We work in the dark to serve the light

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    « Io odio Londra. » E non faceva nulla per nasconderlo. Era evidente quanto la permanenza nella capitale stesse influenzando il suo umore. Odiava quelle mezze stagioni capricciose; il tempo londinese poi, era di un grigiore sconsolante. A Tris non piacevano le mezze misure. Era abituata al freddo scozzese, alla neve di Inverness che si trasformava lentamente in un piacevole torpore che annunciava la bella stagione. Non faceva mai troppo caldo, nemmeno di quei tempi. In confronto, Londra le appariva come una discarica di topi di fogna, soffocato da cemento, inquinamento, troppi turisti e altrettanta miseria. « Ora capisci quanto era brutto per noi altri. » Daniel Grayson era un ex Auror; ora confinato al pari di tanti altri tra le mura di Iron Garden. Aveva sempre vissuto a Londra, ma anche lui, che con la Scozia aveva un rapporto quanto mai conflittuale, date le sue origini, doveva ammettere che Inverness gli mancava. Quando avevano occupato le Highlands, era uno di quelli che aveva sofferto maggiormente l'impossibilità di tornare a casa - ora lo capisco. Non è facile, né piacevole. L'uomo le rivolge un sorriso di incoraggiamento. « Non è proprio comoda questa vostra sistemazione. » Sua e di un piccolo gruppo di ricercati, che aveva trovato rifugio in mezzo a una vera e propria associazione a delinquere. « Poteva andare peggio. Raiden e suo fratello sono i più esposti. Noi altri facciamo i tirapiedi in giro. Ci controllano, ovviamente, ma in fondo siamo donne. » Storce il naso nel proferire quelle parole, ma per quanto difficili da ammettere, Tris ha iniziato a imparare che essere flessibili è necessario per sopravvivere. Dove si trova non ha il rispetto di nessuno, né è protetta da alcun titolo, nessuno status. Non ha una lista di buone azioni da sciorinare, né la sua dialettica servirebbe a qualcosa per farle valere più rispetto. « A proposito di Raiden, Mia e quella brutta faccenda.. » Tris sollevò gli occhi al cielo guardando oltre le vetrate della lavanderia, sospirando. Un brutto episodio che avrebbe voluto scordarsi. « Ce ne stiamo occupando. » Decreta secca senza aggiungere altro. Meno sanno, specialmente nel ghetto, meglio è. « Lo so - ma.. Riley Cunningham ha messo sotto sopra Iron Garden. Ha chiesto di te a parecchi di noi. Vuole vederti.. » « Me.. quale autorità. » È sarcastica ma annuisce in ogni caso. Non è certa di voler vedere Riley Cunningham. Nel suo unico anno al Corso Auror, Beatrice era finita al Quartier Generale come tanti altri. Vedeva Riley abbastanza spesso, specialmente perché nel suo utilissimo quanto trascurabile lavoro negli archivi del QGA aveva modo di vedere un po' tutti. Quasi ogni Auror passava almeno una volta al mese per archiviare qualche caso oppure per richiedere informazioni circa vecchie indagini. Riley non era certo un'eccezione. Erano tempi diversi; tempi in cui, pensavano veramente di poter vivere in pace, di poter tornare alla loro vecchia vita. Effettivamente parlarci potrebbe avere il suo perché, perché Cunningham era uno di quelli che Beatrice non aveva mai capito. Si era unito ai ribelli, ma poi era tornato a fare il suo lavoro, e così era accaduto fino a quel momento, nonostante più e più volte Inverness, i Ribelli, i suoi stessi compagni di armi, si erano scontrati con le squadre degli Auror. « Digli di farsi trovare a Staines Bridge sabato alle cinque del pomeriggio. » Daniel annuisce. « Fa' attenzione. »

    Aveva atteso un po' prima di palesarsi; lo aveva osservato, fermo sul ponte ad aspettare anche oltre l'ora prestabilita. Daniel le aveva detto che aveva passato il messaggio a Riley che non aveva protestato. Le aveva anche detto che l'Auror si impegnava parecchio nell'aiutare chiunque potesse all'interno del ghetto. Faceva il suo e sembrava avere ottime intenzioni. Ma la guerre non si vincono con le buone intenzioni. Così, dopo un po' si era presentata all'incrocio col Staines Bridge, rimanendo lì erta, con il cappuccio sollevato sui capelli castani, facendogli cenno di seguirlo, senza avvicinarsi. Beatrice aveva dei percorsi prestabiliti. Non poteva discostarsi più di tanto dalle sue routine se non voleva far insospettire i suoi capi. Fortuna volle che quel sabato avrebbe ritirato i detersivi per la lavanderia in un magazzino non molto lontano. Ovviamente, i detersivi non erano l'ultima cosa che avrebbe caricato sul furgone, ma questa era un'altra storia. Si lasciò seguire per un po', finché non imboccò la prima rampa di scale verso le rive del Tamigi, là dove si estendeva una strada piuttosto deserta che costeggiava il fiume. Si fermò solo quando, nascosta al ridosso del ponte, poté finalmente liberare i boccoli scompigliati dal tessuto scuro. « Per uno che ha tutto sotto controllo hai insistito parecchio per avere questo incontro. » Non lo biasimava. Riley era lì la sera in cui Kai Parker era scomparso. Il giorno dopo un tipo uguale identico a lui si era presentato al lavoro, ma di cosa stesse succedendo e di come la questione fosse stata gestita, ne sapeva poco e niente. Tris voleva accertarsi che fosse sicuro includerlo, e soprattutto voleva vederci più chiaro circa la lealtà dell'Auror. « Ci facciamo una birra? C'è un baretto un po' più avanti. » Pausa. « Sempre che tu non voglia tagliare corto sul motivo di così tanta insistenza. » A me va bene in entrambi i modi. Ma a dirla tutta, forse aveva bisogno di fare una cosa normale, e già il fatto che Riley non fosse venuto lì con una schiera di Auror, la portava a sentirsi ben disposta nei suoi confronti. « A te la scelta. »




     
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