When the tiger has come

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    Abbiamo bevuto. Insomma, Victor aveva detto che avremmo solo bevuto: che questa sera, a dispetto di altre, non avrebbe avuto bisogno di altro se non di un po' di compagnia. Che non saremmo finiti a fare quelle cose per cui Papà ci offre come merce. Per questo mi ero fatto andare bene la cosa. L'avevo presa con spavalderia e schioccando un bacio bollente sulla guancia di Caleb gli avevo detto che sarei tornato per tempo. Per tempo dalla trasformazione, s'intende. Che quando inizia a farsi vicina i brividi di freddo mi tirano su la pelle. Poi inizio ad avere la febbre e se non l'avessi baciato probabilmente lui non se ne sarebbe nemmeno accorto. Ma ci siamo sorrisi in faccia, che è sempre stato un po' come un saluto. Un a più tardi che non ha bisogno di essere pronunciato. Perché noi due ci capiamo, anche quando ci diamo le spalle e poi saliamo sul motorino. Che è così che mi sposto per Londra senza dover dare necessariamente nell'occhio. Con l'aria che mi sferza in viso, raggelandomi le ciglia.
    E non avrei mai immaginato, sì, di ritrovami a lasciare motorino e casco parcheggiati vicino a Piccadilly Circus. Di salire su casa di Victor con i capelli incollati alla testa e di trovar persino interessante ciò che aveva da dirmi. Di solito con i clienti non parliamo mai così tanto, ma quelle poche volte che accade è sempre un po' un piacere. Perché si scoprono cose che diversamente nemmeno noteremo. Ed è tenero, suppongo, esser fottuti da chi una passione, oltre al sesso, ce l'ha. Che se ti spingono contro un muro non è solo perché sono violenti, ma perché t'oh, guarda là, Grace: ho appeso una riproduzione della Notte Stellata di Van Gogh perché l'arte è ciò che mi fa sentire vivo. Più vivo di te adesso.
    Ma come dicevo, sono appunto situazioni più rare che altro. E io non vado propriamente a cercarle, insomma: non sono il tipo che ha necessità di attardarsi tanto lontano dal circo. A me, casa mia, per quel che se ne possa dire, piace. Piace perché c'è Froy, Oswald, Leroy e perché Caleb sembra scodinzolare quando mi vede. E non è un problema se poi la coda di cui parliamo è quella che non sa starsene buona tra le gambe: lui mi aspetta e la cosa più bella di tutte, sì, è proprio tornare a casa da lui.
    Ovviamente questo non ho potuto raccontarlo a Victor. Ma abbiamo bevuto qualcosa ed è solo quando mi ha detto che sarebbe andato a riposare le gambe qualche istante, che ho iniziato a non vederci più.
    Ma credevo fosse un momento dato dall'eccitazione. Dai bassi profondissimi della musica di merda che aveva messo per far atmosfera. Della birra che, beh, magari è troppo forte. O della febbre.
    Così ho iniziato a sudare: la gola mi si è fatta riarsa e non lo so, sai, com'è che sono riuscito ad uscire da casa sua.
    Fortuna che fuori fa freddo, ho pensato spogliandomi delle scarpe. Fortuna che il freddo sa fermare il collasso. Sa farmi respirare. Ma ad ogni passo mi sono ritrovato con sempre meno vestiti addosso. E non ho pensato, sì, che magari non è normale farsi trovare così per strada. Con la tigre che sa farmi ringhiare contro i marciapiedi come fossi un ubriaco del cazzo. Non sono ubriaco, ho solo bevuto una birra! Eppure non mi sento per niente bene. Per un cazzo proprio. E non ci penso a chiamare a casa: forse anche in queste situazioni preferisco non allarmare nessuno. Non chiedere mai aiuto e allora lasciarmi andare. Andare alla tigre che preme per uscire. Che mi fa piegare a quattro zampe contro l'asfalto e poi rialzare.
    — No amica, no e prima glielo chiedo gentilmente, tirandomi su contro un muro. Con i piedi che scalciano i pantaloni dal basso e allora me li fanno scivolare dal culo. Che cazzo di caldo che ho. Sto freddo non mi aiuta per un cazzo. Non riesco a tenere il collo dritto. Infatti scivola in avanti, in un altro ringhio. — Dio! Almeno questa volta! poi non lo so cos'è successo. Se qualcuno ha sentito una tigre ruggire in quel di Piccadilly Circus o se l'ho solo sognato prima di addormentarmi. Che nudo - e fa ancora troppo caldo - ho cercato un po' di frescura contro il marciapiede. Per far star buona la tigre e allora quietare quel ringhiottare amaro che sa farmi venir da vomitare.




     
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    Erano mesi che non postava nulla sul suo blog. Non riusciva a scrivere, non riusciva a concentrarsi a dovere sulle sue ricerche scientifiche, nè tanto meno ad accettarsi che le creature magiche che vivevano nella radura vicino alla casa dei Lovegood fossero reali e non frutto della sua immaginazione. Poteva trattarsi del cosiddetto "blocco dello scrittore" oppure riguardava semplicemente il fatto che ogni tanto aveva bisogno di rallentare il ritmo. La verità era che aveva paura di non avere più nulla con cui occupare la mente e lasciare che finisse di nuovo in pasto ai suoi rimorsi. La morte di Sèan era una realtà che ancora faceva fatica a superare, il suo corpo si trovava nel qui ed ora ma la sua mente era ancorata al passato. Con il ragazzo credeva di aver sbagliato ogni cosa: non avrebbe mai dovuto respingere la sua amicizia, non avrebbe mai dovuto abbandonarlo perché se fossero rimasti insieme lui sarebbe stato ancora vivo. La famiglia Hastings considerava lo Scamander come un eroe, un principe dalla scintillante armatura che aveva mantenuto alto l'onore prendendo il nome della povera vittima ma lui più che un eroe si sentiva un codardo. Poteva salvarlo invece si era allontanato in silenzio senza dargli nessuna spiegazione e aveva lasciato il povero Sèan al suo triste destino. ‹ Certo signora Hastings, non mancherò. › Come ogni venerdì era andato a trovare la famiglia del suo migliore amico per recarsi insieme l cimitero e per poi mangiare un boccone nel ristorante di famiglia. Salutò i signori Hastings e si incamminò nella direzione opposta alla loro, andando verso la passaporta più vicina che lo avrebbe portato a casa Lovegood ma qualcosa sembrò attirare l'attenzione del suo piccolo amico che sbucò dalla tasca del suo cappotto. ‹ Cosa c'è Orion? › Gli domandò, abbassando lo sguardo e notando che le sue foglioline erano protese verso un'unica direzione. Si trovava a Leicester Square ma Orion gli stava suggerendo di recarsi a Picadilly Circus, una zona conosciuta per essere il quartiere di Londra con alcuni tra i migliori teatri londinesi. Solitamente non amava frequentare quella zona, in quanto non era un amante della vita notturna e dello sfarzo. Nel corso della sua vita era riuscito a imparare ad utilizzare la sua strana ed innata connessione con le creature magiche a suo vantaggio, per fare del bene o per scoprire qualcosa di nuovo circa le creature magiche presenti sul territorio inglese. Questa sua connessione, a volte, lo portava ad empatizzare così tanto con le creature in questione che riusciva persino a provare lo stesso dolore. Per questo, più si avvicinava al luogo in cui si trovava Grace più sentiva la testa rimbombare. poi non lo so cos'è successo. Ci fu un attimo nel quale sentì una tigre ruggire che lo spinse ad accelerare il suo passo fino a quando non si trovò davanti ad un ragazzo nudo sdraiato contro il marciapiede. Si avvicinò lentamente, quasi come se avesse il timore di di svegliarlo o di portarlo ad avere una reazione improvvisa che lui non sapeva se fosse riuscito ad affrontare. Si guardò intorno, cercando di valutare per bene la situazione per capire come agire poi estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e iniziò a delineare una zona. Salvio Hexia. › Era un incantesimo difensivo molto potente capace di occultare una zona rendendo impossibile vedere o sentire quello che accade all'interno di essa, un incanto che aveva imparato ad utilizzare quando si cacciava in situazioni di pericolo. Gli sembrò la cosa migliore da fare per evitare di creare sospetti tra i babbani e anche per evitare che chiunque vedesse il ragazzo in quelle condizioni. ‹ Ciao. › Salutò il ragazzo distogliendo subito lo sguardo da lui e preoccupandosi di iniziare a rovistare all'interno del suo zaino qualcosa che potesse aiutarlo in una situazione come quella. Non si separava mai da quello zaino poiché esso conteneva tutto il necessario per ogni eventuale emergenza. ‹ Tieni, questa potrà esserti utile. › Gli passò una delle sue vecchie felpe senza però accennare a guardarlo, questo non perchè fosse timido ma perchè relazionarsi con gente nuova per lui era tutt'altro che semplice e creare contatti visivi era persino più complicato. ‹ Hai ferite o qualcosa del genere? ›
     
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