Sway

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    Nel sentire quel « Sì. », pronunciato con tanta sicurezza e forse con un pizzico di intraprendenza nel raccogliere la provocazione lanciatale da Derek, il Serpeverde si ritrovò a sorridere tra sé e sé, inclinando il capo come in un muto ringraziamento, quasi gli avesse fugato un dubbio legittimo. D'altronde lei stessa aveva detto di non saper resistere a una sfida, e non era stato di certo un caso se Derek aveva deciso di giocarsi le proprie carte lanciandole il guanto che ne avrebbe di certo aperta una. La sicurezza lo aveva sempre contraddistinto, fomentata dall'idea che per aver successo nella vita ci volesse innanzitutto una bella faccia tosta e delle ossa abbastanza forti da poter reggere eventuali colpi. E come Maeve aveva presentato se stessa al pubblico, Derek aveva ritrovato nelle sue parole molte delle caratteristiche che lui stesso possedeva; in primis: quella sopracitata incapacità di resistere a una sfida. Forse in maniera inconsapevole, la rossa era stata la prima a lanciarne una, ponendosi come una ragazza che non si accontentava e la cui attenzione doveva essere conquistata. Anche volendo, Derek non sarebbe riuscito a fare un passo indietro, e come al suo solito - quando qualcosa catturava la sua attenzione - aveva giocato per vincere. A quel punto, nel sentire le domande dei suoi avversari, il giovane Hamilton aveva capito in fretta di tenere il gioco in mano. Un gioco rischioso, vero, ma proprio per questo vincente. Così, quando lei si fermò di fronte al suo banco, porgendogli la mano e dicendogli « Ti va di venire a cena con me? », non fu lo stupore a colpirlo maggiormente. Non fu colto impreparato dalla sua scelta - affatto! - ma piuttosto fu irradiato da un senso di pura soddisfazione. Sorrise trionfante, accettando la mano della ragazza e prodigandosi in un piccolo inchino teatrale per lasciarle un ironico baciamano. « Ne sarei onorato. » disse, sollevando un sopracciglio con aria scherzosa prima di risollevarsi e sciogliersi in una risata, come a volersi scrollare di dosso quella formalità decisamente eccessiva per il luogo in cui si trovavano. Lanciò un'occhiata di sbieco a sua sorella, rivolgendole un veloce occhiolino giocoso e poche parole. « Te la riporto tutta intera, Saw. Promesso. » A dirla tutta, sebbene l'espressione dell'altra Hamilton rasentasse lo sconvolto, Derek per primo non aveva idea di quale fosse il suo pensiero a riguardo. Non che sentisse il bisogno di ricevere una benedizione, chiaramente, ma alla luce di ciò che lui e Max le avevano nascosto, lo incuriosiva sapere quale fosse ipoteticamente il suo pensiero in merito. Era gelosa? Si sentiva tradita? Piccata? Non ne aveva idea: poteva trattarsi di tutte quelle cose assieme così come di nessuna. Immaginava, in ogni caso, che non avrebbe tardato a scoprirlo.
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    Prima che se ne potessero accorgere vennero scortati da un paio di elfi domestici verso le cucine, ricevendo una miriade di istruzioni e informazioni su come sarebbe funzionato l'appuntamento. Chiaramente il preside e il corpo insegnanti avevano preso tutte le dovute precauzioni affinché l'iniziativa non deragliasse dai binari del buon gusto e del decoro che caratterizzavano l'istituzione promotrice. In fin dei conti si trattava pur sempre di adolescenti con gli ormoni in subbuglio: gli estremi per credere che potesse sfuggire facilmente di mano c'erano tutti. E così l'appuntamento era già stato pianificato tutto per loro: un tavolo nelle cucine, un tempo limitato e una cena a lume di candela servita da gentili elfi con occhi pure dietro la nuca per tenerli sotto controllo nel qual caso gli saltasse in mente qualche strana idea. Nel sentirsi dare tutte quelle istruzioni, infatti, Derek volse lo sguardo a Maeve, sollevando ritmicamente le sopracciglia, mordendosi il labbro inferiore per impedire a una risata di uscire fragorosa. « Wow, hanno proprio pensato a tutto! » commentò, quando vennero lasciati da soli in attesa che l'altra coppia finisse il proprio appuntamento. Si inclinò verso il muro, appoggiandovisi con una spalla nel rivolgere alla rossa uno sguardo eloquente. Facciamo pure finta che la gente, durante tutto il resto dell'anno, non faccia un po' quello che gli pare a porte chiuse. « Dici che sono stati pure istruiti a schiantarci a vista se dovessimo superare il metro di distanza? » Il pensiero lo divertiva. Così come era curioso lasciar navigare i propri pensieri sulla faccia contrita di Yaxley che si ingegnava a far di tutto pur di evitare che quell'iniziativa diventasse letteralmente un bordello. Sospirò, lasciando che le sue labbra si incurvassero in un sorriso. « Previdente. Anche Yaxley sarà stato giovane..un tempo. » Fece una pausa, aggrottando la fronte con aria pensierosa. « Si narra nelle aule di Hogwarts che furono gli scribi, non solo a condividere i banchi con lui, ma ad escogitare consoni rituali di accoppiamento, i quali mezzi e regole sono rimasti immutati. » Ridacchiò, cercando con quelle parole di alleggerire l'atmosfera che normalmente si andava a creare in situazioni come quella. D'altronde i due si conoscevano appena, e da quella che era una relazione estremamente superficiale si ritrovavano di colpo a condividere un primo appuntamento vinto tramite un gioco. Era normale che in seguito alla sfida ci fosse un calo di tensione considerevole. Spente le luci del palcoscenico, Derek e Maeve non erano più dei partecipanti, non erano tronisti e corteggiatori: erano nuovamente due ragazzi qualunque di diciassette anni. Due che magari, in altre circostanze, non si sarebbero nemmeno rivolti la parola se non per chiedersi i compiti o salutarsi lungo i corridoi. Realizzarlo di colpo era una doccia fredda a prescindere dall'atteggiamento del singolo. « Potete entrare. » Vennero presto scortati all'interno delle cucine, dove gli venne indicato un tavolo quadrato allestito in maniera piuttosto semplice nonostante l'atmosfera generale richiamasse ampiamente quella di un vero e proprio appuntamento galante. Eh lo vedi in che posticini ti porto, Cousland? Sorrise sornione, spostando la sedia dal tavolo per farle prendere posto prima di mettersi a sedere di fronte a lei. Immediatamente gli vennero portate una bottiglia d'acqua e un fiaschetto di burrobirra - rigorosamente analcolica. Fu difficile non storcere il naso a quella visione: aveva sempre trovato il vino un'ottima bevanda per un primo appuntamento, anche se non sempre era semplice trovare luoghi che chiudessero un occhio di fronte all'età dei clienti. Le chiese dunque quale bevanda preferisse prima di versargliela nel bicchiere, facendo poi lo stesso col proprio in attesa di qualunque prelibatezza avessero gli elfi in forno. Dopo aver bevuto un sorso incrociò le braccia sul tavolo, sporgendosi quel tanto che bastava a farsi più vicino senza invadere troppo la sua bolla personale. La stava studiando, era evidente. Perché un conto è come ci si presenta a una platea di sconosciuti, e un conto è come si è realmente quando cala il sipario. « Se posso chiedere..come mai esci con mia sorella? » disse piano, ma non per questo meno a bruciapelo, tenendo le iridi scure ben puntate in quelle di lei. D'altronde non ci voleva chissà quale conoscenza per capire che Savannah e Maeve fossero un'accoppiata piuttosto improbabile. Era come mangiare una bistecca spalmandoci sopra una generosa dose di Nutella: una differenza di sapori che rasentava l'incompatibilità. Ma non poteva escludere del tutto l'ipotesi che quel suo pensiero fosse più frutto di persuasione che di intuizione.

     
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    La tensione accumulata nell'intera serata e tutto il trambusto che ne era seguito durante la manche di gioco, svanì nell'attimo in cui Derek accettò il suo invito afferrandole la mano. Non l'avrebbe mai dato a vedere, Maeve, ma nel breve frangente in cui si era ritrovata ad incrociare lo sguardo del moro a distanza più ravvicinata, aveva temuto in un sonoro rifiuto che l'avrebbe messa in ridicolo di fronte a tutti. Quelle debolezze erano di troppo, non da lei, perlomeno non appartenevano alla Vee che mostrava con tanta determinazione. Constatare poi l'espressione di puro trionfo maschile sul volto di Hamilton, tutto fuorché sorpreso dell'esito della gara, le diede la certezza che lo stronzetto in questione avesse gareggiato esattamente per arrivare a quel punto: vincere. Non poteva ancora sapere se spinto dalla pura sete di trionfo, per sbaragliare la concorrenza; o se, effettivamente, l'avesse davvero trovata interessante. Avrebbe avuto tempo per scoprirlo. Così come avrebbe potuto sembrare che la scelta fosse stata della giovane Corvonero ma, a conti fatti, la decisione era ricaduta in mano al ragazzo proprio nell'istante in cui aveva deciso di osare e tentare da impavido qual era. Maeve gli aveva posto esattamente per quel motivo l'ultima domanda, anziché sceglierlo senza diritto di replica, come tutti gli altri tronisti precedenti. Aveva lasciato a lui la libera volontà di declinare l'offerta, sfidandolo ancora senza piena coscienza, ricevendo una risposta che non deluse le aspettative. Il sorriso sollevato fu alquanto visibile sulle labbra rosee della studentessa.
    ezgif-7-c067b3025b39Per di più, avvenimento più unico che raro, Derek riuscì a cogliere la sottile ironia d'ogni gesto che l'aveva portata fino alla postazione dei pretendenti. Se doveva dare spettacolo e stare sotto i riflettori, si era detta, almeno l'avrebbe fatto in modo ineccepibile seguendo tutte le disposizioni, i regolamenti e simili delle trashate di quel genere: silenzi enigmatici, sguardi profondi, tempi allungati per creare suspense... Il baciamano inaspettato però, accompagnato dalla risata divertita del ragazzo scelto, le lanciarono una vibrazione talmente positiva da contagiarla sin da subito nella reazione ilare e più leggera. Esattamente come il contesto informale che li vedeva protagonisti. Si mordicchiò il labbro inferiore, provando a non ridere di tutta quell'assurdità dal risvolto ancor più inatteso. Non aveva mai notato il fratello maggiore della sua amica, prima di quella serata e i segnali d'intensa scattati con Hamilton grazie a due singoli brevissimi momenti, non avrebbe mai neanche pensato di poter uscire da quella stanza proprio con Lui. Non si era dilungata nemmeno in previsioni, ma diamine aveva scherzato con Nana proprio sulla presenza del fratello di Savannah! Lo conosceva a malapena, uno di quei rapporti formati per riflesso, quando amicizie e rapporti in comune ti portano a frequentare gli stessi posti e compagnie. Le stesse feste, i medesimi ambienti esclusivi. Probabilmente era stata anche a casa di Saw, durante qualche vacanza estiva o un compleanno denominato come "party del secolo", ma non ricordava minimamente la presenza di Derek se non di sfondo. E negli sporadici incontri avvenuti a lezione ed il gruppo di dibattito. Ciò che conosceva di quel ragazzo era pressapoco il Nulla: che fosse indubbiamente carino (non era ipocrita e ci vedeva decisamente bene, nonostante lo spesso strato di vestiti ad occultarne la fisicità), intraprendente, intelligente e... sfacciato a tal punto da stuzzicare Saw a un passo da loro, la cui espressione rasentava l'inorridito. O lo choc in persona? Forse una comunanza d'entrambi. Vee, dal canto suo, non aveva idea di cosa dirle. Non vedeva il motivo per chiederle il permesso, non erano dei bambini alle prese con infantilità senza senso. Si era sempre definita padrona delle proprie decisioni e volontà, e poi - insomma! - si trattava soltanto di un gioco e un appuntamento. Avrebbe potuto arrabbiarsi per così poco? In un primo momento aveva pensato di no, che l'avrebbe presa sportivamente, ma si trattava di Saw, la bionda e adorabile ragazza a cui era legata da sincero affetto, della quale però conosceva fin troppo bene il lato capriccioso. Non che fosse intimorita e preoccupata, aveva sempre saputo come prenderla e lasciarle il giusto ruolo nel loro gruppo di amiche; diversamente due personalità così importanti avrebbero finito col collidere e scontrarsi a più riprese. Fortunatamente Maeve, che si considerava (umilmente) molto più matura e razionale della Serpeverde, sapeva sempre quando fare un passo indietro e dargliela vinta. Almeno all'apparenza. Non era questo il caso: che Derek fosse o meno suo fratello, non avrebbe avuto voce in capitolo se al ragazzo andava bene così. Per quanto riguardava la rossa, non l'avrebbe neanche avvicinato se non fosse stata completamente certa che il "gioco valesse la candela". E che Savannah avrebbe capito. Prima o poi. A distanza di giorni. Settimane. Quando avrebbe sbollito l'affronto.
    In ogni caso, benedizione mancata della bella Hamilton a parte, la coppia appena formata venne scortata fuori dalla Stanza delle Necessità e Vee poté riprendere a respirare senza più il peso dell'attenzione sulla sua persona. Leggermente intontita, prese a passeggiare sotto fonti di luce più calde ed il silenzio piacevole, abbandonando quell'assordante brusio del palcoscenico ed i faretti accecanti. Non dovette neanche preoccuparsi di riempire imbarazzanti silenzi, mentre entrambi raggiungevano le cucine fianco a fianco, considerata la presenza ingombrante degli elfi a far da chaperon. Questi gli elencarono per tutto il tragitto cosa sarebbe accaduto durante l'appuntamento galante - avevano sottolineato il termine, quasi a ricordargli di non far sfociare il tutto in atti compromettenti -, scatenando l'ovvia reazione della rossa che sollevò a momenti alterni gli occhi verso il soffitto; dopodiché si prodigarono in istruzioni, raccomandazioni, addirittura tempistiche! Perché il Preside aveva concesso loro quella serata all'insegna del divertimento e il romanticismo, se poi aveva dovuto rimarcare tutte quelle sciocchezze? Come se in questo preciso momento, in qualche angolo sperduto del castello, qualcuno non stia allegramente scop... Derek si frappose nei suoi pensieri dallo sfondo decisamente poco pudico, con espressioni facciali buffe alle quali Vee rispose soffocando una mezza risata. Certi elfi sapevano essere così permalosi, non voleva offendere proprio nessun altro in quella serata all'insegna dell'amore universale, scoppiandogli in fragorosi risolini alle spalle.
    « Credono di aver pensato a tutto, altrimenti non mi sarebbe arrivato via gufo l'invito, insieme a qualcos'altro. » commentò in risposta alle constatazioni sommarie del moro, soltanto una volta rimasti soli in attesa lungo il corridoio deserto. Gli si parò davanti, a ridosso del muro restando in una posizione composta, portando le mani morbidamente incrociate dietro la schiena. Lasciò alla fantasia dell'altro indovinare cosa ai membri del giornalino fosse venuto in mente d'inviarle. Non lo stava stuzzicando, non maliziosamente e non era neanche interessata a farlo in quei termini. Era piuttosto ironica, leggermente divertita e curiosa di scoprire quanto sarebbero stati affiatati in una conversazione prolungata e più confidenziale. In caso contrario avrebbe regnato una silenziosità che sperava proprio d'evitare.
    « Oh, andiamo come se durante tutto il resto dell'anno non accadesse di peggio. » si guardò intorno circospetta, prima di sporgersi verso di lui col busto per sussurrargli contro. « Ma sì, sicuramente avranno ricevuto l'ordine di schiantarci. Punterei più su una distanza di... mezzo metro. Sono fiduciosa. » il pensiero non solo la divertiva, da amante delle sfide qual era avrebbe voluto testare istantaneamente quelle ipotesi e scoprire chi dei due l'avrebbe spuntata. Non si rese neanche conto, che presi da quelle chiacchiere disimpegnate, stessero parlando con calma e sorridesse a più riprese per i commenti dell'interlocutore.
    « Consoni rituali di accoppiamento. » ripeté, piuttosto perplessa dal senso di quelle affermazioni e soprattutto su chi narrasse storie riguardanti Yaxley. Quell'uomo era un assoluto enigma, nel suo essere distaccato ed impassibile. « Il preside è così rigido. Mi stupisce piuttosto, che ci abbia davvero concesso tutto questo... dopo gli ultimi tempi. » aggiunse senza entrare troppo nel dettaglio, alzando appena le spalle conscia che non servissero troppe spiegazioni. Fra Disposizioni Ministeriali, confische, tagli esorbitanti alle uscite e controlli fuorvianti anche durante il tempo libero, c'era da stupirsi se eventi frivoli come San Valentino fossero banditi come tutto il resto? Persa in chissà quali pensieri contorti sulla situazione, fu colpita da un leggero sussulto nell'udire troppo tardi i passetti di un elfo apparso a pochi centimetri dalle sue gambe, risbucato dal nulla per interrompere la conversazione. Riuscì a non sobbalzare, controllandosi a stento, prendendo a seguire la creatura magica non dopo aver lanciato un'ennesima occhiata complice al ragazzo. Riprendendo a camminargli vicino, presa dal solito malsano spirito d'iniziativa, si avvicinò di qualche passo così da ridurre notevolmente la distanza fra la sua spalla e quella di Hamilton. Anche il mezzo metro venne largamente superato, nello sporgersi lateralmente verso di lui per provocare la reazione dell'elfo che continuava a fargli strada.
    « Vedi? Meno di mezzo metro, nessuna ripercussione violenta. » constatò, parlando sottovoce per non farsi beccare, ritornando al suo posto prima che il domestico attratto dalla risata bassa lanciasse un'occhiata torva indietro. Gli sorrise sornione, sistemandosi con assoluta noncuranza il vestito e le morbide onde rosse dietro le spalle; l'espressione di chi la sapesse decisamente lunga.
    Scortati come due piccoli insubordinati da tenere d'occhio, raggiunsero la zona adibita per la cena sotto l'eco dei tacchi di Maeve come unico suono di sottofondo, tutto troppo silenzioso perfino per trovarsi nel comparto delle cucine. E poi... neanche un po' di musica, nessun atmosfera magica? La strega passò a rassegna l'intera location, dal tavolo coperto dalla tovaglia a quadri, alla semplice candela posta nel mezzo; dalle luci non troppo soffuse, al completo sgombero del locale dall'eccesso per renderlo più... romantico? Lo trovò carino, nulla di così eclatante, grata dell'assenza di troppe di quelle minuzie che definiva smielate. L'eccesso non era mai gradito, prediligeva bensì la bellezza di qualcosa di così essenziale, rispetto alle solite cene elaborate a cui era abituata quand'era sulle Isole Ebridi o Canterbury. Più confidenziale, più semplice. Più Maeve, nonostante le apparenze.
    « Grazie. » si rivolse in modo educato dapprima all'elfo per averli scortati (non ignorava i domestici di qualsiasi natura essi fossero), dopodiché verso Derek per averle galantemente spostato la sedia. Che carino, ci sarà abituatissimo con le sue "amichette"! Accomodandosi in preda ai vaneggiamenti sarcastici, con movimenti aggraziati del tutto naturali accavallò le gambe sotto il tavolo, sistemando il bordo del vestito per l'ennesima volta lungo le cosce pallide. Fu sollevata anche dell'assenza di alcool. Come molte delle sue amiche, il giovane avrebbe iniziato a farle domande e chiedersi perché non bevesse quella roba, anche con l'ausilio della concessione degli adulti o baristi troppo incompetenti da prenderle per maggiorenni. Preferì della banalissima acqua, intenta a sistemarsi per bene al suo posto ne bevve un piccolo sorso, quando lui riprese a fissarla. In pieno negli occhi. Era un vizio probabilmente, quello dell'Hamilton di scrutarla dritta in viso, come se guardandola in quella maniera potesse leggerla più facilmente. O metterla in soggezione e testare il suo grado di tolleranza all'imbarazzo. A differenza di pochi minuti prima, la sensazione fu - indubbiamente - diversa. Non venne pervasa dal calmo torpore interiore e la sicurezza, che ad esempio l'accompagnava nelle chiacchiere con un Turner; né in alcun modo dal familiare senso di confidenza quando passava del tempo con Theseus. La sensazione era più invadente, meno conosciuta. Piuttosto ignota in verità, esattamente come Derek le appariva: avvolto da un'aura di profondo mistero che si portava addosso e tutt'intorno alla sua figura. Da persona sana di mente qual era, avrebbe dovuto evitare di continuare con quel giochetto del sostenere gli sguardi intrusivi. E, al solito, agì completamente all'opposto di quanto si stesse ripetendo. Volendo rendere l'atmosfera molto meno pesante e carica d'etichette, come lui si poggiò appena al tavolo, non avvicinandosi ulteriormente ma scrutandolo da sotto le ciglia scurite dal mascara per capire e dare un nome effettivo all'elettricità che la blandiva.
    « In genere concedo il beneficio del dubbio a chiunque. » non si scompose, nel venir raggiunta dalla prima domanda riguardante l'altra Hamilton. Quell'assurdo tratto congenito dell'istinto di protezione che contraddistingueva i fratelli maggiori, era un atteggiamento a cui era fin troppo avvezza. Ma probabilmente Derek non era spinto da sentimenti così genuini verso la sorella come Isaac, piuttosto era curioso di scoprire cosa? Che Maeve fosse un'amica degna dell'affetto della consanguinea? Era un dubbio consono, tuttavia infondato se soltanto l'avesse conosciuta. « Saw potrà apparire complicata, di primo impatto... Però devo ammettere che oltre quella facciata, sa essere molto dolce e affettuosa. E' stato bello, scoprire questo suo lato una volta entrate in confidenza. Non ho la minima idea di come sia accaduto, molti rapporti si formano indipendentemente dalle affinità elettive. Ma è successo e mi piace, esserle amica. » si strinse nelle spalle, parlando con assoluta assenza di filtri, sinceramente convinta d'ogni affermazione. « Certo, sa essere anche leggermente capricciosa a volte... Ma è così che funziona, no? Difetti, pregi, eccessi, si accetta tutto nel pacchetto. » una pausa, in cui lasciò perdere il bicchiere che aveva continuato a sfiorare con le dita, poggiando il viso contro l'altro palmo che portò alla giusta altezza. « E conoscendola, tutto questo la farà infuriare non poco. » era già pronta al tormento, alle sceneggiate e il dramma che la caratterizzava. Non era quello il momento per pensare a come ammorbidirla, magari l'indomani l'avrebbe già dimenticato. Pensiero ottimistico, completamente fuori dalla realtà.
    « Piuttosto, se posso chiedere.. » umettandosi le labbra, in un secondo tempo l'avrebbe imitato nella richiesta garbata per rivolgergli una domanda, elargendo un altro sorriso disteso nel prenderlo bonariamente in giro. « .. perché hai deciso di partecipare a questa serata? » quello, le interessava molto più dei convenevoli. Uno come Derek Hamilton, ha davvero bisogno di un gioco, per un appuntamento? Conosceva già la risposta.

     
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    « Le affinità », diceva Goethe « cominciano a diventare interessanti quando producono separazioni ». Derek aveva letto quel libro anni prima, rimanendone piuttosto colpito: non era un grande amante della narrativa, e ad un romanzo avrebbe di certo anteposto un saggio, ma gli era sempre piaciuto spaziare tra i generi per scoprire qualcosa di nuovo - un pensiero interessante che potesse stuzzicare la sua sete di conoscenza e stimoli. Non era raro che una narrazione nascondesse tra le sue righe una vera e propria filosofia, la cui trasmissione risultava ancor più potente quando convogliata tramite le parole e la psiche di un personaggio immaginario o tramite una scena ben descritta. Prendendo un concetto di chimica, l'autore tedesco ne aveva estratto una grammatica dei sentimenti che aveva affascinato non poco il giovane Hamilton, affamato studioso dell'animo umano. Il "teorema" è semplice: l'intromissione di un terzo elemento all'interno di una coppia può portare al disfacimento della stessa in favore della formazione di un'altra. E' una questione di affinità, come dice la parola stessa: quella più forte vince, disgregando il legame pre-esistente. Scelta e forza della natura si fondono fino a diventare un unicum inscindibile contro il quale è difficile lottare. « [..] veramente sembra che una relazione venga anteposta a un’altra, e scelta a preferenza di un’altra » Ciò che ne emerge è che non ci si può fare nulla: accade e basta, spesso senza rendersene conto coscientemente. Forse i legami eterni non esistono, forse quel senso di forte attaccamento che si prova verso qualcuno è solo un'illusione momentanea, ma il punto non è quello. Il punto è che le affinità elettive esistono tanto tra elementi quanto tra persone: abbiamo margine di scelta fin quando, semplicemente, non ne abbiamo più - da lì, è l'istinto a far da guida. Fascino e spavento si erano facilmente mischiati nell'animo di Derek nel processare quel pensiero, ritrovandosi come messo all'angolo nel vagliare l'ipotesi che un giorno, tutto ciò sarebbe potuto accadere a lui. L'idea di essere in balia di una natura più forte della razionalità era spaventosa in qualunque luce la si mettesse, ma allo stesso tempo portava con sé l'attrattiva verso ciò che di più ancestrale e remoto c'è nell'animo umano.
    « In genere concedo il beneficio del dubbio a chiunque. » cominciò lei, facendo fiorire sulle labbra del giovane un piccolo sorriso dai tratti enigmatici. A differenza sua, Derek difficilmente concedeva quel beneficio, più che altro perché spesso di dubbi ne aveva ben pochi. Fin da bambino non aveva mai trovato grandissimi scogli nel leggere le persone intorno a sé. Sembrava una dote innata, per lui, decifrare quei complessi sistemi irrazionali che chiamiamo personalità. All'epoca, ovviamente, non era al corrente del fatto che questa sua qualità fosse frutto di una spiccata predisposizione alla legilimanzia: aveva semplicemente pensato che la sua condizione valesse per tutti, o che fosse un pizzico più sensibile di altri. Era sempre stato semplice, ai suoi occhi, capire un interlocutore con poche chiacchiere circostanziali, trovandosi in una certa maniera a definire se stesso per differenza. Non era necessario entrare di prepotenza nella testa delle persone e leggerne ogni pensiero: bastavano poche sensazioni vaghe, frutto di quel dono, a dargli un'idea più o meno bilanciata di chi si trovasse davanti. Che si trattasse solo ed esclusivamente di legilimanzia, ne dubitava. Era piuttosto un misto tra quella dote, il suo spirito di osservazione e un naturale cinismo nel guardare al prossimo come a un progetto scientifico. « Saw potrà apparire complicata, di primo impatto... Però devo ammettere che oltre quella facciata, sa essere molto dolce e affettuosa. E' stato bello, scoprire questo suo lato una volta entrate in confidenza. Non ho la minima idea di come sia accaduto, molti rapporti si formano indipendentemente dalle affinità elettive. Ma è successo e mi piace, esserle amica. Certo, sa essere anche leggermente capricciosa a volte... Ma è così che funziona, no? Difetti, pregi, eccessi, si accetta tutto nel pacchetto. E conoscendola, tutto questo la farà infuriare non poco. » Sebbene Maeve non avesse veramente risposto alla sua domanda, il Serpeverde decise comunque di accettare quella spiegazione senza forzarla ulteriormente. Affamato di stimoli e di novità, il giovane Hamilton si sarebbe tagliato le vene se ciò gli avesse garantito la possibilità di venir realmente sorpreso da qualcosa. Maeve, per il momento, era ancora un'incognita ai suoi occhi: un fiore non ancora sbocciato da osservare in fioritura, attendendo che i segreti della sua interiorità si dispiegassero petalo dopo petalo. Non sapeva per quale ragione non fossero mai entrati in contatto; forse, come spesso succedeva con le amiche di sua sorella, aveva semplicemente guardato oltre. Non per lealtà, ma per scrematura. Sebbene l'affetto che lo legava a Savannah fosse il più forte che conoscesse, aveva sempre pensato che se il sangue non li avesse legati, non sarebbero mai stati nemmeno amici. Troppo diversi, troppo distanti per poter collimare anche solo brevemente. Persino la forte ambizione che li contraddistingueva aveva mezzi e fini troppo differenti per poterli accomunare più che superficialmente. Sollevò un sopracciglio, come divertito e intrigato al tempo stesso dalle parole di quella ragazza che stava ancora studiando. « Di certo è interessante parlare di affinità elettive in questa specifica situazione. » « Non vi è nulla che abbia maggiormente rilevanza, in qualsiasi circostanza, dell'intromissione di un terzo. Ho visto amici, fratelli, innamorati, coniugi i cui rapporti sono completamente cambiati, le cui condizioni si sono del tutto invertite a causa dell'intervento casuale o deliberato d'una terza persona. » A quelle parole, come una chiamata da dietro le quinte, arrivò un elfo a portare sulla tavola due piatti di arrosto fumante con un contorno di patate. Li pose silenziosamente di fronte a loro, uscendo di scena come se quell'apparizione dovesse essere il meno presente possibile. Sicuramente dovevano aver ricevuto l'ordine di non disturbare gli appuntamenti a meno che non si fosse rivelato estremamente necessario. Tuttavia, il giovane mormorò comunque un ringraziamento all'elfo, inclinando appena il capo di lato in sua direzione prima di stendersi il tovagliolo sulle gambe e cominciare a tagliare l'arrosto. « A questo punto spero tu non sia vegetariana. » commentò brevemente, ammiccando nella sua direzione un istante dopo aver lanciato uno sguardo eloquente al piatto di lei. « Stavamo parlando di affinità elettive, se non sbaglio, no? » Il senso delle parole pronunciate da Maeve era piuttosto chiaro: per quanto lei e Savannah non c'entrassero nulla l'una con l'altra, quell'amicizia era sbocciata comunque. Se di informazioni sul perché di tutto ciò non ne aveva ricevute, quanto meno aveva avuto conferma della propria intuizione riguardo un legame che poco si sposava con l'idea di similarità. Si portò alla bocca un pezzo di pollo, masticandolo religiosamente nel dar ritmo ai pensieri che vorticavano all'interno della sua testa. « Capisco ciò che intendi. » commentò infine, dopo aver mandato giù il boccone. Derek non avrebbe saputo dare l'etichetta di affinità elettiva a nessuna delle relazioni che aveva. Amicizia, amore o parentela che fosse, non si era mai trovato a sentire di essere legato ad una persona in maniera così potente. Capisco, sì, ma da come ne parli sembra che ti vada bene più che piacerti davvero. Un pensiero, quello, sopra il quale masticò senza provare alcun sentimento di biasimo nei confronti della rossa - tutt'altro. Derek non poteva definirsi come il classico fratello protettivo, pronto a far fuori dalla vita di Saw chiunque lui ritenesse non esserne all'altezza. Pur se Maeve gli avesse confessato di uscire con sua sorella per ragioni di popolarità o perché non aveva altro da fare, avrebbe compreso. Ne avrebbe tratto un giudizio, chiaramente, ma difficilmente si sarebbe scomposto. « Ma sì..non ho alcun dubbio che questa situazione la farà arrabbiare non poco. » fece una pausa, sorridendo prima di mettersi in bocca una patata e masticarla per bene. « Tende ad essere gelosa delle proprie cose. » disse, lanciandole uno sguardo tra la malizia e l'eloquenza nel pronunciare quelle parole. A Savannah piaceva avere il controllo, specialmente sulle persone. Una caratteristica, quella, che i due Hamilton condividevano - seppur in maniera completamente differente. Maeve era sfuggita al controllo, così come anche Derek: un peccato, quello, che avrebbero dovuto scontare a prescindere dall'eventuale riappacificazione successiva. L'imprevedibilità del gesto l'aveva sicuramente spiazzata, e di norma la bionda non reagiva bene a tutto ciò che usciva dai propri piani personali. Lo vedeva come uno smacco, una sfida aperta alla propria autorità. Il fatto che quel siparietto si fosse poi consumato in pubblico, per giunta, aggiungeva solo benzina al fuoco.
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    « Piuttosto, se posso chiedere..perché hai deciso di partecipare a questa serata? » Il sorriso sulle labbra del ragazzo si andò ad ampliare ulteriormente mentre appoggiava la schiena contro la sedia, portandosi il bicchiere alle labbra per prendere un sorso. « Mi stai chiedendo che intenzioni abbia con te, Maeve? » pronunciò, un sopracciglio sollevato e un angolo delle labbra incurvato all'insù in quella che era una palese espressione maliziosa. Era piuttosto evidente che la trovasse interessante, anche perché altrimenti non si sarebbe nemmeno disturbato a rimanere acceso e tentare di vincere quell'appuntamento. Era semplicemente stato più forte di lui: nel momento in cui la rossa aveva colpito il suo interesse, nella mente del ragazzo non si era nemmeno prospettata l'ipotesi di perdere quel round. Voleva capire fin dove quella fascinazione potesse spingersi, e se avesse le basi stesse per esistere. Di certo non si era iscritto al gioco aspettandosi di trovare qualcuno che effettivamente lo colpisse, ma la sorpresa di quell'accadimento lo aveva preso piacevolmente, trasformandosi in un delizioso imprevisto che intendeva indagare a fondo. Si strinse nelle spalle con semplicità. « Potrei dirti che in qualità di radiocronista del Dear Pureblood People fosse mio dovere appoggiare l'iniziativa dei compagni del giornalino.. » bevve un altro sorso, inclinando la testa di lato « ..e in parte è vero. Ma la ragione più profonda è che, semplicemente, mi annoiavo. » Pronunciò quelle parole con semplicità, sostenendo lo sguardo di lei. « La competizione è sempre allettante, d'altronde. » Non c'era menzogna in ciò che aveva detto. Derek Hamilton non si sentiva in necessità di un gioco a premi per ottenere un appuntamento: se ne voleva uno, avrebbe fatto di tutto pur di averlo. Uscire dalla quotidianità, tentando di battere una strada alternativa, gli era sembrato un buon metodo per rimandare all'indomani quel profondo senso di insoddisfazione che provava quotidianamente. Perché nonostante la sua florida vita sociale, il Serpeverde si sentiva incredibilmente solo - solo e annoiato dalla mancanza di stimoli, dall'assenza di qualcosa o qualcuno che potesse sorprenderlo. Fin dall'inizio aveva pensato che iscriversi a San Valentino fosse un lancio lungo: nessuno dei suoi compagni era mai davvero riuscito a stuzzicare il suo interesse (eccezion fatta per Roman, forse)..ma l'entrata in scena di Maeve aveva cambiato tutte le carte in tavola. Se ne era sentito attratto, e questo non lo avrebbe di certo negato. Svuotò il bicchiere, poggiandolo sul tavolo con un sospiro prima di incrociare nuovamente le braccia sulla tovaglia, sporto leggermente in direzione di lei. « Lo so..piuttosto anticlimatica come risposta. Però vedi, io credo che la maggior parte della gente che si è iscritta condivida questo pensiero. » Saremo pure degli adolescenti con gli ormoni a mille, ma più di tutto siamo persone annoiate l'una dall'altra. Ci trasciniamo per i corridoi portandoci dietro la nostra monotona quotidianità, guardando sempre le stesse facce e sentendo sempre le stesse parole. La sola idea di poter avere qualcosa di diverso ci crea un orgasmo. Rimase in silenzio per qualche istante, scrutandola alla ricerca di una reazione. Si umettò appena le labbra, guardandosi intorno con aria furtiva prima di riportare lo sguardo su di lei. Si avvicinò, così da poter parlare a voce più bassa e non farsi sentire dagli elfi. « Questa roba super organizzata ammazza l'intero concetto di un appuntamento. Al diavolo, Maeve! Voglio portarti a uno vero. » Andiamocene. Ovunque ma non qui. « Con un intero castello e tutto il tempo del mondo. »

     
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    Era una situazione bizzarra. Sin da quando Maeve si era ritrovata invischiata in quella serata, da lei stessa reputata penosa, non aveva presagito null'altro che uno di quegli stupidi festeggiamenti dove avrebbe finito con l'annoiarsi a morte. Neanche un'ora dopo la sua decisione, stava invece tentando di dare un senso alla strana scena in cui si ritrovava immersa, con gli occhi inchiodati nello sguardo del Serpeverde che aveva dinanzi. In un qualche modo, avevano continuato a conversare senza mai piombare nel disagio, arrivando a snocciolare più d'un argomento. Come, si chiese dubbiosa Vee, i suoi pensieri fossero arrivati ad interrogarsi sulle affinità elettive era un mistero. Difficilmente qualcuno (che non fosse Theo, verso il quale provava un affetto fraterno) riusciva ad attirarne così tanto l'attenzione, scatenando in lei reazioni addirittura istintive. Considerò quel passaggio di discussione dal suo rapporto con Savannah, all'esplorazione di un concetto fatto di molteplicità di idee e ragionamenti d’argomento scientifico, filosofico ed esistenziale, come qualcosa di... curioso. Soprattutto considerato l'epilogo della gara, che avrebbe portato inevitabilmente ad un punto di rottura con Saw, se la bionda degli Hamilton non avesse deciso di comportarsi da persona matura (quale spesso non era). Erano quelle le separazioni alle quali il concetto di "affinità elettiva" si riferiva? D'appassionata lettrice, la strega aveva riletto più volte i passaggi dell'opera dello scrittore tedesco, tentando di trovarci un senso che la soddisfacesse a pieno. L'inesperienza tuttavia, almeno per quanto riguardava quel genere di sentimenti così pericolosi e non collaudati, aveva giocato a suo sfavore confondendola. Se tali affinità così potenti esistevano, seppur in numero ridottissimo, come avrebbe potuto accontentarsi di un "normale" innamoramento adolescenziale? Anche il concetto di anima gemella aveva perso il suo valore, di fronte a due soggetti eletti a stare insieme, scatenando una sintonia totale, tale da investire il corpo non meno dell'anima. Un'intimità viscerale, che voleva provare a discapito di ogni morale ed analisi razionale. Se, come nell'epilogo stesso del romanzo, tali incontri erano però destinati a non durare nel tempo o sfociare in tragedie, sarebbe stato sorprendente provare un legame talmente vincolante da non farle desiderare altro, anche se destinato a finire? I sentimenti erano un'argomentazione troppo articolata e complessa perfino per lei.
    « Di certo è interessante parlare di affinità elettive in questa specifica situazione. » Ecco, appunto. Il fatto che il ragazzo cogliesse al volo ogni sua dichiarazione, seria o ironica che fosse, era un continuo portare punti a suo favore; come se si trovassero in una gara per la Coppa delle Case, in coppia e come unici partecipanti, Derek iniziò a scalare minacciosamente la classifica. « A mia discolpa, posso affermare di non avere alcuna intenzione d'allontanare nessun elemento dall'altro. » scherzò, visibilmente, riferendosi al principio con termini più giocosi e molto meno pesanti di quanto il contesto richiedesse. Anche se con quel banalissimo appuntamento si fossero messi in atto moti contro cui nessuno di loro (neanche Savannah Hamilton) avrebbe potuto nulla, era decisamente troppo presto per determinare cosa ne sarebbe venuto fuori. Magari un disastro? Una rissa? Un duello all'ultimo incantesimo? Un'antipatia elettiva? Di certo, agli occhi della diciassettenne, Derek appariva sempre più un piccolo enigma oscuro di cui avrebbe voluto trovare la soluzione senza fretta. Un indizio alla volta, godendosi lo scioglimento del rompicapo. Ironicamente, più continuava a parlarle ed esporsi con acume, maggiormente le venne naturale definirlo dagli "occhi intelligenti, su un profilo affamato" - proprio come aveva sentito in un qualche musical teatrale, di cui storpiò il senso per farlo calzare sull'Hamilton. Di cosa fosse alla ricerca effettiva, era un dettaglio che avrebbe tentato di scoprire pian piano. Per prima cosa, fu innanzitutto tempo d'incominciare la cena e saziare tutt'altro tipo di fame, che per la rossa era passata in secondo piano. Aveva sempre trovato gusto nel mangiare, non sfociando nell'eccesso perché - era innegabile - tenesse fin troppo all'aspetto fisico ed estetico, ma non a tal punto da seguire rigide diete o regimi che le vietassero alimenti. « Fortunatamente no, non sono vegetariana. » si affrettò a rispondere, sistemandosi il tovagliolo sulle gambe ed aspettando che entrambi fossero serviti per prendere possesso di forchetta e coltello, tagliuzzando la sua parte d'arrosto. Si rese conto, durante quegli atti così consueti, che la cena non fosse poi così diversa rispetto alla controparte vissuta ogni sera nella Sala Grande: tutto organizzato, allestito, programmato. Controllato. Tutto troppo perfetto e dall'atmosfera quasi sterile, non fosse per la luce della candela a rendere l'ambiente più idillico. Oltretutto l'argomentazione Savannah era ancora nell'aria, a discapito del romanticismo e il vasto discorso sulle affinità, che caddero per ritornare sulla reazione esasperata - ed esasperante - che entrambi si aspettavano dalla bionda. « Ma sì..non ho alcun dubbio che questa situazione la farà arrabbiare non poco. Tende ad essere gelosa delle proprie cose. » Aveva preso a mangiare, mentre il ragazzo esponeva il suo punto di vista sulla sorella, scatenando l'ovvia reazione contrariata della Cousland. Scosse impercettibilmente la testa. Conoscere quel lato di Saw non l'aveva arrestata dal decidere senza prendere in considerazione il parere dell'amica; il concetto era piuttosto semplice: non avrebbe potuto davvero sindacarle la scelta, in quanto nessuno dei due era una sua proprietà. Farglielo intendere, senza scenate da Drama Queen, sarebbe stato complicato. « E a te sta bene, che abbia il monopolio anche su ciò che non le appartiene? » senza ombra di dubbio, si riferiva alle vite delle persone che la circondavano, sulle quali Savannah pretendeva di poter supervisionare a seconda dei suoi desideri. Sarebbe stato ben diverso, e condivisibile, se la bionda fosse stata spinta da altri sentimenti più autentici - come semplice apprensione, o dubbi sulla loro compatibilità. Ma si trattava di Saw, la stessa sedicenne con l'idea di proporre un nuovo ruolo ministeriale da "Capo del mondo" per se stessa. Ci si poteva aspettare che capisse, i limiti imprescindibili del suo volere, nella vita degli altri? Era un'altra di quelle domande di cui Vee conosceva già la risposta; a differenza della motivazione che ignorava, per la quale Derek stesso si fosse iscritto a quella sceneggiata dallo sfondo romantico. Glielo chiese senza mezzi termini, cogliendo al volo il suo turno delle domande, non aspettandosi minimamente la reazione del moro che ne seguì. Per sua buona sorte era intenta a sorseggiare un po' d'acqua, o avrebbe rischiato sul serio di soffocarsi col pollo.
    « Mi stai chiedendo che intenzioni abbia con te, Maeve? » Fu la prima volta, dall'inizio della serata, che Maeve esitò. Abbassò gli occhi, incapace di sostenere il suo sguardo almeno per una manciata di secondi, percependo appena un leggero calore arrossarle il collo ed andare ad espandersi. Sperò non raggiungendole il viso. Per quel brevissimo istante in cui affogò - intimamente - nell'imbarazzo, maledì la sua assurda predisposizione a non saper tenere le labbra sigillate, di fronte alle provocazioni che si ritrovò una buona volta ritorte contro. Il formicolio che le si diffuse lungo la pelle, fu un chiaro segno di avvertimento sulla perdita della padronanza di sé, insieme ad un tacco che andò a muoversi nervosamente sotto il tavolo. Avversario complicato Derek, te lo concedo. Ma sai che non si risponde ad una domanda, con un'altra domanda? Si levò una ciocca di capelli dal viso, ritornando a sollevare lo sguardo, armandosi di tutta la sfacciataggine che possedeva per non sfuggire a quelle occhiate perpetuate. « Si tratta più di innocente curiosità, in realtà, distaccata dall'esito della... conclusione della serata. » replicò giustificandosi, con voce abbastanza ferma da sperare che lo Sfrontato - non conoscendola - non capisse di poterla tenere facilmente in scacco se avesse continuato su quella riga di provocazioni impertinenti. Almeno, ne seguì la chiarificazione per cui il ragazzo si trovasse all'evento, risposta che rifece sollevare in automatico un angolo delle labbra della rossa. « Voi professionisti del settore dell'informazione, tutti obblighi e doveri. » e, pur ripromettendosi di non stuzzicarlo, rifinì per l'ennesima volta nel canzonarlo in termini giocosi, non bevendosi affatto quella spiegazione sulla sua presenza a quel supplizio, a causa del ruolo da radiocronista della nuova radio studentesca (che per la cronaca, aveva ascoltato soltanto per la presenza di Maxine ed incoraggiarla). Ripercorrendo coi ricordi le poche puntate radiofoniche che aveva seguito, le parve di ricordare il suono della voce del ragazzo almeno in un'occasione, seppur in maniera piuttosto sfumata rispetto all'intensità più profonda che assumesse dal vivo. Voce profonda... Sul serio, Maevey? « ..e in parte è vero. Ma la ragione più profonda è che, semplicemente, mi annoiavo. » Noia. Una scusante molto più ammissibile, associata alla tendenza a competere che non si vergognò di svelarle, esattamente come poco prima aveva dispiegato lei stessa senza il minimo accenno d'imbarazzo. Erano altri, i difetti - o in questo caso, i pregi - per cui la gente avrebbe dovuto rimproverarsi. « Quindi nemmeno Derek Hamilton resiste al fascino della competizione. Grazie, per quest'altro dettaglio. » un'affermazione, per la quale non le serviva nessuna rassicurazione da parte del moro: si era convinta di quel tratto in comune, nell'attimo in cui l'aveva scelto fra tutti gli altri pretendenti e lui non era apparso per nulla sorpreso. Aggiungiamo sicuro di sé ed annoiato alla lista, cos'altro sei Derek? Un po' alla volta, aveva incominciato a formarsi un quadro generale del giovane, vagamente fumoso ed inintelligibile ancora, ma era pur sempre un inizio. Un preludio che cominciava ad interessarle più di quanto avrebbe potuto immaginare. « Mh, condivido in parte il pensiero sull'essere annoiati, ma credo che molti dei partecipanti fossero spinti anche da altro. Non so, oltre le espressioni di puro terrore di alcuni, ho letto qualcosa di più che il solo desiderio d'evadere. » emozioni, sensazioni, sentimenti; era certa che la maggior parte degli adolescenti fosse guidato proprio dalla ricerca di qualsiasi esperienza che potesse suscitare tutto quel mix imponderabile. Nulla che avesse a che vedere con la semplice fuga dalla noia quotidiana. Non essendo mai stata particolarmente abile con la legilimanzia che l'asfissiava sin da bambina, preferiva reprimere il marasma di pensieri confusi dei suoi coetanei, soprattutto sul fronte maschile perennemente in subbuglio con gli ormoni. E, almeno quando riusciva a mantenersi nei giusti binari emotivi, non rischiava di perderne il controllo, tenendo le connessioni e comunicazioni perennemente spente. Peccato che, per quell'appuntamento, avesse scelto l'elemento più imprevedibile e sfacciato dell'intera Hogwarts. Un elemento che non l'avrebbe aiutata a rigar dritto in ogni ambito, se improvvisamente si ritrovava a bisbigliarle contro proposte incedenti. Concentrata a mandar giù un altro boccone della cena, si bloccò stupita per la richiesta non proprio velata. Un silenzio greve colmò la stanza mentre Vee recepiva il messaggio, più che allarmata, tentata. Aggrottò le sopracciglia, valutando dapprima se fosse serio, afferrando lentamente il tovagliolo per portarselo alle labbra e... pensare.
    « Un intero castello off-limits, tutto il tempo del mondo quando dovrebbe esserci un coprifuoco in atto. Elfi che ci tengono d'occhio, pronti a scortarci nei rispettivi dormitori, al primo accenno di ribellione. » si ritrovò a dover fare la voce della razionalità, ribadendo i concetti espressi dal moro sottolineando l'intera situazione contraria alle regole che le aveva appena proposto. Sarebbe stato azzardato, immaturo, arbitrario... Divertente. Eccitante. La vocina insistente della ragione le ripeté di doversi concentrare piuttosto sulle ripercussioni che un tale gesto avrebbe portato, ma, vittima dell'euforia della serata probabilmente, non stette a sottoporre ad attento vaglio quella decisione. Era abituata a considerare, esaminare, pesare tutti i pro e i contro prima d'avventurarsi in qualsiasi esperienza fuori dalla sua comfort zone; non sfociando nella maniacalità del controllo, ma prediligendo il rigore per non finire in risvolti incontrollati. In quella giornata, ancora, agì spinta dall'istinto senza neanche farci appello. D'altronde, se di fronte si ritrovava un individuo che l'invogliava in una maniera tanto accattivante, perfino una persona abituata a dettar regole come Vee avrebbe iniziato a vacillare. Si sporse in avanti, abbandonando le posate di quella prima portata consumata a metà, poggiandosi contro il tavolo per ricalcare l'atteggiamento guardingo dell'altro. « Sei piuttosto intrepido, o insofferente alle regole e costrizioni Hamilton. » Quale dei due Derek? Mormorò, guardandosi intorno per assicurarsi che fossero soli. Un'asserzione, che suonava più come una domanda retorica per la quale non si aspettava un responso. Non si trattava nemmeno di un'altra provocazione gratuita, cercava soltanto di capire da quale istinto il giovane Serpeverde fosse guidato ed animato. D'altra parte lei, anziché continuare a guardarlo di sbieco e rifiutare l'invito audace, prese soltanto tempo per accertarsi dell'assenza dei loro agenti di custodia sotto forma d'elfi domestici. Sorridendo, si morse l'interno della guancia provando ad apparirgli meno affascinata dall'idea di quanto realmente fosse. « Quando vuoi, Derek. E ti seguo fuori da qui. » passargli il comando, era un atto di fede incondizionata per Maeve: gli stava dando il permesso di coinvolgerla in quelli che, con ogni probabilità, sarebbero stati guai per entrambi... di qualsiasi natura essi si sarebbero rivelati. Sempre se il ragazzo avesse colto sul serio, l'insita sfida di tirarla fuori da quel contesto inconsistente.

     
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    « E a te sta bene, che abbia il monopolio anche su ciò che non le appartiene? » Le labbra del giovane si incurvarono in un sorriso parzialmente nascosto dall'orlo del bicchiere, accogliendo positivamente quella piccola provocazione. Savannah Hamilton possedeva tante scarpe, abiti e borse, ma di certo non aveva controllo sulla vita del fratello. Per quanto affascinante possa sembrare l'idea, è impossibile esercitare il proprio completo monopolio su una persona: puoi avere il loro corpo tramite pratiche di certo classificabili come amorali, ma non puoi impadronirti di quella cosa sfuggente che è una persona. La maggior parte delle volte, quando crediamo di averne il potere, non si tratta d'altro che di un'illusione, un'impressione fugace che se ne va con la stessa velocità con cui arriva in primo luogo. « Mi sta bene che lo pensi. » rispose semplicemente, dopo una breve pausa. Non aveva mai provato interesse nel porsi a sua sorella come un maestro: avevano pressoché la stessa età, sarebbe stato piuttosto ridicolo da parte sua. A Savannah piacevano determinate cose, e le piaceva esercitare un'ascendente sulle persone intorno a sé: toglierle quel giocattolo, ai suoi occhi, sembrava quasi crudele - al pari del dire a un bambino che Babbo Natale non esiste. Era certo, in ogni caso, che la realtà le avrebbe mostrato da sé i limiti del proprio prestigio. Lo fa con tutti. E Maeve ne era la prova schiacciante. Non poteva sapere cosa sarebbe successo una volta finito quell'appuntamento, ma aveva il vago sentore che qualsiasi strada si sarebbe aperta di fronte a loro, la rossa non avrebbe accettato volentieri alcuna imposizione sul proprio volere, qualunque esso fosse.
    Condividere con lei il motivo della propria partecipazione alla serata era stato come aprire una finestrella su chi realmente fosse Derek Hamilton: un insoddisfatto. Il Serpeverde era il tipo di persona che non riusciva a concepire l'idea di accontentarsi, di rimanere nel proprio piccolo spazietto semplicemente perché era comodo. Affamato di vita come un giovane ma cinico come un vecchio: due lati che, di norma, difficilmente si sposerebbero tra loro se solo non trovasse un ospite tanto contraddittorio quanto Derek. « Quindi nemmeno Derek Hamilton resiste al fascino della competizione. Grazie, per quest'altro dettaglio. » Si strinse nelle spalle, sospirando appena quasi a fare un'ammissione di colpa. Tuttavia, sull'orlo di un sorriso ironico, puntò l'indice in direzione della rossa, facendolo roteare appena nello spazio che li divideva mentre la osservava sornione da sotto le ciglia. « Mi pare che questo sia un punto che abbiamo in comune, Maeve. » Tante persone sono capaci di dirti che non saprebbero mai dire di no ad una sfida, ma poche sono quelle per cui ciò è effettivamente vero. Tu, su quel palco, non stavi mentendo. E questo, Derek, lo apprezzava più di qualsiasi altra cosa. La vivacità mentale della Corvonero era un qualcosa di irresistibile, ai suoi occhi, ma non era tutto. Tanti loro coetanei potevano risultare intelligenti o arguti, ma lei aveva qualcosa di diverso, qualcosa che non tutti possedevano. Pur se con poche parole, la rossa era riuscita a catturare la stima di Derek. Altri prima di lei avevano giocato la carta della modestia, o quella della simpatia. Alla Corvonero non era importato nulla: la paura di esprimere il proprio valore e di comunicare con sincerità i propri standard non l'aveva toccata affatto. Maeve Cousland era lucidamente consapevole di sé, ed era stata proprio questa caratteristica a far scattare in Derek quella che sembrava quasi necessità di avere un appuntamento con lei. « Mh, condivido in parte il pensiero sull'essere annoiati, ma credo che molti dei partecipanti fossero spinti anche da altro. Non so, oltre le espressioni di puro terrore di alcuni, ho letto qualcosa di più che il solo desiderio d'evadere. » A quelle parole, una vera e propria risata forzò la sua uscita dalle labbra di Derek, portandolo ad annuire. « Oh, beh, certo. Diciamo che certi motori eterni non smettono mai di funzionare, specialmente nella nostra fascia di età. » Non stentava a credere che una buona fetta degli iscritti avesse voluto prendere la palla al balzo per tentare la fortuna con uno dei partecipanti. D'altronde, erano pur sempre un branco di giovani chiusi per mesi interi all'interno di un castello: era all'ordine del giorno vedere i più bislacchi tentativi di accoppiamento.
    Quando propose a Maeve di evadere dal controllo dei loro piccoli secondini, non sapeva di preciso cosa aspettarsi. Ancora una volta, Derek Hamilton calava una mano pesante per ottenere una reazione tale da poter comprendere meglio chi fosse la ragazza con cui stava condividendo quella serata. Quali erano i suoi limiti? Quale il suo modo di agire? Il Serpeverde non si era mai fatto grandi problemi nel trasgredire alcune regole del castello; non era di certo il primo ne' sarebbe stato l'ultimo. Le punizioni, poi, non lo spaventavano particolarmente. Era sempre stato uno studente modello, e sicuramente nessuno avrebbe mai storto il naso di fronte a precedenti come la violazione di un coprifuoco. C'erano regole e regole; quella, nella fattispecie, veniva puntualmente infranta dai tempi delle più antiche generazioni di studenti. « Un intero castello off-limits, tutto il tempo del mondo quando dovrebbe esserci un coprifuoco in atto. Elfi che ci tengono d'occhio, pronti a scortarci nei rispettivi dormitori, al primo accenno di ribellione. » Le sorrise sornione, leggendo nell'espressione della ragazza il palese accenno della tentazione. « Puoi sempre tirarti indietro. » la incalzò, sollevando il mento con l'aria spavalda di chi la stava palesemente sfidando ad accettare quell'invito. Non che avessero niente di cui temere in ogni caso: con i Caposcuola impegnati nel gioco delle coppie, dubitava ci fosse anima viva in giro per il castello a fare le ronde. Solo il custode, un vecchietto con più acciacchi che salute, avrebbe potuto beccarli. « Sei piuttosto intrepido, o insofferente alle regole e costrizioni Hamilton. » sollevò le spalle, inclinando appena il capo di lato con fare noncurante. In quell'ambito, Derek si sarebbe definito come un tipo piuttosto equilibrato: sapeva sempre quali regole infrangere e quando, mettendo sul piatto della bilancia tutti gli eventuali rischi e guadagni delle proprie scelte. In quel caso, dalla sua analisi, ne era emerso che evidentemente il gioco valeva la candela, e che pur se fossero stati beccati, la punizione non avrebbe gravato più di tanto su di lui. D'altro canto, però, guadagnarsi il tempo per approfondire la conoscenza di Maeve in maniera più libera suonava alle sue orecchie come un qualcosa per cui valesse la pena correte un piccolo rischio. « Questo penso che lo lascerò decidere a te. » « Quando vuoi, Derek. E ti seguo fuori da qui. » Le sorrise, rivolgendole un occhiolino prima di ritirarsi più indietro, appoggiando la schiena contro la sedia e continuando a mangiare tranquillamente dal proprio piatto. Correre i rischi va bene, ma bisogna sempre farlo in maniera intelligente. Il tempo di un paio di bocconi e subito la sua forchetta andò a tintinnare contro il bicchiere, richiamando l'attenzione di un elfo che corse subito al tavolo. « Cosa posso fare per voi? » Come il miglior divo di Hollywood, Derek si tamponò le labbra col tovagliolo, sbattendolo poi sul tavolo con aria adirata. « Direi che per noi l'appuntamento finisce qui. Non ha senso continuare oltre quando è evidente che non ci sia alcuna affinità. » Il povero elfo sembrò rammaricato da quelle parole, arrossendo quasi fosse sua la colpa di quella Caporetto. « Oh..capisco. Mi dispiace. Volete che vi incarti le altre portate per consumarle nelle vostre stanze? Non vorrei mandarvi a dormire a stomaco vuoto. » Derek annuì con decisione, alzandosi dal tavolo. « Grazie mille. Le sarei molto grato. » Con un semplice schiocco di dita dell'elfo, alcune piccole scatole di cartone comparvero sul tavolo ormai sgombro, dando modo a Derek di raccoglierne una metà mentre lanciava a Maeve un veloce sguardo eloquente che doveva intimarla a fare lo stesso. « Le auguro una buona serata. » « Anche a lei, signore. » In seguito a quelle parole, il Serpeverde uscì di gran carriera dalle cucine, continuando a camminare spedito al fianco della rossa fin quando non svoltarono l'angolo del corridoio. Solo lì, ormai non più a portata di orecchio, si fermò, voltandosi a guardarla in silenzio per qualche istante prima di scoppiare a ridere di gusto. E glielo si leggeva negli occhi, quel divertimento. Un divertimento che non provava da diverso tempo, e che gli illuminava le iridi scure di una luce più giovanile, stendendo i tratti del suo volto fino a farlo sembrare davvero un ragazzo di diciassette anni. Per una volta non vi era cinismo o calcolo nei suoi modi, ma il semplice rimbombo di uno scoppio gioviale, puro per quanto semplice. « Ottima interpretazione, non c'è che dire. » osservò, una volta smesso di ridere. Aveva ritenuto fosse meglio far credere agli elfi che l'appuntamento non fosse andato bene, così da togliersi l'impiccio della possibilità che le creature contattassero il custode per rintracciare i due fuggitivi. Detto ciò, la prese per mano, facendole cenno col capo di seguirlo.
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    Il freddo all'esterno non era particolarmente pungente. Quell'anno l'inverno si era rivelato più mite rispetto ai normali standard inglesi, cosa che aveva portato molti studenti a sforare spesso e volentieri il coprifuoco in favore di passeggiate all'aria aperta o appuntamenti con scenari più pittoreschi. D'altronde non piaceva a nessuno rinchiudersi negli sgabuzzini fatiscenti del castello, e la stanza delle necessità si rivelava per lo più una scelta tanto quotata da necessitare quasi una lista per le prenotazioni clandestine. Così, Derek, decise di dirigersi verso uno dei posti meno frequentati che conoscesse. Sopra il campo da Quidditch si ergeva una piccola collinetta che spesso, quando era più piccolo, gli aveva offerto l'opportunità di guardare le partite organizzate dalla scuola senza mettersi nella mischia. Si vedeva tutto da lì: il campo, il lago, l'orizzonte oscuro della foresta e anche le piccole lucine lontane di Hogsmeade, da cui - se uno tendeva le orecchie molto bene - a volte poteva sentire il vociare di chi faceva festa il venerdì sera. Anche dopo essere stato ammesso nella squadra di Quidditch, Derek era tornato con regolarità su quella collinetta sconosciuta ai più, all'ombra del salice piangente che - a favore di vento - gli accarezzava le spalle nelle tiepide giornate di mezza stagione. A volte si metteva lì a studiare, altre semplicemente per stare da solo con se stesso. « Questo è uno dei pochi posti tranquilli rimasti ad Hogwarts. Forse l'unico in cui è ancora possibile ascoltare i tuoi stessi pensieri. » le rivelò una volta sistemati ai piedi dell'albero, con il panorama che si srotolava ai loro i piedi, tinto dalla luce argentata dei raggi lunari. Si voltò verso di lei, scoccandole un sorriso indecifrabile. « Ora che te l'ho fatto vedere, però, sei vincolata dal segreto. » Parole che disse scherzosamente, sebbene un fondo di verità ci fosse comunque. Avrebbe odiato vedere quel luogo trasformarsi nel nuovo punto di incontro per le coppiette, o nel classico posto in del momento in virtù della sua novità. La gente segue sempre ciò che è nuovo, ciò che gli dà l'impressione di appartenere a un qualcosa di speciale e sconosciuto ai più. Rimase in silenzio per qualche istante, lasciando che il lieve rumore del vento tra le fronde facesse da sottofondo al belvedere che si dipanava sotto i loro occhi. Derek Hamilton non era tipo da sentirsi a disagio nel silenzio, tutt'altro. Spesso, condividere i silenzi era più intimo che dirsi mille parole. Lasciò dunque che passassero alcuni istanti prima di voltarsi in direzione della rossa, osservandola con uno sguardo che aveva del sincero, quasi volesse scavarle dentro mettendo tuttavia la pala nelle mani di lei. « A cosa stai pensando? »


     
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    « Mi pare che questo sia un punto che abbiamo in comune, Maeve. » Non avrebbe puntato un solo galeone, sul buon esito di quella serata. A partire dal contesto romantico generale, Maeve si sarebbe aspettata di tutto - anche qualcosa di terribilmente imbarazzante. Tutto, fuorché l'andamento che quell'appuntamento aveva iniziato a prendere. Allontanando qualsiasi tipo di titubanza, Derek continuò a risponderle a tono, tenendole testa perfino per quanto riguardava l'argomentazione Savannah (con la quale capì, mantenessero un comportamento molto simile), sciogliendo ogni dubbio della rossa e perfino rivolgendole contro piccole provocazioni dall'esito imprevedibile: dall'impalpabile imbarazzo, riuscì a guadagnarsi quella che la ragazza definì complicità, in piccole dosi ed in una maniera così naturale da portarla ad esporsi senza più badare alle formalità. « Perché mentire? Ho preferito alzare la posta con la nuda e cruda verità, mettendovi alla prova. È risaputo in fondo: non si può piacere a tutti. E non mi interessa nemmeno, gli altri possono tenersi la loro falsa modestia. » scandì quelle parole con placidità, alzando le spalle nel ribadire un concetto che ai più avrebbe suonato come pura arroganza. Trovare un'altra persona, che reputasse la sana competizione stimolante piuttosto che dannosa, non era affare da poco. L'affiatamento e l'intesa stabiliti nel giro di quei minuti, raggiunsero l'apice proprio con una proposta elettrizzante del Serpeverde: sgattaiolare via da quello scenario di restrizione. Se Vee si fosse realmente soffermata a pensare, a discapito della naturalezza con la quale acconsentì, avrebbe assunto il solito atteggiamento composto e più ligio al dovere... Ma quali doveri avrebbero dovuto rispettare, in una serata come quella? Erano giovani, entrambi insaziabilmente intrepidi; ma - almeno - la ragazza non accettò per dimostrare all'altro la sua poca fermezza nel rifiutare una sfida, acconsentì per una ragione molto più semplice: voleva seguirlo fuori da lì. E, incerta sul modus operandi che Derek avrebbe seguito, lasciò che fosse proprio lui a prendere le redini. Aspettò, riprendendo a mangiare con calma disinvoltura, inarcando un sopracciglio nel constatare che stesse prendendo tempo per convocare uno degli elfi domestici... Di lì a poco, dovette armarsi di tutto l'autocontrollo di cui vantava per non sorridere di fronte alla sceneggiata che il moro mise in atto. Era quella la strategia che stava scegliendo? La stupì, ancora, a dismisura. Brillante anche nel trasgredire. Stette alla recita, sbuffando sonoramente di fronte alla reazione stizzita dell'Hamilton, alla quale si accodò mollando la cena e raddrizzandosi sul posto. « Continua pure a recitare la parte del gentiluomo, ti calza perfettamente. » sibilò sottovoce, scuotendo il viso in direzione del povero domestico, invischiato in una situazione dalla quale - era palese - avrebbe preferito fuggire al più presto. Puntare sul candore e l'innocenza della creatura avrebbe potuto considerarsi sleale... forse. Per i due quasi fuggiaschi invece rappresentò l'escamotage perfetto per alzarsi da quel tavolo ed abbandonare le cucine, senza destare troppi sospetti, se non quello sulla loro assoluta incompatibilità. Camminò in silenzio - o per meglio dire marciò per tutto il tragitto che la portò lungo il corridoio, con lo sguardo puntato dritto davanti a sé, ignorando il ragazzo come se fosse diretta in tutt'altra direzione. Svoltato l'angolo, fu questione di uno scambio di occhiate: Derek scoppiò in una risata fragorosa, Maeve lo seguì senza il minimo accenno d'esitazione. , era stata una scena forse infantile e teatrale, ma così divertente nella sua platealità da far ridere la rossa con tutta la genuinità del mondo. La prova tangibile non erano soltanto i marcatori di Duchenne perfettamente visibili negli angoli delle labbra arricciati verso l'alto, ma anche nelle piccole fossette che le si formavano sulle guance quando un divertimento puro l'abbagliava nelle emozioni. Delle minuscole imperfezioni per lei; degli adorabili tratti distintivi per altri. « Hai il mio pieno appoggio, se vorrai candidarti come protagonista per la recita di fine anno. » col cuore che le martellava nel petto per la risata prolungata, si poggiò contro il muro, lasciandosi andare in un altro breve risolino al ricordo dell'espressione turbata dell'elfo. Dopodiché si allontanarono, sotto l'eco del suo respiro leggermente irregolare, si addentrarono in un percorso completamente ignoto alla Corvonero. Non rappresentava un'enorme problema per lei infrangere il coprifuoco, nonché i limiti restrittivi che obbligavano gli studenti a non abbandonare i rispettivi dormitori al calar della notte; era anche vero però, che nella sua carriera da studentessa modello, si ritrovò per la prima volta a violare volontariamente quelle norme così inflessibili... Non era da considerarsi neanche rigida rettitudine, la sua, quanto una mancanza di stimoli e motivazioni sensate per trasgredire. Seguire Derek, ovunque la stesse conducendo, divenne di diritto una scusante talmente eccitante d'indurla a non preoccuparsene nemmeno una volta sgusciati al di fuori del Castello. Era bensì sempre più curiosa, man mano che lo accompagnava passeggiando verso l'ignoto, lasciandosi alle spalle le mura e il senso di oppressione che a volte la costruzione scolastica donava. Lì fuori, lontano da tutto e tutti, la sensazione di libertà si fece finalmente più intensa. Insieme al brivido che quel piccolissimo atto di ribellione le regalò. Non stette a badare ai punti che avrebbe potuto far perdere alla sua Casa, né alla punizione in cui entrambi avrebbero potuto incappare se il custode li avesse beccati all'esterno, distanti metri dall'area controllata. Si godette il momento e il tenue tepore della mano di Derek, che in qualche folle maniera riuscì a conferirle il calore necessario per non rabbrividire a causa dello sbalzo di temperatura. O forse era dovuto all'inverno non propriamente gelido di quel mese di Febbraio, deciso a graziarli con un'altra di quelle serate miti e dal cielo incredibilmente sgombero da nubi. Arrivati in prossimità del campo da Quidditich, Maeve pensò che la meta prestabilita fosse proprio quel luogo così mainstream - per ragioni che le sfuggivano, molti dei film babbani terminavano con un appuntamento su un campo sportivo di qualche genere - invece superarono l'area delimitata usata per le partite, risalendo una bassa collinetta di cui ignorava l'esistenza. Per via del lieve pendio, onde evitare d'incespicare ed invogliata dall'erba soffice, si sfilò con rapidi gesti le scarpe dai tacchi troppo alti. Camminare a piedi nudi l'accorciò di svariati centimetri, ma non ci badò, soddisfatta dalla sensazione piacevole nata dal calpestare il manto erboso. Si fermò soltanto una volta in cima all'altura; trasse un respiro profondo, lasciando che l’aria pulita le riempisse i polmoni. Le venne la pelle d'oca, sia per il leggero soffio del vento che le accarezzò la pelle nuda, che per la vista magica diramatale davanti. Utilizzando un gergo tipicamente giovanile, definì quel posto semplicemente come "Wow". Riusciva a distinguere tutto da quell'angolazione: il lago dalle acque scurite, in cui si specchiava in toto il cielo cosparso di stelle; il campo, con le ombre proiettate in lungo grazie alla luce lunare; la sagoma frastagliata della foresta; persino piccole lucine e bagliori lontani, provenienti dall'unica cittadina così vicina alla scuola d'essere facilmente riconoscibile. E poi c’era silenzio, a parte il fruscio della brezza piacevolmente fresca e i suoni della natura, riecheggiava soltanto pace. Nessun frastuono di sottofondo, neanche il più lontano brusio e vociare fastidioso. Soltanto Derek, la cui minaccia per la ragazza rasentava lo zero, anche nel bel mezzo del nulla ritrovandosi completamente soli. Lo sai come gli è finita ad Alice, a fidarsi del Bianconiglio? « Questo è uno dei pochi posti tranquilli rimasti ad Hogwarts. Forse l'unico in cui è ancora possibile ascoltare i tuoi stessi pensieri. » Sorrise fra sé e sé, quel ragazzo aveva l'assoluto potere di frapporsi al momento giusto nella sua continua attività mentale. Annuì piano, quasi a concordare con quelle dichiarazioni impossibili da contestare.
    ezgif-3-adf450c08271« È bellissimo. » parlò sommessamente senza guardarlo, continuando a bearsi del panorama mentre si accoccolava seduta, distendendo le gambe sul prato verde non dopo aver posato tutto ciò che si era portata dietro. Quella quiete, la volta stellata, l'intero paesaggio in cui finirono immersi come in quadro impressionista, assunsero per Maeve un valore ineguagliabile; nemmeno la cena più esclusiva in un qualunque ristorante avrebbe retto il confronto. « Il tuo segreto è al sicuro con me, promesso. » palesò quel pensiero con assoluta convinzione, seppur sorridendo, lanciandogli un tacito giuramento che non avrebbe infranto per nessuna ragione. Se davvero quel punto di Hogwarts era destinato ai pochi eletti che l'avevano scoperto, aveva appena trovato un angolo intimo dove potersi recare nelle giornate No, distanziandosi da tutto ciò che la tormentava. Sarebbe stato come invadere un po' gli spazi di Derek se anche il ragazzo l'utilizzava col medesimo scopo, ma se non avesse voluto renderla partecipe di quel Rifugio, non l'avrebbe condotta fin lì a discapito di coprifuoco e regole. O forse è il sito dove porta le sue amichette per stupirle e coinvolgerle in atti non propriamente puri. Quel pensiero, fastidioso e involontario, lo allontanò non permettendo alle titubanze sulle intenzioni della maggior parte dei ragazzi (da lei denominati homo affamatus) del Castello e non solo. A quel giovane Serpeverde stava realmente concedendo il beneficio del dubbio; lui di rimando non stava facendo altro che darle un'immagine consistente di se stesso, seppur ancora largamente enigmatica. Era così diverso da sua sorella, perfino nei colori e l'aspetto, che Maeve aveva smesso di associarlo alla bionda ormai da un pezzo. Come fosse stato possibile farlo passare in così poco tempo dal ruolo di primogenito degli Hamilton, al solo "Derek da scoprire", fu un pensiero sul quale non si interrogò. Sarebbero stati decisamente troppi ormai, i quesiti sui quali avrebbe dovuto rimuginare; in quell'istante mise da parte ogni traccia di raziocinio per comportarsi esattamente per ciò che era: una diciassettenne, in un posto penetrato da una serenità incantata, con la sola compagnia di un coetaneo che trovava sempre più carino ed interessante. Nessuno stress per i corsi e le verifiche, nessun dramma per Pozioni, nessuna pressione esterna, nessun membro della sua famiglia a ricordarle ogni istante quanto perfetta dovesse apparire e quale strada seguire per non deludere le aspettative. Non esistevano pecore nere nei Cousland, malgrado fosse l'intero ramo familiare paterno a rappresentare motivo di vergogna per la giovane - se soltanto il resto del mondo avesse potuto ascoltare i "sussurri" agghiaccianti coi quali era cresciuta. Si stiracchiò, neppure quei vacui pensieri sulla sua famiglia riuscirono a destabilizzarla e distarla dalla pace della collinetta ed Hamilton, a un passo da lei. Percepiva i suoi respiri lenti, i microscopici movimenti al suo fianco, addirittura la traccia del suo profumo mascolino al quale iniziava ad abituarsi. A volte trovava dannatamente soddisfacente avere una mente così analitica e concentrata sui dettagli; altre era troppo perfino per lei, quella continua reattività. In quella circostanza si trattava del primo caso, senza ombra di dubbio. Espirò a lungo e socchiuse gli occhi, lasciando che l'ultimo barlume di tensione si disperdesse nell'aria della notte insieme al suo sospiro, condensatosi in una piccola nuvoletta inconsistente.
    « A cosa stai pensando? » tumblr_peo2j3qau51tkmh04o3_r1_400 Non si voltò subito, pur percependo lo sguardo del moro su di sé, aspettò che spezzasse per primo il quieto silenzio; soltanto allora, raggiunta da una domanda ancora una volta inaspettata, spostò il viso in direzione del ragazzo. Chiedere ad una persona i propri pensieri, era un po' come invadere spazi e limiti fragili quanto il loro rapporto ancora incerto. Glielo doveva, sotto certi versi, per averle dato asilo in quel ricovero immerso nella natura. Se prese parola tuttavia, non fu per nessun tipo di obbligo e costrizione. « A questo posto: è appena diventato uno dei miei preferiti in assoluto. » confessò, spostando una mano per andare a giocherellare coi sottili fili d'erba, passandoseli fra le dita senza estirparli al di fuori del terreno. Li sfiorò soltanto, soppesando mentalmente se continuare o lasciar terminare il viaggio all'interno di Maeve con quelle poche parole. « E a te. » quello, l'aggiunse dopo una breve pausa in cui ricercò a pieno lo sguardo dell'altro. « Non avevo intenzione di partecipare a questo... gioco. Max mi ha iscritta senza chiedere il mio parere, a detta sua per divertirci insieme. Ora non mi dispiace che l'abbia fatto, e non mi dispiace... questo. » articolò il discorso con pacatezza, mantenendo un tono basso quasi a non voler infrangere la tranquillità calata, sollevando l'altra mano per gesticolare indicando l'intero contesto. « Credevo sarebbe stato strano, probabilmente lo è, ma non come pensavo. Insomma... » insomma che? « Dovrebbe essere strano! Ma continua a non esserlo... Un attimo fa eri soltanto il fratello maggiore di Saw, adesso sei Derek e basta. » ridacchiando sollevò leggermente le gambe, così da poggiarsi con le braccia sulle ginocchia, mantenendo il contatto visivo verso il moro che continuò a studiare nelle reazioni. « Roba complessa, visto? Anch'io posso essere confusa, a volte. Non abituartici però. » un mormorio divertito infine, concluse quella mezza arringa rappresentante soltanto la punta dell'iceberg, dell'innumerabilità di pensieri affollanti la mente della diciassettenne. Troppe domande, poche risposte, per la mancanza di conoscenza dovuta alla sua giovane età. Avrebbe potuto atteggiarsi e comportarsi d'adulta, ma alcuni limiti avrebbero potuto essere sormontati soltanto col tempo. Nuovamente, non provò vergogna nel mostrarsi nel suo caos interiore. Ad Hogwarts veniva insegnato che il caos fosse una delle cose più pericolose al mondo, ma lei era certa di possedere il controllo, la giusta volontà per poter trasformare quel magma sregolato in punti di forza. Le serviva soltanto tempo. Tempo che in quella serata voleva occupare in tutt'altro modo, che preoccuparsi del futuro.
    « Hai portato qualcun'altro qui, prima d'ora? » una domanda a bruciapelo le sfuggì dalle labbra, prima che il buonsenso potesse ricordarle che il soggetto in questione non avesse nessun tipo di vincolo di sincerità nei suoi confronti. Beh, troppo tardi. Non mentire Derek.

     
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    Era insolito per Derek chiedere al proprio interlocutore quali fossero i suoi pensieri. Solitamente, le cose erano due: o gli riusciva facile dedurli, oppure non se ne interessava affatto. Il pensiero è ciò che di più privato custodiamo dentro di noi, ciò che forma la nostra identità e che dà corpo a quel concetto estremamente labile a cui diamo il nome di anima. Difficilmente condividiamo senza filtri ciò che la nostro mente produce, preservandolo per noi stessi come un drago che cova il proprio tesoro. Alla fine dei conti, d'altronde, è tutto ciò che abbiamo. Tolti i vezzi e spogliati del superfluo, i nostri pensieri sono la cosa più preziosa: piccoli diamanti grezzi ricoperti dalla fuliggine della nostra stessa umanità e spesso dati per scontati. L'apprezzamento nei confronti di quel piccolo tesoro che fa da comune denominatore ad ogni persona, Derek aveva potuto svilupparlo solo quando aveva incominciato a coltivare con serietà il dono della legilimanzia. Perché è proprio nel momento in cui le porte di una tale possibilità si spalancano di fronte a te, che capisci quanto immenso sia il valore di ciò che teniamo dentro. Non importa quanto grandi o piccoli siano quegli stralci di conversazione interiore: sono comunque ciò che ci costituisce nel profondo, che dice chi siamo realmente quando cala il sipario. E tu, Maeve, chi sei? Avrebbe potuto scoprirlo da solo, senza chiederle il permesso, ma sarebbe stata una violenza non più perdonabile di uno stupro. Per citare un famoso film babbano: « da grandi poteri derivano grandi responsabilità ». E il giovane Hamilton era conscio di quanto grosso fosse il peso che si portava sulle spalle chiunque condividesse il suo stesso dono. Spesso sembrava seducente, lasciarsi andare, dire « solo per questa volta ». Nel tempo, Derek aveva dovuto imparare a combattere contro la propria stessa curiosità, contro quel bisogno di sapere che rimangia da dentro ogni essere umano. Si era ritrovato in situazioni in cui la tentazione lo aveva divorato intero, portandolo quasi al dolore fisico nel trattenersi dall'avere ciò che voleva quando voleva. Uno scoglio, quello, che tuttavia era fiero di aver affrontato, perché lo aveva reso una persona più forte. La sua sensibilità si era tesa come una corda di violino, acuendo sensi che non sapeva neanche di possedere. Eppure, nonostante tutto il lavoro fatto su se stesso, in quel momento, prima di porre a Maeve la domanda, il Serpeverde si sentì nuovamente tentato dopo tanto tempo. Voleva sapere cosa ci fosse dietro gli occhi smeraldini della ragazza, cosa pensasse, cosa sentisse, cosa volesse, ma soprattutto: chi fosse. E lui, a differenza della stragrande maggioranza dei suoi coetanei, aveva in mano il potere di trovare risposta a quelle domande nel giro di due secondi, senza farsi tutta la trafila del conoscersi passo per passo. Però finirebbe qui. E dunque, ancora una volta, resistette alla seduzione di quella vocina nella sua testa. Ma forse, in fin dei conti, più che la forza, a vincere fu il fatto che Derek - nel fondo dell'animo - covasse la convinzione che quel tempo dedicato a conoscere Maeve fosse ben speso: che lei ne valesse la pena. Non poteva averne la certezza: no, quella non gliela poteva dare nessuno. Eppure, qualcosa dentro di sé lo percepiva come un eco lontano ma ben udibile. « A questo posto: è appena diventato uno dei miei preferiti in assoluto. » Le sorrise soddisfatto, inclinando appena il capo di lato. « Allora non biasimerai la mia speranza di rivederti qui, in futuro. » Non gli scocciava condividere con lei quel piccolo segreto personale. Non l'aveva tenuto per sé per chissà quale gelosia: semplicemente, non aveva trovato le persone giuste con cui condividere quello spazio. Solo un'altra, prima di lei, era stata messa al corrente di quel piccolo gioiellino nascosto: Cassie, la sua ex - l'unica di cui gliene fosse fregato qualcosa, quanto meno. Ai tempi ci passavano le giornate, sdraiati sotto le fronde di quel salice, a stare in silenzio o a parlare ininterrottamente - nessuna via di mezzo. Poi, semplicemente, era finita, e Cassie non ci era tornata più, probabilmente per rispetto degli spazi del ragazzo. Inutile dire che Derek aveva apprezzato la premura. « E a te. » un velo di stupore si disegnò tra i lineamenti del ragazzo, che si voltò a guardarla nuovamente, piacevolmente da quella risposta inaspettata. Vedi, Derek? Evidentemente c'è qualcuno capace di stupire persino te. « Non avevo intenzione di partecipare a questo... gioco. Max mi ha iscritta senza chiedere il mio parere, a detta sua per divertirci insieme. Ora non mi dispiace che l'abbia fatto, e non mi dispiace... questo. » La ascoltava con interesse, guardandola come un assetato guarda un pozzo d'acqua: bevendosi ogni parola quasi fosse l'ultima che avrebbe mai avuto l'occasione di sentire. In un'istante, l'intera percezione che Derek si era fatto di Maeve, mutò di colpo, aprendo nuove finestrelle sulla personalità di quella ragazza che sembrava non smettere mai di togliergli la terra da sotto i piedi. Ogni qualvolta, nell'arco di quella serata, avesse pensato di avere la verità in tasca su di lei, ecco che quella aveva aggiunto un nuovo tassello; a volte con una parola, altre con un gesto o solo con uno sguardo. Si sentiva come drogato dalla persona che aveva di fronte, incapace di rifiutare l'ennesima dose che lei puntualmente gli forniva come se nulla fosse. Non glielo avrebbe mai confessato; nemmeno sotto tortura avrebbe mai detto una cosa del genere, ma più andava avanti, più in Derek si formava solida la convinzione che quella ragazza, nel gruppo di sua sorella, non solo c'entrasse davvero poco, ma fosse addirittura sprecata. E' un male, pensare una cosa del genere quando il paragone viene fatto col sangue del tuo sangue? Probabilmente sì. E forse, in fondo al cuore, il Serpeverde un po' si vergognava di pensare quelle cose. Ma ecco ancora una volta il bello dei pensieri: ci danno l'opportunità di tenere per noi quello che a voce alta ci sentiremmo troppo in colpa a pronunciare. « Credevo sarebbe stato strano, probabilmente lo è, ma non come pensavo. Insomma...Dovrebbe essere strano! Ma continua a non esserlo... Un attimo fa eri soltanto il fratello maggiore di Saw, adesso sei Derek e basta. » Ridacchiò insieme a lei, felice di essere riuscito nell'impresa di distanziare la propria immagina da quella della sorella agli occhi di una persona che, per forza di cose, lo aveva sempre visto come un'appendice più che come un libro a se stante. « Roba complessa, visto? Anch'io posso essere confusa, a volte. Non abituartici però. » Sospirò, sollevando un sopracciglio con aria ironica mentre si piegava appena all'indietro per appoggiarsi al tronco dell'albero, appoggiando un braccio al ginocchio piegato. « Se non fossimo contorti e un po' confusi, non saremmo umani. Il bello è proprio questo.. » fece una pausa, guardandosi intorno come alla ricerca di parole che non riusciva a trovare « ..che non abbiamo alcun senso. » Che siamo pieni di contraddizioni. Che diciamo bianco, pensiamo nero, ma in fin dei conti vogliamo grigio. Che nelle nostre teste ci sta un universo così vasto, che è inconcepibile pretendere che due cose non cozzino l'una con l'altra. Siamo incoerenti per natura, e forse è la cosa migliore che abbiamo. Rimase in silenzio per qualche istante, incerto su cosa dire. Rialzò poi gli occhi in quelli della ragazza, guardandola con tutta la serietà che aveva. « Anche io sono contento che Max ti abbia iscritto. » Perché se non l'avesse fatto, io domani ti avrei incrociata per il corridoio senza guardare due volte, senza voltarmi. Un piccolo gesto innocuo, fatto con leggerezza, che però aveva causato uno sconvolgimento di non poco conto. L'imprevedibilità del caso.
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    « Hai portato qualcun'altro qui, prima d'ora? » La guardò di sottecchi, lasciando che la sua espressione seria mutasse nuovamente in una più divertita, più giocosa. Qual'è il vero punto di questa domanda, Maeve? Fece schioccare la lingua sul palato, mettendosi più comodo per voltarsi nella sua direzione. « Sì, ci ho portato un'altra persona, qualche anno fa. » Rispose, sincero. Derek Hamilton era il tipo di persona che non si vergognava di essere sincero; sapeva infiocchettare la verità e servire la merda come cioccolata, sì, ma era molto difficile che mentisse. Il massimo che potesse fare era omettere, ma lasceremo a un altro momento il dibattito acceso sul tema dell'omissione come forma più o meno integrata nella menzogna. Il punto era diverso: Derek non diceva stronzate per farsi piacere, non inventava mondi rassicuranti per forzare un sospiro dalle labbra di una ragazza. Perché era magnanimo? Perché era genuino nel cuore? No. Semplicemente sapeva che l'onestà fa molta più strada ed è di gran lunga più remunerativa di una menzogna, anche di quella meglio consegnata. « Era la mia ragazza. Poi ci siamo lasciati, e da quel momento non è più venuta qui. Immagino lo abbia fatto per rispettare i miei spazi..perché sapeva quanto ci tenessi a questo posto. » Si strinse nelle spalle, tranquillo nel rivelarle quello spicchio di sé. Non si sentiva in fallo per la verità della sua risposta, ne' temeva che fosse quella sbagliata, o che avrebbe dovuto giocarsela diversamente. Principalmente perché non riteneva che la realtà rendesse più triviale quel momento: era solo diverso, perché diversa era la persona con cui lo condivideva. Nel guardarla, le sue labbra si incurvarono in un altro sorriso, questa volta più sereno che malizioso. « Pensi che questo renda stasera, renda te, meno speciale? » Quante volte siamo stati nella stanza delle necessità, nei nostri anni di scuola? Troppe. Eppure stasera era diverso. Non perché diverso era l'arredamento, ma perché è successo qualcosa che andava fuori dall'ordinario. Perché abbiamo incontrato qualcuno, fuori dall'ordinario. Come se nulla fosse, cominciò a frugarsi nelle tasche, estraendone un accendino di metallo. In silenzio, si voltò verso l'albero, cominciando a grattarne la corteccia con uno dei lati del piccolo oggetto. Nel giro di pochi istanti, il salice mostrava adesso la data del giorno: 14/02/2020. Una volta fatto, ripose l'accendino in tasca, riprendendo la posizione di prima. Con un sorriso, in silenzio, mosse due dita come a farle cenno di avvicinarsi per rivelarle qualcosa che non poteva essere detto ad alta voce, ma solo all'orecchio. « Questo luogo sta qui da prima che noi nascessimo, e continuerà a stare qui anche quando non ci saremo più. Ci passeranno altre persone così come sicuramente ce ne saranno già passate tante altre prima di noi. Ciò che importa è questo, è adesso. » « Che tu sei qui – che la vita esiste, e l’identità, che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuirvi con un verso » - direbbe Walt Whitman. La guardò, potendo vedere ogni sfumatura delle sue iridi da quella distanza ormai fin troppo esigua che c'era tra di loro. Istanti che parvero interminabili, e che allo stesso tempo sembrarono scorrere troppo veloci quando il ragazzo fece scivolare una mano sul collo di lei, intrecciando le dita ai lunghi capelli rossi per attirarla delicatamente a sé e posare le labbra sulle sue in una pressione leggera e decisa al contempo. « Quale sarà il tuo verso? »


     
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    Perché avesse deciso d'esporsi così tanto, rivelando al giovane Hamilton ogni pensiero che lo scorrazzasse nella mente, era un'altra di quelle domande alle quali non avrebbe mai trovato risposta. Maeve non mentiva, pressapoco mai, era però una professionista nel tralasciare informazioni che avrebbero potuto ritorcersi contro di lei. Valeva lo stesso discorso per il suo atteggiamento nel complesso: preferiva mostrare la facciata di ragazza sicura di sé che tutti conoscevano, perché essenzialmente lo era (quantomeno sotto molti aspetti), trascurando il fatto che fosse anche molto altro, non soltanto una Cousland col futuro già spianato, snob e serrata nelle proprie idee. Sapeva d'essere più di quello, ma solo pochi eletti avevano avuto l'onore - e l'onere - d'intravederlo. Probabilmente neanche le sue amiche erano riuscite a conoscere a pieno ogni sua più piccola sfaccettatura; ognuna troppo presa dai propri complessi e drammi adolescenziali, sarebbe stato inverosimile chiedergli di concentrarsi su ciò che ogni altro coetaneo omettesse del proprio io. Maeve gli concedeva la parte di sé che esattamente si aspettavano, nient'altro di più. Evitare d'esporsi era in fondo una forma cautelativa d'autodifesa, comportamento che in quella serata con Derek aveva lentamente abbandonato, senza alcuna intenzione premeditata. Le ragioni erano presumibilmente sconosciute anche alla rossa stessa, non le era mai importato fare bella figura od accattivarsi la simpatia di alcuno con false verità; piuttosto avrebbe trovato gratificante scoprire che, nella sua miriade di pregi e difetti, qualcuno potesse realmente trovarla interessante. L'Hamilton, per lei, aveva iniziato a valere la sfida sin dai primi sguardi scambiati nella Stanza delle Necessità. Con l'andare della serata tuttavia, i giochi erano stati messi da parte, la competizione aveva lasciato spazio a quella sottospecie di affinità portandola ad arrischiare nell'esporsi. Il "merito" era attribuibile a Derek stesso, forse. Non aveva nulla in comune con gli altri diciassettenni del Castello, non l'aveva mai guardata con timore e ancor meno con quella riverenza che erano soliti rivolgerle. Aveva sempre mal sopportato le osservazioni lusinghiere, perfino i complimenti erano privi di valore per una come la rossa, perfettamente consapevole di ciò che era. Non le serviva che la società la rassicurasse con apprezzamenti insinceri. E il moro, per tutta la durata dell'incontro, non era caduto nemmeno una volta in quelle inutili cerimonie. Magari perché a conti fatti non gli piaci? Divertente Maeve, continua a parlare da sola.
    « Se non fossimo contorti e un po' confusi, non saremmo umani. Il bello è proprio questo.. che non abbiamo alcun senso. » sorrise, spingendo alcune ciocche di capelli dietro le spalle, ripuntando gli occhi chiari verso il panorama per un breve istante. « Com'è complicato l'essere umano, è un insieme di segnali contraddittori. Noi riusciamo a decifrarne soltanto alcuni e a volte anche in modo superficiale. » recitò quel breve pezzo, citando l'ennesimo romanzo rimasto impresso nella sua mente malleabile, appoggiando in pieno il concetto espresso dal Serpeverde. Lo declamò con enfasi, soltanto per chiudere con fare - sarcasticamente - melodrammatico la discussione, piuttosto di sfociare in un'argomentazione che avrebbe richiesto considerazioni filosofiche e contorcimenti mentali inappropriati al momento. Avrebbe lasciato quello scambio di opinioni per le lezioni che condividevano, sarebbe stato alquanto divertente farlo di fronte a tutti gli altri: lotte all'ultima battuta, dibattiti accesi e confronti pubblici, durante i quali pochissimi erano riusciti a metterla spalle al muro. Derek ci riuscì di nuovo, spiazzandola con un'affermazione grazie alla quale si riguadagnò gli sguardi della Corvonero. « Anche io sono contento che Max ti abbia iscritto. » Ammutolita, forse per imbarazzo o soltanto disorientata per quella schiettezza, non aggiunse null'altro che non fosse un rapido sorriso ammorbidito. E, mordendosi le labbra per un calore alieno che l'avvampò nel petto, preferì dissimulare l'attenzione nuovamente sull'altro. Chiedergli di quel posto, indagare sulla segretezza effettiva della collinetta, le diede esattamente ciò che cercava: un altro piccolo frammento che andò ad incastrarsi perfettamente nel mosaico in costruzione dell'Hamilton. Quindi hai avuto una ragazza... Okay, perché ne ignoravo l'esistenza? Non avendo mai prestato particolarmente attenzione alle voci che correvano su Derek e la sua fortuna col gentil sesso, si pentì di non aver ficcanasato abbastanza in passato sul fratello della sua amica, durante le loro sessioni di gossip sulle coppie di Hogwarts. L'impellente curiosità di scoprire l'identità della vecchia fiamma, avrebbe rischiato di farle sondare pensieri che non le appartenevano, soltanto per capire quanto seria fosse stata quella storia e reperire più informazioni possibili sull'ex. Frequentava la loro stessa scuola? Era carina? Intelligente? Perché era finita? Per innocente curiosità, vero? Fortunatamente era un passo che non avrebbe mai compiuto, sorvolando sulla sua totale incapacità d'entrare nelle menti altrui a comando, avrebbe ribadito fino allo sfinimento quanto quel "dono" fosse invasivo e scorretto all'inverosimile. E poi, quale gusto ci sarebbe nel prendersi qualcosa con la forza? « Pensi che questo renda stasera, renda te, meno speciale? » Silenzio. Sbattendo le palpebre lentamente, valutò il senso di quella domanda, sempre col sorrisetto leggero a sfiorarle le labbra. "Speciale" era un termine complesso. Cosa o chi definisce se una persona, un luogo come quello, lo fosse? Un momento, un attimo avrebbe potuto essere determinato come tale. Per gli individui il discorso si faceva molto più intrinseco. « No, niente di tutto ciò. Piuttosto mi hai confermato il contrario... » credo. Titubanza a parte, stranamente iniziò a convincersene; non che fosse a tutti gli effetti speciale agli occhi dell'interlocutore, ma quantomeno degna di conquistarsi quel titolo, se tutto ciò che le aveva rivelato fosse veritiero. Quasi a volerglielo confermare, si mosse improvvisamente al suo fianco, armeggiando con un aggeggio metallico fra le mani... Non vorrà dare fuoco al salice? Si girò appena, affinché potesse seguire con attenzione i movimenti del ragazzo, impegnato in un'operazione che non comprese subito. Accendino alla mano, prese a scalfire la superficie della corteccia del fusto, sotto lo sguardo incuriosito della rossa che intuì soltanto a lavoro quasi ultimato cosa Derek Hamilton stesse combinando. Mantenendo il rigoroso silenzio, la scintilla di un sorriso le illuminò il viso, in concomitanza al movimento di un braccio. Le dita andarono a sfiorare l'incisione fresca, percorrendo la prima cifra del numerino intarsiato nel legno che ne avrebbe portato i segni per sempre (o quantomeno, finché a qualcuno non fosse venuto in mente di sradicare l'albero). Chiunque fosse passato di lì, da quel momento in poi, si sarebbe domandato chi avesse avuto la brillante idea d'intagliare sul tronco vergine una data così banale, ignorandone il significato. Nessuno avrebbe mai conosciuto l'autenticità di quel gesto e, in minima parte, anche Maeve si ritrovò a chiedersi dell'insito motivo per il quale Derek avesse "marchiato" uno dei suoi posti. Nell'epoca in cui vivevano, era diventato molto più convenzionale scattare una foto o condividere qualche messaggio stucchevole a posteriori - almeno fin quando i Decreti non avevano limitato ancor di più le loro libertà; quella semplice incisione acquisì un valore diverso, meno studiato, dal sapore quasi retrò. Semplicemente più intimo, Maevey? Che fosse una testimonianza concreta, dell'escalation sempre maggiore dell'appuntamento, o un atto istintivo del moro soltanto per provarle quanto fuori dall'ordinario si stesse rivelando la serata, lei non proferì parola se non fissando il Serpeverde, anche quando l'invitò ad avvicinarsi. Come se stesse per venire a conoscenza di un segreto inconfessabile, che avrebbe potuto compromettere la posizione del Primo Ministro, Vee lo assecondò spostando la posizione delle gambe, ruotando col busto per sporgersi maggiormente verso di lui. ezgif-3-f02a0f70748a« Questo luogo sta qui da prima che noi nascessimo, e continuerà a stare qui anche quando non ci saremo più. Ci passeranno altre persone così come sicuramente ce ne saranno già passate tante altre prima di noi. Ciò che importa è questo, è adesso. » La voce di Derek risuonò profondamente in lei, a pericolosa distanza ravvicinata, lo sguardo del giovane la trapassò con talmente tanta intensità da farle accelerare i battiti, confondendola più di quanto già non fosse. Non si era mai sentita così scombussolata, d'arrivare a perdere la facoltà di pensare lucidamente. Non reputò neanche consueto, passare dal senso di sicurezza e quiete, ad una tensione spasmodica che le coinvolse lo stomaco. Così accostata all'Hamilton poi, venne catturata dalla potenza del suo fascino magnetico. Indugiò con lo sguardo sul suo profilo, soffermandosi sulla linea precisa del suo naso, sulla pienezza delle sue labbra; sull'angolo della guance e la pelle dal colorito ambrato, in violento contrasto col suo pallore quasi alabastrino; sugli intensi occhi scuri, così vicini ai suoi da non riuscire a mettere null'altro a fuoco una volta ripiombata in quelle iridi ardenti come carboni. « Mi stai chiedendo di cogliere l'attimo, Derek? » Probabilmente ci pensò troppo, ebbe a malapena il tempo di pronunciare quelle poche parole, la voce un sussurro vibrante. La determinazione che stava luccicando negli occhi del moro fece risuonare in Maeve un primo campanellino d’allarme: era serio, come se fosse cosciente che quella fosse la sua ultima battuta prima di… Bloccare ogni pensiero della ragazza. Coi volti a pochi centimetri l'uno dall'altro, al giovane bastò un movimento fluido e impulsivo per annullare la distanza ormai inesistente, invadendo del tutto il suo spazio personale. Le sfuggì un lieve sussulto, reazione istintiva per il contatto inatteso fra le loro labbra, non muovendo un muscolo almeno per la prima frazione di secondo - durante il quale il suo cervellino provò a metabolizzare l'accaduto. In altre circostanze, in compagnia di qualsiasi altro soggetto presosi una simile libertà, avrebbe risuonato nell'intera collinetta il suono del suo palmo che avrebbe schiaffeggiato senza esitazione la guancia dello Sfrontato... O peggio, nessuno l'avrebbe risparmiato da uno Schiantesimo se avesse avuto la bacchetta a portata. Con Derek non le partì il minimo accenno d'istinto violento, neanche l'idea del rifiuto la solleticò; sollevò una mano soltanto per sfiorargli la guancia, lasciandogli scorrere i polpastrelli lungo il mento trattenne la bocca sulla sua, in un muto invito ad approfondire quel bacio dal quale non si scostò. Lentamente e deliberatamente, senza alcuna esitazione spinse maggiormente le labbra contro quelle del ragazzo, sporgendosi in avanti per trovare più spazio verso di lui. L' autocontrollo svanì, rimpiazzato da sensazioni ed emozioni anonime delle quali si inebriò quando il bacio si intensificò. Trasalì, per la morbidezza contro la quale si ritrovò a contatto, una carezza estremamente delicata che si trasformò in un ricercare più audace. Non avrebbe saputo dire chi dei due avesse preso l'iniziativa d'assaporare la lingua dell'altro, forse accadde tutto in contemporanea, in una maniera talmente naturale - per lei - d'annullare ogni tipo di pensiero razionale. Le sarebbe stato impossibile valutare anche per quanto quella lenta danza fatta di un unico bacio prolungato andò avanti - forse un attimo interminabile, forse molti più minuti di quanti ne poté contare, considerato il cuore che prese a batterle all'impazzata, rimbombandole nelle orecchie insieme ai respiri leggermente ansanti. Soltanto quando la pelle prese a formicolarle in preda a strani brividi slegati dal freddo notturno (e l'oscuro timore che perdendo maggiormente la ragione, avrebbe potuto leggergli dentro scoprendo informazioni che non voleva) cercò di riprendersi una parvenza di controllo e compostezza, sfuggendo al contatto mordendolo teneramente. Un solo e semplice bacio non avrebbe dovuto sconvolgerla così tanto. Aveva già baciato in passato d'altronde; cosa c'era di diverso in quel ragazzo allora? Rinfilando una mano fra i loro visi, fece scorrere le dita lungo le labbra soffici del moro, mantenendo quel sottile distacco tracciandone il contorno con delicatezza. Ad occhi chiusi, lentamente, avrebbe continuato a sfiorargli il viso durante tutto quel breve intervallo in cui riprese fiato, spingendosi giù per il collo fino a risalire nella massa scura dei capelli del giovane. Era convinta d'aver iniziato a scalfire soltanto l'essenza di quello che Derek Hamilton fosse, una piccolissima parte che lui stesso le aveva mostrato; adesso pareva lo stesse esplorando in tutt'altra maniera, non solo mentalmente. Quell'affinità, quell'attrazione, quel "qualsiasi cosa fosse", la convinse anche del fatto che - sempre per lei - quel rapporto non potesse basarsi soltanto su ideali astratti e trascendenti. Di platonico, quel bacio, non aveva avuto assolutamente nulla. « Questo è... » inaspettato? Destabilizzante? Troppo rapido? Intenso? Potente.

     
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    Cogliere l'attimo non era la specialità di uno come Derek Hamilton, che calcolava ogni pro e contro alla velocità di un battito d'ali di una farfalla. Il rischio lo faceva sentire vivo, iniettando nelle sue vene la dolce sensazione di quell'adrenalina che entrava velocemente in circolo; eppure non rischiava mai del tutto. C'era sempre una calcolatezza, nel suo prendere in considerazione l'inevitabile margine d'errore. Quando era troppo vasto, non ci provava nemmeno. Ma bastava poco, bastava davvero poco per spostare i calcoli in favore di una situazione con una maggiore probabilità di riuscita. Una maniera piuttosto fredda di approcciarsi alla vita - direte voi. Ma Derek era cresciuto in un determinato ambiente, uno in cui la mancanza di calcolo porta spesso a ben più di una semplice delusione. Sin da piccolo era stata piazzata su di lui l'etichetta di rampollo, di erede, di colui che avrebbe preso le redini dell'impero Hamilton alla ritirata del padre. Se da un lato i benefici erano stati grandi, dall'altro ad essi si era accompagnata una responsabilità troppo grande per le spalle di un bambino: quella di non poter mai essere del tutto naturale. A volte nemmeno lui sapeva dire quale fosse la differenza tra il Derek che tutti vedevano e quello che albergava dentro di sé; si guardava allo specchio ed era come se la lastra fosse incrinata a metà, mostrando due lati simmetrici che tuttavia non combaciavano completamente. Chi sei, in fin dei conti, è la cosa più importante di tutte. E il Serpeverde sembrava poter avere tutto con uno schiocco di dita, tranne quella conoscenza verso la quale tendeva le proprie dita in maniera quasi disperata, cercando di acciuffarla senza mai veramente raggiungerla. Gli era stato insegnato ad essere il migliore, a non fare passi falsi, a cadere sempre sulle zampe come un gatto. Derek non era stato cresciuto come una persona, ma come un progetto che doveva riuscire. Un investimento non dissimile dall'ennesimo hotel che suo padre costruiva in questo o quell'altro paese. Il bacio con Maeve, nell'ottica di tutto ciò, fu una delle esperienze più elettrizzanti della sua frustrante vita. Inaspettato, fuori dagli schemi, non completamente calcolato. Derek non sapeva dove volesse andare a parare con lei, non aveva un programma, ne' tanto meno un piano. Sapeva solo che in quel momento, gli era andato di fare così, in barba a tutte le possibili conseguenze e alla possibilità che quello potesse rivelarsi un lancio troppo lungo. Chiuse gli occhi, lasciando quindi che le proprie dita si intrecciassero ai lunghi capelli fulvi di lei, mentre il bacio cresceva di intensità, ritmato dai loro battiti cardiaci accelerati. Ci si tuffò senza pensieri, permettendo a quell'atto spontaneo di cancellare qualunque preoccupazione, rimandandola all'indomani. Gli sembrò di entrare in apnea, tanto fisicamente quanto mentalmente, senza accorgersi che così facendo stava schiudendo le porte dei propri stessi pensieri ad un flusso reciproco che potremmo semplicemente chiamare empatia. Non aveva bisogno di utilizzare coscientemente la propria legilimanzia per percepire le emozioni di lei, le sensazioni che vorticavano nel suo animo intrecciandosi a quello di lui fino a rendere le due entità completamente indistinguibili. Sentiva e lasciava che lei sentisse, senza nemmeno sapere di farlo. Riemerse da quell'apnea solo quando le dita affusolate di lei si frapposero tra le loro labbra, permettendogli di riprendere il fiato che quel bacio gli aveva tolto. Pian piano riaprì anche gli occhi, intrecciando lo sguardo a quello della Corvonero. Si umettò appena le labbra, riprendendo lentamente coscienza di sé, di lei, e della circostanza. « Questo è... » Un sorriso andò a incurvare le labbra del giovane, che si strinse quasi impercettibilmente nelle spalle. « ..un primo appuntamento decisamente ben riuscito, se lo chiedi a me. » In seguito a quelle parole, una piccola risata cristallina risalì dalla sua gola nel mentre di riprendere pian piano le distanze, lasciando che la presa sui capelli di Maeve scivolasse via con una carezza sul suo volto. Sospirò, finendo per mordicchiarsi il labbro inferiore nel silenzio della notte, interrotto solo dal canto lontano di alcuni grilli che sembravano aver anticipato il proprio arrivo in stagione. Sentiva ancora quell'adrenalina scorrergli nelle vene, risvegliando ogni terminazione nervosa all'interno del suo corpo. C'era indubbiamente qualcosa di speciale in quella serata: forse il fatto che avesse preso una piega così inaspettata, o forse che, semplicemente, quando due persone compatibili si incontrano non puoi fare a meno di sentire l'elettricità scorrere tra loro in ogni istante. Non poteva saperlo, ma in qualche modo lo sentiva come un istinto all'altezza del proprio stomaco. Sentiva che quella ragazza gli piaceva, che voleva conoscerla - senza calcoli o piani, lasciando solo che quell'energia potenziale esplodesse in qualunque cosa il tempo avrebbe portato con sé. Nemmeno per un istante provò pentimento. Neanche per un secondo si persuase che, forse, avrebbe dovuto essere più attento. E' sempre meglio non coinvolgersi troppo - una delle tante lezioni che il padre gli aveva impartito nel corso del tempo, nonché una delle più importanti. Derek lo aveva sempre preso alla lettera, rispettandone l'autorità e gli insegnamenti in maniera quasi religiosa. Ma era pur sempre un ragazzo di diciotto anni e forse, quella sera, lo fu per davvero. Si voltò quindi a guardarla, portando una mano ai fili d'erba per arrotolarli lentamente intorno al proprio indice, in un gioco distratto. « Che ne diresti di un secondo? » le chiese, a bruciapelo, scrutandola a fondo negli occhi. « Quando vuoi. Dove vuoi. Mi piacerebbe vedere un appuntamento organizzato da Maeve Cousland. » Le labbra del ragazzo scoprirono la dentatura bianca in un sorriso sornione, a quelle parole.


     
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    ezgif-6-194acee49c4d “Non sono responsabile per ciò che succede, ma per l'insegnamento che ne traggo”. Se in quelle parole c'era qualcosa di vagamente conforme alla situazione in cui si ritrovava, ciò che Maeve avrebbe imparato dall'intera serata, era che progetti o meno, piani o propositi per il futuro, gli eventi ti colpiscono senza darti possibilità di replica - il più delle volte. Soprattutto nella loro fascia d'età, determinati episodi accadevano e basta, senza una spiegazione relativa alla ragione. Quell'appuntamento ne era la prova più appropriata: nessuno avrebbe potuto programmarne l'epilogo, ancor meno prendere anche soltanto in considerazione che partecipare ad un frivolo gioco, avrebbe messo in azione più di un meccanismo di causa ed effetto. Una reazione a catena di situazioni, dalle quali sarebbero potuti insorgere tormenti, delusioni, scontri, drammi e - non ultimo - affinità estremamente singolari. Prendendo in considerazione quest'ultima, che si trattasse di un'attribuzione interna riconducibile ad aspetti caratteriali che avevano portato Maeve e Derek ad un punto d'inspiegabile sintonia, o un fattore esterno ispirato soltanto dalla serata dalle tinte romantiche e l'ambiente circostante; quel bacio che finirono con lo scambiarsi fu uno degli eventi meno calcolati e razionalizzati della breve esistenza della Cousland. E di conseguenza, una delle esperienze più inebrianti che avesse mai sperimentato sulla propria pelle, per lei che viveva di regole. Fin da bambina era stata educata (o per meglio dire addestrata) a ragionare sempre in vista dei traguardi che gli erano stati prefissati come meta da raggiungere. Le distrazioni d'alto calibro erano un lusso che aveva imparato a bandire. Nella fattispecie, il genere maschile rappresentava una fonte di distrazione sulla quale sorvolare, soprattutto se ci si impelagava con elementi dello spessore del moro. L'avrebbero deconcentrata, sviandone l'attenzione da ciò che era la scalata verso il conseguimento dei propri obiettivi ed i doveri. E se per suo fratello Isaac l'avvenire non era molto dissimile da quello stabilito per il maggiore di casa Hamilton, per Maeve le cose erano sempre state diverse. Norme sociali, morali o dettate dalla sua famiglia, in aggiunta all'imposizione di determinati percorsi già decretati, non avevano fatto altro che portarla ad assumere atteggiamenti sempre più refrattari ed ingovernabili piuttosto che renderla mite. Seguire a pieno la propria volontà, senza preoccuparsi di ciò che gli altri si aspettavano da lei, era ciò che era accaduto quella sera: scegliere Derek, accogliere tutte le sue insite sfide, flirtare... Era quello, ciò che si provava nel sentirsi vivi e liberi di decidere per sé, non badando alle conseguenze. II ricordo di quella serata sarebbe stato incredibilmente nitido e confuso al tempo stesso, il tutto dettato dall'eccesso di emozioni: entusiasmo per le fasi iniziali del gioco ed i pochi momenti condivisi con Maxine, incertezza per la reazione di Savannah, il senso di vertigine per tutta l'ondata di sensazioni scaturite da Derek. Maeve si abbandonò proprio a quest'ultime, le labbra avvinte a quelle di lui, il fiato che si mescolava al suo; un'esperienza che si protrasse finché tutto ciò che aveva intorno prese a sbiadire, assorbito in quel singolo bacio capace di levarle il fiato e stabilire una misteriosa empatia. Anche quando ricercò il distacco necessario per riprendere a respirare, rimase così, vicina al ragazzo in balia di quello strano marasma interno che s'impadronì di lei. Controllo e concentrazione, Maeve. Prese un respiro profondo, sentendo le pulsazioni alle quali non riusciva a dare un controllo: forti, incostanti, talmente rapide come se l'intero corpo si fosse armonizzato ad un ritmo che non le apparteneva, derivato dal ragazzo che aveva di fronte. Per un breve istante, mentre raccoglieva i pensieri, le parve quasi che qualcuno le fosse entrato nella mente per conferirle emozioni che non aveva mai conosciuto prima. Ma era qualcosa di assurdamente inconcepibile, l'unica spiegazione che riuscì a darsi fu quella del non essere riuscita a mantenere la propria schermatura mentale ed emotiva, come tentava di fare quando si ritrovava in circostanze analoghe. Non le era mai accaduto con tale intensità, forse perché a causa della legilimanzia per lei quegli approcci erano un vero disastro. Una sorta di doccia gelida per le emozioni, percepire, immaginare e sentire tutto quello che l'altro stava provando. Stavolta però si era trattato di tutto l'opposto, per quanto ne stesse capendo... ovvero nulla. « ..un primo appuntamento decisamente ben riuscito, se lo chiedi a me. » strappandole una risata cristallina, Derek la riportò con l'attenzione sulla realtà, tirandola fuori dallo spaziotempo in cui era irrazionalmente sprofondata per un incerto lasso di tempo. « Ottima osservazione. Non ho carte per controbattere » commentò con un mormorìo, lasciandogli vincere quel match « questa volta. » ma terminando pur sempre a modo suo. Dopo un lungo sospiro si riportò indietro al suo posto, scorrendo di nuovo con lo sguardo verso il promontorio della collinetta. Fosse dipeso da lei, avrebbe occupato i successivi minuti cercando di far ripartire gli ingranaggi nel suo cervello, ma il Serpeverde interruppe ogni suo tentativo d'assimilazione, frapponendocisi per l'ennesima volta. « Che ne diresti di un secondo? Quando vuoi. Dove vuoi. Mi piacerebbe vedere un appuntamento organizzato da Maeve Cousland. » Per un secondo non pronunciò parola, ritornando a specchiarsi nelle iridi scure di lui, annuì senza neanche valutare altre ipotesi. « Sì. » liberando il labbro inferiore dalla presa dei denti, buttò lì la risposta con la solita decisione, il tono placido e tranquillo come se non fosse scossa da miriadi di sensazioni contrastanti e piccoli fremiti lungo la pelle. « E non sorridere così. » Sporgendosi in avanti, puntellò una spalla del ragazzo con un leggero colpetto della mancina. Ah, gli hai fatto proprio malissimo Maeve. Sei una combattente nata, dissimula pure l'imbarazzo picchiandolo. Sorridendole in maniera sorniona avrebbe dovuto invogliarla a far cosa? Accettare quell'invito del tutto inusuale? Riuscì a mettere ancor più - piacevolmente - in disordine i suoi pensieri. Non servivano realmente quei giochetti con Maeve, di rimando non avrebbe assunto atteggiamenti di superiorità finendo col tirarsela, soltanto per non mostrare quell'interesse esploso scattato col Serpeverde. Scottatura cocente dietro l'angolo? Sorridendo innocentemente e scuotendo la testa divertita, scivolò appena più in basso tramite la pressione delle braccia sul terreno, finendo col distendersi sull'erbetta con un movimento aggraziato. Supina, i capelli sparpagliati sul manto verdastro e il nasino puntato all'insù, scrutò il firmamento dal basso attraverso le ramificazioni semi-spoglie del salice che svettavano verso l'immenso manto di stelle. Per un lungo momento non udì altro che il fruscio quieto di quei rami, il suo respiro ancora agitato e il verso caratteristico degli insetti ortotteri - spuntati in largo anticipo; il silenzio a volte sapeva essere più eloquente di migliaia di parole, ma per la strega era inconsueto non dover riempire ogni momento con la conversazione, ritrovandosi comunque tutto fuorché in difficoltà e soggezione. Fu piacevole... Per quanto durò, quantomeno. Riuscì a tenere a freno la lingua per un paio di minuti, senza stuzzicarlo: record accettabile. « Però devo avvertirti: non ho mai organizzato un appuntamento. » In genere sono io quella ad essere "invitata"... Forse è per questo, che stavolta appare diverso? « Non so a cosa tu sia abituato, ma non credo di possedere il gene del romanticismo. Non in termini canonici, almeno. » Tuttavia, a quelle parole pronunciate con intento ironico, l’adolescente romantica sepolta da qualche parte dentro di lei, prese a lamentarsi implicitamente. « L'idea mi piace. È qualcosa di nuovo, per me. » ammise abbozzando l'ennesimo sorriso, sollevando una mano dal ventre sul quale aveva preso a giocherellare col vestito, per avvolgersi distrattamente un ciuffetto di capelli intorno al dito ripetutamente. Da quando ne avesse memoria, non si era mai sentita così a suo agio e al tempo stesso irrequieta, effetto incontrollabile sorto dalla presenza di Derek... o la situazione? Per una volta, non possedeva la risposta. Sapeva soltanto che quella potenziale elettricità esplosiva le piaceva più di quanto fosse disposta ad ammettere a se stessa. Di certo, prese in considerazione l'ipotesi che qualcuno le avesse lanciato inavvertitamente un Confundus per disorientarla. « A questo punto ho un ultimo dubbio, ma non prenderlo come un invito a filarcela, perché adoro stare qui... » si sollevò su di un gomito, rivoltandosi verso il giovane dopo aver soffiato via dal viso una ciocca di capelli. « Fra coprifuoco notturno, portoni chiusi e ronde... Mi sfugge come dovremmo rientrare nei rispettivi dormitori. A meno che io non sia a conoscenza delle tue abilità furtive, simil-spia dei film e romanzi babbani; sarebbero decisamente utili Derek Bond. » Le era giunta voce di quanto il coprifuoco non fosse granché rispettato in quel di Hogwarts, ma le sfuggiva il modo in cui gli studenti più audaci rientrassero nelle proprie stanze, senza incappare in consuete punizioni per essere stati colti in flagrante dal Custode e i vari Caposcuola. La porta d'accesso dei Corvonero era perfino complicata da raggiungere, posizionata com'era nella Torre ovest del Castello... Avrebbe dovuto recarsi lì con assoluta nonchalance? Qualcosa le suggerì che fosse un approccio opinabile ma valido; neanche supporre di finire entrambi nei guai per quell'uscita con cui avevano infranto più d'una regola, la portò a provare rimorso per la bravata. « Non che mi dispiaccia l'idea di campeggiare qui fuori fino all'alba... »

     
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