laundry day

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    È tardi, eppure in una lavanderia ventiquattro ore il tempo sembra assumere un connotato completamente nuovo. Beatrice non aveva mai rimpianto il sonno come in quel periodo, né aveva mai pensato che si sarebbe pentita di non aver dormito abbastanza quando non aveva l'occasione. Viveva in un piccolo monolocale sopra la struttura fatiscente. Un posto per cui pagava più di metà del suo misero stipendio. Da un intera città al nulla il passo era stato davvero breve, ma non poteva fare altro se non stringere i denti, e così, messo ad asciugare l'ultimo carico dei vestiti delle ragazze del Kitten's Garden, che le venivano affidati tutte le sere affinché fossero pronti per gli show pubblici e privati del giorno successivo, si concesse il lusso di varcare la porta del locale per prendere una bocca d'aria fresca. L'asfalto umidiccio la portò a storcere il naso; pativa non poco la vita in quel quartiere, tra edifici malridotti e non un solo fazzoletto di verde. In lontananza le urla di qualche tossicodipendente in botta, e le solite liti della coppia di irlandesi che abitava al secondo piano del palazzo adiacente. Sempre la stessa storia. Sempre la stessa vita. Il lavoro in lavanderia le era stato affidato non certo per chissà quale merito, bensì perché era chiaro si trattasse di un lavoro di merda. Quell'attività non incassava una sola lira, ma più o meno ogni due giorni, qualcuno dai vertici arrivava con una tonnellata di soldi lasciandole l'incarico di battere sulla cassa centinaia di ricevute per carichi di vestiti, stireria e lavasecco mai eseguiti. Un modo come un altro per lavare soldi sporchi. La mettevano alla prova; se si fosse intascata anche solo una sterlina di quello che le veniva passato avrebbe passato brutti guai. Ogni tanto arrivavano gli spaccini, che le consegnavano mazzette di soldi da consegnare ai suoi responsabili. Soldi contati e centellinati; una specie di intermediario che si trovava ogni giorno davanti scimmioni inopportuni e ragazzini fatti sostanze dai nomi improponibili. Se ometteva qualcosa i guai li avrebbe passati lei. Sulla carta figurava come manager, ma più che una al capo di un'attività, Tris era palesemente un soldato di trincea. Le avevano dato una pistola, e le chiavi del negozio; con quelle due sole armi doveva difendere quelle torretta anche a costo della propria vita. L'ultimo, lì dentro si era fatto saltare le cervella. Ma Tris non aveva paura né degli uomini del Capo, né tanto meno degli spaccini, non dei ladri che conoscevano bene cosa passasse per quell'attività, né delle gang rivali. E proprio perché non aveva battuto ciglio nel prestarsi a quel lavoro a contatto con il pubblico, come veniva definito non certo senza un po' di ironia, il Capo aveva detto che aveva le palle. Un'espressione che aveva gradito poco, ma che aveva deciso di non discutere. Accesa la sigaretta, guardò la strada deserta di fronte a sé con una certa amarezza. Si vergognava non poco di ciò che doveva fare, e si risentiva ancora di più di fronte alla consapevolezza di essere costantemente una cazzo di talpa. Solo due giorni prima, uno degli spaccini di quartiere che non si era presentato per la consegna, era stato gambizzato. Era stata costretta a guardare senza battere ciglio, e poi, non aveva dormito per tutta la notte. Era poco più che un ragazzini, eppure, ciò non li aveva fermati dal pestarlo a sangue prima di infliggergli dolori atroci. Fu proprio mentre quei ricordi le tornavano alla mente che sentì dei suoi alla sua sinistra. Le bastò qualche istante per gettare la sigaretta sul marciapiede, e afferrare per la collottola la ragazzina che tentava di spiarla con risultati fallimentari. « E lasciami! Ma che è! Lasciami andare! » Se inizialmente pensò si trattasse di una piccola delinquente, la runa disegnata sulla sua clavicola la portò a trattenere il respiro. Le immobilizzò le mani dietro la schiena, schiacciandole il viso contro il muro. « Chi ti manda? » Nessuna risposta. Solo un convulso divincolarsi. « Ho chiesto. Chi. Ti manda. » « Nessuno! Nessuno - giuro. Calmati. » Una pessima decisione quella di chiederle di calmarsi, non a caso, Tris schiacciò il volto della ragazzina ancora di più. Non doveva avere più di quattordici anni, ma l'età, in quei casi, e nelle condizioni in cui si trovava contavano poco. « Vengo dal Quartiere di Londra. Sono una warlock. Ero tra quelli che vivevano a Hogsmeade prima. Giuro. Se non ci credi controlla la mia tasca - ho ancora il permesso di entrata in portafoglio. » Con gesti piuttosto bruschi ma in ogni caso estremamente cauti, Tris fece esattamente ciò che le era stato chiesto, constatando che stava dicendo il vero. E quindi, senza grandi ossequi, la prese nuovamente per la collottola, guardandosi attorno per assicurarsi che nessuno l'avesse vista, per poi sbatterla dritta per dritta nell'ufficio adiacente alla grande sala adibita a lavanderia. « Devi sparire, subito. Questo non è posto per bambini. » Senza contare che era piuttosto certa del fatto che gli warlock non sarebbero stati contenti di sapere una loro giovane leva in un quartiere così pericoloso senza un ditale e senza alcun modo per proteggersi. Era piccola. Minuscola a dirla tutta. Doveva essere ancora nella sua fase di addestramento. A giudicare dal suo permesso, Angelica proveniva dalla Svizzera ed era stata mandata a Londra per completare il suo percorso con i maestri del Quartiere inglese. « Cosa cazzo ti dice il cervello? Questo posto è pericoloso, non è adatto ai bambini. » « Bambini? Guarda che io ho quindici anni. » E si vede. « E proprio vero quello che si dice su di te, sai? Sei manesca e scorbutica. » No. Non ho il tempo e la pazienza di trattare con un'adolescente.

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    E quindi l'unica cosa da fare era contattare il Quartier Generale degli Warlock. Angelica non è in grado di utilizzare la smaterializzazione essendo ancora un'apprendista, né sembra aver chiesto permesso per trovarsi là. La sua spiegazione, piuttosto stupida e a dir poco scellerata è « Ero solo curiosa. » Non se la beve, Tris. Difficile che una giovane warlock si immischi con i ricercati, specialmente dopo quanto avvenuto a ottobre. I vertici erano stati chiari, né con loro, né contro di loro - il che significava che desideravano rimanere il più alla larga possibile dalle faccende di Inverness e soprattutto dei ricercati. « Parlano molto di voi dall'altra parte. » « Certo. » Non sembra nemmeno ascoltarla, Tris, mentre attende pazientemente risposta dal Quartiere Warlock. Angelica le ha chiesto di non chiamare i suoi genitori. Ha optato piuttosto per alcuni nomi tra cui la giovane Morgenstern riconosce Aslan. Aslan o Hel. Non vuole metterla nei guai più del dovuto. In fondo è solo una ragazzina - una che mi sta facendo perdere preziose ore di sonno. « Il tuo scetticismo ti farà ammazzare uno di questi giorni, Beatrice, lasciatelo dire. » Ma tu - razza di mocciosa impertinente. « Credi forse che nascondersi in piena vista è così semplice per te - o per gli altri? Per piacere! Non hai neanche idea delle pedine che vengono mosse affinché tu e tuoi restiate in vita. Da una parte e dall'altra. » Una ragazzina le stava seriamente facendo la ramanzina, ma le sue parole, avevano un peso che non poteva ignorare. « Da una parte e dall'altra? » Angelica scostò lo sguardo. « Non posso dire altro. Però ero curiosa di vedere con i miei occhi a cosa serve tutto questo dispendio.. » Guardandosi intorno la moretta mostrò un certo grado di ironia. « Una lavanderia? E la mafia? È qui che vi nascondete? Dovreste fare il vostro lavoro e invece - » Beatrice sospirò e senza attendere la fine del discorso si chiuse la porta dell'ufficio alle spalle, lasciandola parlare da sola. Fu allora che si rese conto del fatto che nella lavanderia era entrata una nuova figura. Il suo messaggio non doveva aver raggiunto Aslan. « Sei Hel? » Chiese con fare un po' brusco. Angelica le aveva fatto perdere ogni parvenza di buonumore. « È dillà. Le ho dato qualcosa da mangiare. Non so da quanto tempo stesse aspettando là fuori. » Sospirò sciogliendo appena la tensione nelle spalle. Osservò il ditale sulla mano della ragazza e poi incrociò le braccia al petto. « È nei guai? » Nonostante la sua insolenza, Angelica sembrava una tipetta davvero sveglia. « Per quanto possa valere, lei non è mai stata qua, e noi non ci siamo viste. » Un modo come un'altro per lasciarle intendere che non avrebbe parlato. La giovane warlock, Tris non la conosce. Forse di vista; ma di vista si conoscono tante persone, senza mai sapere nulla sul loro conto. Così allunga la mano nella sua direzione. « Sono Tris. Vuoi una birra mentre si dà una calmata e finisce di mangaire? »

     
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