We were born to be suburban legends

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  1. stupor mundi.
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    Ministero della Magia
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    Oh, ma che divertimento. Fu sarcastico, il commento che Nate riservò a se stesso, quando posò gli occhi chiari sul fondo del vicolo angusto. Era ancora a mezz'aria, mentre planava delicatamente verso l'asfalto, quando la identificò: abbandonata per terra in un angolo, c'era una caffettiera babbana dismessa e senza manico, che l'attendeva paziente per il suo viaggio successivo. Non era difficile comprendere che ci sarebbe stata una seconda Passaporta: d'altronde, se un sistema come quello dei Ribelli era ancora in piedi (più o meno), tutto doveva partire da misure di sicurezza certosine. E per quanto avesse un forte sospetto che il suo viaggio non si sarebbe concluso all'innaffiatoio arrugginito che lo stava facendo atterrare in quel vicolo desolato nei sobborghi di Londra, nondimeno provò una punta di fastidio nello scoprire il mezzo di trasporto successivo. Lasciò correre la punta delle dita sulla superficie ruvida dei mattoni rossi, mentre scivolava giù lungo la fiancata dell'alto palazzo, fino a posare finalmente le suole in cuoio sul pavimento del vicolo.
    Tra i mezzi di trasporto magici, Nate reputava le Passaporte essere il più balordo di tutti. Tutto era preferibile: la Metropolvere, i tappeti volanti, perfino quegli orrendi gabinetti che portavano al Ministero erano meglio di una Passaporta. Detestava quel senso di vertigine incontrollato, quell'assenza di gravità improvvisa e spiazzante, quel nauseante e disordinato roteare a mo' di centrifuga, dove non si poteva fare affidamento a nient'altro che all'incantesimo di qualcun altro, posto su un oggetto inanimato impossibile da governare. Guardò la caffettiera, con aria quasi desolata, prima di chinarsi verso quest'ultima con un sospiro. Forse, con le passaporte così come in altre aree della sua vita, era tutta una questione di fiducia. Chiuse le dita intorno all'oggetto e serrò la mandibola, prima di sentire il solito inconfondibile strappo che strattonava il suo corpo da un'altra parte. Stava ancora vorticando furiosamente insieme alla Passaporta, quando sollevò lo sguardo nel tentativo di studiare ciò che lo circondava: da quelli che sembravano alberi riuscì a distinguere una foresta, ma tutto si muoveva troppo velocemente, e lui non poteva vedere nulla. Al contempo, non aveva chiaro cosa lo aspettava dopo quella discesa: non sapeva se Amunet si sarebbe presentata da sola a quell'incontro, o se aveva preso altre precauzioni; non sapeva quanto si sarebbe fidata di lui. Nate stesso non era certo di poter fare pieno affidamento con la ragazza - e fin qui entrambi si sarebbero trovati perfettamente a proprio agio l'uno con l'altro, dopo tutto. Ciò nonostante, in quel frangente l'istinto di controllare, anticipare in qualche modo quello che lo aspettava dall'altra parte fu più forte di altre precauzioni del caso; e fu così che mollò la presa dalla Passaporta troppo presto, e perso ogni contatto si trovò a precipitare violentemente dall'alto, inghiottito dagli alberi di quella che - ora la vedeva chiaramente dall'alto - era una foresta ben lontana da qualsiasi centro abitato. « Arresto momentum! » Interruppe la caduta a neanche un metro da terra, tanto che, pur avendo attutito il colpo, si ritrovò comunque disteso tra terriccio e fogliame. Stupida caffettiera. Imprecò a bassa voce, mentre si metteva a sedere e spazzava via con le mani i residui di terra dalla camicia chiara, ed esaminava lo spazio intorno a sé. In lontananza qualche uccellino cantava, ma il sottobosco era troppo fitto anche per provare a spiare l'orizzonte. Il luogo perfetto per nascondersi. Una volta in piedi, a Nate non restò che seguire l'unica strada percorribile: un piccolo sentiero angusto, stretto tra due file d'alberi, che portava a quella che aveva l'aria di essere a tutti gli effetti una piccola abitazione. Quando vi fu vicino, il ragazzo la esaminò dall'esterno: era una piccola baita di legno, anonima e alquanto triste, senza fiori alle finestre né un nome o un'indicazione sulla porta d'ingresso. A Nate fu però chiaro di dover bussare.
    Quando Amunet Carrow comparve dietro la porta, le labbra del ragazzo si distesero in un sorriso, a metà tra l'irrequieto ed il sollevato. Con una rapida occhiata oltre le spalle di lei registrò che non era presente nessun altro nell'abitazione (o almeno così pareva), e ne fu per qualche motivo rincuorato. « Direi che dopo questo viaggio puoi anche mettere da parte ogni dubbio sul mio affetto » esordì con queste parole, mentre si ripuliva la camicia dal terriccio residuo, quasi a voler commentare ad alta voce quegli ultimi messaggi che si erano scambiati. Perché mi hai aiutata?, gli aveva chiesto lei, genuinamente, quasi gli anni di amicizia non bastassero a spiegare il gesto gentile che Nate aveva compiuto nei suoi confronti, al Ministero. L'aveva incupito realizzare quanto la domanda di Mun fosse valida, quanto la sua diffidenza fosse fondata e giustificata. « Ma poi chi ve le fabbrica queste Passaporte, un troll ubriaco? Sono completamente sbilanciate. Si perde l'equilibrio subito e non hanno il giusto baricentro. » La poca sintonia di Nate Douglas con le Passaporte era qualcosa di antico e rinomato - chissà, forse Mun ricordava l'occasione della gita scolastica in Romania del terzo anno, quando aveva assistito il compagno mentre vomitava l'anima sul retro del castello di Dracula, dopo un atterraggio un po' sbilenco. Spesso negli anni la giovane Carrow aveva goduto di una prima fila ai suoi momenti peggiori o più vulnerabili, in tutte quelle circostanze in cui la sua presenza era preferibile a quella degli altri membri del Clavis, che l'avrebbero deriso o giudicato.
    « Sono sorpreso » disse immediatamente dopo, seguendo la ragazza all'interno della casa. Una dimora modesta ed essenziale, senza decori alle pareti o particolari comodità. Un rifugio, a tutti gli effetti. « Pensavo di trovarti nelle sembianze di qualche vecchia di paese. Hai smesso di giocare con la Polisucco? » Una battuta come un'altra, quella, per rompere il ghiaccio. Non si parlavano da anni, Mun e Nate, e solo in quel momento quella verità parve gravare sulle spalle del giovane: non era certo di quale fosse la convinzione che l'avesse spinto a giungere fin lì, ma di certo non era quella di ritrovare una vecchia amica. Non che non gli facesse piacere riavere nella sua vita una persona come Mun, specie in una fase in cui aveva iniziato a dare un peso alle cose, e ai rapporti che davvero avevano significato qualcosa per lui, eppure non amava farsi guidare da sentimenti romantici: sapeva che l'Amunet che avrebbe trovato dinnanzi a sé quella mattina non sarebbe stata la stessa che conosceva, così come forse lei non avrebbe riconosciuto più in lui il proprio compagno di scuola - semplicemente perché troppe cose erano cambiate, e in fondo era meglio così.
    C'era un tavolo di legno, al centro della piccola sala da pranzo - che poi era la stanza principale della baita. Nate vi si accomodò, lanciando un'occhiata rapida fuori dalla finestra. Scozia? Galles? Cercava di distinguere il paesaggio, ma non gli era chiaro. « Dove ci troviamo? » chiese infine, volgendo gli occhi chiari verso la ragazza.


    Edited by stupor mundi. - 14/3/2024, 22:32
     
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6 replies since 14/3/2024, 22:15   193 views
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