Mediocre life

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    dauntless

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    « Ok, ripassiamo i punti principali. » Una volta spento il motore, si voltò verso i sedili posteriori, dove erano sedute le due Delgado, scoccando nel frattempo un'occhiata anche a Hiroshi sul posto del passeggero. « Lola, tu sei la ragazza di Hiroshi. Sol, tu sei la mia. Siete in Inghilterra da poco, clandestinamente, e avete bisogno di un lavoro. » Fin qui, semplice. « Dite immediatamente ciò che sapete fare. Ditelo insieme al vostro nome, non importa, basta che sia tra le prime cose. » Perché ormai quella gente la conosceva abbastanza bene da sapere che la prima occupazione a cui avrebbero pensato per due belle ragazze sarebbe stata la prostituzione. « Per il resto le regole sono poche: fate quello che vi dice, non rispondetegli male e una volta dentro fate solo il vostro lavoro cercando di non attirare l'attenzione. Dentro ci sono telecamere ovunque, quindi ecco.. attenzione. » Che erano più o meno i pochi dogmi con cui Raiden viveva - o piuttosto sbarcava il lunario. Non c'era voluto molto per capire che in quel posto, tenere la testa bassa era l'unico modo per sopravvivere. Anche le migliori intenzioni potevano portare a risultati imprevedibili e poco graditi, perché non sapevi mai quali piedi potevi inconsapevolmente pestare. Da un po' di tempo a quella parte, Raiden aveva cominciato a darsi più da fare - a prendere più turni, più ore, fare anche più del necessario - ma i suoi progressi procedevano comunque a rilento, guidati da una forma di estrema cautela nel fare sempre attenzione a non compiere il passo più lungo della gamba o mettersi in competizione con gli altri. Ciò che il capo potrebbe vedere di buon occhio, non è detto che venga apprezzato dai colleghi. E sì, qui ognuno è per conto proprio, ma una cosa è non avere alleati e un'altra è farsi dei nemici. Passò lo sguardo tra le due, accertandosi che quei pochi punti saldi fossero ben chiari. Poi, silenziosamente, annuì tra sé e sé, sfilando le chiavi e aprendo la portiera per uscire dalla macchina sgangherata.
    La zona industriale era silenziosa, come sempre, ma ancor più silenzioso era l'ufficio in cui i quattro attendevano - con sguardo basso, senza proferire parola. Lo ricordava bene, Raiden, quell'ufficio. Ci era entrato solo una volta, ma gli era bastata e avanzata; ne aveva memorizzato l'odore di acqua di colonia e sigari, ogni scanalatura del mogano, la posizione di ciascun oggetto pregiato. Era l'unico ambiente del capannone ad avere un aspetto curato - ad urlare lusso da tutte le parti. Non c'era da stupirsi che fosse costantemente controllato da qualche scagnozzo del capo. Fu proprio uno di questi ad aprire la porta per primo, lasciando entrare l'uomo in giacca e cravatta. Si piegò subito in un inchino, Raiden, storcendo istintivamente il naso nel provare un senso di irrazionale disgusto all'odore dell'acqua di colonia pregiata che seguiva il suo passaggio. « Non ho tempo da perdere, fate veloce. » disse sbrigativo, raggiungendo la scrivania senza nemmeno guardarli, ma facendo scattare la chiusura di una scatola di legno per estrarne un sigaro e accenderlo. Solo allora, appoggiatosi al tavolo, fece passare lo sguardo su tutti e quattro, indicando le Delgado con un movimento del sigaro. « E queste chi cazzo sono? » « Le nostre ragazze, signore. Sono clandestine e cercano lavoro. Parlano spagnolo e inglese, ma all'occorrenza anche un po' di giapponese. » Cosa che, sapeva, sarebbe stata apprezzata. E d'altronde per loro non sarebbe stato nemmeno uno sforzo, visto che bastava aprire il contatto per concedere loro la possibilità di padroneggiare quella lingua. Per un istante il capo rimase in silenzio, ad osservare fisso Raiden e poi Hiroshi, poi di nuovo Raiden. Rise. « くそったれ! Quindi in sostanza mi portate qui altre due squinzie e volete che ci faccia cosa, di preciso? Le vostre puttane personali? Pure pagate. » A quel punto rivolse lo sguardo alle due. « Immagino vi siate trovati due cretini per farvi togliere dalla strada. Siete sotto qualcuno? Non posso dare lavoro alle puttane di qualcun altro, quindi vi conviene non dirmi cazzate se non volete finire in un fosso. » Non disse nulla, Raiden, consapevole di quanto poco saggio fosse parlare se non direttamente interpellato. A capo chino, lanciò solo uno sguardo alle due, sperando fossero capaci di tenere i nervi sufficientemente saldi e seguire il programma.

     
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    Seduta sul sedile posteriore dell’auto di Raiden, Lola aveva trascorso l’intero viaggio ad osservare distrattamente il paesaggio della Londra industriale che scorreva al di fuori del finestrino. Man a mano che si inoltravano nella periferia babbana, gli edifici si facevano sempre più tetri e malridotti e, inevitabilmente, persino il cielo sembrava tingersi dello stesso color grigio cenere che solcava il viso dei passanti. Si era assorta a tal punto che, quando l’auto si fermò, spostò lo sguardo in direzione di Sol, vagamente spaesata. Siamo arrivati? Allungò istintivamente il collo per osservare l’ambiente circostante ma l’unica cosa che riuscì a scorgere furono diversi capannoni, apparentemente l’uno più anonimo dell’altro. « Ok, ripassiamo i punti principali. » Appoggiandosi nuovamente allo schienale, Lola si inumidì le labbra e annuì, spostando lo sguardo su Raiden in attesa che continuasse. La tensione nel veicolo era palpabile, abbastanza da farle contrarre le dita. « Lola, tu sei la ragazza di Hiroshi. Sol, tu sei la mia. Siete in Inghilterra da poco, clandestinamente, e avete bisogno di un lavoro. » In un altro contesto, la Tassorosso avrebbe trovato divertente – persino entusiasmante – l’idea di inventarsi una vita parallela, un alter-ego da usare come copertura; non solo, chiunque la conoscesse sapeva che difficilmente si sarebbe lasciata scappare l’occasione di fare qualche stupida battuta eppure, in quel momento, l'idea di seguire un piano così dettagliato la faceva sentire stranamente insicura. Soffocò un sospiro, passando i palmi delle mani sulla stoffa dei jeans, strappata all’altezza delle cosce. Per quanto assurdo, affidarsi puramente all’istinto e all’improvvisazione l’avrebbe resa meno nervosa; in quel frangente, nessuno di loro poteva permettersi alcun margine di errore: l’inganno che avevano messo a punto era stato attentamente studiato e, di conseguenza, ogni mossa e parola avrebbe dovuto corroborare la storia che Raiden presentato al vertice dell’organizzazione criminale. « […] Per il resto le regole sono poche: fate quello che vi dice, non rispondetegli male e una volta dentro fate solo il vostro lavoro cercando di non attirare l'attenzione. Dentro ci sono telecamere ovunque, quindi ecco.. attenzione. » Con una rapida occhiata in direzione di Sol, Lola si sforzò di mascherare l’ansia dietro un sorriso non troppo convinto, prima di spalancare la portiera.

    La prima cosa che notò una volta all’interno – ancor prima del lusso pacchiano e del nauseante odore di dopobarba – fu il rumore prodotto dalle suole di plastica delle sue Converse sul pavimento in linoleum. Non avrebbe saputo dire il perché, eppure quel semplice rumore, risultava quasi assordante all’interno del capannone, il cui silenzio era lontanamente interrotto solamente dal rumore, quasi impercettibile, delle lampade al neon. Nei pochi metri che percorsero all’interno dello stabile, Lola fece esattamente ciò che Raiden aveva suggerito: avanzò in silenzio, con lo sguardo basso, premurandosi di non attirare l’attenzione in alcun modo. Infine, quando furono scortati all’interno di una stanza adibita ad ufficio, si limitò a rimanere in piedi, ben lontana da qualunque superficie od oggetto che avrebbe potuto urtare inavvertitamente. Per qualche istante, provò un’inaspettata quanto effimera sensazione di sollievo: sebbene estremamente lussuoso – di un lusso accuratamente studiato per mettere gli ospiti a disagio – ed intriso di odori che le facevano pizzicare il naso, l’ufficio appariva meno freddo ed inquietante rispetto alla sensazione che aveva provato appena messo piede nel capannone. Percepì l’arrivo dell’uomo ancor prima che la maniglia scattasse verso il basso e la porta venisse spalancata da uno degli impiegati. Con qualche istante di ritardo, Lola imitò il movimento di Raiden, mantenendo lo sguardo fisso sulle proprie scarpe fino a quando gli altri due non iniziarono a parlare. « Le nostre ragazze, signore. Sono clandestine e cercano lavoro. Parlano spagnolo e inglese, ma all'occorrenza anche un po' di giapponese. » Solo allora si raddrizzò, avendo premura di non sollevare lo sguardo sul loro interlocutore fino a quando non fu quest’ultimo a rivolgersi a loro. « Immagino vi siate trovati due cretini per farvi togliere dalla strada. Siete sotto qualcuno? Non posso dare lavoro alle puttane di qualcun altro, quindi vi conviene non dirmi cazzate se non volete finire in un fosso. » Lola scosse piano il capo, schiarendosi leggermente la voce. « No. Siamo arrivate da pochi mesi dal Messico e da allora abbiamo fatto un po’ di quel che capita – tutti lavori che non necessitavano di documenti, per lo più pulizie, turni notturni in fabbrica e nella logistica. » Deglutì, leggermente nervosa. Lei e Sol si erano accordate nel fornire una storia non troppo lontana dalla realtà per rendere quella bugia più reale, premurandosi tuttavia di cambiare pochi, ma essenziali, dettagli. I loro nomi, per esempio – o la città in cui avevano vissuto in Messico. « Mi chiamo Christie. A Cancùn ho lavorato per anni nel settore alberghiero – prima come cameriera ai piani, poi al bar. Sono piuttosto brava con i drink. » Istintivamente, lo sguardo chiaro corse in direzione del mobiletto degli alcolici, in cui spiccava tutto il necessario per preparare diversi tipi di drink. Persino a quella distanza, riusciva a riconoscere diverse bottiglie di alcolici pregiati. Sollevò lentamente una mano per indicarlo, assicurandosi di non fare alcun movimento brusco. « Posso? » Una volta ottenuto un brusco – ma forse curioso? - cenno di assenso, si avvicinò alle bottiglie, osservandole attentamente. Ripescò un bicchiere adatto dall’armadietto e, dopo essersi assicurata che fosse pulito, lo riempì di ghiaccio. Nel mentre, versò il resto degli ingredienti in un mixing glass, mescolando rapidamente con un cucchiaio dal fondo piatto. Come ebbe finito, lasciò un solo, unico cubetto di ghiaccio nel tumblr e vi versò il liquido, adornandolo con una fetta di arancia essicata. Si voltò e raggiungse l’uomo, soffermandosi a qualche passo di distanza, le dita chiuse alla base del bicchiere per porgerglielo. Lo vide passare lo sguardo da lei al bicchiere, forse quasi divertito. « Un Old Fashioned? » Lola scosse piano il capo. « Non avevo tutti gli ingredienti giusti a disposizione, ma sarebbe stata una versione perfetta con uno zest di mandarino cinese. Il sapore della buccia è più dolce di quello di un mandarino europeo, si sposa meglio con la consistenza vellutata del Bourbon. » Attese qualche istante, prima di spostare lo sguardo sul sigaro che l’uomo stava fumando. « Inoltre è l’abbinamento perfetto per un Habano. » Sorrise appena, riferendosi alla tipologia di sigaro che l’uomo stava fumando. L’odore era talmente acre e pungente da farle pizzicare gli occhi – una sensazione che aveva provato a Tijuana, ogni volta che si ritrovava a cena con Abejundio e che, fortunatamente, non aveva dimenticato. « Il mio vecchio responsabile era un Habanosommelier. » Spiegò, prima di indietreggiare sino ad affiancare nuovamente Hiroshi, rivolgendo all’uomo un ultimo inchino.
     
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