Beautiful Things

Riley & Josh

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  1. Boys do(n't) cry
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    Di base non dovrebbe servire, eppure di tanto in tanto finisco per ripetermi che ha senso che, una situazione del genere possa per un certo verso rivelarsi tanto tranquilla da stranirmi. Che la tranquillità in fin dei conti è normale e che ci sarà un momento, magari con l'avanzare della serata, in cui finirò per non rendermi più conto di quell'infinità di paranoie che sono solite prendermi alla testa. E se fosse lì, per un certo verso, con lui qui presente sarebbe molto più semplice. Perché in tutta onestà potrei guardarlo negli occhi, pagarlo e chiedergli cortesemente di strapparmele via. Una ad una, anche se non è uno psichico e il mio resterebbe semplicemente il capriccio di chi non sa andare avanti. Di chi a volte, semplicemente, si blocca. Per questo mi stringo al calice di vino, alla stabilità che le gambe possono ritrovare sulla sedia. Al suo ginocchio, che comunque a modo suo è un gancio. Un'ancora capace di tenermi ben stabile alla realtà. Cadenzo i respiri, do aria alle voci che si frappongono in testa e mi placo. Perché è normale e per quato possa sembrarmi terribilmente difficile, poi alle cose normali devo in un qualche modo tornare ad abituarmici.

    — Per tuo immenso e futuro stupore posso dirti che niente. Non facevo nulla ai concerti quando avevo diciassette anni. Sorrido. A volte ho l'impressione di sapere con precisione dov'è che vuole arrivare e in che modo ha la sensazione di poterci riuscire restando illeso o, anzi, nell'ombra. — Anzi, in realtà è una stronzata. Non potevo non far nulla. Semplicemente me ne stavo in disparte ad ascoltare. Sorseggio il vino. — Non avevo le aspirazioni dei ragazzini di oggi: niente fantasticherie sul gruppo, niente limone sotto al palco. Magari ero noioso già da piccolo. Sorrido, poso il bicchiere sul tavolo ma non mollo la presa. — Magari sono solo rimasto scottato da qualcosa, come tutti. Un azzardo. È solo un azzardo. Che di Nathaniel di solito non parlo. Non ne parlo mai a nessuno perché nessuno deve conoscere i sogni di un ragazzino. Nessuno deve venire a sapere come e dove attaccarlo. Come ferirlo ulteriormente nel profondo. — Che altro scri- Vorrei chiedergli cos'è che fa, ma quando il discorso torna di nuovo su di me l'argomento poi un po' mi spezza. Mi spezza dove stare ad immaginare in cosa so esser bravo e, anzi, se lo sono davvero. Se sotto la scocca nascondo qualcosa, se c'è del succo, la polpa, almeno un briciolo di vitalità e sentimentalismo. — Il mio talento? Basito senza alcun senso. Lascio che le sue dita si avviluppino attorno al mio bicchiere, che me lo portino via senza fare alcuno sforzo. Che mi comandi o almeno, che almeno oggi, si ritrovi a fare ciò che vuole. Qualsiasi cosa voglia. — Merlino. Ridacchio appena, nervoso. — Non credo tu conosca il mio vero talento.



     
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9 replies since 8/4/2024, 14:38   115 views
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