This place is a circus

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    Il punto non era che Aslan avesse scelto una vita all'insegna dell'eremitaggio - per quanto alcuni avrebbero volentieri affermato l'opposto, in particolar modo di fronte alla sua serrata etica lavorativa - il punto era che quel periodo in particolare fosse per lui piuttosto pieno. Partendo dal presupposto che di base non ne avesse di vuoti nel senso stretto, non era difficile immaginare che tenore di vita conducesse lo psichico in quei mesi. Aiutare Juniper Rosier, per esempio, per quanto avesse già provveduto a stilare una tabella di marcia, si stava rivelando più impegnativo del previsto: la cosa richiedeva una serie di ricerche, che presupponevano a loro volta, spesso e volentieri, un certo numero di spostamenti. In più doveva anche lavorare, possibilmente senza perdere il suo solito ritmo. Ed a questo andava ad aggiungersi anche l'impegno morale di andare a far visita alla signora Luhng quando possibile. Questo senza considerare che ogni tanto dovesse anche vivere. Insomma: i ritmi del giovane warlock erano rigidi e molto scanditi, ed era una vera e propria fortuna che non avesse mai avuto problemi di autodisciplina, perché il carico era tanto.
    Quando quella mattina - sotto insistenza di sua madre - si era presentato da loro per fare colazione assieme, si era aspettato di rilassarsi. Chiacchierare. Forse, nella peggiore delle ipotesi, di sentirsi attaccare per l'ennesima volta l'interrogatorio circa la sua vita sentimentale - un tema piuttosto popolare in casa Lee, uno dei preferiti di sua madre, in particolar modo ora che stava cominciando ad avvicinarsi ai trenta -, ma di certo non si sarebbe aspettato che sua madre passasse la colazione ad osservarlo con una grossa dose di sdegno nello sguardo. Inizialmente Aslan aveva pensato fosse semplicemente di cattivo umore, poi che avesse magari discusso con suo padre. Ma, quando gli aveva messo nel piatto il pancake più bruciacchiato dopo averlo accuratamente selezionato tra l'altro, lo stregone prese un grosso respiro.
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    « Mamma, hai intenzione di spiegarmi cosa succede o vogliamo continuare così? » Una domanda che le pose in tono pacato e bonario, per quanto faticasse a comprendere l'atteggiamento della genitrice. « Se non mi espliciti quale peccato capitale ho commesso, non puoi nemmeno pretendere che me ne renda conto da solo. O che lo espii. » Per tutta risposta Inanna Lee sollevò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente. « Aslan. » Il sovracitato warlock inarcò un sopracciglio con fare interrogativo. « Mamma. » Le rispose con almeno tanta tranquillità quanta irritazione lei aveva infuso nel suo nome. Si guardarono per diversi secondi. Era evidente che la donna si aspettasse qualcosa di molto specifico da lui, peccato che lo psichico proprio non aveva idea di dove volesse andare a parare. Sbuffò ancora una volta, sua madre, e molto sonoramente anche - palesemente infastidita dai modi di lui. « No è che non pensavo di aver cresciuto un figlio cafone. » Le sopracciglia di Aslan schizzarono verso l'alto. Si poggiò allo schienale della sedia imbottita della cucina, schioccando la lingua contro il palato dopo qualche istante. « Non ti seguo. » Le disse con sincerità mentre passava in rassegna cosa potesse aver fatto di tanto offensivo da indispettire una solitamente pacata Inanna. La quale, per inciso, lo stava guardando con un disappunto che a quel punto neppure tentò di celare. « Hel. » Gli disse alla fine, caricando quell'unica sillaba non soltanto di un sottotesto, ma anche di rimprovero ed aspettativa. « Hel. » Le fece eco Aslan, aggrottando la fronte confuso. « Hel che cosa, mamma? » Le chiese, resosi conto che la genitrice non intendesse aggiungere altro e che stesse cercando, con scarsi risultati, di farcelo arrivare da solo. « È tornata. Ma tu, ovviamente, sei troppo impegnato a fare chissà che » Cioè lavorare? « per renderti realmente conto di cosa ti accade attorno. Quanto sarebbe passato prima che te ne rendessi conto, eh? Che figure mi fai fare? Me la ricordo che era alta così » Fu il turno di Aslan di scuotere la testa e sbuffare una risata divertita dal naso. Non ha tutti i torti. Per quanto talvolta un po' melodrammatica su queste cose, sua madre voleva sinceramente bene a quei pochi che Aslan considerava amici fidati. Ora che aveva parlato non era difficile collocare né il suo disappunto, né tantomeno l'immenso oltraaggio col quale aveva accolto l'atteggiamento di lui. A sua discolpa, il giovane psichico non l'aveva fatto apposta. Stirò dunque un sorriso di scuse. « Mi era sfuggito. La contatto in giornata e la invito a cena, hai fatto bene a farmelo presente. » Pausa. « Ora però posso prendere un pancake normale? »
    Ed in effetti la sua promessa l'aveva mantenuta. Aveva contattato la Roos già qualche ora dopo, mandandole un messaggio. Era stato piuttsoto sintetico nel contenuto, ma non per questo era meno intenzionato a fare ammenda alla sua palese mancanza. La Roos, in fondo, faceva parte della ristretta cerchia di persone delle quali Lee poteva sostenere di fidarsi, per quanto i loro rispettivi stili di vita li tenessero spesso geograficamete distanti. Da quanto ne sapeva, l'altra - che di specializzazione era demonologa - aveva trascorso l'ultimo periodo in Asia e, contrariamente alle congetture che mamma Inanna potesse avere rispetto al loro rapporto, i due non erano mai stati i tipi da starsi addosso e comunicare troppo assiduamente. Tuttavia era sempre piacevole ritrovarsi, e per Aslan era stato piuttosto naturale invitarla a cena ed occuparsi di preparare il pasto. Aveva appena messo le costolette nel forno quando un miagolio contento, proveniente dal davanzale della finestra, parve allertarlo di qualcosa. « Arrivata? » Un altro miagolio, questa di conferma, che portò il giovane a dirigersi verso la porta d'ingresso. Non impiegò molto ad aprirla e trovare sulla soglia proprio l'amica d'infanzia. Ne misurò la figura con lo sguardo, un sorriso contento che si faceva spazio sulle labbra. « Bentornata, straniera. Vieni dentro che si gela. » Aspettò che Hel entrasse, prima di richiuderle la porta alle spalle. Blacky, intanto, era saltata giù dal davanzale e si era avvicinata alle gambe della ragazza, per strofinarvisi dolcemente contro. « Patate e costolette sono in forno. Sul tavolo in cucina c'è già qualcosa da spizzicare nell'attesa, se vuoi. » Non sentì il bisogno di indicarle come muoversi in casa sua - sapeva benissimo che la Roos la conoscesse come le proprie tasche. « Mi sa che noi due abbiamo un bel po' di cose su cui aggiornarci. Chi inizia? »


    Edited by haegeum - 28/2/2024, 14:55
     
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    Era passato diverso tempo da quando Hel aveva lasciato il quartiere di Londra per lavorare. Aveva ricevuto degli incarichi in Asia sparsi tra Indonesia, Giappone ed India. Situazioni un po’ all’ordine del giorno visto che le attività della loggia da qualche tempo a questa parte erano più attive che mai. La mole di lavoro in quei mesi aveva persino portato la warlock ad un piccolo burnout mentale tanto che non vedeva l’ora di rientrare a Londra per staccare la spina, ma era consapevole che una volta toccato il suolo inglese avrebbe dovuto affrontare alcune questioni in privato con persone a lei vicine, o almeno, una di quelle che avrebbe sicuramente incontrato al suo ritorno.
    Ticchettò sul monolite all’ingresso del quartiere di Nuova Delhi, già in abiti adatti per il clima che avrebbe beccato a Londra una volta arrivata. « Sai già dove reggerti, no? » Il piccolo pettirosso di nome Nero fece capolino dal cappuccio del mantello dando una piccola beccata sulla guancia di Hel e rispondendo con un cinguettio di assenso. Mantenendo la mano sul monolite in un battito di ciglia il via vai rumoroso delle strade di Nuova Delhi venne sostituito dal suono di pioggia costante ed il traffico londinese. Il fragore di un tuono accompagnò l’arrivo della warlock al monolite del quartiere inglese. Si tirò su il cappuccio del mantello impermeabile coprendo anche Nero sopra la sua testa.
    « Direi che siamo a casa. » Esordì Hel parlando direttamente al suo pettirosso. Nero di risposta le picchiettò sulla testa con il becco ricordando alla warlock cosa le aveva promesso: « Sì sì, non l’ho dimenticato. » Fece una breve pausa mettendo la mano dentro la tracolla. Il famiglio aveva già capito cosa stesse facendo Hel, si staccò dalla sua testa per mettersi sulla spalla e godersi la bacca che le avrebbe passato la sua padrona. « Sarai piccolo, ma per quanto mangi dovresti essere il dop- » Nero le pizzicò la faccia con forza per non farle finire la frase. « Scheiße Nero, se mangi come un corvo non è colpa mia. » .
    Questa discussione venne sentita da qualcuno nei paraggi che aveva riconosciuto la voce della warlock. Si presentò davanti ad Hel una figura familiare che la strinse in un forte abbraccio. Inanna Lee, la madre di Aslan aveva visto crescere la bionda sin dalla tenera età, poteva tranquillamente considerarla come una seconda madre: « Hel, cara! Bentornata, ti vedo stanca. Ma hai dormito? » Le labbra di Hel si schiusero in un sorriso, felice di ricevere quel caloroso bentornato dalla signora Lee. Inanna si era sempre preoccupata per lei, d’altronde l’aveva vista crescere.
    « Grazie Inanna, sono contenta di vederti! Sarei passata domani a trovar- » Non riuscì a finire la frase che la signora Lee incrociò le braccia ed iniziò a scuotere la testa in segno di disappunto: « Lui non sapeva del tuo ritorno, vero? Cafone, sicuramente lo avrà dimenticato. Sempre con la testa al lavoro. » Sapeva benissimo a chi si riferiva Inanna, parlava di suo figlio Aslan. Hel era consapevole che lo psichico fosse sommerso di lavoro, come lo aveva lasciato tre mesi prima era sicura che lo avrebbe ritrovato chino sulle mille scartoffie di cui era piena la scrivania. « Vedrai, domani mattina ci penso io a metterlo in riga. » Avrebbe voluto godersi la scena, ma anche la demonologa aveva le sue colpe; non aveva avvisato nessuno del rientro e sicuramente Aslan, il suo amico, non poteva assumersi una colpa che non aveva: « Non avevo avvisato nessuno del mio rientro, ma se vuoi saperlo Inanna, il cafone mi ha scritto ogni tanto. » Rimarcò la parola cafone con un tono divertito. Si trattenne per un altro po’ prima di salutare Inanna e dirigersi verso la sua abitazione. Finalmente a casa buttò il borsone sul divano e si fiondò a letto.
    Il risveglio il giorno dopo fu abbastanza traumatico. Nero la svegliò a suon di beccate sulla fronte per avvisarla che le aveva suonato il telefono più volte. « Ti avevo chiesto espressamente di svegliarmi solo se il quartiere andava a fuoco. » Esordì spostando via Nero dalla sua testa con un gesto della mano, successivamente recuperò il telefono nel comodino leggendo il messaggio di Aslan. Scoppiò in una fragorosa risata nel leggere raggio di sole, evidentemente Inanna ci aveva messo del suo quella mattina. Rispose più velocemente possibile accettando pure l’invito per quella sera.
    Era contenta di vedere Aslan dopo tutti quei mesi; avevano molto di cui parlare e sicuramente la discussione non si sarebbe fermata davanti ad una sola bottiglia di gin. Il resto della giornata lo passò a sbrigare delle commissioni per casa e recuperando ben due bottiglie di gin che avrebbe portato a casa Lee quella sera.
    […] L’orario prestabilito da Aslan per la cena di quella sera arrivò in un batter d’occhio. Nonostante le tempistiche lente della demonologa, comunque per quella volta aveva optato per arrivare in orario. Non appena suonò il campanello, appunto, lo psichico l’accolse con un sorriso stampato sul volto.
    « Bentornata, straniera. Vieni dentro che si gela. » Non proferì parola entrando in casa. Era contenta di vedere Aslan ed in un attimo le braccia della demonologa si buttarono al collo dello psichico, stringendolo poi in un abbraccio: « Così mi riscaldo meglio. » Fece una breve pausa schioccando un bacio sulla guancia di Aslan: « Mi sei mancato anche tu, cafone del mio cuore. » Rimarcò il cafone consapevole che Inanna non si era risparmiata dicendolo solo a lei la sera prima, era consapevole che quella mattina la signora Lee aveva affibbiato l’aggettivo al figlio.
    Sentì delle fusa e qualcuno che si strusciava sulle sue gambe. Sciolse l’abbraccio con Aslan e si chinò verso Blacky, la gatta nera di casa Lee. « Ciao piccola Blacky » Le grattò sotto il mento sentendo la gatta aumentare l’intensità delle fusa: « Sono mancata più a Blacky che a te, ma questa non è una novità. » Rimase lì a coccolare un po’ la gatta, mentre Aslan faceva gli onori di casa: « Patate e costolette sono in forno. Sul tavolo in cucina c'è già qualcosa da spizzicare nell'attesa, se vuoi. Mi sa che noi due abbiamo un bel po' di cose su cui aggiornarci. Chi inizia? » Seguì con lo sguardo lo psichico andare in cucina mentre ascoltava le sue parole. Nero spiccò il volo dalla testa di Hel dirigendosi verso Aslan picchiettando sulla sua spalla appollaiandosi di sopra: « Potrei iniziare dicendo che sono diventata vegetariana. » Lo guardò seria per un minuto pieno incrociando le braccia al petto sparando una delle sue solite bugie, tanto per mettere in difficoltà lo psichico una volta che tutto era quasi sul piatto: « Quindi mi dispiace, ma le costolette non vanno bene. » Avrebbe retto poco ed Aslan se ne sarebbe accorto subito. La conosceva fin troppo bene e quando mentiva ai suoi amici, in particolar modo per prenderli in giro, scoppiava a ridere poco dopo.
    « Non solo mi scrivi poco… Anzi niente, non ti fai sentire ed in più mi prepari una cena che non posso mangiare? » Non so se reggo ancora. Continuava a tenere uno sguardo serio osservando lo psichico: « Allora sei davvero diventato un cafone, aveva ragione tua mamma ieri sera quando l’ho incontrata. » Gli occhi color nocciola della demonologa osservavano quelli scuri dello psichico fino a quando Hel non riuscì più a reggere e scoppiò a ridere: « Non riesco a fare la parte. Vanno benissimo le costolette » Si avvicinò al tavolo prendendo una patatina ed addentandola: « Sono tanti i discorsi da affrontare.» Si avvicinò alla borsa uscendo le due bottiglie di gin che aveva portato per la serata: « E visto che già che so dove andremo a parare ad un certo punto. Ne ho presa una in più, non si sa mai. » Sapeva che quella sera l’argomento principale non sarebbe stato né il lavoro né i tanti luoghi visitati negli ultimi mesi dalla demonologa, ma la portata principale per quella sera aveva un nome: Eliphas.
    « Ma direi che per gli argomenti più seri è meglio parlarne a stomaco pieno e con un po’ di alcool in corpo, tu che dici? » Alzò un sopracciglio sperando che anche lo psichico preferisse prendere il discorso dopo essersi alleggeriti un po’ raccontando le loro ultime vicende.
    « L’Asia è un gran bel continente, sai Aslan? Pullula di cose strane, ma divertenti! Lo sapevi che in Indonesia venerano una mummia?» Aveva visto una cerimonia strana mentre si trovava lì, delle persone veneravano il corpo di una vecchia signora, ormai mummificato. « Tu baceresti mai una mummia nella speranza che ti porti fortuna? » Perché le persone non si fermavano solamente a toccarla, ma si permettevano pure di dare leggere effusioni ad un corpo morto. Un brivido salì lungo la schiena di Hel nel ripensare a quello che aveva visto. « Ma sì, aldilà di ste cose macabre e divertenti comunque un casino anche lì eh. Le attività si fanno sempre più frequenti, succedono cose davvero strane nel mondo. » Controllando nella borsa uscì un foglio con dei disegni a forma di spirale: « Questo me lo ha dato un bambino mentre visitavamo una cittadina giapponese. Ogni cosa era a forma di spirale, la gente aveva sta fissa così forte che pensavamo fossero sotto controllo di qualcuno. » Fece una breve pausa ticchettando sul foglio con il ditale andando a ricreare la spirale disegnata: « E ti dirò che ho iniziato anche io a sognarle mentre eravamo in quel villaggio. Cose davvero strane, l’osservatorio di Kyoto è in allarme per questa cosa. » Il suo lavoro a Kyoto era stato di qualche settimana, anche perché avendo avuto effetti collaterali dalla vicenda Hel è stata allontanata subito dal luogo. « E invece tu che mi racconti? Ti vedo un po’ più magro, stai mangiando? O pensi solo a lavorare? »
     
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    « Così mi riscaldo meglio. » A vederlo così, il più delle volte quasi volutamente distante dalle persone che lo circondavano, bene attento a non invaderne gli spazi personali quasi quanto che queste ultime non valicassero certi limiti con lui, si sarebbe potuto pensare che Aslan malsopportasse il contatto fisico. Eppure aveva già previdentemente aperto le braccia per ricambiare l'abbraccio di lei, stringendola a sua volta con affetto, prima ancora che la bionda potesse terminare di pronunciare quelle parole. « Mi sei mancato anche tu, cafone del mio cuore. » Nonostante la risata bonaria, una che non si premurò neppure di reprimere, lo psichico non si privò certo di alzare gli occhi al cielo con uno sbuffo infastidito. « Scommetto di non essere l'unico ad averti riportato la cosa. Quando hai incontrato la furiosa genitrice? » Una pausa dove sollevò le sopracciglia con aria cospiratoria.
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    « Comunque ci farei attenzione fossi in te. Oggi ti dice quanto sono cafone e domani potrebbe elencarti i mille e uno motivi per cui dovresti farti cogliere da un moto di pietà e prendermi finalmente in considerazione come possibile partner. » Lo sguardo di Aslan fu comicamente serio nell'esplicitare quel concetto. Lasciò che il suo ancestrale orrore aleggiasse tra i due warlock e che l'amica demonologa ne sentisse il peso. Stava bluffando? Fino ad un certo punto. Chiaro, Inanna Lee non avrebbe mai calcato la mano sul rapporto tra i due amici - ed era, in linea di massima almeno, una persona sufficientemente rispettosa da non voler mettere in imbarazzo nessuno dei due con dichiarazioni di quel tipo. Era però evidente che un po' ci sperasse: in parte per una questione di egoismo personale, considerato che era ormai qualche anno che sognava di avere dei nipotini, ed Aslan era il suo unico figlio; un po' perché conosceva la Roos da sempre e l'aveva vista crescere. Inutile dire però che questo suo volo pindarico non resterà che quello. Tra i due intercorreva qualcosa di troppo analogo all'affetto fraterno perché quella fantasia della donna avesse speranze di concretizzarsi - questo senza nemmeno contare che, in quel periodo, lo psichico si stesse dedicando a ben altre sfaccettature della sua vita e che non si ritenesse nella posizione di poter prioritizzare una relazione. Lasciò che la gatta facesse la sua parte per accogliere la sua ospite, ma reagì ugualmente al « Sono mancata più a Blacky che a te, ma questa non è una novità. » con un'alzata di spalle. « Solo perché è una ruffiana di prim'ordine e spera che tu abbia degli snack con te. » E sappiamo benissimo chi l'ha viziata in questa maniera indecente. Eliphas. L'amico in comune aveva reso legge non scritta il fatto che la presenza di ospiti in casa significasse un pasto extra per il felino; Blacky, di conseguenza, ci aveva messo poco ad almeno tentare un approccio più amichevole con coloro che mettevano piede in casa. « Spiace » commentò dunque rivolto al famiglio « oggi t'è andata male. » Quando Nero, il famiglio di Hel, decise di appollaiarsi sulla sua spalla, il giovane gli carezzò dolcemente la testolina con la punta delle dita. Era ancora tutto preso a coccolare il volatile, l'ombra di un sorriso sulle labbra, quando gli giunse alle orecchie la voce dell'amica. « Potrei iniziare dicendo che sono diventata vegetariana. Quindi mi dispiace, ma le costolette non vanno bene. » Sollevò lo sguardo onice su di lei. « Puoi usarla come tattica con mia madre. Prima ti depenna dalla lista delle future spose del sottoscritto, poi si sente male, poi smette di invitarti a cena per sempre. Nel mezzo potrebbe anche chiederti cosa ti abbia portata a rinunciare ad una delle gioie prime dell'esistenza umana e consigliarti di parlarne con uno psichico. » Resse lo sguardo della bionda con un sopracciglio inarcato, in placida attesa del resto del suo discorso. Perché se la conosceva un minimo, Hel Roos non aveva ancora finito la sua scenetta. « Non solo mi scrivi poco… Anzi niente, non ti fai sentire ed in più mi prepari una cena che non posso mangiare? Allora sei davvero diventato un cafone, aveva ragione tua mamma ieri sera quando l’ho incontrata. » Sbuffò una risata da naso, osservandola. « Però devi anche metterti a piangere, altrimenti perdi punti effetto e io non posso esprimere tutto il mio potenziale di stronzo. » Per inciso, se avesse avuto ragione di credere che la bionda lo fosse diventata, vegetariana, probabilmente si sarebbe scusato e avrebbe cercato una soluzione diversa. Ma lo stregone conosceva i suoi polli. Probabile che quest'ideona te l'abbia data io stesso chiedendoti se ti andavano bene. Figurati. Ed infatti quella pantomima ebbe vita breve. Il tempo di uno stallo alla messicana di ancora qualche secondo. « Non riesco a fare la parte. Vanno benissimo le costolette » Aslan emise l'ennesima risata in risposta, scuotendo bonariamente il capo mentre controllava lo stato delle leccornie precedentemente infornate. Gli ci sarebbe voluto ancora qualche minuto probabilmente - il giusto tempo perché i due amici spizzicassero qualcosa nell'attesa. « Sono tanti i discorsi da affrontare.» Quell'affermazione della demonologa venne accompagnata da un sospiro appesantito mentre il moro ne seguiva i movimenti con lo sguardo. Quando estrasse una seconda bottiglia, le sorrise. Non sono l'unico a conoscere i miei polli. « Ma direi che per gli argomenti più seri è meglio parlarne a stomaco pieno e con un po’ di alcool in corpo, tu che dici? » Aslan, che nel frattempo aveva cominciato a stapparne una e fatto fluttuare verso di loro due bicchieri con un movimento della destra, dove portava il ditale, fece saettare lo sguardo in quello della Roos. « Chiaro. Per il piatto forte si aspetta sicuramente di essere sull'orlo del coma etilico. » Pausa. « Devo dire in ogni caso che anche le altre questioni all'ordine del giorno mi sembrano più o meno sullo stesso livello. Abbiamo, non necessariamente in ordine di importanza, Inverness crollata e la resurrezione per nulla sospetta di un tizio che, mi dicono dalla regia, in vita giocava con una palla volante. Però è risorto e quindi è il Messia. » Prese anche lui una patatina che masticò velocemente, mentre ancora non distoglieva lo sguardo da gatto da Hel. I suoi occhi sembravano dire: Non sarò un demonologo, ma i conti non tornano. Parve rifletterci per qualche istante poi, come colto da un'illuminazione, aggiunse: «Ah, no: c'è anche la storia del vecchio Balthazar riuscito a inciampare per le scale. Si è rotto un femore. » Stese un sorriso sarcastico. Recuperato l'occorrente per preparare i loro Gin Tonic, cominciò a darsi da fare con le bevande mentre ascoltava l'amica. « L’Asia è un gran bel continente, sai Aslan? Pullula di cose strane, ma divertenti! Lo sapevi che in Indonesia venerano una mummia? Tu baceresti mai una mummia nella speranza che ti porti fortuna?» Aslan finì di miscelare il drink della sua ospite e spinse il bicchiere nella sua direzione. Nel terminare la preparazione del proprio stese un sorriso divertito, puntando lo sguardo nel suo. « No. Ma non è nemmeno la cosa peggiore che abbia mai sentito sulle mummie. » Una pausa ad effetto. « A quanto pare i babbani - prevalentemente nobili britannici annoiati - facevano festini dove se le mangiavano. Sono il motivo per cui non ce ne sono poi molte in giro. E in merito ho solo due domande: come e perché? » Storse il naso in un misto di giudizio e disappunto prima di sgraffignare un'oliva. « Ma sì, aldilà di ste cose macabre e divertenti comunque un casino anche lì eh. Le attività si fanno sempre più frequenti, succedono cose davvero strane nel mondo. Questo me lo ha dato un bambino mentre visitavamo una cittadina giapponese. Ogni cosa era a forma di spirale, la gente aveva sta fissa così forte che pensavamo fossero sotto controllo di qualcuno. E ti dirò che ho iniziato anche io a sognarle mentre eravamo in quel villaggio. Cose davvero strane, l’osservatorio di Kyoto è in allarme per questa cosa. » Lo psichico inclinò la testa di lato, osservando prima il foglio e poi la sua ospite in silenzio. « E ne stanno venendo a capo? » Le chiese, in un miscuglio di curiosità e preoccupazione. « Di questi tempi tutto sembra sospetto o potenzialmente tale. » D'altronde, quanto accaduto solo pochi mesi prima, tra la venuta di Donovan, il crollo di Inverness e le conseguenti politiche dello Stato Inglese, aveva ribaltato le sorti di tutti. Anche quelle warlock, sebbene i piani alti rincorrano tanto la neutralità. Una condizione, quella, perduta nel momento stesso in cui avevano esiliato Eliphas, per quanto lo riguardava. « E invece tu che mi racconti? Ti vedo un po’ più magro, stai mangiando? O pensi solo a lavorare? » Eh, che ti racconto? Di cose che bollivano in pentola ce n'erano un po', ma da un lato avevano a disposizione tutta la serata; dall'altro Aslan voleva anche capire quale fosse la posizione dell'amica rispetto a ciò che stava succedendo prima di fare certe dichiarazioni. « Mangio e lavoro. Solo che ultimamente ho tanto da fare. » Tra le tante cose da fare c'era anche l'aiutare una ricercata. Ma ci sarebbero arrivati. Forse. « La notizia dell'anno la conosci. Hai avuto il tempo di fartene un'idea? » In fondo gli warlock sono comari. Matematico che la notizia dell'esilio sia arrivata ovunque. Visto poi che non aveva mai fatto un passo falso prima, figurati. « Dai, magari il parametro della pancia piena non è stato rispettato, ma l'alcol l'abbiamo. Quindi che ne pensi di tutta questa storia? »


    Edited by haegeum - 9/4/2024, 03:19
     
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