Bruises

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    Quando si sveglia, la testa le gira così tanto che rischia di cadere per terra. I suoni che la circondano sono come ovattati, mentre il dolore fisico pian piano aumenta. Apre gli occhi a fatica, e perfino le luci basse e soffuse del Pulse sembrano infastidirla. Dopo qualche secondo speso per abituarsi a ciò che la circonda, riconosce il cerchio al centro del piccolo sotterraneo, dove qualcun altro deve starsi dando da fare alla grande, a giudicare dalle urla a tratti isteriche degli spettatori. Inizia lentamente a guardarsi intorno, e perfino ruotare il capo le risulta faticoso. Con una mano si massaggia il collo, ma nel muoversi la ferita esposta che ha sul braccio viene a contatto con i suoi vestiti, provocandole un picco di dolore. « Ah! » Si lascia andare ad una debole lamentela a bassa voce, mentre esamina l'ustione. Di sicuro è di primo o di secondo grado, come minimo. La pelle intorno è del tutto scorticata, ma la ferita non sanguina. Di certo deve averle fatto in abbondanza, a giudicare dal rosso scuro che ricopre l'intera manica della sua maglietta. « Fai piano. » Si sorprende, quasi, nel vedere Thomas Montgomery accanto a lei. Allunga il braccio sano per prendere la sigaretta che le offre, senza tuttavia accendersela. « Sei stata brava, piccola. La prossima volta andrà meglio magari. » Solleva lo sguardo, per incontrare quello di Reek, il quale le rivolge un occhiolino d'intesa. La fronte aggrottata e l'espressione confusa, si sforza ancora di riordinare ciò che le sta intorno, mentre la stanza sembra girare inesorabilmente; passa qualche momento prima che sia in grado di rispondergli. « Non chiamarmi in quel modo... » intende pronunciare quelle parole con determinazione, in un tono perentorio, ma dalle sue labbra fuoriesce un rantolare quasi impercettibile, tanto che Reek smette di attendere una sua risposta e riporta la propria attenzione alla lotta al centro del cerchio. Appoggia la nuca al muro alle sue spalle, puntando gli occhi di fronte a sé. Il suo respiro è affannoso, e ogni boccata d'aria le risulta alquanto dolorosa. Lo Stupeficium di Thomas - è l'ultima cosa che ricorda - l'ha colpita in pieno petto con una certa violenza, e immagina debba averla scaraventata contro il pavimento, o per terra, perché tutta la parte destra del suo corpo, dal cranio fino alla gamba, è dolorante. A ciò si aggiungono l'intenso bruciore al braccio, il fastidio per le piccole ferite provocate dalle schegge su tutto il corpo, ed il senso di nausea generale derivante dallo Schiantesimo. Insomma, ti ha conciata per le feste. « Ho dovuto persino medicarmi con un Brachium Emendo. Non ne castavo uno dal 2007, Stone. Devo ringraziarti per questo. » Quelle parole riescono a farla sbuffare in una piccola risata, che tuttavia la costringe ad una smorfia di dolore. In qualche modo, la consapevolezza di avere almeno rotto un osso a Montgomery, la fa stare un po' meglio. « Sapevi già castare un Brachium Emendo a... quanti anni avevi nel 2007, scusa? » Sulle prime tenta di fare un rapido calcolo mentale, ma perfino la concentrazione sembra provocarle del dolore fisico, dunque getta la spugna. « Sei stato tu? » si ritrova a domandargli, qualche secondo più tardi, accennando con il mento alla bruciatura sul braccio, che di certo starebbe ancora sanguinando se non fosse stato per un intervento esterno. « Comunque, è stato un onore combattere contro di lei, signorina Stone. Amici come prima? » Gli rivolge un sorriso di scherno, spostando lo sguardo dal suo viso alla mano che gli sta tendendo, senza tuttavia rispondere né accennare a stringerla. « C'è un tizio da cui devo andare per comprare una pozione... Te la senti di venire con me? » Lo segue con lo sguardo mentre si alza in piedi e fa finta di rifletterci su per qualche secondo: n realtà ha già deciso di voler uscire da
    quel posto il prima possibile, sia perché sente la necessità di ripulirsi dal sangue e dalla polvere che regna sovrana in quel luogo, sia perché le urla dei presenti iniziano a diventare insopportabili per le sue orecchie. Così si ritrova ad annuire al giovane, e allungargli il braccio perché l'aiuti a sollevarsi dalla sedia traballante su cui qualcuno doveva averla sistemata dopo lo svenimento. Risalire le scale che portano alla Mano Monca è un po' faticoso, e per farlo è costretta ad aggrapparsi al braccio del Serpeverde, cosa che fa senza farsi troppi problemi. Mi hai ridotto tu così dopo tutto, dovrai farti perdonare in qualche modo. Respirare l'aria fresca della strada, dopo ore in quello spazio chiuso e puzzolente, è come sentire i polmoni rigenerarsi. Le sembra perfino meno doloroso, in qualche modo.
    Iniziano a camminare lungo la viuzza del locale, senza fretta apparente; Malia segue i passi del ragazzo, standogli accanto e tentando di mantenere il suo stesso ritmo. « Ci sei andato giù pesante, comunque » si ritrova a commentare mentre camminano al buio, a tratti illuminato dalla luce flebile e intermittente di qualche lampione ai lati della strada. « Quella dei pezzi di vetro potevi evitartela. Scommetto che mi ritroverò schegge addosso per un paio d'anni, come minimo. » Ride, tenendosi la pancia con una mano, per attutire il dolore. « Il paparino invece lo sa che sei venuto a fare a botte? » Mentre parla, rimane attenta a studiare la sua reazione, spiando dal basso il suo profilo. Conosce molto poco il giovane Montgomery, ma di lui sa che non è un tipo particolarmente chiacchierone. Lei, al contrario, sente sempre la necessità di riempire gli spazi vuoti, quindi eccola lì che mette su il suo atteggiamento logorroico, sebbene tutta dolorante, pur di evitare il silenzio. Camminano per qualche altro metro, per quella stradina completamente deserta, se non fosse per un tipo dall'aria decisamente losca, posizionato sotto un lampione all'incrocio più avanti. La mora lo studia da lontano, mentre gli si avvicinano, e non può fare a meno di notare che gli manchi un braccio. Vagamente impressionata, punta gli occhi nocciola sul profilo di lui, un sorrisetto beffardo che le incurva le labbra. « Comunque l'ho sempre saputo che ti drogavi di roba pesante, Montgomery. Che pozione devi comprare? » Sarà un po' acciaccata, ma la sua testa è ancora in grado di fare due più due. E una pozione da comprare in un qualche vicolo di Nocturn può essere solo una cosa.




     
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    Non sarebbe servito un genio per capire che quella non sarebbe stata l'unica visita che Tom Montgomery avrebbe fatto al Pulse. Mentre aiutava Malia, un braccio avvolto attorno alla sua vita per sostenerla mentre salivano le scale, il dolore al fianco tornò a farsi sentire, e dovette stringere gli occhi e mordersi le labbra per qualche secondo prima di riuscire a continuare la scalata. Una sensazione familiare, quella, a quel punto della sua vita fin troppo, ma si chiese se forse in tutto quel masochistico piacere non ci fosse pure un fondo di sanità. Per quanto anche lo scantinato della Mano Monca fosse ricolma di brutti ceffi che non ci avrebbero pensato due volte prima di continuare il duello al di fuori del cerchio, magari tramutandolo in una sana vecchia rissa, quello era forse l'ambiente xfpiù sicuro, per quanto paradossale fosse, in cui si fosse ritrovato il giovane Montgomery durante le sue spasmodiche ricerche di... qualcosa. Qualcosa che dopotutto ancora non capiva bene cosa fosse. E poi gli era pure passata la sbronza, il che significava solo una cosa: poteva continuare a bere – e quella era sempre una vittoria.
    «Ci sei andato giù pesante, comunque». Le figure dei due ragazzi, malconci ma tutto sommato sufficientemente in forze, venivano delineate a intermittenza da qualche lampione dalla luce fioca. Tom infilò le mani nelle tasche mentre passeggiava accanto a Malia, la sigaretta ancora accesa piazzata tra le labbra. Si passò una mano tra i capelli biondi, con un sorriso sghembo sul volto. «Hai cominciato tu» rispose; un dato di fatto che Tom si era premurato di verificare prima di contrattaccare durante il duello. «Però i tulipani ti donavano, dài». La punta della sigaretta si accese un paio di volte mentre lui aspirava. Qualcuno, di fronte a loro, accelerò il passo.
    «Quella dei pezzi di vetro potevi evitartela. Scommetto che mi ritroverò schegge addosso per un paio d'anni come minimo.» Forzò una reazione piccata, mentre freneticamente cercava di tirarsi su la manica della felpa, abbastanza da lasciarle intravedere il segno della scottatura che non si era ancora preoccupato di curare, avendo voluto dare la priorità a quella che doveva essere una costola rotta. «Il pararino invece lo sa che sei venuto a fare a botte?» Aveva continuato lei, e Tom scosse la testa, ridendo. Fece per rispondere, ma d'improvvisò ammutolì, alzando la testa di scatto. Riuscì a distinguere, nella penombra, la forma di un Deluminatore che veniva sollevato verso i lampioni lì vicino. Il saettare delle luci, risucchiate verso lo stregone di fronte a loro, provocò un suono metallico e fulmineo. Conosceva quel tipo di rumore, nel senso che, a quel punto, ne prevedeva le implicazioni. Così fu più una questione di istinto che una decisione quella di poggiare una mano sul braccio di Malia, per condurla verso un vicolo deserto alla loro destra, nel quale si infilarono svelti – ma abbastanza disinvolti da non destare sospetti. Non si preoccupò di spiegarle quanto fosse appena accaduto, tornando a infilare le mani nelle tasche dei pantaloni. «Cosa ti fa pensare che informi mio padre dei miei spostamenti?» Disse, tornando a ridacchiare, aggrottando la fronte.
    Poco più in fondo, di fronte a loro, intravidero quello che doveva essere Puck: lungo cappotto nero, fin quasi alle caviglie; bavero alzato, intento a chiacchierare con quella che sembrava essere una prostituta; a corto di un braccio. Quando furono più vicini la riconobbe: Mila Vasiljevic. L'aveva incrociata qualche volta, ora che ci faceva caso, a quell'angolo. Non che la conoscesse personalmente, chiaramente – era solo una di quelle persone che impari a conoscere quando bazzichi Nocturn. Forse ci aveva persino scambiato un paio di chiacchiere, qualche volta, perché ne ricordava l'accento francese. Di una bellezza così forte da essere sospettosa: Tom non aveva dubbi che per metà fosse veela. «Comunque l'ho sempre saputo che ti drogavi di roba pesante, Montgomery. Che pozione devi comprare?» «Ouch, Stone. Sei determinata a farmela pagare o cosa?» Rispose, evasivo, mentre si avvicinavano all'animata coppia.
    «Andiamo, Puck... Non ti chiedo mai niente...» Le dita smaltate della ragazza accarezzarono il petto dell'uomo. Tom si limitò a schiarirsi la gola prima di sporgere un po' il capo in avanti. «Disturbiamo? Possiamo passare più tardi, in caso». Mila e Puck si voltarono verso di loro, lo sguardo di lei che parve perforarli, la mano ancora ferma sul petto di lui, prima di lasciarla cadere con uno sbuffo. L'altro continuò a squadrarli, un sopracciglio alzato con fare sospettoso e una smorfia di vago disgusto sul volto. «E voi chi diavolo siete?» Mila girò i tacchi, il rimbalzare del suono dei suoi passi interrotto improvvisamente dallo schiocco della smaterializzazione.
    «Uhm... Clienti? O vuoi sapere i nostri nomi?» Ribatté sarcastico, indicando se stesso e Malia con l'indice e il pollice. Non avrebbe saputo dire perché lo divertisse tanto istigare la gente; era quasi che tanto meno raccomandabile fosse farlo, tanto più gusto ci trovasse. «Divertente, ragazzo, sei proprio divertente. Peccato che io non abbia tempo da perdere. Che vuoi?»
    Tom annuì, per qualche secondo ponderando l'opzione di rispondere col suo solito atteggiamento provocatorio, continuando a istigarlo, probabilmente infilandoci dentro pure qualche battuta sul fatto che non avesse più una mano, che ci stava sempre bene in situazioni come quelle. Allora a quel punto Puck si sarebbe fatto più vicino, e forse avrebbe assottigliato gli occhi, sussurrandogli di togliersi di mezzo prima che qualcuno, tra lui e Malia, potesse farsi male. Chiaramente Tom avrebbe riso, e forse sarebbero passati alle mani. Forse Tom avrebbe incassato un paio di colpi, prima di riuscire a rispondere, e forse avrebbe provato a sfilargli una delle boccette dalla valigetta che teneva appoggiata al lampione, aperta, prima di urlare a Malia di darsela a gambe e fuggire tra le viuzze buie e stranamente silenziose di Nocturn. Però qualcosa, forse l'idea che Puck avrebbe potuto servirgli in futuro, se quella del Pulse fosse diventata un'abitudine; o forse il fatto che Malia non fosse in forma al punto di poter correre; o forse ancora l'idea di fare il coglione facendo ricadere le conseguenze del suo atteggiamento anche su di lei, che non c'entrava niente... Qualunque cosa fosse, bastò a farlo desistere. Così continuò ad annuire, prima di tirare sul col naso e dire: «Ci manda Reek. Mi serve una pozione curativa. Dell'essenza di Dittamo credo andrà bene.»
    Puck annuì a sua volta, assestandogli una pacca sulla spalla, sotto alla quale Tom quasi cedette. «Ma perché non l'hai detto subito? Reek! Vecchia volpe! Come sta? Come se la passa, quel disgraziato di un ex-Auror?» Ex Auror? Proprietario della Mano Monca?
    Tom si ritrovò vagamente disgustato dalla visione di Puck sorridente, la bocca riempita di perle dorate qui e lì, intermezzate da cavità e... Marciume. «Non male... Non male...» Fece annuendo, la testa mantenuta bassa pur di non guardare quello scempio. L'uomo cominciò a trafficare con le boccette nella sua valigetta, farneticando qualcosa che lui non riuscì a capire. «Dice che dovresti tenere d'occhio tuo fratello, però» aggiunse poi, alzando un po' la voce per sovrastare quel suo interminabile borbottare. Un uomo stranamente allegro, per essere uno spacciatore di Nocturn Alley. Sarebbe stato perfetto da rapinare, dannazione. Sicuro se la sarebbe cavata senza neanche un graffio, altro che un paio di colpi. Un vero peccato. Lanciò uno sguardo a Malia, accanto a lui, indicandole l'uomo con un cenno della testa, prima di scuoterla in modo eloquente.
    «...50 galeoni, ma è difficile, sai com'è, questo è un lavoro in cui un giorno ti pagano e quello dopo sei fortunato se ti lasciano almeno una pozione, capisci che voglio dire? C'è gente senza scrupoli, qui attorno, per cui devi tirare fuori le zanne e gli artigli, capito che intendo? Ma se voi siete amici di Reek è un'altra storia, figurarsi... Perché siete amici suoi, no? Non è che mi state mentendo?» Esitò, puntando la pozione contro di loro come potesse essere un'arma. Tom aggrottò la fronte, a questo punto sinceramente stupito che uno così potesse veramente essere ancora vivo e lavorare a Nocturn. Che avesse perso un braccio, ora, gli parve più comprensibile, se non riduttivo. Cominciò a parlottare con Malia, e Tom strinse le labbra, di tanto in tanto cercando di immettersi in una conversazione chiaramente troppo accelerata.
    «Bene, se è tutto noi andremo!» Fece poi, quasi urlando. «Perché urla, il tuo ragazzo?» Puck lo guardò perplesso, quasi sinceramente aspettandosi una risposta. Tom gli porse la mano aperta, le monete disposte sul suo palmo. Puck, non senza una certa stizza, gli mollò le due pozioni e prese i suoi soldi. Quindi il ragazzo girò i tacchi, senza preoccuparsi particolarmente di congedarsi, e si avviò lungo la stradina buia, seguito da Malia. Quando si furono allontanati abbastanza, Thomas si fermò, estrasse dalla tasca la piccola ampolla con la pozione, e la porse alla Grifondoro. «Consideralo come un modo per farmi perdonare per le schegge di vetro che ti ritroverai nei capelli per i prossimi giorni» fece, lasciandola sul suo palmo aperto. Poi si accese un'altra sigaretta, prima di guardarsi attorno. «Si sta facendo piuttosto tardi... Devi tornare a casa?»


    Edited by roman candle - 12/3/2020, 13:01
     
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    « Cosa ti fa pensare che informi mio padre dei miei spostamenti? » Si stringe nelle spalle, mentre si trascina sull'asfalto umidiccio di Nocturn. Deve aver piovuto, mentre erano dentro alla Mano Monca. « Non saprei, magari il fatto che sia ancora lui a organizzarti le feste di compleanno... Per dirne una. » Gli lancia un'occhiata divertita, un sorriso di scherno che appare sulle labbra piene. Impossibile dimenticare quell'assurdo pomeriggio architettato dallo Shame che li aveva portati a girovagare per Londra abbigliati come due idioti, per poi finire alla festa di compleanno decisamente sopra le righe del giovane Serpeverde. Ah, quei bei tempi in cui lo Shame si divertiva a fare il simpatico. Per un momento, si sorprende a rimuginare sugli eventi di quella giornata che le pare lontana anni luce. In mezzo a quella follia Malia si era ritrovata a seguire pedissequamente quello che per lei era un perfetto sconosciuto, senza mai dubitarne. Quando in lontananza vede un uomo tarchiati discutere a bassa voce con una ragazza, in un angolo, Malia si chiede se in questo momento non stia riponendo in Thomas la stessa cieca fiducia di quel giorno. Studia la situazione a distanza, con una certa cautela mista a interesse, prima che siano abbastanza vicini alla coppia e Tom prenda la parola. Malia segue attentamente quello scambio, facendo saettare gli occhi nocciola tra i due interlocutori, e di tanto in tanto sulla ragazza, ora rimasta in disparte. Le risulta quasi immediato notare la sua bellezza. Ha una figura slanciata, dei lineamenti delicati, e delle iridi chiare che paiono due fari nel buio di quel vicolo. Si ritrova a seguire i suoi movimenti, e guardarla con un certo fascino allontanarsi nella direzione opposta, prima di scomparire sotto i suoi occhi. « Mi serve una pozione curativa. Dell'essenza di Dittamo credo andrà bene. » Ah, quindi niente droga Montgomery? Vorrebbe punzecchiarlo, ma decide che non è il momento. Decide di tacere e lasciare il ragazzo ai propri affari, senza porre particolare attenzione alla loro conversazione - almeno fino a quando il ragazzo non la strattona per un braccio, come a richiamarla. L'uomo basso e logorroico che Malia ha intuito chiamarsi Puck ha ora iniziato ad atteggiarsi in modo forsennato, e mostrare una nota di irrequietezza. « C'è gente senza scrupoli, qui attorno, per cui devi tirare fuori le zanne e gli artigli, capito che intendo? Ma se voi siete amici di Reek è un'altra storia, figurarsi... Perché siete amici suoi, no? Non è che mi state mentendo? » « No, ma si figuri... Veniamo proprio dalla Mano Monca, ci ha detto lui di venire a trovarla... Mhm, le manda i suoi saluti... » Tentenna, la Stone, e questo suo atteggiamento non sembra piacere particolarmente al Puck paranoico che ha di fronte. « Sei proprio sicura, eh, signorinella? Perché io questi sconti non li faccio mica tutti i giorni. E l'ultima cosa che voglio è farmi fregare da due ragazzini! » « No per carità... » « L'ultima volta non sai che tragedia. Stavo proprio qua, in questo punto. Anzi no, adesso che ci penso ero vicino a quel lampione laggiù, lo vedi? Che pioveva, e mi sono riparato sotto a quella tettoia. La signora Padmoore sembrava una iena il giorno dopo, ché dice sempre che non vuole che questi affari loschi si facciano sotto al suo balcone. Ma io non faccio affari loschi, signorina, mi guardi: le sembro un delinquente? Sono un lavoratore onesto, mi alzo presto tutte le mattine, faccio i miei giri, il mio succo di zucca me lo sudo ogni giorno. E con tutto ciò il Ministero mi sta alle calcagna. 'Stardi... » Malia sfrutta quel momento di disattenzione dell'uomo per sollevare il capo e cogliere lo sguardo di Thomas, in una disperata richiesta d'aiuto. Come lo spengo? « Posso immaginare. Senta, ma invece, per quanto riguar- » « Che testa che ho. Mi sono perso nelle mie ciance. Dicevo! Stavo proprio laggiù, sotto la tettoia della signora Padmoore, quella disgraziata, e pioveva così forte che sembrava se ne venisse giù il mondo. A un certo punto neanche me ne accorgo che mi ritrovo davanti- » « Bene, se è tutto noi andremo! » La prepotenza nella voce di Tom, più alta di un'ottava in modo da interromperlo, sembra destabilizzare Puck. I suoi occhietti neri, che andavano acquisendo luce e vitalità mentre parlava, si rabbuiano, e la voce gracchiante ne tradisce la delusione per quel mancato racconto. « Perché urla, il tuo ragazzo? » Malia inarca le sopracciglia, puntando gli occhi nocciola su Thomas, con una nota di divertimento nello sguardo. Questo signore è indubbiamente un soggetto difficile da dimenticare. Guarda il ragazzo concludere la contrattazione, e nel giro di qualche minuti si sono lasciati alle spalle quel buffo personaggetto e si ritrovano nuovamente a camminare per le vie di Nocturn Alley.
    « Avresti potuto lasciargli finire la sua storia. Si stava facendo avvincente » commenta con un sorriso smorzato, una volta accanto al ragazzo, mentre insieme sorpassano la tettoia della signora Padmoore. Incrocia le braccia al petto e si stringe meglio nella propria giacca a vento leggera, gli occhi puntati sul fondo della strada, lì dove due figure un po' sgangherate escono dalla Mano Monca. Quando Thomas estrae una delle due ampolle acquistate da Puck e gliela porge, la mora appare quanto mai sorpresa. « Consideralo come un modo per farmi perdonare per le schegge di vetro che ti ritroverai nei capelli per i prossimi giorni. » La prende dalle sue mani e la studia per qualche momento, per poi scuotere piano la testa, quasi incredula. « Non era necessario. » E avrei potuto pagarmela da sola, vorrebbe inoltre aggiungere, ma anche stavolta non le sembra il caso. Per una volta, Stone, smetti di lamentarti e ringrazia piuttosto. « Però, uhm... Grazie. » Si rigira l'ampolla tra le mani, e per quanto vorrebbe applicarsi l'unguento il prima possibile, considerato il forte bruciore al braccio, capisce che farlo lì in mezzo alla strada sarebbe semplicemente un disastro. « Si sta facendo piuttosto tardi... Devi tornare a casa? » Ripone l'ampolla nella propria borsa a tracolla, prima di fare spallucce. « Dovrei, ma non ne ho molta voglia. » ammette, sputando ad alta voce i suoi pensieri con serenità. « Non credo riuscirei a dormire in ogni caso. »
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    Nonostante la fatica e gli acciacchi, Malia in questo momento si sente più attiva che mai. L'idea di tornare a casa e infilarsi sotto le coperte del proprio letto e tentare di addormentarsi la fa quasi ridere. Si sente quasi energica: l'adrenalina provocata dallo stare al centro del cerchio del Pulse è in circolo e, conoscendosi, le ci vorranno ore prima di quietarsi. Si ritrova a spiare di sottecchi il ragazzo, un sorriso insidioso a curvarle le labbra. « Magari vuoi offrirmi una birra? » Inclina leggermente il capo di lato, osservandolo dal basso. « Sai, il dittamo per le schegge di vetro e questo per l'umiliazione che ho subito. » Mi sembra più che equo. Non è certa di quali siano i desideri del ragazzo, ed è assai probabile che voglia semplicemente smaterializzarsi in casa propria, ma sceglie di tentare in ogni caso. Ha la sensazione che comunque perderebbe del tempo prima di raggiungere Whitehall Place, concedendosi una birra da qualche parte, e in ogni caso preferirebbe non essere in solitudine. « Ci sono diversi pub qui vicino. A meno che tu non voglia prendere qualche alcolico al supermercato e stare in giro per strada. » Stai davvero proponendo una cosa del genere a Thomas Montgomery? « Potresti ritrovarti a provare il brivido della povertà. »
     
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    «Dovrei, ma non ne ho molta voglia. Non credo riuscirei a dormire in ogni caso». Tom annuì, mentre con un leggero scatto del pollice lasciava cadere la cenere accumulata sulla punta della sigaretta. L'umidità serale cominciava a calare, trasportata da una foschia che rendeva Nocturn Alley ancor più pittoresca. Neanche lui aveva sonno, e qualcosa, forse l'odore di terra bagnata, forse il dolore livido e distante delle ammaccature lungo la spalla, o forse l'insieme di tutte queste cose, gli ricordò le notti passate a dormire all'addiaccio, qualche estate prima, nient'altro a coprirlo dal freddo notturno se non una giacca, la sensazione di essere completamente perso e di non sapere più come tornare indietro. «Magari vuoi offrirmi una birra? Sai, il dittamo per le schegge di vetro e questo per l'umiliazione che ho subito». Lui ridacchiò all'ennesima punzecchiatura della ragazza, grattandosi la nuca. «Non lo so, Stone, potresti star abusando della mia gentilezza. Potrei ricordarti di quando mi hai fatto gonfiare come una mongolfiera e arrivare fin quasi al soffitto, se proprio dobbiamo parlare di umiliazione – ma in effetti non so quanto la cosa giochi in mio favore». Trovava rinfrescante, per quanto provocatoria, la sua schiettezza, sentendosi vagamente sollevato al sentirle dire dichiarare esplicitamente cosa le andava di fare, senza girarci attorno o perdersi in banali cerimoniosità. Si guardò intorno distrattamente, cercando di fare mente locale dei posti in cui avrebbero potuto recarsi rimanendo indisturbati dalla clientela non sempre raccomandabile di quell'area dela Londra magica. La paura di incontrare qualcuno di conosciuto, o, peggio ancora, qualcuno che conoscesse lui, soggiornava sempre nel retrovie della sua testa. «Ci sono diversi pub qui vicino. A meno che tu non voglia prendere qualche alcolico al supermercato e stare in giro per strada. Potresti ritrovarti a provare il brivido della povertà». Continuò a non rispondere all'ironia sottile della ragazza, limitandosi a ridacchiare. «Forse ci converrebbe trovare un posto più tranquillo» disse, stringendo le labbra. Poi si avviò nella direzione di un piccolo negozio, apparentemente chiuso, qualche metro più in fondo. Non si preoccupò di assicurarsi che Malia lo stesse seguendo quando, giunto alla porta della bottega, ne girò la maniglia, prima di bisbigliare un «Alohomora» piuttosto disinvolto. Dopo aver chiesto a Malia di tenergli la porta aperta, gettò via la sigaretta e si addentrò nel locale, avanzando lentamente mentre i suoi passi scricchiolavano sul legno del pavimento. «Lumos Perlustrò l'interno del locale rapidamente, prima di fare segno alla ragazza di entrare. Al centro della stanza, puntò la bacchetta verso l'altro, per poter accendere il grande candelabro pendente dal soffitto. «Così saresti stata pronta a passare un'intera nottata a Nocturn? Non ci sono molte persone normali che si avventurerebbero qui per una bevuta, non che io conosca, almeno.» Realizzò presto che le candele del lampadario fossero tutte consumate, e mai sostituite. Schioccò la lingua. «Sembra proprio tutto abbandonato... Alla fine il vecchio Wyatt deve aver chiuso. Un peccato. Però dovrebbero esserci delle candele, da qualche parte...» Mormorò, prima di voltarsi per illuminarsi la strada fino a un armadio dall'aria antica, alla sua destra. Tenne la bacchetta tra i denti mentre frugava al suo interno, di tanto in tanto rimanendo
    invischiato in ragnatele che gli si appiccicavano alle dita. «Ingo... I aiuti?» Fece poi, stringendone una per mano, l'eloquio distorto dall'impossibilità di articolare le parole. Disposero così le candele un po' ovunque all'interno del primo piano della bottega: intorno al bancone, per terra, lungo le scale e sugli scaffali più bassi, di volta in volta performando un incantesimo non verbale per accenderne lo stoppino. Quando finalmente tutto fu illuminato un po' meglio, fu possibile guardarsi attorno. L'emporio si sviluppava in lunghezza piuttosto che in larghezza, diviso in due piani da una scala a chiocciola che sembrava sfidare le leggi della fisica – così come facevano anche gli scaffali altissimi, ormai semivuoti e impolverati, popolati soltanto da ragni e qualche ampolla vuota. «Benvenuta da Mister Jorkin's Pure Potions» decantò infine Tom, saltando oltre il bancone della cassa. Dall'armadietto in basso recuperò una bottiglia, che stappò con uno schiocco rumoroso. «Siamo stati fortunati per due motivi. Uno: il signor Jorkin, da bravo patriota, era un grande amante dell'alcool, specialmente dell'Incendiario Doppio Malto. Due: che nessuno sia arrivato qui prima di noi a sgraffignarsi le ultime cose rimaste. Ti va bene del whiskey irlandese vecchiotto e aperto probabilmente da un decennio, su per giù?» Ne annusò il contenuto incerto, prima di rivolgere a Malia un'occhiata interrogativa e passarle la bottiglia. «Non sapevo che Wyatt avesse chiuso... Questo posto dev'essere aperto da più di vent'anni.» Scosse la testa, pensieroso, chinandosi nuovamente per frugare nell'armadietto. Poggiò sul bancone due bicchieri impolverati. Ci soffiò su, guardandone uno alla volta in controluce per poi pulirli approssimativamente con un lembo della maglia. «Ho bazzicato Nocturn forse più di quanto non mi piaccia ammettere, uhm... Conoscevo il proprietario da un paio di anni, era un tipo in gamba, stranamente gentile per essere un negoziante di queste zone. Non mi fraintendere, era burbero e di poche parole, e sicuramente non aveva tempo da dedicare a te e alle tue stronzate, ma credo sinceramente che mi abbia salvato la vita in un paio di occasioni» Spiegò infine, quasi improvvisamente rendendosi conto di avere una persona di fronte. Due anni prima, quasi esattamente, il lockdown a Hogwarts era terminato, loro erano tornati liberi, e Tom aveva perso il controllo. Le volte in cui Wyatt Jorkin, un uomo bassino dal viso rugoso e imbronciato, che al ragazzo vagamente ricordava quello di un Mastino, lo aveva raccolto dalla strada e portato all'interno del suo negozio, lasciandolo dormire e smaltire la sbornia su una brandina sul retro, aspettando che si riprendesse per ributtarlo fuori a calci – ma comunque in effetti salvandolo dalle cattive intenzioni di qualcun altro – erano probabilmente più di quante lui effettivamente ricordasse, dato il suo stato in quei momenti. Poco dopo, per sua fortuna o sfortuna, in base alla prospettiva dalla quale si decida di guardare all'accaduto, era partito, e non l'aveva più rivisto. Qualcuno che non lo conosceva abbastanza bene da interessarsi a lui veramente – o forse proprio grazie al fatto che non sapesse che tipo di persona fosse Tom – lo aveva tenuto al sicuro senza mai chiedere niente in cambio, e lui non se lo sarebbe mai dimenticato, sebbene faticasse a capire quel tipo di comportamento. Chi fa qualcosa per niente? Qual è la motivazione che l'aveva spinto ad aiutarlo? Nonostante ciò, non si era più recato da Mister Jorkin's Pure Potions, forse perché le cose che erano successe da quando passava le nottate a dormire nel retrobottega, risvegliato al mattino presto dai calci e brontolii del signor Jorkin, erano cambiate in un modo talmente drammatico da fargli quasi rimpiangere quei tempi più semplici.
    Versò un po' del whiskey in entrambi i bicchieri. Fece tintinnare il suo contro quello di Malia, e fece ondeggiare il liquido ambrato all'interno per qualche secondo prima di prendere un sorso. «Beh, che ne dici?» Fece divertito, osservando la ragazza berne un po'. «Un toccasana quando ti hanno conciato per le feste, te lo garantisco». Le sorrise sornione, prima di recuperare una sedia, cadente e mezza rosicchiata, lasciata al centro della stanza. La porse alla ragazza, preferendo restare in piedi, poggiato contro il bancone. Calò il silenzio per qualche secondo, un tuono distante che preannunciava l'arrivo di un acquazzone. «Ma quindi com'è che una come te si ritrova in un posto come il Pulse e non scappa via?» Domandò infine, osservando il whiskey nel suo bicchiere sollevarsi lungo le pareti di vetro al roteare del suo polso.
     
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    « Non lo so, Stone, potresti star abusando della mia gentilezza. Potrei ricordarti di quando mi hai fatto gonfiare come una mongolfiera e arrivare fin quasi al soffitto, se proprio dobbiamo parlare di umiliazione – ma in effetti non so quanto la cosa giochi in mio favore. » Si lascia scappare una risata, nel richiamare alla mente quell'immagine. « Oh no, ti prego, parlami di quel momento tutte le volte che vuoi. Per il resto dei miei giorni ti ricorderò così: ciccione e attaccato al soffitto. » C'è una naturalezza quasi familiare in quello scambio di battute, qualcosa che Malia non si sarebbe certo aspettata da uno come Montgomery. Riesce a cogliere da subito l'ironia delle parole di lui, che a ben intendere le pare accettare di buon grado il suo suggerimento. « Forse ci converrebbe trovare un posto più tranquillo. » Si mostra concorde, senza tuttavia comprendere a cosa si possa riferire nello specifico. Cosa c'è di più tranquillo di un pub? « Se parli della Mano Monca, io non ci torno, grazie. Sarà un bel posto per sfogarsi ma i loro drink fanno pena e quel posto puzza di morto. » Scuote la testa e arriccia leggermente il naso, volendo sottolineare con l'espressione nauseata il senso di disgusto che prova alla sola idea di ritornare nel locale. Fa per aggiungere qualcos'altro, sparare qualche proposta un po' a caso, quando lui, senza dire nulla, semplicemente si allontana, avviandosi in uno dei vicoli bui del quartiere. La mora rimane a guardarlo qualche istante, incerta, prima di andargli dietro, accelerando il passo per raggiungerlo. « Uhm... Che ne diresti di aspettare, tipo? Ma poi dov'è che stai andando? » Non è un tipo particolarmente loquace, Montgomery, e non è un dettaglio difficile da cogliere. Lo osserva aprire con l'aiuto della magia la porta di un locale all'apparenza abbandonato, e si ritrova ad annuire tra sé e sé, un'espressione sarcastica dipinta sul volto. Sì, beh, ha senso. Fare irruzione in un negozio chiuso a chiave garantisce sicuramente un sacco di tranquillità. Non protesta, però, e anzi lo segue all'interno, vagamente intrigata da quella piccola trasgressione. « Lumos. » La luce della sua bacchetta si unisce a quella del ragazzo, dandole la possibilità di ispezionare il locale. Si tratta di un negozio vuoto, e anche da parecchio, a giudicare dalle numerose ragnatele che decorano alcuni angoli e scaffali. Mentre Thomas armeggia con qualcosa all'interno di un armadio, lei si ritrova a percorrere la lunghezza dello spazio, curiosa, fermandosi qua e là ad illuminare qualche dettaglio - un vecchio giornale abbandonato su una mensola, qualche ampolla ricoperta da uno spesso strato di polvere, un piccolo scarafaggio che cammina sul fianco del bancone - e presto è in grado di constatare da sé come quel luogo non conservi nulla di particolarmente interessante. « Così saresti stata pronta a passare un'intera nottata a Nocturn? Non ci sono molte persone normali che si avventurerebbero qui per una bevuta, non che io conosca, almeno. » Si lascia scappare una mezza risata, ancora intenta a seguire con lo sguardo il percorso del piccolo scarafaggio, che si allontana dalla luce della sua bacchetta per perdersi nell'oscurità. « Mi stai dando della fuori di testa per caso? » Inarca un sopracciglio, cercando lo sguardo del ragazzo dall'altra parte della stanza. « Penso che abbiamo visto cose ben peggiori dei delinquenti da quattro soldi che ci sono a Nocturn. » Un luogo tenebroso, pieno di pericoli e magia oscura, così si è soliti descrivere quel piccolo rene malato di Diagon Alley, quasi rappresenti la peggiore minaccia del mondo magico. Malia non è eccessivamente familiare con quelle strade, non avendole mai frequentate più di tanto, ma da quel che può constatare Nocturn non sembra niente di più che un agglomerato di piccoli lestofanti, nostalgici del periodo oscuro e rifiuti sociali. Una minaccia che perde inevitabilmente il proprio valore di fronte a due ragazzi che hanno sopportato vicende assai più serie. « Sembra proprio tutto abbandonato... Alla fine il vecchio Wyatt deve aver chiuso. Un peccato. Però dovrebbero esserci delle candele, da qualche parte... Ingo... I aiuti? » Si avvicina, facendosi passare le candele dal ragazzo, per poi accenderle con l'aiuto della bacchetta e disporle in giro per la stanza. Una volta illuminato, lo spazio si rivela nella propria interezza e Malia si scopre soddisfatta nel notare che l'atmosfera creata con l'aiuto delle candele è addirittura piacevole e caldamente accogliente. « Benvenuta da Mister Jorkin's Pure Potions » « Praticamente la tua casa da barbone? » osserva, con una nota di spirito, nel notare la dimestichezza con cui il ragazzo si muove in quegli spazi, che è evidente gli siano più che familiari. « Siamo stati fortunati per due motivi. Uno: il signor Jorkin, da bravo patriota, era un grande amante dell'alcool, specialmente dell'Incendiario Doppio Malto. » Inarca le sopracciglia. Uh, questo sì che è interessante. « Due: che nessuno sia arrivato qui prima di noi a sgraffignarsi le ultime cose rimaste. Ti va bene del whiskey irlandese vecchiotto e aperto probabilmente da un decennio, su per giù? » Annuisce, e fa un rapido gesto d'assenso con la mano, senza fare troppe storie né sforzarsi di sembrare sofisticata, poiché è già tanto se sente la differenza tra l'Incendiario e l'Idromele, al momento. Prende la bottiglia dalle mani del ragazzo e ne annusa il contenuto, accigliata, incapace tuttavia di trarne alcun tipo di informazione. « Non sapevo che Wyatt avesse chiuso... Questo posto dev'essere aperto da più di vent'anni. » Lo guarda con aria interrogativa, evidentemente incuriosita da quelle parole. « Ho bazzicato Nocturn forse più di quanto non mi piaccia ammettere, uhm... Conoscevo il proprietario da un paio di anni, era un tipo in gamba, stranamente gentile per essere un negoziante di queste zone. Non mi fraintendere, era burbero e di poche parole, e sicuramente non aveva tempo da dedicare a te e alle tue stronzate, ma credo sinceramente che mi abbia salvato la vita in un paio di occasioni. » Segue i movimenti del ragazzo con lo sguardo, accigliata, per poi perlustrare ancora lo spazio intorno a sé. Le fiamme tremolanti sferzano il buio della stanza, danzando sulle note di qualche tuono lontano, che per un attimo fa rabbrividire la ragazza. Cerca d'immaginarsi gli eventi, uno scenario in particolare, oppure il volto di questo signor Wyatt che così tante volte ha salvato la vita di un giovane in necessità, ma perfino la sua fantasia sembra intorpidita dagli eventi della serata. Le sembra quasi paradossale, essere affascinata da un racconto di Thomas Montgomery, e sentire il bisogno di saperne di più.
    Si accomoda senza fare complimenti sulla sedia che lui le porge, per poi assecondarlo in quel breve brindisi, e portare il bicchiere colmo di whiskey alle labbra. Ne beve qualche sorso, accogliendo subito di buon grado quel senso di bruciore che le pervade la gola. « Beh, che ne dici? Un toccasana quando ti hanno conciato per le feste, te lo garantisco. » Assottiglia lo sguardo, divertita, per incontrare quello del ragazzo, illuminato dalla luce flebile di qualche candela poco distante. Perché a te è già capitato un paio di volte di essere conciato per le feste, vero Montgomery? « Dico che ci voleva » commenta soltanto, sebbene una serie di interrogativi si siano già allineati nella sua mente. Curiosa com'è, le è impossibile ignorare quelle battute criptiche e semi-misteriose con cui il ragazzo si diverte a comunicare. Per qualche momento nella stanza regna il silenzio, mentre i due si godono qualche altro sorso di whiskey, e i tuoni in lontananza si fanno più incessanti. « Ma quindi com'è che una come te si ritrova in un posto come il Pulse e non scappa via? » Lo guarda dal basso, un gomito appoggiato al bancone con il pugno che le sorregge il capo, l'espressione accigliata. Quella domanda domanda la prende in contropiede. « E perché mai dovrei scappare? » domanda con semplicità, facendo spallucce. Un sorriso le incurva leggermente le labbra, prima che prenda un altro sorso dal proprio bicchiere. « È che io e te non ci conosciamo bene, Montgomery, altrimenti la penseresti diversamente. » Altrimenti non avresti alcun dubbio nel riconoscere che il Pulse è proprio uno di quei posti che fanno per me. « Comunque, in soldoni, credo di avere sempre avuto bisogno di un modo per sfogarmi. » La rabbia, la gioia, tutto quanto. « Quando ero piccola a Hogwarts ogni litigio finiva sempre in uno scontro fisico.
    E la verità è che me le andavo a cercare, perché era il modo più naturale che avevo per... esprimermi, non lo so. Ha senso? Comunque, credo che al secondo anno Grifondoro abbia addirittura perso la Coppa delle Case a causa mia. »
    Ridacchia, al solo ricordo dell'odio profondo - e in effetti giustificato - che aveva ricevuto da tutti i compagni per tutti i preziosi punti che aveva fatto perdere alla casata con le sue ragazzate. « E alla fine fare a pugni era mille volte meglio. Non fraintendermi - questa sera mi sono divertita... forse anche più di quanto dovrei ammettere. » Ma c'è pur sempre un che di liberatorio nella lotta corpo a corpo, nel rispondere a quell'istinto primordiale, qualcosa che nessun incantesimo potrebbe mai eguagliare, almeno non per lei. Forse per questo motivo si ritrova sul campo: perché il Quidditch è quanto ci possa essere di più vicino alla violenza fisica gratuita, allo sfogare tutte le frustrazioni attraverso le energie del proprio corpo. « Sono curiosa, comunque » dice poco più tardi, mentre si allunga sul bancone per recuperare la bottiglia di whiskey e versarne dell'altro nel proprio bicchiere e in quello del ragazzo « perché tu mi dai l'aria di uno che ha visto e ha fatto tutto. Hai passato così tanto tempo a Nocturn, ti hanno conciato per le feste un paio di volte... Eccetera eccetera. » Riprende le sue affermazioni con un tono vagamente sarcastico, osservandone la reazione con un mezzo sorriso sulle labbra. « E ne ho conosciuti tanti così. Pronti a vantarsi di questa e quell'altra esperienza. Capisci che intendo? » Insomma: tutti fumo e niente arrosto. « E sinceramente non capisco che ci faccia tu... qui. » mentre parla, rotea leggermente l'indice, a indicare lo spazio che li circonda. « Considerato anche che non mi sembra proprio il genere di posto che la tua cricca frequenterebbe. » Judah Carrow in mezzo a tutta questa polvere e scarafaggi? Sembra l'inizio di una barzelletta. Si stringe nelle spalle. « E francamente ho un po' di difficoltà ad immaginarti disperato nel bel mezzo di Nocturn Alley, col povero signor Jorkin che ti salva la vita da chissà che cosa. Insomma, in che percentuale i tuoi discorsi sono una presa per il culo? Resterà tra me e te, promesso. Non ti rovinerò la piazza con le ragazze che incanti con queste storie da macho. » Ridacchia con una certa leggerezza, visibilmente già più allegra grazie all'effetto del whiskey.


    Edited by ÄPESHIT - 1/4/2020, 19:48
     
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4 replies since 7/3/2020, 22:53   147 views
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