condizioni di alcuni abitanti del ghetto - faccia sapere loro che c'è bisogno di più medicine, e cibo. » Stira un sorriso stanco tornando a osservarlo per la prima volta negli occhi. « Non si può vivere per tutto l'anno dell'elemosina della Vigilia. » Ma ha accettato che forse sarà così. Per un po'. O forse per più di un po'. « Ciò che voglio dire.. » E lo ammette con un tono stanco, quanto arrendevole. « ..è che la mia situazione non è eccezionale. È.. quanto di più naturale accade quando si pensa di regolare la vita di centinaia di persone con un regolamento in venti rigidi punti, privandole di gran parte delle loro libertà. »



     
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