se fa buio il mondo è fluo

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    Vabbè, ho superato Iron Garden alle otto di sera, cosa vuoi che sia Nocturn Alley alle... 11?
    Émile Carrow avanzava per le stradine buie e acciottolate del quartiere più pericoloso e losco della Londra magica con il respiro pesante, ed un cuore che gli bussava nel petto con la stessa insistenza solitamente usata dall'elfo domestico di sua madre alla sua porta, quando aveva urgenza di rifare la camera e voleva intimarlo ad alzarsi dal letto.
    Mentre illuminava i propri passi con un flebile Lumos, Emi ripercorreva con la mente tutte le terribili decisioni che l'avevano portato dove si trovava. Avrebbe tanto voluto imputare quella situazione al suo saper essere un ottimo amico, ma i più recenti avvenimenti (diciamo, da un anno a quella parte) testimoniavano l'esatto contrario. Dunque non restava che l'idiozia. La solita, dannata idiozia che prendeva il timone della sua testa, la stessa idiozia che non l'aveva fatto riflettere più di qualche istante quando aveva assicurato a Jeremy Bennett che, certo, senza dubbio, per nulla al mondo si sarebbe perso il suo debutto live con la band Rock Metal che l'aveva appena ingaggiato.
    Il punto era che Jeremy ed Émile non erano nemmeno così tanto amici. Ma siccome tutti gli amici veri del Tassorosso lentamente si erano dissolti come sabbia tra le dita, Emi non aveva grandi alternative se non provare a coltivare quel poco che aveva, nella speranza di fuggire almeno un poco alla solitudine a cui sembrava destinato in quei mesi. E dunque aveva detto di sì a Jeremy, certo che avrebbe assistito al suo mitico debutto da bassista, vuoi mettere, non se lo sarebbe perso per niente al mondo.
    I primi sentori di rimorso li aveva avvertiti quando il ragazzo gli aveva inoltrato l'indirizzo del locale. Émile, a Nocturn Alley, ci era stato poche volte nella sua vita, e mai di proposito. In una occasione era stato trascinato controvoglia da quello strambo di Grimm, che era alla ricerca di un qualche artefatto oscuro su cui Emi aveva preferito non indagare troppo; la seconda volta si era semplicemente perso tra quei vicoli, ovviamente in compagnia di Otis, ovviamente mentre cercavano il negozio rivenditore ufficiale di carte del Black Market. « Oh, c'è sempre una prima volta », questo era stato il commento di Jeremy alle sue rimostranze, ed Emi chissà come ad un certo punto si era convinto avesse ragione. Era arrivato il momento di vincere certe paure irrazionali; Nocturn non era che un posto come un altro. E così si era armato di buona volontà, aveva attraversato quei piccoli vicoli quasi di corsa, ed era giunto al luogo dell'appuntamento.
    Il locale, di per sé, non era terribile. Certo, un po' desolato; certo, frequentato da certi tipi un po' loschi (ad un certo punto della serata, Emi era certo che il folletto seduto alle sue spalle avesse provato a sfilargli il portafoglio dalla tasca dei pantaloni); però, appunto, non era male. Il drink che aveva preso era potabile, la sedia un po' sbilenca ma comoda, il palco pareva spazioso. Tutto nella norma. Quando il gruppo musicale fece il proprio ingresso, il giovane Tassorosso si premurò di allungare un braccio tra la folla per farsi vedere da Jeremy, il quale lo individuò subito e gli restituì il saluto con un cenno del capo, mentre si impegnava a strimpellare le corde del proprio strumento. Bene, la comparsa l'ho fatta. Jeremy mi ha visto. Ora posso anche andarmene. E questo sinceramente intendeva fare, così da scomparire appena possibile. Io, il mio, l'ho fatto.
    Ciò che Emi non aveva preventivato, però, era che il concerto gli piacesse sul serio, e che gli piacesse a tal punto da trovarsi a seguirlo fino alla fine. Trovò in quella musica un'esplosione di potenza e intensità che aveva avvertito poche volte nella vita, aveva sentito quelle note come stranamente liberatorie, come una boccata d'aria fresca, o un urlo lanciato a pieni polmoni sull'orlo di un precipizio. Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare da quei bassi profondi, da quei suoni cupi e totalizzanti che riempivano l'aria per poi fenderla a colpi di chitarra, nei momenti più inaspettati. Contro ogni pronostico, gli fece bene. Era quasi l'una quando il tutto si concluse, ma Émile era ancora così elettrizzato che raggiunse il retro del locale quasi saltellando. « Siete stati pazzeschi! » esclamò, galvanizzato, quando incorse finalmente in Jeremy, abbracciandolo come se fosse il suo migliore amico. « Complimenti, davvero! » « Grazie, bro. » Bro? Bro? Emi
    sorrise a quell'appellativo, speranzoso di aver raggiunto un nuovo livello di confidenza, e dunque star succedendo nella sua impresa titanica di allargare la propria rete sociale oltre la povera Nessie, che presto lo avrebbe lasciato per asfissia. Fu la volta delle presentazioni. « Vieni, ti presento gli altri... » fece un giro di nomi dei presenti, prima di arrivare alla vera star della serata, il cantante della band, colui che aveva tenuto in piedi l'intero spettacolo per più di due ore, tenendo alta l'attenzione del pubblico senza accusare alcun colpo. « E lui è Joshua. Joshua, lui è Émile, un mio amico di scuola. » Ad Émile, a quel punto, brillavano gli occhi. Gli strinse la mano, forse più vigorosamente del dovuto. « Wow, che figata! » riuscì a dire, e si sentì immediatamente un idiota per averlo detto. Sul serio, Emi? Sei davanti al ragazzo più cool di sempre e te ne esci così? Ora ti manda a cagare. « Cioè, volevo dire, siete stati bravissimi. » Ecco, sì, un po' meglio. « Io non me ne intendo molto di questo genere di musica, eh... Però mi è piaciuto molto. Suonate spesso da queste parti? » E cioè in queste zone così deliziose e per nulla macabre e terrorizzanti?

     
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    A volte capita di suonare in posti di merda, altre volte in cazzo di festival. Dio una volta mi hanno chiesto di suonare ad un compleanno di merda ad Hogsmaede. Certo, col cazzo.
    Ma la vita dei Morgana va così, alti e bassi che si alternando senza che ci sia mai quella spinta che tiene su la baracca. Ogni volta finisce che io me ne torno a casa con quello che avevo in tasca prima di uscire, niente di più e forse i soldi di una birra di meno.
    Lo sanno tutti che se non riesci a spaccare i culi nei primi 5 anni di attività, quello che viene dopo è un hobby, puro divertimento, anche se il mio ultimo singolo sta facendo qualcosa di decente: magari perché canto per chi ha la mia stessa rabbia, o in questa ci si rivede.
    Non mi chiedo mai chi siano le persone che vengono a sentirci, se amici di qualcuno, gente di passaggio o persone che - malauguratamente - stavano già li quando siamo entrati in scena noi.
    Io-... io mi chiedo chi sono quelli che restano, quelli che nonostante tutto ci trovano abbastanza piacevoli da meritare di star con loro almeno due ore. Quelli che il gracchiare roco della mia voce lo apprezzano, lo ricercano e se mi va di culo si scaricano il nuovo singolo in streaming. Quelli che ci fanno i video mentre cantiamo per metterli su Wiz, o quelli che poi cercano i nostri numeri per spogliarsi nei camerini. Io non butto via niente.

    A volte, quando finiamo bene e sono su di giri, mi spingo fino al limite, lascio grattare la gola e aspetto che bruci. La spegnerò con un gin tonic. E stasera sarà solo uno, perché con me c'è Remì. E' colpa di Riley? Sì. Se mio figlio è qui - nonostante il posto di merda - è perché quel cazzo di auror mi ha detto una cosa che non so togliermi dalla testa. Remì vuole stare più tempo con me, gli piace sapere di avere un padre che canta così e sono sicuro che molti dei concetti che esprimo, lui li capisca benissimo anche se ha solo 8 anni, quasi 9. Il posto, poi, non mi spaventa, chiunque osasse avvicinarsi con pessime intenzioni, si ritroverebbe appeso al primo muro utile, senza più ricordare neanche come cazzo ci si siede.
    E' la fortuna di vivere nei piani bassi del sottomondo, ho i contatti di chi ci fa spazio qui, e quindi so anche che sanno quanto Remì sia intoccabile. Lui che resta seduto sulle casse e quando finisco aspetta solo il mio "ok" per venire trotterellando come un canetto verso di me.

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    Oggi però non sono su di giri solo io, c'è anche Jerry che si spinge come se stesse dando tutto di sé, in un locale in cui stavolta non c'è un cazzo di nessuno. Mi rendo conto che non ha fatto così neanche al festival dei Mallory Park, così lo tengo d'occhio anche quando Remì mi stringe le gambe. Lo vedo che non sbadiglia, non è stanco e vuole stare un po' con noi. Jack, alla batteria, è il più grande, è un po' il padre - per quanto sia davvero un padre di due gemelle adolescenti - di tutti ed ogni volta che vede Remì, se lo stritola per sentirlo ridere. Naomi è la prima chitarrista, l'unica bestia del gruppo che potrebbe suonare anche ad occhi chiusi, le sue sono le dita più veloci del west e non se ne vanta mai abbastanza. Lei, ancora di più, ama Remì. Odia ogni bambino al mondo, ma Remì si è guadagnato la sua fiducia con il silenzio.
    Però, appunto, io stasera guardo Jerry che corre incontro ad un suo... nuovo amico? Che però mi presenta subito. Sembra un ragazzino tale e quale a lui ed Adam.
    Émile richiamo il suo nome, sfrutto una pronuncia francese, perché ne comprendo piano la derivanza. Lascio che mi stringa le mano ed un po' sti cazzo di complimenti fanno bene al mio ego.
    —Dipende da dove ci chiamano ma, ehi, se conosci posti con gente meno... mi guardo attorno, scuoto la testa in una mezza risata — ... lobotomizzata, faites-le-moi savoir. Svecchio il francese dal mio cervello, che è un modo come un altro per sentire di nuovo Nilufar con me.

    —Bevi qualcosa con noi? guardo anche Jerry per capire se preferiva restare solo con l'amico o se possiamo portarci via un altro ragazzino, tanto per non restare in questo posto da soli.



     
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    Dopo averlo guardato per ore intere cantare sul palco, adesso gli faceva quasi impressione essere a tu per tu con Joshua, che gli sorrideva gentilmente come una persona qualunque. Era un po' come ritrovarsi a parlare con un personaggio di una serie tv dopo aver fatto binge-watching di una stagione intera, c'era qualcosa che stonava, come se non fosse del tutto normale. Fa strano. « Émile » Corrugò la fronte, Emi; perfino sentirgli pronunciare il suo nome, con quella voce roca che per l'intera serata aveva intrattenuto tutti, faceva un certo effetto. Perfino il suo nome, Émile, assumeva un suono quasi diverso. O forse è semplicemente l'alcol. Gli strinse la mano, che era vigorosa, come si immaginava essere la mano di un musicista, che probabilmente impiegava tutto il proprio tempo a strimpellare chitarra e altri strumenti. Era diversa dalla mano di Agnés, sulle cui dita delicate, per quanto abituate al violino, non aveva mai visto un callo o una qualche bruttura. «Dipende da dove ci chiamano ma, ehi, se conosci posti con gente meno... lobotomizzata, faites-le-moi savoir. » Sorrise, Emi, sentendosi un po' più a suo agio nel sentirlo parlare la sua seconda lingua. « Je ne sais pas, je recommanderais quelque part en dehors de Londres » fece, stringendosi nelle spalle. Di sicuro qualunque posto è meglio di Nocturn Alley. « Hai una bella pronuncia, comunque » si complimentò, sfregandosi le mani, mentre si guardava intorno alla ricerca di Jeremy, che nel frattempo sembrava essere sparito. « Io sono per metà francese. Cioè, mio papà è inglese, anzi inglesissimo, ci tiene parecchio a questa cosa - mentre mia mamma è di Bordeaux. Qualche anno fa mi hanno costretto a fare un anno a Beauxbatons. » Perché lo stava riempiendo con tutti questi dettagli sulla sua vita? Così, per dar fiato alla bocca. « Una tortura, sinceramente. È il posto più fru fru del mondo. » Che poi anche tu sei un sacco fru fru, Emi, a chi vuoi darla a bere? Non è che se ti scopri metallaro per una sera puoi cambiare DNA.
    Per fortuna le sue chiacchiere insensate furono interrotte dall'invito a trascorre il post serata con la band, il che lo elettrizzò. « Bevi qualcosa con noi? » Però chiaramente non poteva dare a vederlo, perché sarebbe sembrato uno sfigato. « Beh, in realtà ho già bevuto un bel po' durante il concerto... » ciondolò con il capo a destra e a sinistra, in quel finto tentennamento in cui, ne era certo, nessuno avrebbe creduto. Che aveva bevuto era anche vero, per carità, e lo dimostravano i tre bicchieri di gin tonic ormai svuotati sul suo tavolino. « Però sì, mi farebbe piacere farvi compagnia. » E fu quindi la volta del quarto gin tonic. Mentre iniziava a sorseggiarlo vide Jeremy allontanarsi dal gruppetto, per avvicinarsi ad una ragazza. Oh, no, pensò, già prefigurandosi il resto della serata.
    Che pezzo di merda, fu il pensiero immediatamente successivo, mentre scrutava l'espressione dell'amico a distanza, e già individuava quel sorrisetto malizioso che lasciava intendere ogni cosa. Io sono venuto apposta per lui, e lui mi molla per flirtare con una tipa. Tipico. Sbuffò, evidentemente in difficoltà, mentre nel frattempo era rimasto da solo con questo Joshua, che non solo non conosceva, ma che, poverino, a questo punto aveva anche l'arduo compito di intrattenerlo, visto che Jeremy sembrava occupato in altro. « Mhm, fa proprio più freddo in questo periodo, non è vero? » Classico. Un discorso sul meteo. Tu sì che sei originale, Emi. Ma a mali estremi... Poi, dopo qualche momento di silenzio imbarazzante, una piccola lampadina parve accendersi sulla testa del Tassorosso. Guardò Joshua, curioso. « Senti, ma invece avete mai pensato di esibirvi a Hogsmeade, per i ragazzi di Hogwarts e del college? » Din din din. Questa sì che era una bella idea. « Voglio dire, sareste disposti a fare qualche serata per gli studenti? No, ti spiego, perché io sono il Presidente del Comitato Feste a scuola » Non era il presidente di proprio un bel niente, Emi, era un membro del comitato come tutti gli altri, ma in quel momento ebbe la sensazione che fosse importante darsi un tono. « e organizziamo spesso feste, balli scolastici, cose così. Sarebbe bello, una volta tanto, poter avere una band come si deve a suonare per noi. » E finalmente fare una festa che sia degna di questo nome. « Sono convinto che, se parlassi col Preside concorderebbe un compenso più che adeguato. Che ne diresti, eventualmente? »
     
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    Ma Jerry si toglie dal cazzo ad una velocità impressionante, evidentemente anche lui è un po' un amico di merda.
    Io però resto su questo ragazzino. Non so mai come cazzo comportarmi fino in fondo, non ho nessun atteggiamento impostato su questo. Perché quando ho conosciuto i miei idoli - e l'ho fatto sì - sono stati deludenti da morire.
    Ricordo la prima volta che ho stretto la mano a Tommy Lee. Ero in uno stato di merda, ci mancava poco che non mi vomitasse la cazzo di bile sulle scarpe. Ma io ero un ragazzino e lui era il mio fottuto eroe. Le ho capite dopo tante altre cose, e so che non voglio essere un cazzo di esempio per nessuno, neanche per Remì.
    Lui che mi si incastra tra le gambe e si fa sollevare via da Jack, perché ansioso di mettere mano sulla sua batteria. Mi sta bene che giochi così anche con loro, sono un po' quella seconda famiglia che sono andato a cercarmi per conto mio. Quelli del Maine non so più neanche che cazzo di fine abbiano fatto. Quando ci siamo trasferiti sono tutti scomparsi.
    — Mia madre era di Nizza è la prima cosa che riesco a dire, nel suo mare di informazioni. Che poi non è davvero un mare, sono onde leggere che si muovono a riva. Cancellano scritte sulla sabbia nel momento esatto in cui lui le incide. Eppure non è vero che il mare non ricordi mai niente. C'era un cazzo di filosofo che parlava della memoria dell'acqua o stronzate simili.
    Ecco, quella credo di averla io. Io che sono un misto di razze senza troppe cerimonie. Qualcosa di me già la si sa, ho avuto abbastanza fortuna sei anni fa da guadagnarmi una pagina su qualche rivisita emergente in campo musicale.
    Niente di ché. E metà cose non vengono dette. Si parla delle mie origini, del mio essere orfano di madre. Non si accenna mai a nessuna sorella, e raramente si parla di mio padre - di cui nessuno sa nulla - tranne chi scava. Tranne Riley, cazzo.

    — Ehi, rilassati mi avvicino di un pelo ad Émile, solo perché immagino come cazzo ci si senta. Ma io non sono un dio, non sono nemmeno un esempio, solo che non mi va di lasciarlo solo ora che anche Jeremy l'ha lasciato in nostra compagnia senza alcun salvagente.
    Faccio cenno Toby di metterci un po' meno Gin nel prossimo drink. Non ho voglia di sentirmi responsabile fino a quel punto, non so neanche quanti anni abbia. Dubito abbia superato i ventuno.
    Ma drizzo le antenne quando mi parla di concerti. Di suonare - a pagamento ovviamente, non mi muovo per beneficienza - per i ragazzini di scuola. Ho sempre evitato queste stronzate superati i venticinque anni, ma...
    Beh, vedo che effetto gli faccio, non sono cieco fino a questo punto. Vedo che si è sentito preso bene e magari il cazzo di EP che ho fatto uscire e che sto sistemando, può piacere a tutti loro.
    — Una band come si deve sottolineo, in un mezzo ghigno, buttando giù uno shot di rum dritto in gola. Mi guardo con gli altri, e mi sa che loro di sta cosa ne hanno voglia. Vogliono avere sotto il palco dei ragazzini scalmanati invece che vecchi rocker in decadimento.
    Un po' so capirli, cazzo se so capirli. Per questo ho già deciso, ma tengo un profilo più drammatico prima di rispondere. — Sai cosa? Sì. Cazzo sì, lo facciamo. Come funziona?


     
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    Qualcosa gli suggerì di aver parlato troppo. Era una cosa che gli capitava, quando era nervoso. Non che in questo momento fosse davvero nervoso, ma era evidentemente in difficoltà - d'altronde chi non lo sarebbe, ritrovandosi da solo, circondato da sconosciuti con almeno dieci anni in più di te? Maledisse silenziosamente Jeremy e poi si mise a parlare, un po' a vanvera, che era la cosa che in assoluto Émile sapeva fare meglio. « Ehi, rilassati » Vide il cantante, Joshua, avvicinarsi un po' più a lui, e scosse veementemente il capo, sollevando leggermente il proprio bicchiere nella sua direzione. « No ma figurati, io sono rilassatissimo! Tutto a posto veramente! » disse, con quel vigore e quella convinzione che suggerivano esattamente il contrario. Forse era un po' colpa dell'alcol. Vero, non beveva da un po', ma gli effetti non potevano certo essere disastrosi come quelli della festa di fine anno. Ci ripensava spesso, a quella dannata festa, a come si erano susseguiti gli eventi, a come fosse preannunciata essere l'evento dell'anno e infine si era rivelata essere un fiasco, e principalmente per colpa sua. Per quanto la sua vita personale aveva guadagnato da quella serata - se era riuscito ad arrivare ad un punto fermo con Nessie, era anche grazie a questo - c'era una parte di lui che ritornava spesso a quelle ore, e ripensava a cosa avrebbe potuto fare meglio per la riuscita della serata. Probabilmente erano stati anche questi piccoli rimorsi, uniti al desiderio di riscatto, che l'avevano spinto a chiedere a Joshua un'eventuale disponibilità della band per una serata in quel di Hogsmeade. Se fosse riuscito a portare un gruppo di quel calibro tra le mura di Hogwarts, allora forse la scuola l'avrebbe perdonato per il fiasco di quell'estate. Forse. Dopo aver esposto la propria idea, guardò l'uomo ponderare l'eventualità, la trepidazione evidente nei suoi occhi nocciola. Per favore, di' di sì, per favore, per favore. « Una band come si deve » « Beh sì, questo siete! Devi sentire la feccia che di solito suona alle nostre serate... » Che poi questo non era nemmeno troppo vero, all'ultima festa aveva suonato anche Rohan, che come DJ era più che discreto. Ma una band come quella di Joshua... Beh, avrebbe spaccato i culi. « Sai cosa? Sì. Cazzo sì, lo facciamo. Come funziona? » Beccati questa, Gauthier. Per qualche ragione la prima persona a cui pensò fu quella
    stronzetta di Alena Gauthier, la quale ci aveva tenuto, già la mattina successiva al ballo di fine anno, a tempestargli i post di wiztagram con una miriade di commenti - o recensioni, come le chiamava lei - negativi, buttando merda sul suo operato di organizzatore della serata. Come se fosse stato l'unico a metterci mano. Pensò che sarebbe stata una bella rivincita, e l'avrebbe sventolata in faccia a quella principessina con grande soddisfazione, consapevole che non avrebbe potuto trovare più nulla da ridire. « Oh, mi fa piacere! » Calmo e professionale. Keep your coolness, Emi. « Beh, è molto semplice. Se mi date la vostra disponibilità già da ora, insieme magari ad un... non so, un calendario di date in cui siete disponibili? Potreste farmelo avere? Così io vado dal Preside e mi faccio approvare la cosa, possiamo anche organizzare una serata a tema. Dovrei chiedervi anche qual è il vostro budget, ovviamente. Perché, uhm... » Come faccio a dirglielo che il Comitato Feste è praticamente senza soldi? « Insomma, è chiaro che il budget di Hogwarts per le feste non è illimitato. » Stiamo un pochetto tirati, ecco. « Cioè, magari cerchiamo di venirci incontro, no? Anche perché come sai la popolazione di Hogwarts ascolta un sacco di musica, quindi potreste ottenere una grande pubblicità tra i giovani a suonare dalle nostre parti. » Si strinse nelle spalle, con semplicità. « Allora, può andar bene? »
     
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    — Mh mh Mi viene solo da annuire mentre sottilmente lo tengo d'occhio mentre beve. Mi piace che nonostante tutto - abbandono di Jared compreso - sia ancora qui a fare il manager con noi. Ed in realtà non siamo una gabbia di squali affamati, né iene che aspettando di banchettare con una carcassa. E cazzo, di gente così ne ho vista anche troppa.
    Li ricordo gli stronzi in quel posto di merda del Bronx. Ricordo le cazzo di speranze che avevo io e loro che erano pronti ad accerchiarmi ogni sera, per prendere da me tutta la fottuta voglia di fare che avevo, e poi farla a pezzi. Quante cazzo di volte mi è stato detto che la mia voce era una merda, che non sarei andato da nessuna parte. E beh, dio, forse è ancora vero, ma da una parte me ne sbatto il cazzo molto più di prima. O forse, quando ho visto che non c'era una fottuta speranza di farsi strada in quest'industria di corrotti, ho deciso che il mio posto doveva starmi bene e le mie priorità ora sono ben diverse.
    Sarò anche un cane, sarò anche bravo ad abbaiare al microfono ed il palco sarà anche casa mia, ma non è più la sola cosa che ho. Non ci carico ogni fottuta energia, quando poi ho Remì che dipende da me. A volte perfino i suoi sogni fanno affidamento su di me, come se fossi il loro guardiano, se i miei sforzi fossero volti solo a tenergli a bada gli incubi, quando poi ai miei non ci pensa un cazzo di nessuno. Ma io non posso averne, sono un padre.

    Remì, a proposito, si fa largo trai ragazzi che se lo sono coccolato fino ad adesso. Lo sento aggrapparsi piano ad una gamba, solo per farmi sentire che è qui, e dopo drizzarsi - piccolo oscuro ragazzino - a guardare Émile con curiosità.
    Finisce sempre con una mano - la mia - che accarezza i ricetti scuri di Remì. E lo lascio parlare, il ragazzino mezzo francese, perché lo vedo preso bene e forse qualcosa di buono ce la caviamo anche se penso di aver capito benissimo il punto.

    — Vorrei dirti che abbiamo un calendario così pieno che dovrai aspettare la chiamata del nostro manager, ma... beh, tutti i "ma" penso siano evidenti dal fatto che suoniamo ancora in posti di merda. —... ma il manager sono io ed il calendario è gestibile, fai prima a dirmi quando vuoi organizzare questa cosa. Magari posso indirizzare la cosa, anche se poi è Jack che si occupa dei fondi, di mantenere gli strumenti in una condizione decente - ch poi ognuno dovrebbe pensare al suo, ma va beh.
    Generalmente per 'sto genere di cose direi di no, ma abbiamo gente fresca in gruppo e so che Jeremy impazzirà quando smetterà di scopare nello sgabuzzino in cui si è appena portato quella tipetta. — Il nostro budget Ci penso, e considerato che sono stato pagato a birre questa sera, cerco almeno di evitare di essere pagato in "popolarità" la prossima.
    — Possiamo venirci incontro, sì. Me lo studio meglio, che non voglio abbia una sincope, ma mi pare regga benone. — Non sto qua a spennarti, immagino come siano le cose, un modo lo troviamo. Ma questo perché ho deciso che lo faremo e basta.





     
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5 replies since 15/1/2024, 20:24   97 views
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