We were born to be suburban legends

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    Oh, ma che divertimento. Fu sarcastico, il commento che Nate riservò a se stesso, quando posò gli occhi chiari sul fondo del vicolo angusto. Era ancora a mezz'aria, mentre planava delicatamente verso l'asfalto, quando la identificò: abbandonata per terra in un angolo, c'era una caffettiera babbana dismessa e senza manico, che l'attendeva paziente per il suo viaggio successivo. Non era difficile comprendere che ci sarebbe stata una seconda Passaporta: d'altronde, se un sistema come quello dei Ribelli era ancora in piedi (più o meno), tutto doveva partire da misure di sicurezza certosine. E per quanto avesse un forte sospetto che il suo viaggio non si sarebbe concluso all'innaffiatoio arrugginito che lo stava facendo atterrare in quel vicolo desolato nei sobborghi di Londra, nondimeno provò una punta di fastidio nello scoprire il mezzo di trasporto successivo. Lasciò correre la punta delle dita sulla superficie ruvida dei mattoni rossi, mentre scivolava giù lungo la fiancata dell'alto palazzo, fino a posare finalmente le suole in cuoio sul pavimento del vicolo.
    Tra i mezzi di trasporto magici, Nate reputava le Passaporte essere il più balordo di tutti. Tutto era preferibile: la Metropolvere, i tappeti volanti, perfino quegli orrendi gabinetti che portavano al Ministero erano meglio di una Passaporta. Detestava quel senso di vertigine incontrollato, quell'assenza di gravità improvvisa e spiazzante, quel nauseante e disordinato roteare a mo' di centrifuga, dove non si poteva fare affidamento a nient'altro che all'incantesimo di qualcun altro, posto su un oggetto inanimato impossibile da governare. Guardò la caffettiera, con aria quasi desolata, prima di chinarsi verso quest'ultima con un sospiro. Forse, con le passaporte così come in altre aree della sua vita, era tutta una questione di fiducia. Chiuse le dita intorno all'oggetto e serrò la mandibola, prima di sentire il solito inconfondibile strappo che strattonava il suo corpo da un'altra parte. Stava ancora vorticando furiosamente insieme alla Passaporta, quando sollevò lo sguardo nel tentativo di studiare ciò che lo circondava: da quelli che sembravano alberi riuscì a distinguere una foresta, ma tutto si muoveva troppo velocemente, e lui non poteva vedere nulla. Al contempo, non aveva chiaro cosa lo aspettava dopo quella discesa: non sapeva se Amunet si sarebbe presentata da sola a quell'incontro, o se aveva preso altre precauzioni; non sapeva quanto si sarebbe fidata di lui. Nate stesso non era certo di poter fare pieno affidamento con la ragazza - e fin qui entrambi si sarebbero trovati perfettamente a proprio agio l'uno con l'altro, dopo tutto. Ciò nonostante, in quel frangente l'istinto di controllare, anticipare in qualche modo quello che lo aspettava dall'altra parte fu più forte di altre precauzioni del caso; e fu così che mollò la presa dalla Passaporta troppo presto, e perso ogni contatto si trovò a precipitare violentemente dall'alto, inghiottito dagli alberi di quella che - ora la vedeva chiaramente dall'alto - era una foresta ben lontana da qualsiasi centro abitato. « Arresto momentum! » Interruppe la caduta a neanche un metro da terra, tanto che, pur avendo attutito il colpo, si ritrovò comunque disteso tra terriccio e fogliame. Stupida caffettiera. Imprecò a bassa voce, mentre si metteva a sedere e spazzava via con le mani i residui di terra dalla camicia chiara, ed esaminava lo spazio intorno a sé. In lontananza qualche uccellino cantava, ma il sottobosco era troppo fitto anche per provare a spiare l'orizzonte. Il luogo perfetto per nascondersi. Una volta in piedi, a Nate non restò che seguire l'unica strada percorribile: un piccolo sentiero angusto, stretto tra due file d'alberi, che portava a quella che aveva l'aria di essere a tutti gli effetti una piccola abitazione. Quando vi fu vicino, il ragazzo la esaminò dall'esterno: era una piccola baita di legno, anonima e alquanto triste, senza fiori alle finestre né un nome o un'indicazione sulla porta d'ingresso. A Nate fu però chiaro di dover bussare.
    Quando Amunet Carrow comparve dietro la porta, le labbra del ragazzo si distesero in un sorriso, a metà tra l'irrequieto ed il sollevato. Con una rapida occhiata oltre le spalle di lei registrò che non era presente nessun altro nell'abitazione (o almeno così pareva), e ne fu per qualche motivo rincuorato. « Direi che dopo questo viaggio puoi anche mettere da parte ogni dubbio sul mio affetto » esordì con queste parole, mentre si ripuliva la camicia dal terriccio residuo, quasi a voler commentare ad alta voce quegli ultimi messaggi che si erano scambiati. Perché mi hai aiutata?, gli aveva chiesto lei, genuinamente, quasi gli anni di amicizia non bastassero a spiegare il gesto gentile che Nate aveva compiuto nei suoi confronti, al Ministero. L'aveva incupito realizzare quanto la domanda di Mun fosse valida, quanto la sua diffidenza fosse fondata e giustificata. « Ma poi chi ve le fabbrica queste Passaporte, un troll ubriaco? Sono completamente sbilanciate. Si perde l'equilibrio subito e non hanno il giusto baricentro. » La poca sintonia di Nate Douglas con le Passaporte era qualcosa di antico e rinomato - chissà, forse Mun ricordava l'occasione della gita scolastica in Romania del terzo anno, quando aveva assistito il compagno mentre vomitava l'anima sul retro del castello di Dracula, dopo un atterraggio un po' sbilenco. Spesso negli anni la giovane Carrow aveva goduto di una prima fila ai suoi momenti peggiori o più vulnerabili, in tutte quelle circostanze in cui la sua presenza era preferibile a quella degli altri membri del Clavis, che l'avrebbero deriso o giudicato.
    « Sono sorpreso » disse immediatamente dopo, seguendo la ragazza all'interno della casa. Una dimora modesta ed essenziale, senza decori alle pareti o particolari comodità. Un rifugio, a tutti gli effetti. « Pensavo di trovarti nelle sembianze di qualche vecchia di paese. Hai smesso di giocare con la Polisucco? » Una battuta come un'altra, quella, per rompere il ghiaccio. Non si parlavano da anni, Mun e Nate, e solo in quel momento quella verità parve gravare sulle spalle del giovane: non era certo di quale fosse la convinzione che l'avesse spinto a giungere fin lì, ma di certo non era quella di ritrovare una vecchia amica. Non che non gli facesse piacere riavere nella sua vita una persona come Mun, specie in una fase in cui aveva iniziato a dare un peso alle cose, e ai rapporti che davvero avevano significato qualcosa per lui, eppure non amava farsi guidare da sentimenti romantici: sapeva che l'Amunet che avrebbe trovato dinnanzi a sé quella mattina non sarebbe stata la stessa che conosceva, così come forse lei non avrebbe riconosciuto più in lui il proprio compagno di scuola - semplicemente perché troppe cose erano cambiate, e in fondo era meglio così.
    C'era un tavolo di legno, al centro della piccola sala da pranzo - che poi era la stanza principale della baita. Nate vi si accomodò, lanciando un'occhiata rapida fuori dalla finestra. Scozia? Galles? Cercava di distinguere il paesaggio, ma non gli era chiaro. « Dove ci troviamo? » chiese infine, volgendo gli occhi chiari verso la ragazza.


    Edited by stupor mundi. - 14/3/2024, 22:32
     
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    Un tempo quel ringhio sommerso l'avrebbe portata a rabbrividire. C'era stato un momento nella sua vita in cui Ryuk le faceva davvero paura. Oggi, il dio della morte, dio non è più, e lei, Mun, ha imparato a guardarlo negli occhi contestualizzandone la presenza. L'ombra oscura che la seguiva ovunque era diventata poco più di un animaletto docile, l'ombra di se stesso, corroso da una frustrazione che l'aveva portato a coalizzarsi proprio con quei esseri di cui per molto si era preso gioco, sentendosi al di sopra delle loro possibilità e conoscenze. Dopo l'arrivo del Messia, Ryuk, al pari di molti altri, era stato tagliato fuori, ed era finito nel gioco delle parti dalla parte sbagliata della barricata. Seppur non parlasse di quanto stesse avvenendo dall'altra parte, Mun poteva intuire che qualunque cosa fosse in atto tra le Logge, era il risultato di un processo di sovversione che nemmeno loro si sarebbero aspettati. Gli arconti hanno cambiato lealtà e obiettivi, e qualunque sia ora il disegno superiore ci vede al centro di una scacchiera ben più intricata di quanto ci aspettassimo. Gli affari delle Logge, tuttavia, andavano lasciati alle Logge, e loro, i poveri ingenui umani, dovevano dedicarsi alla loro di scacchiera. « Non c'è nessuno con lui. » Il dio della morte non è contento di quell'incontro. Come non lo è stato d'altronde nessuno alla base. Ma se su una cosa Beatrice Morgenstern aveva ragione, era proprio il fatto che rimanere nascosti sotto terra senza capire chi sono i propri amici e chi gli effettivi nemici fosse sciocco. Nonostante fossero finiti al centro di un ciclone di tutto rispetto, Albus e Mun si erano mossi bene in quelle circostanze. Erano riusciti a mettere al sicuro una cospicua parte dei loro averi molto prima che i rapporti tra Inverness e lo stato inglese si deteriorassero, e avevano preparato con un colpo da maestri la loro escapade nelle viscere di Londra. Sotto il naso di tutti - vivevano nel cuore della città, tra palazzine signorili, turisti e rispettabilissime famiglie alto-borghesi. « Bene. Allora potrà proseguire. » « Mmmmh.. per una volta devo ammettere che mi trovo d'accordo con Potter. Nathan Douglas è l'ultima persona che dovresti vedere nelle attuali circostanze. » E proprio per questo era forse la persona che più avrebbe dovuto vedere. Non poteva certo ignorare quanto era accaduto al Ministero non più lontano di un paio di mesi prima. Nel tempo che era trascorso da allora, Mun si era chiesta cosa avrebbe fatto al posto di Nate. Lo avrebbe aiutato a parti inverse? Gli avrebbe permesso di lasciare quel luogo ostile per continuare la propria esistenza? Non ne era certa. Non nel caso in cui la sua lealtà non stesse vacillando. Ed era proprio questo il punto: si chiedeva se le tante guerre e sconvolgimenti che avevano vissuto avevano portato Nathan a vacillare, se le sue convinzioni erano cominciate a crollare tanto quanto erano crollate quelle di tanti altri - quelle della giovane Carrow in primis. « Non è che siamo proprio nelle condizioni di storcere il naso. » « Ma neanche così disperati. » Questo lo dici tu. Mun aveva imparato a mantenere la calma, a esercitare pazienza, e soprattutto a non lasciarsi piegare dalle condizioni sfavorevoli in cui si trovava. A ben guardare non sembrava differente da quando viveva indisturbatamente nella bella casetta di Inverness in cui i suoi figli avevano imparato a correre. Tuttavia, tante cose erano cambiate; i suoi occhi color ghiaccio avevano assunto sfumatore ancor più fredde - gli occhi di una giovane donna che aveva perso gran parte della sua innocenza e ingenuità. Così, non trovando poi molte ragioni per rimanere nei paraggi, Ryuk scomparve; sapeva che non sarebbe andato troppo lontano, né l'avrebbe lasciata lì da sola ma il conforto della parvenza di qualche attimo di solitudine riusci comunque a darle modo di rimettere in ordine i propri pensieri. Cosa avrebbe detto a Nate una volta rivisto? Domande a cui non trovò risposta, e di fronte alle quali convenne fosse più semplice attendere il suo arrivo.
    « Direi che dopo questo viaggio puoi anche mettere da parte ogni dubbio sul mio affetto » La giovane donna dai capelli corvini piegò gli angoli della bocca all'insù facendosi da parte per permettere al nono di entrare nello spoglio ambiente che aveva scelto per l'incontro. Si trovavano in un'area parecchio disabitata della Scozia. Un antico villaggio di pescatori abbandonato da tempi immemori. Durante il lockdown Inverness aveva reperito parecchie risorse da quelle parti, ma a guerra conclusa la zona era rimasta pressochè disabitata. Come se nulla fosse successo. « L'affetto non è una cosa da deboli? » Una provocazione che la portò ad alzare gli occhi al cielo per poi sorridere facendogli cenno di entrare. « Entra, dai. » Era strano trovarsi in quelle circostanze sotto lo stesso tetto. Mun era consapevole del fatto che Nate lavorasse per il Ministero della Magia; tuttavia, doveva ammettere che faceva fatica a capire dove stesse la sua lealtà e cosa fosse cambiato nel corso del tempo. Molti nelle sue condizioni avevano cambiato casacca o avevano accettato passivamente anche l'idea che un morto che cammina potrebbe essere anche solo remotamente portatore di buone notizie. Altri ancora si erano convinti che ogni fazione andasse bene nell'ottica della sopravvivenza. Anche Mun e Nate, in passato, erano finiti in mezzo a persone e gruppi quanto mai inaspettati. E forse, ci si trovavano ancora. « Ma poi chi ve le fabbrica queste Passaporte, un troll ubriaco? Sono completamente sbilanciate. Si perde l'equilibrio subito e non hanno il giusto baricentro. » Era bello rendersi certo che nonostante tutto c'erano cose che non cambiavano mai. L'odio di Nate verso certi trasporti erano una di queste. « Non mi sembra che siamo proprio nella condizione di storcere il naso, non credi? » Ma perché devo ripeterlo di continuo con tutti? Ecco la Mun un po' sarcastica e rimproverante che Nate ben conosceva. « Ho dovuto arrangiarmi- considerando che sono stata sconsigliata da chiunque a proporre questo incontro. » Non gli avrebbe risparmiato le questioni scomode. Nate era consapevole del fatto che nessuna tra le persone vicine a Mun si fidava di lui, tanto quanto lei era cosciente del fatto che trovarsi lì era rischioso anche e soprattutto per il giovane Douglas. Lo invitò a sedersi al tavolo al centro della stanza togliendo con un colpo di bacchetta la teiera dal caminetto versando due tazze per entrambi. « Sono sorpreso. Pensavo di trovarti nelle sembianze di qualche vecchia di paese. Hai smesso di giocare con la Polisucco? »
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    Si portò la tazza alle labbra stringendosi nelle spalle con noncuranza. Erano circostanze particolari quelle che l'avevano portata a Londra. E doveva ammettere che tutt'ora erano rimaste irrisolte. « Non è proprio nel mio stile. Preferisco metterci la faccia. » Un modo come un altro per liquidare la faccenda con naturalezza. « Dove ci troviamo? » Non lo sa davvero; né ha preso alcuna precauzione in merito. Quella consapevolezza la portò a inclinare la testa di lato e osservarlo con maggiore attenzione. « Siamo sull'isola di Skye, vicino a Portree. Abbiamo ancora qualche amico che sorveglia la zona. » Un modo come un altro per lasciargli intendere che pur essendo da sola, a sapere dove si trovasse c'era più di una persona. Non gli diede altre coordinate in merito, ma non si sentì nemmeno di lasciarlo completamente alla mercé del dubbio. « Per quanto può valere, sei al sicuro e questo incontro resterà tra pochi. Immagino non sia propriamente conveniente incontrare una - ricercata » Disse quelle parole con un misto di fastidio e disgusto. Di tutte le definizioni che le avevano mai appioppato, quella da ricercata era forse la più offensiva, e anche quella che riusciva a sopportare meno. Ma immaginava che il minimo che potesse fare fosse proprio dire le cose come stavano, tentare di non indorare la pillola. Nate aveva acconsentito di vedere una vecchia amica sulla cui testata gravava un'ingente taglia, e Mun aveva deciso di invitarlo a vedersi di persona nonostante sapesse che Nate fosse a tutti gli effetti un ministeriale. « Dimmi la verità: hanno almeno scelto una mia foto lusinghiera? Non vorrei aggiungere altri elementi alla futura causa per diffamazione contro lo stato inglese. » Sollevò lo sguardo verso l'alto con fare pensieroso. « Mi comprerò Buckingham quando avrò finito con loro. » Perché dal punto di vista di Mun, ovunque stesse la colpa prima del ritorno di Eric Donovan, la sola presenza di un morto che cammina definito descritto come un uomo dai mille miracoli, annullava in partenza qualunque critica ai metodi utilizzati dalla sua fazione. « Qualche uccellino mi ha detto che ti aggiri per Iron Garden. » Tradotto in parole più semplici: i lycan. « È un bel posto come dice il Messia? »



     
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    « L'affetto non è una cosa da deboli? » Nell'udire quelle parole, Nate non poté trattenersi dal sollevare un angolo delle labbra in una smorfia divertita. « E questa chi la diceva? » Molto probabilmente una delle massime indiscutibili di un Nate Douglas diciassettenne convinto di essere padrone del mondo. Registrò con piacere l'atteggiamento cordiale e accogliente della ragazza: in un incontro del genere, nulla era dato per scontato - tra cui anche un trasporto decente, a quanto pareva. « Non mi sembra che siamo proprio nella condizione di storcere il naso, non credi? » Fece spallucce. « Dico solo che c'è sempre margine di miglioramento, anche nelle condizioni più pietose. Parlo da perfezionista a perfezionista. » « Ho dovuto arrangiarmi- considerando che sono stata sconsigliata da chiunque a proporre questo incontro. » Nel registrare quelle parole, gli occhi verdi del giovane luccicarono per la lusinga, mentre seguiva distrattamente i movimenti della teiera e delle due tazze comandate da Amunet, che si posizionarono di fronte a loro. Attese che il liquido ambrato fumante venisse riversato nella tazza di fronte a sé, prima di riprendere la parola. « Mi fa piacere sentire che detengo questa importanza tra i Ribelli. Ti chiederei di farmi qualche nome di chi ti ha sconsigliato di vedermi, ma il bello è che credo di poterne immaginare una gran parte. » Non poteva biasimarli d'altronde. Agli occhi dei Ribelli, Nate non era che una pedina nelle mani del Ministero, come era sempre stato. Al contrario, era stata inaspettata proprio l'iniziativa di Amunet nel contattarlo, e nel rischiare a tal punto da incontrarlo di presenza. Molto probabilmente, però, a differenza dei suoi compagni, Amunet aveva qualche elemento in più per analizzare la situazione. Conosceva le differenze sostanziali tra il governo attuale e quello precedente, e quello che quel cambiamento aveva comportato per quelli come loro. Probabilmente immaginava, o sapeva con una buona dose di certezza, che la parabola di Nate Douglas impiegato in un Ministero guidato dal Progetto Minerva avrebbe avuto vita breve. Quell'intuizione, unita alla gentilezza rivoltale dal ragazzo durante il giorno dell'eclissi, probabilmente l'avevano spinta nella sua direzione.
    « Siamo sull'isola di Skye, vicino a Portree. Abbiamo ancora qualche amico che sorveglia la zona. » Annuì, rivolgendole un cenno di sorriso, a volerla ringraziare per la condivisione di quell'informazione. Anche questo, non era scontato. Bevve un sorso dalla propria tazza di tè, non appena si fu raffreddata appena secondo le sue preferenze. « Per quanto può valere, sei al sicuro e questo incontro resterà tra pochi. Immagino non sia propriamente conveniente incontrare una - ricercata. » Nate soffocò una risata, nell'udire il tono quasi infastidito con cui Amunet pronunciò quell'ultima parola, quasi fosse ancora difficile da accettare. Sarebbe stato curioso di sapere chi era a conoscenza di quell'incontro, ma, ancora una volta, ebbe la sensazione di poterlo immaginare da solo. Le dinamiche del gruppo dei Ribelli gli erano del tutto estranee, certo, ma ciò non toglieva che lui quelle persone le conosceva. Molti erano stati suoi compagni di scuola, colleghi di consulta studentesca, addirittura. Beatrice Morgernstern, i Potter, Percy, Malia Stone, Juniper Rosier, tutte persone con cui aveva condiviso le aule scolastiche e gli spazi del castello. Non conosceva cosa avveniva internamente a quel gruppo, ma molti di loro non erano estranei: motivo per cui la loro avversione nei suoi riguardi non lo sorprendeva affatto. Si strinse nelle spalle, riemergendo dalle proprie riflessioni e rivolgendo a Mun un cenno della mano, come a dire che la sua preoccupazione non era importante.
    « Figurati. È il periodo delle cose sconvenienti, questo. » Rise sommessamente ad una battuta che aveva solo lui come destinatario, mentre scuoteva leggermente il capo. Ad incombere sul capo di Nate c'erano già un paio di spade di Damocle ben posizionate, e questa, si era detto quando aveva accettato l'invito di Mun, non sarebbe stata che l'ennesima. Francamente, a pensarci bene, trovava quasi difficoltà nel definire quale fosse la peggiore: se l'incontro con una ricercata, la connivenza con l'attività illecita di Galathéa Durand, o l'avere in custodia i documenti compromettenti di Freya. Si chiedeva spesso come avesse fatto a mettersi in quelle situazioni, e soprattutto perché. Per qualche ragione, non era ancora stato capace di darsi risposta.
    « Dimmi la verità: hanno almeno scelto una mia foto lusinghiera? Non vorrei aggiungere altri elementi alla futura causa per diffamazione contro lo stato inglese. Mi comprerò Buckingham quando avrò finito con loro. » Nate rise, prima di prendere un altro sorso di tè. « Se ci vedremo ancora, troverò il modo di farti avere un manifesto, così potrai giudicare coi tuoi occhi. A occhio e croce ti direi che non è terribile. » Come minimo, una volta vista, lei l'avrebbe giudicato atroce, ma tutte le donne sono così. « E con tutto il rispetto ma Buckingham l'avevo adocchiato prima io. Ero già a metà strada. » Una battuta balorda, quella, che alludeva al suo fugace flirt con Charlotte Windsor, morto presto, così come tutti i blandi tentativi di relazione del giovane Douglas.
    « Qualche uccellino mi ha detto che ti aggiri per Iron Garden. » Piegò leggermente il capo di lato, incontrando lo sguardo della ragazza. Un uccellino, eh? « Vi siete infiltrati bene, vedo. » « È un bel posto come dice il Messia? » « Oh, è molto di più di quel che dice il nostro Salvatore Messia » fece, apparentemente serio, le sopracciglia che saettavano verso l'alto. « È proprio il luogo dei sogni, specie se ami le basse temperature, la sporcizia e la polvere, e i bambini che piangono per la fame. » Non gli piaceva parlare di Iron Garden. Non si era mai reputato una persona empatica né altruista, ma perfino il suo cuore di ghiaccio non aveva potuto fare a meno di venire mosso, in alcune circostanze, dalle visioni atroci a cui aveva assistito tra quelle mura. « In compenso però mi è stato assegnato un lavoro più che significativo » continuò, intrecciando le dita di fronte a sé sul tavolo, mantenendo quell'apparenza di serietà. « Sono Ispettore della Serra di Iron Garden, il che significa che vigilo sulle razioni di pomodori, carote, zucche, patate. Una grande varietà insomma. Ed esattamente quello per cui ho studiato Magisprudenza per quattro anni. » Alzò gli occhi al cielo, lasciando finalmente trasparire il suo reale sentimento nei riguardi di quella situazione. Non sentiva il bisogno di darsi un tono, con Amunet: e non perché si trattasse di lei nello specifico, quanto più perché la situazione ai suoi occhi era diventata talmente ridicola che sarebbe stato folle provare a mantenere un certo tipo di contegno quando si descrivevano certe mansioni. Sospirò, prima di tornare con lo sguardo sulla giovane di fronte a sé. « Probabilmente risulterò presuntuoso - e quando mai? - ma in parte t'invidio. Sono convinto che riesci a dare più significato alle tue giornate tu da ricercata che io da... controllore di frutta e verdura. » L'espressione del ragazzo mutò leggermente, facendosi più seria, preso dalla verità di quelle parole. Nel silenzio di quegli istanti, bevve qualche altro sorso di tè, prima di riprendere la parola. « Sai cosa mi incuriosisce, però? Perché venderlo come il paese dei balocchi? Tutti sanno che è un posto terribile, e che le condizioni di vita sono pessime. Eppure il governo ci tiene a pubblicizzare in ogni maniera possibile la propria magnanimità nei confronti di Creature e di Ribelli. Il che è quasi curioso, se consideri lo stato dell'opinione pubblica - il mago inglese medio è perfettamente indifferente a quello che succede dentro Iron Garden. E infatti non è a lui che il Progetto Minerva si rivolge - quello che vuole è convincere proprio gli abitanti del ghetto che "non stanno poi così male". È interessante questo approccio, non trovi? »
     
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    « Se ci vedremo ancora, troverò il modo di farti avere un manifesto, così potrai giudicare coi tuoi occhi. A occhio e croce ti direi che non è terribile. E con tutto il rispetto ma Buckingham l'avevo adocchiato prima io. Ero già a metà strada. » Di fronte a quelle parole, la piccola Carrow non poté fare a meno di ciondolare la testa a destra e a sinistra assottigliando lo sguardo con fare pensoso. « Beh, non sono certa che conti. A metà strada non è un risultato. » Asserì, rivolgendogli poi un sorriso apparentemente candido. « Parlo da perfezionista a perfezionista, ovviamente. » Non penserai mica che te la lascerò vincere tutte, Nathan. Sarebbe tutto fuorché divertente. E se conosceva ancora sufficientemente l'amico, sapeva che una sfida avrebbe rimesso in moto le sue rotelle molto più di un semplice assecondare i suoi desideri. Non aspettare di essere pettinato, in questa sede. Perché se già in passato, Mun non aveva usato mezzi termini con lui, non lo avrebbe fatto a maggior ragione ora. Aveva però imparato a essere più sottile, meno irruente. Nel corso del tempo aveva imparato a dominare le proprie emozioni con molta più maestria, tant'è che anche in quel momento, non dava l'impressione di essere in una posizione di svantaggio rispetto alla sua controparte. Seppur fosse a tutti gli effetti una ricercata, Amunet Carrow si comportava come se fosse seduta alla scrivania del ufficio di suo padre e detenesse tutto ciò che aveva sempre desiderato. Lo status, i tesori, il rispetto, l'influenza che aveva sempre bramato. Era sicura di sé, molto meno incerta nelle parole e nel modo in cui reagiva alle inflessioni di Nathan. « Però ti ringrazio. Sono certa che ci sarà modo di farmelo pervenire. » Un dato di fatto, e non un'ipotesi quella della Carrow, perché a giudicare da quel poco che le era stato riferito rispetto alla sua posizione, il giovane Douglas era affamato e arrabbiato almeno quanto i ricercati, se non addirittura di più. D'altronde, deve essere davvero frustrante giocare sempre secondo le regole e vedersi sostituire null'altro che un pugno di mosche. « Vi siete infiltrati bene, vedo. » La mora curvò gli angoli della bocca senza dire nulla. Nathan era perspicace, ma probabilmente non doveva suonare neanche come una sorpresa. Iron Garden pullulava di ex abitanti di Inverness, lycan e presunti ex Ribelli. Se solo non fosse controproducente a lungo andare e pericoloso, probabilmente potrebbero riprendersi quel posto nel giro di qualche giorno. Ma per fare cosa? Quella era stata una delle prime domande che si era posta la Rete sin da subito. Si trovavano a pochi passi da Londra, in una condizione in cui non era del tutto certo di chi potessero fidarsi, e senza uno stralcio di sicurezza a lungo andare. Occupare Iron Garden, ricadendo negli errori del passato era un errore. Perché l'errore è stato sin dal principio non puntare al cuore del Ministero. Quando Minerva aveva apertamente dichiarato a guerra a chi aveva deciso di vivere al Nord, i metodi gentili della guerra fredda avrebbero dovuto interrompersi sul nascere. Quando un insetto ti dà fastidio lo schiacci. Ed era evidente che le due fazioni non sarebbero state in grado di vivere pacificamente a lungo andare. Alla fine lo scarafaggio aveva preso il nome di Inverness, e la Città Santa, assieme a tutte le loro case, erano state letteralmente schiacciate. « Oh, è molto di più di quel che dice il nostro Salvatore Messia. È proprio il luogo dei sogni, specie se ami le basse temperature, la sporcizia e la polvere, e i bambini che piangono per la fame. In compenso però mi è stato assegnato un lavoro più che significativo. Sono Ispettore della Serra di Iron Garden, il che significa che vigilo sulle razioni di pomodori, carote, zucche, patate. Una grande varietà insomma. Ed esattamente quello per cui ho studiato Magisprudenza per quattro anni. » Dovette mordersi il labbro inferiore per non ridere, ma le sue espressioni risultarono comunque piuttosto evidenti. Non voleva ridere di lui; forse più ridere con lui. « Beh, vedila così - stiamo finalmente facendo degli ottimi tirocini formativi. Se il mondo dovesse finire domani, io avrei ottime skills in materia di logistica e trasporto, e tu in campo alimentare. » Tentò di rimanere seria, ma alla fine rise appena scuotendo la testa. Le dispiaceva. In fondo, Nate aveva sempre lavorato per andare incontro a una posizione che potesse soddisfarlo specialmente a livello personale e professionale. Non lavorava per i soldi, ma per lo status, il potere, l'influenza. Voleva contare. E Mun, come tanti altri, avevano tentato di batterlo al suo stesso gioco, togliendogli proprio ciò che più desiderava. E avevano sbagliato, perché nessuno rischia le proprie sicurezze per contare meno. « Probabilmente risulterò presuntuoso ma in parte t'invidio. Sono convinto che riesci a dare più significato alle tue giornate tu da ricercata che io da... controllore di frutta e verdura. » Alla palese presunzione di Nate, Mun ne contrappose un carico ancora più pesante. « Certo che m'invidi, Nathan. Tutti vogliono essere me. È sempre stato così. » E seppur lo avesse detto con un tono scherzoso, sotto sotto a quel raptus di vanità ci credeva. In fondo era, in parte, davvero così. Mun era sempre stata privilegiata, e da tale si era comportata. Era sempre stata a modo suo la preferita di suo padre, la più piccola tra i fratelli - e forse anche la più intelligente. Tra i suoi amici era sempre stata l'unica donna ammessa al tavolo delle discussioni - sempre tenuta su un palmo, trattata con cura e un certo riguardo. Forse mai del tutto inclusa. Ma aveva imparato, Mun, che non lasciarsi coinvolgere troppo, significava fosse anche più semplice sfilarsi dalle situazioni, e così aveva fatto con tutti loro, con la sua famiglia, con il circoli di Londra. Pur cadendo, era sempre caduta in piedi. Persino tra i Ribelli, Amunet aveva ricevuto un trattamento speciale; non necessariamente sempre lusinghiero, ma sempre diverso rispetto al manipolo di agricoltori e rozzi guerrieri. « Sai cosa mi incuriosisce, però? Perché venderlo come il paese dei balocchi? Tutti sanno che è un posto terribile, e che le condizioni di vita sono pessime. Eppure il governo ci tiene a pubblicizzare in ogni maniera possibile la propria magnanimità nei confronti di Creature e di Ribelli. Il che è quasi curioso, se consideri lo stato dell'opinione pubblica - il mago inglese medio è perfettamente indifferente a quello che succede dentro Iron Garden. E infatti non è a lui che il Progetto Minerva si rivolge - quello che vuole è convincere proprio gli abitanti del ghetto che "non stanno poi così male". È interessante questo approccio, non trovi? » Per qualche istante, rimase a pensarci su, ponderando attentamente la scelta di parole di Nate.
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    « È interessante, hai ragione, e probabilmente avrebbe anche il risultato sperato, se i Ribelli esistessero ancora. » Non gli avrebbe dato troppe informazioni, non per adesso almeno, non finché non si sarebbe accertata delle intenzioni di Nathan. Era giusto tuttavia pizzicare e premere i tasti giusti per accendere la sua curiosità, non a caso si fermò per un istante rivolgendogli uno sguardo eloquente. « Secondo me non stanno cercando di convincere gli abitanti del ghetto di non stare così male, bensì cercano di convincere chi sta fuori che stanno peggio di quanto sia umanamente immaginabile. » Si portò la tazza di té alle labbra lasciandogli il tempo di riflettere sulla questione. E il fatto che qualcuno si lamenta più del dovuto facendo una stronzata dietro all'altra, non aiuta più di tanto. « Se il mio più grande problema fosse una venticinquenne con la passione per i coltelli e problemi di gestione della rabbia, che è riuscita a mobilitare parte del Mondo Magico per occupare metà della Scozia, probabilmente anche io tenterei di premere ogni tasto dolente nella speranza che faccia un passo falso. » Fece una leggera pausa, ancorando le spalle allo schienale della sedia, accavallando le gambe, mentre tamburellava pensierosa le unghie smaltate sulla superficie in legno. « La verità è che Ribelli e Creature per come li conoscevamo ai tempi della Guerra Santa non esistono da tanto tempo. Legittimo o meno, lo Stato al Nord aveva una politica interna, un Consiglio, mezzi di informazione e un'organizzazione che andava ben oltre le lame e la fedeltà di sangue. Comprendeva.. tante anime. Non era l'eredità di Byron Cooper o di Beatrice Morgenstern. » Tante anime tra cui quella di Amunet Carrow, che era tutto fuorché una che si lasciasse tentare dall'idea di una lealtà cieca. Ma io non sono certo qui per venderti il sogno della città ideale o di uno stato utopico, perché non lo era quello, come non lo era il mondo che avevamo messo in piedi dopo la Restaurazione e non lo è neanche questo. « Ho una curiosità - e ti prego non prenderla come una provocazione. » Asserì di colpo, quasi come se stesse davvero cambiando argomento, quando in realtà non era affatto così. « Sei ancora convinto che giocare secondo le regole e secondo la tradizione, sia la giusta strategia? » Credi ancora che rimanere fermo sulle tue condizioni ti porterà a raggiungere i tuoi obiettivi? « Qual è il tuo piano? Passare da Ispettore della Serra di Iron Garden all'Ufficio delle delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali? Scrivere decreti sulla deforestazione in favore della produzione delle scope da viaggio? » Sollevò un sopracciglio, osservandolo con estremo interesse. « Certo, farebbe bene agli affari - ma fa bene all'anima? » È questo ciò che vuoi fare da grande?


     
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    « Però ti ringrazio. Sono certa che ci sarà modo di farmelo pervenire. » Nate assottigliò lo sguardo, registrando con curiosità la sicurezza nella voce di Amunet. Era trascorso del tempo dalla loro ultima vera chiacchierata, ma era facile riconoscere quando la ragazza si apprestava a muovere i primi pezzi sulla scacchiera fra loro. « Beh, vedila così - stiamo finalmente facendo degli ottimi tirocini formativi. Se il mondo dovesse finire domani, io avrei ottime skills in materia di logistica e trasporto, e tu in campo alimentare. » L'accompagnò nella risata, per poi scuotere piano il capo con evidente amarezza. Non lo imbarazzava condividere le sue sventure in quell'occasione: la sua posizione nulla diceva della sua persona - molto più, invece, sullo stato di decadimento del Ministero. Una situazione paradossale, quella - due menti brillanti, promesse del futuro del mondo magico, spinte ai margini della società per nessun motivo apparente - su cui evidentemente era solo il caso di riderci sopra.
    « Certo che m'invidi, Nathan. Tutti vogliono essere me. È sempre stato così. » sorrise, compiaciuto nel ritrovare dietro quelle parole la superbia che meglio conosceva e condivideva con Mun, e che in fin dei conti negli anni aveva costituito per loro una sorta di malsano legame. « Mi fa piacere sapere che nemmeno la latitanza ha saputo renderti umile, Carrow » ironizzò, mentre con il cucchiaino mescolava pigramente il contenuto della propria tazzina.
    E poi con la medesima disinvoltura i loro discorsi migrarono su questioni più importanti, per quanto la solennità di quei discorsi stonasse in maniera quasi drammatica con lo spazio piccolo e modesto che li ospitava. « È interessante, hai ragione, e probabilmente avrebbe anche il risultato sperato, se i Ribelli esistessero ancora. » Nate piegò le labbra in un mezzo sorriso. Sul fatto che Mun sapesse perfettamente come tenere alta l'attenzione del proprio interlocutore non v'era dubbio. « Beh, che la vostra intenzione sia quella di continuare ad esistere mi pare chiaro. » D'altro canto i numerosi quanto colorati tentativi di comunicazione con l'esterno, come le foto pubblicate durante le feste per prendersi gioco del Ministero, rendevano palese il desiderio dei Ribelli di raccontarsi come un gruppo unito e coeso, imbattuto nonostante tutto - questo era evidente. Ciò che avveniva dietro le quinte di quegli scatti Nate non poteva immaginarlo, ma era abbastanza accorto da leggere tra le righe, e da sapere che, da che mondo è mondo, tutti gli sforzi comunicativi di una certa portata derivano sempre da un momento di fragilità, e questo in ogni contesto. Fino a quando erano stati in netto vantaggio la Morgernstern e i suoi non avevano avvertito l'esigenza di raccontarsi. Quando si vince i fatti parlano da sé. Non l'aveva sorpreso dunque questa tensione alla comunicazione e alle pubbliche relazioni - cos'altro poteva essere, d'altronde, quello stesso incontro? Nel pieno di una crisi che era anche e soprattutto reputazionale, mosse di questo tipo erano perfettamente lineari. « In quanto all'effettiva riuscita della cosa, ho ancora pochi elementi per potermi pronunciare. Direi che per ora non siete stati molto bravi a vendervi. » Dopodiché tacque, con l'intenzione di lasciarle lo spazio di continuare.
    « Secondo me non stanno cercando di convincere gli abitanti del ghetto di non stare così male, bensì cercano di convincere chi sta fuori che stanno peggio di quanto sia umanamente immaginabile. La verità è che Ribelli e Creature per come li conoscevamo ai tempi della Guerra Santa non esistono da tanto tempo. Legittimo o meno, lo Stato al Nord aveva una politica interna, un Consiglio, mezzi di informazione e un'organizzazione che andava ben oltre le lame e la fedeltà di sangue. Comprendeva.. tante anime. Non era l'eredità di Byron Cooper o di Beatrice Morgenstern. »
    L'ascoltò in silenzio, senza ribattere. Distrattamente lasciò correre i polpastrelli lungo il bordo del tavolo di legno scuro, un gesto come un altro che lo aiutava a concentrarsi sulle parole della ragazza. Erano supposizioni interessanti, quelle, e certamente verosimili considerata l'autorità di chi le pronunciava. Si schiarì la gola. « Rispetto alla capacità di organizzazione e alle strutture dei Ribelli, lo so bene. Facevo parte della delegazione ministeriale a Flindrinkin. » Prima che decidessero che una mente brillante come la mia sarebbe stata più utile a contare le verdure. Accompagnò quelle parole con un cenno d'assenso, seppure l'avesse intrigato un'espressione in particolare pronunciata dalla ragazza. Lo stato del Nord comprendeva tante anime. Un concetto scontato, quale organizzazione sofisticata ad un livello medio-alto non comprendeva un certo grado di frizioni interne? Anche qui, nessuna sorpresa. Sarebbe stato più scioccante venire a sapere che quelle persone da caratteri e aspirazioni spesso diametralmente opposti coesistessero pacificamente senza alcun problema. Trovò curioso, tuttavia, che fosse proprio Mun a sottolineare tale aspetto. Preferì non commentare intanto, nell'attesa di raccogliere nuovi elementi di valutazione.
    « Ho una curiosità - e ti prego non prenderla come una provocazione. » Le parole di Mun tagliarono corto i suoi pensieri, e la sua espressione si distese, mentre le concedeva un sorriso a labbra strette. « Tu chiedi, e poi giudicherò di conseguenza. » « Sei ancora convinto che giocare secondo le regole e secondo la tradizione, sia la giusta strategia? » Inarcò le sopracciglia, incuriosito. «Qual è il tuo piano? Passare da Ispettore della Serra di Iron Garden all'Ufficio delle delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali? Scrivere decreti sulla deforestazione in favore della produzione delle scope da viaggio? Certo, farebbe bene agli affari - ma fa bene all'anima? » Nate inclinò il capo di lato, sorpreso da quella domanda oculata, che denotava una conoscenza della persona che aveva davanti a sé. « Questa è una bella domanda. » Ma in fondo da questa conversazione non mi aspettavo nulla di banale. Si strinse nelle spalle, gli occhi chiari che vagavano per la stanza, quasi distrattamente, mentre raccoglieva i pensieri. « Le regole hanno smesso di esistere quando Eric Donovan è sbucato fuori dal Velo della Morte a Ottobre. » O forse anche un po' prima. « Allo stato delle cose, il Ministero della Magia è uno scheletro vuoto. Una qualsiasi decisione arbitraria del Messia può valere più di un provvedimento disciplinare o un ricorso fatto a regola d’arte ad un ufficio ministeriale. Siamo in dittatura. » Era quasi superfluo verbalizzare quelle riflessioni, in quel momento, eppure Nate sentiva l'esigenza di farlo, ricordare a se stesso perché si trovasse lì; perché tutto quello in cui credeva e aveva creduto non aveva più significato. « È una bella e molto patinata, per carità. Ma non esiste più un set di regole prestabilito. » Fece una pausa, per concedersi l'ultimo sorso di tè. « Non uno in cui io riesca a credere, quanto meno. » E stava proprio lì, il fulcro di tutto. « E sai benissimo anche tu che potrei chiamarmene fuori in qualunque momento, limitarmi a gestire gli affari di famiglia e starei più che bene. Lo stesso è sempre valso per te. » In fondo, chi ce lo fa fare? « Il fatto è che quel posto mi riguarda. » Il Ministero, la Cosa Pubblica, erano tutto ciò da cui si era sentito attratto sin dalla prima gioventù, il significato più puro di tutti i suoi sforzi, la sua ragion d'essere al di là dei desideri più venali. « Mi ha sempre riguardato, perché so che è espressione delle mie capacità, so che potrei migliorare le cose. » Questo farebbe bene all'anima. Non lo disse, ma Mun avrebbe facilmente inteso quel significato tra le righe. « Se mi chiedi se quella che sto perseguendo è la via corretta, la risposta è semplice: no, non lo è più. Non è qualcosa che rispecchia i miei ideali ma, al di là di questo, soprattutto non è conveniente. » Non si era mai fatto grandi scrupoli negli anni, Nate, a parteggiare per fazioni nei quali ideali non si rivedeva completamente. Era spesso stata una questione di opportunità - ora, però, all'oltraggio verso le istituzioni che non sapeva ignorare, si univa anche il vicolo cieco in cui lui stesso si era incamminato. Si strinse nelle spalle. « Per rispondere alla tua domanda, quindi: non saprei. Diciamo che mi sto guardando intorno. » Sollevò un angolo delle labbra, prima di incrociare le braccia sul tavolo, in una posizione più comoda. « Ho anch'io una curiosità - e ti prego di prenderla come una provocazione da parte mia. » Allargò gli angoli della bocca per mostrare la fila dritta di denti bianchi. « Tu che intenzioni hai, Mun? Pensi di voler subire ancora per molto le decisioni di una venticinquenne con la passione per i coltelli e problemi di gestione per la rabbia? » Rise, scuotendo leggermente il capo, sinceramente divertito all'idea che un soggetto come Beatrice Morgernstern potesse avere in mano ancora tutto quel potere - specie quando c'erano elementi di calibro nettamente superiore tra le fila dei Ribelli. « Sono curioso, qual è il piano? Ci nascondiamo per un po', raduniamo le armate e poi attacchiamo di nuovo quando meno se lo aspettano? Oppure avete finalmente capito che quella della forza bruta non è una modalità che funziona? » Scosse leggermente il capo. « Una come te deve avere in mente un piano più intelligente di così. »


    Edited by stupor mundi. - 9/4/2024, 20:39
     
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Perché aveva visto come le idee del padre, le sue aspirazioni, la cieca ambizione lo aveva portato ad appellarsi a metodi tutto fuorché ortodossi. E lo aveva visto con se stessa, con suoi amici e conoscenti, con persone a cui guardava con smisurata fiducia. Non lo interruppe, tuttavia. Lasciò piuttosto che Nate seguisse il suo flusso di pensieri, senza intromettersi, ascoltando con una curiosità non indifferente le sue considerazioni. « Non uno in cui io riesca a credere, quanto meno. E sai benissimo anche tu che potrei chiamarmene fuori in qualunque momento, limitarmi a gestire gli affari di famiglia e starei più che bene. Lo stesso è sempre valso per te. » Si strinse nelle spalle abbozzando un sorriso amaro. « Per me era un po' diverso. » Osservò con un filo di voce. Era, questo è vero. Ma non rendeva meno legittima la sua necessità di ribellarsi alla sua condizione di donna. Nella sua famiglia, per molto tempo, Amunet era stata solo ed esclusivamente la piccola Carrow. Se fosse rimasta al suo posto, ogni suo passo sarebbe stato scandito da quella dimensione; la più piccola di casa, e nemmeno una particolarmente ben voluta. Degli affari se ne sarebbero curati sempre i suoi fratelli e la sua parte di eredità sarebbe sempre stata vincolata alle loro decisioni. Nessuno avrebbe appoggiato un distacco di Mun in passato. Non nella sua cerchia. In fondo, la sua non era stata solo una scelta di cuore, ma anche un modo di recidere alla base quasi qualunque forma di coinvolgimento con quelli che sarebbero stati a tutti gli effetti i fautori della sua esistenza. « Il fatto è che quel posto mi riguarda. Mi ha sempre riguardato, perché so che è espressione delle mie capacità, so che potrei migliorare le cose. Se mi chiedi se quella che sto perseguendo è la via corretta, la risposta è semplice: no, non lo è più. Non è qualcosa che rispecchia i miei ideali ma, al di là di questo, soprattutto non è conveniente. » Annuì per niente stupita dalla risposta di Nate. D'altronde la sua capacità di analisi del contesto era tutto fuorché scontata, e i tempi che correvano dovevano averlo messo molto alle strette. E poi, seppur gli affari di famiglia risentissero solo relativamente della situazione attuale, nulla poteva garantirgli che il regime sarebbe rimasto tale. Sono crollati colossi più grandi, e in ogni caso gli affari funzionano sempre meglio in una commistione con chi ne regola la gestione. « Per rispondere alla tua domanda, quindi: non saprei. Diciamo che mi sto guardando intorno. » Abbozzò un lieve sorriso di fronte a quelle parole. Un'apertura non indifferente, che la portò a osservarlo con maggiore attenzione, come se tentasse di scorgere tra le pieghe di quell'affermazione apparentemente innocua, le vere intenzioni di lui. Se era lì, era evidente non cercasse solo di accertarsi che una vecchia amica stesse bene, e in quello erano in due. « Ho anch'io una curiosità - e ti prego di prenderla come una provocazione da parte mia. Tu che intenzioni hai, Mun? Pensi di voler subire ancora per molto le decisioni di una venticinquenne con la passione per i coltelli e problemi di gestione per la rabbia? Sono curioso, qual è il piano? Ci nascondiamo per un po', raduniamo le armate e poi attacchiamo di nuovo quando meno se lo aspettano? Oppure avete finalmente capito che quella della forza bruta non è una modalità che funziona? Una come te deve avere in mente un piano più intelligente di così. » In tempi meno recenti, Mun sarebbe stata più impulsiva di fronte alle parole di lui; era evidente tentasse di puntare il dito contro un evidente errore di valutazione da lei compiuto. In verità, la giovane Carrow non era mai stata più convinta delle proprie scelte. Erano le uniche giuste e logiche per la posizione in cui si trovava. Non a caso sollevò un sopracciglio e lo osservò con apparente pacatezza, nonostante lo sguardo alquanto eloquente. C'era una punta di demagogia nel discorso di lui, ma non si sarebbe aspettata nulla di meno da Nathan. D'altronde, rispetto alle scelte passate era certa che nessuno dei due avrebbe ceduto, né avrebbero ammesso che una via mediana sarebbe stata da auspicare per le posizioni di entrambi. Così, con consapevolezze meditate per tanto tempo, specialmente a seguito degli ultimi mesi passati tra quattro mura e poco altro da fare se non preparare per quanto possibile una rete solida di contatti, decise di essere la prima a concedergli un'apertura, ma non prima di mettere in chiaro un punto piuttosto specifico. « Le mie scelte sono mie; non sento di aver subito niente. » E sarebbe stato ingiusto affermare diversamente. « Forse dimentichi che l'alternativa era tornare con la coda tra le gambe in mezzo a persone che hanno a lungo messo in discussione la mia posizione - o l'hanno sempre considerata subalterna a quella del resto della mia famiglia. Dei miei fratelli nello specifico. » Pausa. Lo osservò con un'espressione estremamente seria. E guardaci adesso. Io sarò anche una ricercata, ma sono ancora qui. Loro invece? Dove sono? Deimos si è ritirato a vita privata dall'altra parte del mondo, e Judah si è perso, rimangiato dalle sue stesse debolezze. « Non accetterò mai di essere nulla di meno dell'unica Carrow che conta. » Una confessione che non si era mai sentita di fare in quel contesto, né con nessuno dei suoi amici di vecchia data. Forse perché in cuor suo sapeva che molti di loro erano più fedeli a Deimos o a Judah, che con loro avevano stretto in passato legami di fedeltà più forti, ma anche semplicemente perché Mun era spesso stata più bella quando non parlava, quando sorrideva e annuiva, e soprattutto quando serviva agli scopi condivisi delle cause legate alla sua famiglia. Lasciò che quel silenzio desse il giusto peso alle parole. Tamburellava le dita sul tavolo pensierosa. Poi, di colpo, tornò a guardarlo dopo aver meditato per qualche istante sulla sua risposta. « Temo che il nostro errore - di tutti - è sempre stato non capire che sono necessarie entrambe le vie. » La loro via e la nostra. Farsi la guerra; cadere nella trappola di quel costante cercare differenze in un gioco di cui non avevano mai avuto il controllo perché erano troppo occupati a darsi contro. Si applicava a Nate e Mun sul piano persone, quanto su scala più ampia. « Io non avrei mai scelto diversamente, perché quelle mura erano tutto ciò che dividevano me e la mia famiglia da cose come il Messia. Dopo la divisione, le cose funzionavano tremendamente bene. I lycan si occupavano delle cose con cui noi non volevamo sporcarci le mani e noi - facevamo le leggi, l'ordine.. nel rispetto delle diverse sensibilità.. le loro incluse, ovviamente. Non era ideale, considerate le tensioni con l'esterno, ma funzionava. » Ed io facevo tutto questo senza essermi mai rotta neanche un'unghia. Neanche durante la presa di Hogsmeade. Si strinse nelle spalle con rammarico. Casa sua le mancava; aveva imparato ad apprezzare il posto che aveva scelto come dimora stabile a prescindere dalle tante stranezze della rigida società dei lycan, o le tante stramberie di chi ormai avevano accolto. Lì, qualcosa lo aveva imparato, ovvero la consapevolezza di dover accettare che non sempre le scelte giuste sono quelle ideali, e che a volte per stare bene è necessario prendere strade che non necessariamente sono quelle che ci si prospettava inizialmente.
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    « Per rispondere al tuo quesito al momento non ci sono armate - ma quando ciò che è morto non rimane tale, credi davvero che non verrà il giorno in cui ne avremmo bisogno? Io sono giunta alla conclusione che siamo di fronte a tipi di magia e mondi che non spariranno, né potremmo chiudere dietro una teca di vetro. In un modo o nell'altro torneranno a ricomparire. » Compie una leggera pausa tempo in cui lo osserva inclinando la testa di lato. « In questo mondo ci sarà sempre bisogno di qualcuno che si sporchi le mani di sangue, Nate; puoi dirmi che tu sei pronto a farlo? » No che non lo sei. Non è nel tuo stile. Tu sei un non violento. Credi nella diplomazia e nell'arte della dialettica. Ma affinché tu possa fare il tuo gioco, qualcuno dovrà pensare a fare ciò che quelli come noi non sono disposti a fare. « I lycan hanno talenti che noi non abbiamo, così come noi abbiamo conoscenze che loro non padroneggiano affatto. Quando tutti quanti siamo in ginocchio - » E nel dire ciò osservò le proprie unghie smaltate, una manicure perfetta - all'apparenza Mun sembrava tutto fuorché una ricercava. « -.. a mio avviso sarebbe uno spreco di risorse non trovare un punto di incontro. Lasciamo la Guerra Santa a loro; sono in ogni caso più bravi di noi a gestirla, mentre chi ne è capace, si occupi delle questioni.. più terrene. Il Messia a loro, Minerva a noi. Non è così difficile, se ci pensi. Loro sono pessimi in campo diplomatico, e noi non siamo guerrieri. » Forse sarebbe funzionato anche con il Ministero, se solo non fossero stati troppo occupati a schiacciare Inverness per conto della Loggia. « E quando le due cose coincidono - beh, troveremo un principio di separazione dei poteri che soddisfi anche le altissime aspettative di Nathan Douglas. » Sospirò e gli sorrise con un'espressione luciferina. « Concludo dicendoti che a nasconderci, ci nascondiamo - effettivamente. Ma non per radunare chissà quale armata. Un obiettivo che avrebbe bisogno di tanti bei intrighi, come ai vecchi tempi, e un pizzico di forza bruta, ci sarebbe. Se fossi interessato.. » Lo osserva con un velo di palpabile eccitazione. Giochi di corridoio e partite a scacchi. Un invito che spera possa tornare a esaltare almeno un po' anche il giovane Douglas. « A meno che tu e i nostri vecchi amici non abbiate già un piano su come risollevare le sorti della democrazia dello Stato Magico Inglese, ovviamente. » In quel caso, sono tutta orecchie.




     
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