Giornata difficile

Privata Dean Moses

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    Sono abituato a stare ai margini: non dovete avere pietà per uno come me. Arranco come posso, con un dottorato che pare quasi arenato se quel bastardo del mio tutor non si fosse impuntato così sulle interpretazioni di Nauthiz con la loro conseguente attivazione. Crede di essere forse un dio, quando il genio sono io? Mi pervade un senso di nausea, pensando a quanti leccaculo sono disposti ad accantonare le loro intuizioni per soddisfare l'ego di questi docenti. Un giorno, quando prenderò io quella cattedra (o quella di Antiche Rune o di Aritmanzia di Hogwarts) farò a tutti il dito medio. Mi sono spaccato la schiena da Rohan: gli avventori quest'oggi sono stati mediamente impegnativi. Nessuna protesta sugli alcolici, nessun tentativo di estorsione o patetica richiesta di implementare delle liste a credito; ho persino trovato il tempo di fumare un po' e strimpellare la chitarra. Un ubriacone del cazzo mi ha allungato cinque galeoni e da buon figlio di puttana quale sono me li sono intascati senza problemi. In questo crepuscolo che segna la fine del mio turno centrale, mi avvio lentamente verso l'appartamento che condivido con due coinquilini. Una sora di fiorista e uno spazzino. Non ho grana per permettermi altro. E uno di questi due coinquilini altro non è che un ex Grifondoro.
    E questo ex Grifondoro è Dean Moses.
    Ai tempi di Hogwarts era oltremodo divertente fargli mangiare la polvere o saltargli addosso nelle risse. Mi rode il culo lui abbia concluso la sua carriera universitaria, mentre io sia ancora in questa situazione di stallo. Di un anno più piccolo, ma forse più volitivo di me? Nah. Altra vita, altri problemi. Apro la porta di casa e me lo ritrovo nel salotto. Non so perché, ma data la fatica del malumore della giornata, ho una sana voglia di attaccare brighe. So che è un atteggiamento tossico, ma mi pare di riportare la situazione alla normalità, come "ai bei vecchi tempi". Senza dire neanche una sillaba e senza neanche salutarlo, comincio a spogliarmi i vestiti maleodoranti di sudore e di fumo: maglioncino, t-shirt, jeans stinti, anfibi e calze, sparpagliandoli distrattamente nella stanza, anche nei suoi pressi. Sprofondo nella poltrona lisa, in boxer, e allungo le gambe grazie al poggiapiedi. Beh. Che guardi? Ti è per caso venuto duro, grifoncina? sorrisetto e faccia di bronzo modalità on. Come è andata la giornata? Voi spazzini non fate onestamente un cazzo, dato lo stato delle strade di qusto bel quartiere. Non lo penso veramente: anzi, so che è un ragazzo onesto e tutt'altro che lassista. Il mio obiettivo è tormentarlo, capite? Metto ambo le mani dietro la nuca dando sfoggio di bicipiti, pettorali e addominali, Venga pure a fare a pugni, io lo attendo senza problemi. Intanto che ci sei, raccogli anche i miei vestiti e castaci qualcosa per pulirli. Puzzano come un troll di montagna. Dopotutto è il tuo lavoro.
     
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    Era sempre una giornata tesa ad Iron Garden; qualunque cosa facessi, anche la più semplice, vivevi nella costante consapevolezza di quella cappa opprimente che gravava sul quartiere - del fatto che non eri realmente libero, che non contavi tanto quanto chi stava fuori, e che qualunque tuo traguardo fosse sostanzialmente svuotato di significato. Tipo Dean. Dean era un dottore. Non di quelli che chiamano quando qualcuno si sente male, ma comunque importante. Un'importanza relativa, certo, forse ammantata di lustro solo in un contesto ristretto come quello accademico. Dean avrebbe potuto scegliere una vita migliore, magari non particolarmente remunerativa (perché il settore umanistico, si sa, non paga se non pochi fortunati), ma quanto meno non squallida come quella che aveva nel ghetto. Eppure aveva scelto di essere lì, di fare il dottore della spazzatura - come lo chiamava lui, con la sua solita autoironia. Alla fine lo trovava sempre un motivo per ridere, anche a dispetto delle condizioni avverse. D'altronde era ciò a cui era abituato, ciò con cui aveva sempre dovuto fare i conti da quando suo madre lo aveva letteralmente cagato fuori dall'utero. Se non ci avesse riso sopra si sarebbe dovuto buttare da un ponte, e no.. non era decisamente nel suo stile. Più da lui, invece, era trovare una certa ironia nella propria condizione: nel fatto che, volontariamente o meno, con o senza titoli, rimaneva lo stesso poveraccio tra i poveracci che era sempre stato. Una tragicommedia che, a modo suo, trovava quasi confortante pur nella sua amarezza. Non aveva mai amato la monotonia o la ripetitività, ma in certo qual modo trovava un paradossale senso di conforto nella consapevolezza acquisita che certe cose non sarebbero mai veramente cambiate. Tipo che Gabriel ha seri problemi mentali. Non gli diede troppa attenzione quando entrò dalla porta, lanciandogli giusto un cenno di saluto col mento prima di tornare con gli occhi al proprio libro, portandosi la lattina di birra scadente alle labbra per prenderne un sorso. Accennò giusto ad uno sguardo perplesso quando, mezzo nudo, il coinquilino decise di svaccarsi in poltrona e lasciare tutti i propri indumenti sparsi in giro. « Beh. Che guardi? Ti è per caso venuto duro, grifoncina? » Ecco, appunto. Seri problemi mentali. Ma Gabriel era fatto così, Dean ormai lo aveva capito, e gli dava ben poco peso. « Ma in realtà mi chiedevo se avessi pure intenzione di pisciare sulla moquette tanto che c'eri. » Si strinse nelle spalle. « Come è andata la giornata? Voi spazzini non fate onestamente un cazzo, dato lo stato delle strade di questo bel quartiere. » Rise. Eccerto, con la miseria che mi pagano ci manca pure che ti ci faccio specchiare per terra. « Intanto che ci sei, raccogli anche i miei vestiti e castaci qualcosa per pulirli. Puzzano come un troll di montagna. Dopotutto è il tuo lavoro.. » Un'altra risata, questa volta più sentita, quasi dal cuore. Sempre detto che i matti sono quelli con più senso dell'umorismo. « Oh comunque tutti sti libri e ancora non ce capisci un cazzo, Gabriel - lo sanno pure i muri che gratis manco il cane muove la coda. » Indicò i vestiti del coinquilino con un cenno del capo. « Per me possono rimanere lì. Magari se gli dai un po' di tempo e qualche goccia d'acqua ci cresce il basilico. Certo, poi Ava te la senti tu e se ti spara uno schiantesimo in culo non prendertela con me. » Fece spallucce. « So' scelte. » Si portò dunque la lattina nuovamente alle labbra, prendendone un sorso più lungo. Faceva davvero schifo quella birra, ma era sempre meglio di niente. « Tu che hai fatto? Pippe sulle rune anche oggi? 'Mazza quanto lavori, oh. »


     
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    Lo guardo, in attesa, con uno sguardo selvatico, che non ispira per nulla simpatia - lo so bene - seppure mi mette una certa tranquillità trovarmelo lì, tra i piedi, come ai vecchi tempi della scuola. In questi tempi di sconvolgimenti epocali, nei quali si perde la concezione più banale di etica, trovare degli appigli fa sempre una certa specie. Una persona, ad esempio, con la quale fare a botte seminudo, a mani nude, che non è pronto a scagliarti le peggio fatture quando sei disarmato. Non credo di averlo fatto seriamente irritare stavolta e la tensione è tutta volta a punzecchiarci, amabilmente, a modo nostro. Ci siamo accettati, l'un l'altro, e abbiamo iniziato questa convivenza un po' strana. Come gli vengono in mente, ad esempio, certe idee così perverse, per Merlino?! Mi reputi così incivile? gli domando sibilando, non spostandomi di un millimetro e guardandolo in tralice Semmai quelle cose le facevano i tuoi amichetti per marcare il territorio. Ti ricordo che io sono e sempre sarò un Serpeverde. aggiungo con orgoglio, per poi socchiudere gli occhi e inspirare profondamente, cercando di liberare le contratture muscolari. Sostiene che non capisco un cazzo e non credo che sia una novità: non ho davvero mai preso parte al movimento convenzionale del mondo e ignoro quale sia la mia attitudine futura. Ava sa distinguere i vestiti e le mutande mie e tue? Non credo proprio. Sarà facile appioppare la colpa a te, dato che tra i due sei il piccolino, Dean. Sorrido, serafico, poiché posso senza problemi inventarmi una storia e assistere alla litigata mangiando popcorn. Quando mi parla delle rune, un poco mi rabbuio: ha toccato quel famoso tasto dolente. Si denota dal cambio del tono di voce. Ho aiutato Rohan col locale. telegrafico, come se non avessi voglia di parlare. Sbuffo: Onestamente, fanculo le rune. Hai mai avuto a che fare con un docente che pretende di aver ragione lui a tutti i costi? Dimmi... Ha senso continuare? Mi vedresti insegnare Rune ai ragazzetti di Hogwarts? O sono destinato a rimanere tra gli ultimi, spillando burrobirre?
     
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2 replies since 25/1/2024, 22:06   59 views
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