C'è stato un momento in cui, rivedendo Lele, mi sono detto: cazzo, sì, ok, lo faccio. Anche se vivo di paure e sono queste, principalmente, a tenermi ben ancorato a mia madre. Neanche a casa nostra, perché quella muta, cambia secondo le sue esigenze, ma a lei, che è la fondamenta più tosta da sradicare. Mi viene a male anche solo pensarlo adesso. Anche se poi è tutta colpa mia perché, insomma, se sono arrivato a pensare questo è solo perché ho osato partorire un desiderio diverso da ciò che posso effettivamente realizzare. Non dovrei andare così in là con la fantasia, soprattutto quando so che pensare troppo mi fa venire il mal di testa perché non ho studi alla base ai quali aggrapparmi con tanta forza. Per un momento, quello in cui guardandolo mi sono ripetuto che sì, magari un demonologo può esistere anche fuori dal suo quartiere. Che io, in quanto essere vivente, posso vivere lontano da chi mi ha generato, mi sono sentito invincibile. Capace di tutto, persino di mantenermi fuori casa senza rischiare un colpo di freddo e annessa febbre che poi porta alla bronchite. Un circolo vizioso che so bene come non si smantellerà mai. Forse è stato pensare proprio a queste criticità che ho fatto un passo indietro. Allora Leroy ho continuato a guardarlo negli occhi, ma non gli ho mai detto di aver provato l'emozione di desiderare qualcosa di così forte e lontano da me.
Per un istante il senso di amicizia è sembrato capace di avvalorare la mia follia: per lui avrei fatto di tutto, anche se poi i legami finiamo per viverli in un modo totalmente diverso e la mia, per quanto non lo possa sembrare, si fa vicina più ad una promessa che ad una pulsione così forte da stordirmi.
Mi sono immagino a spiegare le mie conoscenze al circo. In una tenda, dinanzi a tanti spettatori. Per un istante ho creduto potesse essere bello esorcizzare qualcuno dinanzi ai curiosi, per poi tornare dietro le quinte sfatto, sfinito, ma pronto a concludere la serata attorno ad un fuoco e in compagnia di un amico. Amico che potrei ritrovare altrove, ma che finisco sempre per ricercare lì. E sì, non lo nego, è stato bello, così bello che non riesco a pensare ad altro adesso, anche se c'è una parte di me conscia del suo essere un azzardo folle.
Cosa direbbe mia madre? Lei ne avrebbe da ridire. Ne avrebbe di sensi di colpa da stimolare.
Cosa ne penserebbe la comunità? Forse è pensare proprio a questo che mi ha fermato.
Come reagirebbe il mio corpo? Già solo per essere uscito da casa sto iniziando a starnutire. Funziona così da che sono piccolo ed ogni volta, a detta di mia madre, è una fortuna sapermi così grande, così adulto. Sempre più
vecchio. Forse i passi che mi spingono verso casa di Aslan hanno un senso. E no, non sono qui per tirar fuori tutto questo discorso: non credo di voler esplicare ad alta voce ciò che mi turba. Mi turba e basta. Suppongo di dover lasciare che il disagio vada un po' per conto suo. Che scemi come tutte le cose che non necessitano di una risoluzione immediata. Perché anche se sono spaccato a metà comunque so di poter contare sul qui e sull'ora. Non c'è niente che può davvero trascinarmi via. Nemmeno la pelle d'oca quando sento il freddo con maggiore attenzione.
Nemmeno il naso che si chiude del tutto quando mi faccio vicino a casa sua e allora oso bussare una volta sola alla sua porta.
Un colpetto con le nocche e già tiro su col naso. Fortuna che ho sempre qualche pozione con me. Fortuna che la febbre non è più invalidante come un tempo.
"C'è qualcuno in casa pronto a condividere un tè con Buddy?" Ho portato qualche infuso, forse perché una parte di me si dice di dover portare con sé un piccolo premio. Forse perché l'altra si sta convincendo che rivedere Aslan possa in un qualche modo calmare i bollenti spiriti. Quello di cui sono certo, però, è che continuare a rimuginarci stupidamente su non sta facendo altro che accaldarmi.
