Primum, non nocere

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    Ministero della Magia
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    Un uccellino di carta si infilò sotto la porta dello studio, posto al quinto piano dell'edificio, e si aprì delicatamente sulla sua scrivania. "Professore, sono arrivati i tirocinanti dal ministero." ma ne era al corrente. Ne era al corrente perché, nella lettera di notifica che ognuno di loro aveva ricevuto - recante lo stemma con osso e bacchetta incrociati del San Mungo - aveva chiaramente specificato che si sarebbero dovuti presentare tassativamente alle sette del mattino nella hall dell'istituto per un incontro con il Direttore. Detestava farsi chiamare Primario, non era primo a nessuno. Ma li dirigeva tutti, il che rappresentava la vera e più importante questione. Ipocrita fino alla fine. Il bigliettino doveva essere sicuramente arrivato dall'accettazione, poco distante dalla quale si erano radunati gli studenti. E sono le sette e mezza. Recuperò dal primo cassetto della scrivania una cartella contenente la lista dei nominativi che il Ministero gli aveva spedito e tra cui, con un moto di soddisfazione, notò quello del suo ultimogenito. Non che fosse una soddisfazione nata nel vederlo nelle vesti di medimago in erba; era più la soddisfazione dell'essersi visto accordare il piccolo favore che aveva chiesto direttamente a Eurus. O almeno, così la vedeva lui. Si lasciò alle spalle l'ufficio, la cui porta si blindò magicamente una volta chiusa, e fece per avviarsi all'ascensore quando un ticchettio di passi fin troppo familiare lo raggiunse. Era Patty, una delle impiegate degli uffici amministrativi. La signora Patty George era un magrissimo agglomerato di zelo e pedanteria, ma che riusciva a sollevare Hektor di molte questioni spinose. « Buongiorno professore! Le volevo comunicare che proprio stamane abbiamo concordato con l'impresa di disinfestazione il lavoro per il piano seminterrato, che avrà luogo non più tardi di fine mese. » Hektor annuì. Gli era stato segnalato che il manutentore aveva avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo con insetti vari e perfino qualche topo, che il Direttore si era premurato di far scacciare il più presto possibile. Nell'era della digitalizzazione, il San Mungo disponeva di un labirintico archivio pieno zeppo di cartelle cliniche nel piano sotterraneo, che sarebbe stato preda succosa per dei topolini. « Altro? » Patty George scosse il capo vigorosamente. « In tal caso, le auguro un buon proseguimento. » la congedò così, prima di sparire dietro le porte scorrevoli dell'ascensore. Hektor Sanders era asceso alla carica più alta del San Mungo solo nella primavera precedente e da allora aveva riordinato gli assetti dell'ospedale secondo una logica rigidamente purista, tirocini compresi. Aveva sentito che il precedente primario lasciava che gli studenti, perfino le matricole!, toccassero pazienti e svolgessero lavoro di manodopera a costo zero. Era un'ottica che Sanders non condivideva: cosa mai avrebbero potuto fare di buono per un paziente, studenti che a malapena sapevano in che lato dell'addome fosse posizionato il fegato? Aveva trovato la dirigenza dell'ospedale così sciatta e lassa che si era deciso a prendere rigidamente le briglie in mano. Andare ad accogliere i tirocinanti era solo una delle tante azioni rigorose della nuova politica del San Mungo, al pari dell'orario di visita dei parenti da rispettare in maniera rigida e le misure di sicurezza. Ancora non era riuscito ad avere la piccola squadra di auror che aveva richiesto al Ministero ma ci stava lavorando su. Una volta arrivato all'ingresso, si bloccò di fronte ad un gruppo ristretto di ragazzi in cui una sola ragazza spiccava. Non degnò il figlio di un solo sguardo; si limitò a schiarirsi la voce, perché quei pochi tirocinanti rivolgessero l'attenzione alla sua figura austera. Non indossava nessun camice ma un abito di pregevole fattura. « Benvenuti all'Ospedale San Mungo per malattie e ferite magiche. Mi chiamo Hektor Sanders e dirigo questa struttura. Se non siete babbani, immagino che abbiate transitato di qui almeno una volta o due, dunque non mi dilungherò in descrizioni sulla topografia dell'edificio, che a scanso di dubbi potrete trovare qui. Mi aspetto non vi perdiate. » Indicò loro una grandissima targa alle proprie spalle, raffigurante una mappa dell'ospedale e una lista dei reparti, divisi per piano. Solo un babbano si sarebbe stupito dell'esiguità nel numero dei reparto: non una sola delle specialità mediche babbane veniva praticata al San Mungo. In quanto ospedale magico, i guaritori si occupavano esclusivamente di patologie magiche. L'unica disciplina che maghi e streghe condividevano era probabilmente la psichiatria, e non era affatto un caso: la magia aveva portato innumerevoli maghi alla pazzia e dunque rappresentava un problema per la salute della comunità magica molto più di qualche frattura d'osso, facilmente gestibile con un sorsetto d'Ossofast, o un'appendicite. Arrivò quindi il tempo di recuperare la lista dei nominativi. « Quando vi chiamerò, fate un passo avanti e riceverete la vostra mansione. Un avviso: potrebbe cambiare in qualunque momento. » Quindi non adagiatevi sugli allori. « Lestrange, Jacqueline. Avrei scommesso fosse lei. » commentò sarcastico, pur mantenendo la sua naturale freddezza. Era l'unica donna del gruppo. « Matricola, vedo. Lei andrà all'Ufficio Contabilità, la sua referente sarà la signora Patty George. I miei professori, ai tempi, dicevano che un buon medimago è prima di tutto un buon manager. Potrà osservare da dietro le quinte tutto ciò di cui ha bisogno un ospedale, fabbisogno che presto o tardi si troverà ad usare in prima persona. » Passò quindi al prossimo in lista. « Marchand, Erik. Secondo anno. Immagino abbia già sostenuto i primi esami del corso. Per lei, un compito di grande responsabilità: è assegnato al reparto "Janus Thickey", il suo referente è l'infermiera Ursula Smith. » Sembrava un privilegio, poter essere arrivato in reparto! Così lontano rispetto all'incarico di Jacqueline. Erik avrebbe scoperto però che Ursula Smith era la caposala del reparto e lo comandava col pugno di ferro, con un cipiglio da vera nazista. Quanto ai compiti medici, quel reparto era un assoluto e completo mortorio. Un tripudio di coma e demenze che avrebbero impedito all'aspirante medimago di fare qualcosa di più che ripulire la saliva colata delle bocche dei pazienti. E passò al prossimo. « Paciock, Peter. Primo anno. Erbologia? Non si senta spaesato, si ambienterà presto. Mi aspetto da lei il pieno rispetto delle norme igieniche. » Qualcosa su cui il nuovo Direttore era oltremodo fissato. Sparsi qua e là per i vari reparti c'erano dei dosatori pieni di pozione disinfettante. Quanto al reparto di Malattie Magiche, era letteralmente blindato. Una quarantena legale. « Lei è assegnato ai laboratori del terzo piano, il suo referente è il dottor Friedrich Von Router. E' appena arrivato dall'Est Europa ma sono certo supererete qualsiasi barriera linguistica. » anche se voci di corridoio dicevano che il nuovo ricercatore, giunto da chissà dove per un periodo estero nel suo dottorato, parlasse un inglese a dir poco pessimo. Beh, che usassero il linguaggio dei fiori per comunicare. « Sanders, Edric. Lei è assegnato all'accettazione, dove assisterà in religioso silenzio il suo referente, l'infermiere Boris Cott. » E non mancò di sfuggirgli una reazione, nei visi tanto di Edric quanto di Jacqueline. Boris Cott era infatti appena arrivato a lavorare in accettazione, dopo molti mesi passati nel Centro di Igiene Mentale. Era un professionista sanitario alto e grosso come un armadio, dalla forza talmente smisurata da riuscire a fermare anche i più euforici dei loro pazienti. E il CIM, soprattutto dopo le vicende dell'estate precedente, ne aveva avuti molti di pazienti euforici. Infine, l'ultimo. « Trambley, Zeppelin. Primo anno. Che nome.. bizzarro. » Si limitò a scoccargli una breve occhiata, tale da fargli capire che quel "bizzarro" stava in realtà per "ridicolo". « Lei è assegnato all'archivio, che si trova nel seminterrato. Prenda le scale laggiù e scenda, non può sbagliare. Lei non ha referenti: è solo lavoro d'archivio dopotutto. Mi aspetto che metta un po' d'ordine in tutte quelle cartelle, che ha la libertà di leggere. Sono certo le troverà incredibilmente istruttive. » Espletata anche quella formalità, fece svanire magicamente la lista dei nominativi e si premunì di far levitare verso ognuno una piccola tessera. Su ognuna era riportato il nome del proprietario e la dicitura "Tirocinante". « Un'ultima cosa. Conservate gelosamente questi badge, vi permetteranno di entrare nei reparti assegnativi. Spero risultino un adeguato deterrente per impedirvi di gironzolare in ale dell'edificio a voi non consentite: se lo farete, chi di dovere lo saprà. » Io lo saprò. Infine sorrise loro, di un sorriso privo di calore. Sembrava non li vedesse neppure. « Se non ci sono domande... » e non c'erano, perché l'aveva deciso lui. Avrebbero potuto importunare qualche altro dipendente dell'ospedale, ma non lui. « ...vi auguro una piacevole e formativa permanenza al San Mungo. Ricordate, tenetevi pronti a nuovi incarichi. A presto. » E com'era arrivato, così il Direttore sparì. Pareva più simile ad un dissennatore che ad un uomo. Menchemeno ad un guaritore. Pareva più freddo della morte stessa.
     
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    Se il buongiornissimo si vede dal mattino, il meteo dei neuroni Paciock preannuncia una giornata decisamente di merda. Alzarsi presto non è mica uno scherzo, soprattutto se posticipi la sveglia del cellulare di cinque minuti ogni volta. Perché, diciamocelo, in quel frangente irrisorio sogni che è una meraviglia, viaggi spazio-temporali, la tipa che non ti si fila di striscio all'improvviso ha occhi solo per te, vinci la bolletta del Quidditch... Ma, cosa più importante di tutte, dai gli esami di quattro semestri interi senza muovere un dito. Tutti, così, di colpo. E poi parte «All we hear is radio gaga», la tua mente risponde radio boo boo, «Radio gaga», di nuovo, all we hear is radio gaga, «Radio blah blah», no, cazzo, al blah blah ti devi alzare, eh. Altrimenti la prossima volta ti metto Justin Bieber, così me la rido a vederti correre per evitare che un Trambley a caso possa sentire la tua playlist. Quindi finalmente metti i piedi per terra, anche se la testa continua a galleggiare in aria. Pazienza, ci facciamo i conti più tardi. Adesso si va in ospedale e si cerca di non combinare danni. Almeno per una giornata, perché capisco sia troppo difficile da mantenere come promessa a lungo termine.
    Per Peter è il primo anno di college, e abituarsi ad un nuovo ritmo di vita è peggio che risolvere un puzzle con minuscoli quadratini assolutamente identici gli uni agli altri. E' contento della sua scelta, esaltato, attitudine che lo contraddistingue in qualsiasi attività decida di intraprendere di sua sponte. Tendenzialmente, però, la noia è dietro l'angolo e arriva veloce quanto la curiosità, per cui non è un tipo che si potrebbe definire costante. Non ricorda neanche un compito portato davvero a termine, eccezion fatta per la lettera d'iscrizione al tirocinio - e non è neanche sicurissimo di aver rispettato la scadenza. Ma è stato preso lo stesso, pace e amore all'anima di Eurus Flamel, Ministra che è un piacere vedere. Un po' meno divertente, invece, sarebbe stato fare la conoscenza di Hektor Sanders, il direttore del San Mungo. Uomo tutto d'un pezzo. Suo padre non aveva fatto altro che raccomandargli: non fare cavolate, in una telefonata durata almeno dieci minuti, in cui aveva ripetuto sempre le stesse identiche cose. E tutte le frasi iniziavano con "non". Quindi, in sostanza, Paciock non doveva fare né questo, né quest'altro, né quello: sarebbe andato tutto liscio, alla perfezione. Bastava non essere se stesso.
    Spalancate le porte del San Mungo entra un odore di fresco, pulito, bianco. Ammesso che il bianco abbia un odore. Ogni microparticella dell'ospedale urla sono perfetta, segno di una squadra dirigente che non fa ben sperare. Perché vuol dire che sarà rigorosissima, integerrima. Le pause caffè sono ormai un lontano ricordo di un'estate californiana giunta al termine. Forse mai vissuta, dato che l'immagine delle spiagge sbiadisce miseramente mentre Peter osserva la mappa del San Mungo, dietro suggerimento del primario. Una vocina interiore suggerisce al nostro piccolo eroe di non rispondere sì, sono stato qui quando hanno tirato fuori me e Lu dalla "pancia" della mamma, oppure la mensa fa schifo, o qualsiasi altra cosa potesse aver giustificato le sue visite passate in ospedale. Stare zitto era una delle direttive principali fornite da Neville, e per una volta Peter le avrebbe rispettate. Forse. Poco prima di arrivare al sanguinamento delle labbra - dato che se le stava mordendo all'interno per non sparare parole a caso che l'avrebbero fatto finire dritto dritto sul listino nero del Dottor Sanders - ecco che l'appello giunge al suo nome. Peter fa un passo avanti, secondo le regole dettate dal primario, intima ancora una volta il suo scarseggiante raziocinio a non esclamare "signorsì, signore" e attende al patibolo.
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    Ha promesso di starsene buono buono, zitto zitto, calmo calmo, tutto raddoppiato perché a Peter la singola dose non basta. Però insomma, quando gli si dice di rispettare le norme igieniche i coglioni un po' girano, no? Con la mente vola alla doccia mattutina, alla mezz'oretta impiegata ad asciugare i capelli e alla canzone dei Queen. Sì, perché loro ci stanno sempre e comunque.
    Vorrebbe mostrare le prove a Sanders, davvero, ma intanto avrebbe bisogno di un Pensatoio; secondo poi, un minimo di pudore gli è rimasto. Giusto quel quantitativo funzionale ad ingoiare, infine, la pillola amara. Non ha a disposizione lo zucchero per farla andare giù, però ha una Fruittella in tasca che farà da contentino. «Grazie mille, Dottore.», tre parole, le pronuncia belle forti accompagnandole ad un sorriso incoraggiante. Forse un tantino schizzato, ma non dovrebbe accorgersene nessuno.
    Sunto della mezz'oretta al San Mungo? E' come stare ad Azkaban, però in bianco. E questo mette solo più ansia, è il colore degli sposi.
    «Ma, tipo, per caso... Tanto per dire. Se devo andare al mare, la prossima volta, spalmo protezione Sanders, giusto? Più forte di quella bimbo, cazzo. Se la metti non ti abbronzi per due anni.», dice a Zip, azzardandosi a parlare solo una volta dileguatosi il boss. «O lui è...», dà un attimo uno sguardo in giro, perché ha sentito un altro Sanders all'appello, e non è sua intenzione partire col piede sbagliato. Sono solo battutine innocenti, dai. Ok, via libera, Zip è l'unico a portata di orecchio. «... un vampiro, o io c'ho la saetta sulla fronte.», Harry, ti voglio bene, sei come un papà.

     
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