Sala Grande

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    ala Grande - luogo pubblico.



    Questa discussione rientra nel progetto quotidianità


     
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    16/04/2020 - Tavolata dei Serpeverde
    Il giorno seguente la Conferenza stampa della Ministra Flamel


    Che fosse stata indetta un'importantissima conferenza stampa, Shai lo sapeva già da due giorni, come lo sapevano tutti gli abbonati alla Gazzetta del Profeta e in generale chiunque avesse orecchie per sentire nella comunità magica. Ed era stata fissata alle diciannove perché anche i lavoratori e gli studenti potessero seguirla. Ma al serpeverde non piaceva procacciarsi notizie immediate come una groupie segue il suo cantante preferito e si apposta sotto la sua stanza d'albergo alla fine di un concerto. Si era deciso quindi solo la mattina successiva a leggere il resoconto quando, arrivato in Sala Grande, si era seduto a far colazione. Davanti al biondo, ben due edizioni della Gazzetta: un'edizione straordinaria della sera prima e la normale edizione mattutina del Sedici. La prima riportava, parola per parola, il discorso di Eurus Flamel, corredato da una miriade di fotografie magiche che vedevano la strega in forma non proprio smagliante. Sarà l'orgoglio ferito. Il quotidiano più recente invece dedicava moltissimo spazio a tutto ciò che la Conferenza aveva portato: un articolo parlava del ritorno in pompa magna di Wiznet, in un altro si intervistavano alcuni magipolitologi sul possibile futuro del Matriarcato di Inverness. Gustosissime notizie di attualità che Shai si stava godendo tra una sorsata di succo di zucca e una cucchiaiata di porridge. Dovette necessariamente interrompersi quando sentì le teste di diversi compagni girarsi verso l'entrata, magnetizzati dall'arrivo di Agnes. L'amica non aveva mai destato così tanta attenzione da quando era diventata la figlia della più grande sconfitta dai tempi di Kelly Rowland nel ruolo di leader delle Destiny's Child. Sventolò una mano per attirare la sua attenzione. « Ma guarda te, sei diventata famosa! » Svuotò il cucchiaio e lo allungò in direzione del viso della compagna di casata, come fosse un microfono. « Signorina D'arcy, alla luce dei recenti avvenimenti, come ha preso la notizia di non essere più la First Child? » Girò l'edizione straordinaria della Gazzetta, dove Eurus Flamel si mostrava vinta di fronte al suo elettorato. « Dev'essere stato veramente un periodaccio per lei. L'estate scorsa era una figa fotonica, neo ministra e milf patrimonio UNESCO! Ora.. meh. » L'aveva incontrata di sfuggita, l'estate precedente, una sera che era passato a raccattare l'ingenua Nessie per una serata in tema Shai. Aveva ricordi sbiaditi di come fosse finita ma era quasi certo che l'amica si fosse stretta la sua dignità. « Certo che ci vogliono due palle così per fare un discorso del genere. Alek Marchand ricordo che a momenti stava scappando in Nicaragua per non essere linciato.. poi è saltato sul carro del vincitore quando si son fatte le trattative. Dì a tua madre di diventare prof anche lei! Ma non lo so, di quello che vuole lei! Incantesimi, Pozioni, Educazione sessuale.. tu ne avresti un gran bisogno, ama. Fortuna che ci sono io! »
     
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    « Oh, finalmente! Tutti questi mesi senza Witzagram sono stati orribili! Se non altro, la Flamel si è dim- » « Shhh! Parla piano! » Quando Nessie passò accanto a loro nell'ingresso, due studentesse di Grifondoro smisero immediatamente di parlare, richiudendo l'edizione mattutina della Gazzetta del Profeta troppo repentinamente affinché quel movimento potesse passare inosservato. Nessie si trattenne dal roteare gli occhi al cielo, soffocando un sospiro. Avrebbe voluto rispondere con un commento arguto e sagace ma non era mai stata particolarmente brillante in quanto a sarcasmo, come se in qualche modo non avesse ereditato tale caratteristica peculiare del corredo genetico di tutti i D'Arcy, e una scenata nel bel mezzo dell'atrio, all'indomani delle dimissioni di sua madre dalla carica di Ministro della Magia, era l'ultima cosa che ci voleva. Gli occhi di tutti le stavano già abbastanza addosso così, nemmeno le fossero spuntate due teste o un brufolo di dimensioni gigantesche stile terzo occhio nel bel mezzo della fronte. La sera prima, durante la cena, si era sentita talmente in soggezione da non riuscire a ingoiare un solo boccone di ciò che aveva nel piatto e, quando infine si era alzata anzitempo, una serie di mormorii indiscreti avevano accompagnato la sua uscita dalla Sala Grande. Più tardi, Maddison l'aveva chiamata con il walkie-talkie almeno una dozzina di volte, ma Nessie non le aveva risposto, fingendo di dormire, e quella mattina aveva trovato una lettera di suo zio Barry sul comodino, un casuale e del tutto disinteressato invito a prendere il thé nel suo ufficio nel pomeriggio. Aveva la sensazione di camminare costantemente sulle uova, ad un passo di distanza dal creare un vero e proprio macello, e sembrava che la maggior parte delle persone la reputasse troppo stupida per accorgersi di tanti pettegolezzi o, forse peggio, non si curasse minimamente di quanto tanta curiosità potesse infastidirla. Anche se la politica non rientrava nei suoi interessi, Eurus Flamel era pur sempre sua madre e, indipendentemente dalla carica che rivestiva, a nessuna ragazzina avrebbe fatto piacere che il nome materno passasse di bocca in bocca con tanta leggerezza. Non voleva nemmeno pensare alla prossima riunione del giornalino, quando qualcuno sarebbe sicuramente stato incaricato di scrivere un articolo, al riguardo. Tanto nemmeno la conoscete, mia madre. Quel pensiero sorse spontaneo nella sua mente, con una punta di acidità. Entrò in Sala Grande a passo spedito, i lunghi capelli che dondolavano sulle piccole spalle, mantenendo lo sguardo fisso sul pavimento. Sapeva che la stavano guardando, lo sentiva. Raggiunse il tavolo dei Serpeverde e si lasciò cadere accanto a Shai, mentre lo sguardo olivastro saettava al tavolo dei Grifondoro. Incontrò quello di Maddie Carrow e le rivolse un piccolo sorriso, delle mute scuse a cui avrebbero fatto seguito quelle reali. « Ma guarda te, sei diventata famosa! » Già, che gran fortuna! « Signorina D'arcy, alla luce dei recenti avvenimenti, come ha preso la notizia di non essere più la First Child? » Nessie arricciò il nasino e lanciò una rapida occhiata al cucchiaio che Shai aveva allungato verso di lei, forse preoccupata all'idea che del porridge potesse macchiarle il maglioncino. Quella roba era insapore e disgustosa, non riusciva davvero a capire come l'amico potesse mangiarla. « Mh. Al momento sembra che la gente si sia accorta solo ora che esisto. Non lo nego, è davvero sconvolgente. » Annuì, ironica. « E siamo solo a colazione, mi chiedo cosa succederà per l'ora di cena. La Hamilton mi chiederà di diventare la su nuova migliore amica? O Blackwater finalmente si innamorerà perdutamente di me? » Nel secondo caso non avrebbe avuto proprio nulla da obiettare. « Dev'essere stato veramente un periodaccio per lei. L'estate scorsa era una figa fotonica, neo ministra e milf patrimonio UNESCO! Ora.. meh. » Se qualcun altro avesse fatto simili commenti su Eurus, Nessie sarebbe sicuramente sbottata con fare indignato ma, nel corso del tempo, si era abituata al modo di fare spicciolo di Shai, talvolta un tantino indelicato ma sincero. Certo, sentir definire sua madre una - testuali parole - 'figa fotonica' e 'milf patrimonio UNESCO' forse era un tantino troppo pittoresco. « Non lo so. Non ci capisco niente di politica e non parliamo quasi mai del suo lavoro, perciò... » Scrollò le spalle, un po' avvilita. Il suo legame con Eurus era uscito indenne dalle esperienze del Lockdown e dall'instabilità tipica dell'adolescenza e, di conseguenza, la Serpeverde non poteva fare a meno di preoccuparsi un po' al pensiero che la madre stesse trascorrendo quel periodo da sola, nella casa di Londra. « Le ho scritto una lettera. Dopo devo salire in guferia, vieni con me? » Non aveva voglia di girare da sola ed era sicura che con Shai al suo fianco nessuno avrebbe tentato di importunarla. Afferrò una tazza e ci versò una generosa quantità di acqua bollente, ascoltando le parole di Shai mentre, scartata la bustina di thè, la metteva in infusione stando ben attenta a non schizzarsi. Quasi le cadde di mano, quando Shai menzionò l'educazione sessuale. « Mia madre come Professoressa ad Hogwarts. Ma te la immagini? » Le sfuggì una risatina. « Scommetto che sarebbero tutti terrorizzati da lei. » Mormorò, lanciando un'occhiata a una Corvonero che, dal tavolo accanto, continuava a fissarla. La ragazza arrossì furiosamente, distogliendo lo sguardo. « Onestamente non capisco il perché. E' una madre buonissima e ci diciamo tutto. » Sospirò, silenziosamente. Ora più che mai avrebbe voluto correre da lei. « Comunque è meglio di no. Mio zio basta e avanza, davvero. Se anche mia madre iniziasse ad insegnare nessuno vorrebbe più essere mio amico. » E non è che io sia propriamente popolare, lo sappiamo entrambi. « A proposito di... mh, quella cosa » Riprese, cambiando argomento. Arrossì leggermente e rivolse a Shai un'occhiata complice, mentre strizzava la bustina con il cucchiaio. « stavo pensando che potrebbe essere utile scrivere un articolo sui vari tipi di bacio, per il giornalino. L'avevo proposto ad Otis qualche tempo fa, ma non sono sicura che la trovi una buona idea. Secondo me invece sarebbe perfetta: breve, chiara, e molto meno imbarazzante del doversi rivolgere a un adulto. Tu cosa ne pensi? » Prese un biscotto e lo inzuppò nel thé, curiosa di sapere la sua opinione: Shai era un baciatore davvero davvero bravo.
     
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    « Ma certo che ti accompagno! Sia mai che Blackwater si faccia finalmente avanti, non voglio perdermi la scena! » le rispose sarcastico. Questo perché, come Nessie ben sapeva, Shai disapprovava il fatto che la ragazza rimanesse ancorata ad una speranza quando là fuori, il mare è pieno di pesci. Sapeva benissimo cosa si diceva in giro di Agnes D'Arcy e la verità era che, in fondo, sarebbe stato bello se un pizzico di quelle voci fossero state vere. Shai Lynch-Lazare andava predicando l'emancipazione della razza umana e la completa libertà, soprattutto sessuale, scevra da ogni pregiudizio morale. La dai a tanti? Non sei né puttana né facile, sei solo una che la dà a tanti, punto e basta. « Sì, in effetti instaurerebbe un po' di regime ma.. ora, guardiamo le cose in prospettiva.. può essere davvero peggio di Morgenstern? » Nell'aula di Difesa contro le arti oscure sì che si era instaurato un piccolo regime, dove ben pochi osavano contraddire il professore. Tra compiti lunghissimi ed esercitazioni al limite dell'illegale, Shai non faceva altro che pensare che quel professore ce l'avrebbe avuto ai G.U.F.O. e che sarebbe stato capace di richiedergli di sconfiggere un Ungaro Spinato o chissà quale altra diavoleria. A proposito di... mh, quella cosa. « Quella cosa. » sghignazzò divertito il serpeverde. « E-d-u-c-a-z-i-o-n-e-s-e-s-s-u-a-l-e-. Seeeesso. Pene, vagina, amplesso, penetrazione, coito, gravidanza indesiderata a sedici anni che ti rovina gli anni più belli della tua vita. » Sì, abbiamo capito Shai. Nessie gli parlò di un papabile articolo del giornalino, verso il quale il serpeverde sospirò. Non aveva mai nascosto all'amica il fatto che trovasse la redazione del giornalino scolastico una sottospecie di filiale del catechismo della chiesa più vicina. « Penso che sia un'ottima idea! Baaaasta parlare di stronzate che non interessano a nessuno, ma metteteci del pepe in quel dannato giornalino! Parlate dei veri problemi degli adolescenti! "Quanti metri di lingua posso usare prima che il bacio venga considerato una di quelle robe che fanno i babbani per guardarti nello stomaco?" G-E-N-I-A-L-E. » Le si fece un po' più vicino. « Sapevi che esistono almeno dieci diversi tipi di bacio? ...e tu quanti ne hai provati ama? » Fece saltellare le sopracciglia in alto, con quel suo tipico sguardo da gatto malizioso. Prese il calice di succo di zucca e lo fece roteare un po', come un sommelier che fa areare un vino pregiato. « Io, modestamente, ne ho provati tredici. Di cui due di mia personalissima invenzione. Bisogna sperimentare, sai. Per la scienza. » e che mi venissero a dire che sono una puttana o una facile.


     
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    Al solo nominare Blackwater, Nessie arrossì leggermente, trattenendo a fatica un piccolo sospiro sognante. Non poteva fare a meno di vedere in Randy Blackwater il principe azzurro - più o meno - e, a dispetto di quanto ne pensasse Shai, era consapevole che le probabilità che il ragazzo la notasse in un futuro piuttosto prossimo erano pressoché pari allo zero. Tuttavia, era sufficiente che la chioma bionda del collegiale entrasse nel suo campo visivo affinché Nessie si distraesse irrimediabilmente da qualunque cosa stesse facendo e piccoli cuoricini rosa, invisibili ad occhi altrui, ne attorniassero la figura; non a caso, durante le riunioni del Club di Scacchi passava la maggior parte del tempo imbambolata a fissarlo, registrando una quantità spaventosa di imbarazzanti disfatte. « Beh, Morgenstern è piuttosto... » Esitò, cercando un termine che non risultasse offensivo o denigratorio. « esigente, suppongo. » Ammise infine, annuendo tra sé e sé. « Però devi ammettere che fa parte del suo fascino. » Mormorò poi, sovrappensiero. Si accorse con qualche frazione di secondo di ritardo di aver parlato ad alta voce e abbassò lo sguardo, stringendosi nelle spalle. « V-voglio dire, ha quell'aria un po' scontrosa da poeta maledetto, no? » Che figuraccia! Per poco non le cadde di mano il cucchiaino da thè quando, con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono, Shai iniziò a snocciolare parole relative alla riproduzione. « Shhh! » Ma ormai il danno era fatto: alcuni compagni di Casata e persino degli studenti dei tavoli attigui si erano voltati a guardarli, chi ridacchiando, chi scandalizzato, con il solo risultato che le guance di Nessie raggiunsero una colorazione paonazza. « Comunque » Riprese, rigida come un manico di scopa. « credo che per forza di cose dovremmo essere meno pittoreschi, sempre se Yaxley ci da il permesso. Ci sono troppe persone che non hanno idea di come muovere la lingua. » Posò la tazzina ed estrasse un piccolo block-notes, segnandosi il suggerimento di Shai. Si bloccò e rialzò lo sguardo su di lui, sgranando gli occhi per la sorpresa.« Dieci?! » Era chiaramente impressionata. « Non saprei... » Sollevò lo sguardo e prese a mordicchiarsi il labbro inferiore, sforzandosi di ricordare i baci che più le erano piaciuti. « C'è quello sulla guancia, quello a stampo normale, quello alla francese, quello con il morsetto al labbro inferiore - fa un po' il solletico, ma è piacevole! » Aveva già perso il conto. Afferrò le mani di Shai, tirandolo leggermente verso di sè, le iridi olivastre che brillavano di curiosità. « Quali sono gli altri? Spiegameli! » Lo pregò, mettendosi il blocchetto sulle gambe per essere pronta a segnare eventuali dettagli. « Anche quelli che hai inventato tu! » Una brava reporter non deve tralasciare nulla!
     
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    « Ed io che pensavo che iscrivermi a Sport Magici mi avrebbe salvato da..questo » Sfoglia il grosso tomo di Storia del Quidditch attraverso i secoli che tiene -suo malgrado- tra le mani, Caleb, l'espressione simile a quella di un deportato di guerra. Si direbbe quasi che il suo colorito, quest'oggi, abbia un nonsochè di bluastro o violaceo. « Fino a storia del quidditch ci potevo anche stare.. » Borbotta, parlando da solo, come suo solito. Sempre poco cringe, Caleb, davvero. « ma è attraverso i secoli il problema. I secoli! » Scuote la testa « Io non ricordo nemmeno quando è nata mia sorella.. - e sospira, affranto - e siamo gemelli » No, non lo fa apposta, davvero. E' scemo per natura proprio. C'è qualcosa di vero nelle sue parole -o lamentele- tuttavia. Lo studio, da che ne abbia memoria, non fa proprio per lui. Ci si impegna, davvero. Forse non quanto dovrebbe, certo...Ma a suo modo ci prova! Ma quelle dannate lettere iniziano a danzare tra loro, ogni volta, e le frasi a mescolarsi assieme, con il solo, unico risultato di confonderlo ancora più del normale. Se possibile. E dunque eccolo qui, Caleb, in preda alla disperazione. La postura ricurva, i piedi che si trascinano, con la consapevolezza di doversi recare in Biblioteca, loro malgrado. E lo farebbe pure, voltando l'angolo, davvero, se quello non fosse odore di...Muffin. E cornetti appena sfornati. E probabilmente anche qualcosa che ha a che fare con la zucca. Ahh la zucca, capite? La zucca!!! « Beeeh » Borbotta allora, lo sguardo che va a sbirciare, desideroso come non mai, attraverso i grandi archi della Sala Grande « Non si può mica studiare a stomaco vuoto, no? Si sa! » E con questa massima da lui appena inventata -possiede sempre un intelletto quasi invidiabile quando si tratta di trovare scuse per non studiare..-, un passetto dietro l'altro, sgattaiola nell'enorme sala, guardandosi attorno. Sbircia un po' qua, un po' là, con aria così poco cringe da ricavarsi due o tre occhiatacce o borbottii da parte di qualche ragazza, fin quando, finalmente, lo adocchia. Lui: un muffin. Ma non un muffin qualsiasi, l'ultimo muffin.
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    A questo punto, inutile specificarvi che le specie selvatiche di Abel Silente, nome scientifico Caleb Davis, sono solite fare di tutto per procacciarsi il nutrimento essenziale alla sopravvivenza. E di tutto farebbe il nostro particolare esemplare di Davis, se non fosse che, allungato ormai il braccio per agguantare il bottino..Qualcosa gli si para davanti. O meglio, qualcuno. Ora, seppur sia uno sportivo, i suoi riflessi non sono mai stati granchè, aldilà del campo di Quidditch. Aggiungiamoci poi il fatto che è prima mattina, e, con una bella mescolata, avremo il risultato (in)desiderato: la sua mano bella che piazzata sul sedere di una studentessa. Potrebbe andar peggio di così? Probabilmente sì, se contiamo che quella studentessa sia proprio.. « Savannah! » Squittisce, ritraendosi subito -eviteremo di dire suo malgrado- e trovando a malapena il coraggio di incrociare gli occhi della Serpeverde. « I-i-io non l'ho fatto apposta. Stavo cercando di prendere un muffin. Lo vedi? Quel- Niente muffin sul tavolo. -HEY! Quello è il mio muffin! » « Sta' zitto, coglione! » E attaccherebbe pure briga, Caleb Davis, per difendere il suo importantissimo pasto, se non fosse per un piccolo particolare. Ha toccato il culo a Savannah Hamilton. Oh andiamo detta così suona ancora peggio!! « Ti prego non mi uccidere »
     
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    Savannah alzò gli occhi al cielo, sporgendosi leggermente dal parapetto del Ponte Coperto che collegava il cortile della Torre dell’Orologio al Cerchio di Pietre. La maggior parte del ponte era stato distrutto durante la Battaglia di Hogwarts, nel tentativo, da parte dei giovani studenti e professori, di proteggere la scuola da Colui Che Non Deve Essere Nominato. Il cielo era plumbeo e l’aria pesante. La Hamilton pensò che da lì a poco sarebbe piovuto. Era meglio rientrare, si disse, prima che i suoi poveri capelli si trasformassero in un groviglio di rovi intricati. Appena varcò il portone il suo sguardo vagò per un attimo lungo il corridoio, chiedendosi dove fossero le altre. Aveva come l’impressione che non tirasse un’aria particolarmente pacifica, non solo tra le Mean, ma in generale nel castello. Ad accendere la miccia del malumore pareva essere stato quel rave al quale si era categoricamente rifiutata di partecipare. Era certamente lontano dal tipo di feste a cui Savannah era abituata a partecipare. Non le era sfuggito, però, il comportamento delle ragazze da quel momento in poi. Domiziana pareva costantemente di cattivo umore. Max invece, nonostante la sua solida corazza, le aveva dato l’impressione di nascondere qualcosa. Maeve, invece di festeggiare la carica da Caposcuola, sembrava su di un altro pianeta. Sapeva solo a grandi linee cosa fosse successo quella sera e il fatto che le ragazze non avessero ancora detto nulla, all’inizio l’aveva infastidita, ma solo in principio. Riflettendoci forse avevano solo bisogno di metabolizzare, come era successo a lei mesi fa. L’unica cosa che poteva fare era starle vicino, rispettando i loro tempi. Le scarpe della divisa avevano il tacco basso e grosso così che ad ogni passo della Serpeverde riecheggiava un rumore sordo per il corridoio deserto. Il tacchettio parve aumentare di ritmo man mano che si avvicinava alla Sala Grande. Savannah aveva velocizzato un po’ il passo pensando di trovare le sue amiche sedute al tavolo dei Serpeverde. Entrò nella Sala senza lanciare nemmeno uno sguardo all’insù. Aveva smesso da anni di stupirsi davanti allo splendido soffitto che per secoli aveva incantato studenti di ogni età. Forse era quello il suo problema: aveva smesso di meravigliarsi. O forse era semplicemente convinta che niente avrebbe potuto sorprenderla lì dentro. Non c’erano. Nessuna di loro. La lunga tavolata era pressocché deserta. Savannah roteò all’indietro le spalle, sospirando con le narici ed arricciando le labbra in una smorfia. Fu in quel momento che un particolare odore catturò la sua attenzione. Un odore che non avrebbe voluto sentire, che la feriva e allo stesso tempo era in grado di ammaliarla come il canto di una sirena. Muffin. Era risaputo cosa accadesse ai marinai che si lasciavano abbindolare da quelle voci armoniose. Erano pericolose, ma allo stesso tempo così affascinanti che Ulisse stesso si fece legare all’albero maestro della propria nave rischiando la pazzia pur di ascoltarle. Lasciò scivolare lo sguardo sulla stanza fino ad imbattersi sul piccolo sciame di studenti che si aggirava attorno al tavolo dei Tassorosso. Qualcuno aveva in mano dei biscotti, qualcun altro dei cornetti, altri ancora i profumatissimi muffin il cui odore sembrava impregnare totalmente l’aria. In quel preciso istante il suo stomaco cominciò a brontolare, come smosso da quell’invitante profumino. Da lì a qualche settimana i suoi pasti si erano fatti sempre più scarni. Non ti succederà nulla se ne mangi uno. Scosse impercettibilmente la testa cercando inutilmente di distrarsi. Uno solo. No. Doveva resistere. Male che vada puoi sempre vomitarlo. Avrebbe voluto far tacere quella voce così sincera da farla arrossire. Non seppe neppure spiegare come fosse accaduto: parve svegliarsi da un sogno e ritrovarsi lì, in piedi davanti al tavolo, con in mano l’ultimo muffin. Oh, no. Erano sicuramente lamponi, quelli. Savannah adorava i lamponi. Stava per sollevarlo e portarselo alle labbra. Lo avrebbe fatto senza ombra di dubbio se non fosse stato per un particolare che attirò con prepotenza la sua attenzione: una mano piazzata sul suo sedere. Percepiva tutte e cinque le dita come quando si poggia la mano sulla sabbia bagnata per lasciarci il segno. Si voltò con estrema lentezza per avere il tempo necessario di caricarsi, pronta a spiaccicare in faccia il muffin a chiunque avesse osato un affronto simile. La verità era che si sarebbe aspettata chiunque, tranne la faccia che si ritrovò davanti.
    « Savannah! »«TU!» Non riuscì a nascondere un tono sorpreso nonostante l’espressione ancora accigliata. Il maniaco delle docce! « I-i-io non l'ho fatto apposta. Stavo cercando di prendere un muffin. Lo vedi? Quel- Non ebbe neppure il tempo di pensare che Caleb Davis stava puntato ciò che lei teneva in mano. -HEY! Quello è il mio muffin! » La Serpeverde spalancò gli occhi arricciando le sopracciglia in modo tale che le conferissero un’aria piuttosto scettica. «Il tuo muffin?» domandò calcando le parole con enfasi. Scosse leggermente la testa. «Non vedo il tuo nome scritto qui sopra.» esclamò con il tono di voce leggermente più acuto del solito. Da quando quel muffin era diventato così importante? Ci fu un attimo di silenzio. « Ti prego non mi uccidere » Già. Ti ha appena toccato il culo, Saw. La ragazza roteò gli occhi, espirando rumorosamente ed incrociando le braccia al petto, il muffin ancora in mano. «Hai proprio una gran faccia tosta, sai?» Lo fissa con i suoi occhi glaciali leggermente socchiusi. Le sopracciglia quasi si toccavano. «Non solo ti aggiri negli spogliatoi delle donne, ma mi hai pure toccato il sedere. Ed ora vorresti anche il mio muffin.» Scuote la testa, avvicinando leggermente il viso al suo, come qualcuno che vuol mettere in chiaro le cose. «Lo sai, potrei persino rovinarti la carriera con queste dichiarazioni.» abbassò la voce, arricciando le labbra ed alzando di poco le spalle. «E invece non sto facendo. Direi che come ringraziamento un muffin sia il minimo, non credi?» I lati delle sue labbra si sollevarono leggermente verso l'alto. Stava scherzando? Stava solo a Caleb Davis capirlo.
     
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    «Il tuo muffin?» « Sì! » Squittisce d'istinto un Caleb che, quando si tratta di cibo, riesce a mettere da parte persino il fatto di rischiare un linciaggio pubblico tra -in una stima piuttosto improvvisata- tre o quattro minuti. «Non vedo il tuo nome scritto qui sopra.» E questo è anche vero. « No..Ma-ma-ma!! L'ho visto prima io. E poi chi diavolo scriverebbe il proprio nome su di un muffin? L'inchiostro fa schifo! » Che c'è? E' vero! Chi sarebbe mai così MATTO da rovinare una meraviglia simile imbrattandola di inchiostro? Andiamo! Un ragionamento che non fa una piega, dopotutto, e su quale ci si sofferma anche un po', Caleb, come se non avesse ben altro a cui pensare per il momento. «Hai proprio una gran faccia tosta, sai?» Ed è quel ben altro alla fine a strapparlo via da quei calcoli astrofisici. Alza lo sguardo, l'ex Wampus, ritrovandosi di fronte una Savannah Hamilton più che infastidita. Oh cavoli. «Non solo ti aggiri negli spogliatoi delle donne, ma mi hai pure toccato il sedere. Ed ora vorresti anche il mio muffin.» Lo accusa, la Serpeverde, quasi azzerando la distanza tra loro, per poterlo guardare negli occhi ancor più da vicino. Okay, detta così sembra proprio brutta. «Lo sai, potrei persino rovinarti la carriera con queste dichiarazioni.» « No! » Scatta a quel punto, una nota di puro terrore a colorargli l'espressione atterrita. « Io nemmeno te lo volevo toccare, il sedere!! Cioè, non mi è mai fregato niente di farlo! ..Sì insomma non che tu non abbia un bel culo, e che non te lo toccherei mai nella vita ma..Lo farei in maniera legale, davvero! Cioè non chiedendoti il permesso, che quello è da sfigati.. Ma in situazioni diverse! » Situazioni diverse? « Col tuo consenso, intendo, insomma. E poi..tipregononmidenunciare »
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    Il tono è di supplica, mentre tenta di dedicarle i migliori occhi da cucciolo che possiede in repertorio. Non vuole finire in carcere. Non può finire in carcere! Voi lo sapete quello che fanno ai ragazzi che toccano il culo alle ragazze, lì? No? Nemmeno lui! Ma sicuro è qualcosa di molto brutto! «E invece non lo sto facendo. Direi che come ringraziamento un muffin sia il minimo, non credi?» « Quindi non mi denuncerai? » Cinguetta, prima di gettarsi in avanti, per stringerla in un abbraccio. Un tentativo suicida, il suo? Involontariamente: sì. Ma volontariamente, Caleb Davis è semplicemente fatto così. Spontaneo come pochi ed incapace di pensare prima di agire. « Oh grazie grazie grazie! » Urlicchia, spremacchiandola così tanto da sollevarla persino da terra. E continua per qualche altro minuto, fino a che, alla fine..Non se ne rende conto. Ci arriva alle cose, Caleb, ci arriva davvero prima o poi. E' solo che quando lo fa è ormai fin troppo tardi. Si scosta di colpo, riponendola a suo posto, come una bambolina di porcellana. « ..Mi sa che non dovevo farlo, vero? » Bene. Prossimo appuntamento in questura, ragazzi.
     
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    « No..Ma-ma-ma!! L'ho visto prima io. E poi chi diavolo scriverebbe il proprio nome su di un muffin? L'inchiostro fa schifo! » Savannah sollevò le sopracciglia guardando prima Caleb, poi il muffin ed infine nuovamente il maniaco delle docce. Si strinse per un attimo nelle spalle alzando il nasino all’insù. «Qualcuno che desidera davvero tanto quel muffin.» rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non aveva senso e lei lo sapeva. Ne era perfettamente conscia, ma ormai c’era solo una cosa che voleva: avere ragione. Non gliene importava niente di quel muffin. Non ricordava neppure l’ultima volta in cui ne aveva mangiato uno. Era certa che, se l’avesse avuta vinta, quel pasticcino sarebbe finito dritto nella spazzatura. Riuscì a cogliere il momento esatto in cui il volto del giovane giocatore di Quidditch si trasformò in una maschera di terrore, il tutto enfatizzato dalla sua esclamazione: « No! ». Pensandoci a fondo, non era strano che Caleb avesse dato davvero credito a quelle parole. La Hamilton aveva, senza ombra di dubbio, la faccia di chi farebbe una cosa del genere senza pensarci un attimo. E no, non era solo la faccia. Era già successo che la Serpeverde puntasse alla rovina sociale di qualcuno, a volte riscuotendo anche un discreto successo. Quella volta stava scherzando, ma certamente lui non poteva saperlo. Avrebbe voluto fare una mezza risata per tranquillizzarlo, ma Caleb era partito con un lungo sproloquio sulle particolari occasioni in cui si sarebbe concesso una toccata del sedere della Serpeverde. Savannah non poté fare a meno di continuare a fissarlo, avvicinando le sopracciglia in modo che si formasse un piccolo solco in mezzo. Se Caleb non avesse cacciato fuori quegli occhi da Snaso in difficoltà, forse si sarebbe preso un pugno nel naso. « Col tuo consenso, intendo, insomma. E poi..tipregononmidenunciare » Savannah sospirò incrociando le braccia al petto, tenendo stretto il muffin tra le dita. Si era quasi dimenticata di averlo in mano. « Quindi non mi denuncerai? » La Serpeverde roteò gli occhi al cielo, alzando ed abbassando le spalle con un sospiro. «No.» ammise arricciando le labbra. Avrebbe forse aggiunto dell’altro ma i suoi pensieri vennero improvvisamente interrotti dalle braccia di Caleb che l’avvolsero in un abbraccio. Gli occhi cerulei della ricca ereditiera si spalancarono così tanto che qualcuno, guardandola, avrebbe potuto pensare che le uscissero fuori dalle orbite. Il suo corpo diventò un unico pezzo di marmo. Percepì i suoi piedi che si staccavano da terra e il ringraziamenti del collegiale divennero solo un soffuso ronzio nelle sue orecchie. Forse avrebbe trattenuto il fiato fino a perdere i sensi se Caleb non avesse deciso di allontanarsi di colpo, permettendole nuovamente di respirare. « ..Mi sa che non dovevo farlo, vero? » Passò un attimo di silenzio durante il quale Savannah scrutò il suo viso. «Già..» esclamò arricciando le labbra. Una cosa era certa: non aveva mai conosciuto nessuno con lo stesso entusiasmo. L’emozione del ragazzo era paragonabile al suo dentro una boutique con la carta di credito di suo padre. Fu solo a quel punto che allungò la mano verso di lui, mostrandogli l’oggetto dei suoi desideri: il famigerato muffin. «E’ tuo-» lo inchiodò con lo sguardo, intimandogli di non muoversi «-solo se prometti di non farlo mai più.»

     
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    «Già..» Rimane immobile, Caleb, un'espressione da pesce lesso -la solita- stampata sul viso mentre osserva la ragazza che gli sta di fronte, anch'ella inerte come una statua di sale. Bene, questi sono sicuramente gli ultimi, pochi, istanti che mi separano dalla morte.., pensa, mentre si mordicchia nervosamente il labbro inferiore, immaginandosi già appeso da qualche parte, a testa in giù. Ed io che non volevo morire prima di aver conosciuto Lilac Scamander.. Priorità. Priorità ragazzi! « Ahm..- » Farfuglia dunque, senza un motivo ben preciso, sperando soltanto di trovare un modo per scampare a quella spada di..Boh, quello con la D ed il nome figo tipo greco, che sente già gravargli sulla testa. Ma alla fine, contro ogni previsione nevasta, la manina di Savannah Hamilton si protrae verso di lui, ed al suo interno, stretto tra le dita esili e perfettamente smaltate, il suo amato muffin sembra osservarlo con occhi grandi quanto una casa ed un mangiami! scritto a caratteri cubitali in fronte. Guarda il dolcetto, Caleb, poi guarda lei, e di nuovo il dolcetto e di nuovo lei. Che sta succedendo? «E’ tuo-» Gli occhi gli si illuminano, le braccia sono già pronte a muoversi «-solo se prometti di non farlo mai più.» ..Ma si blocca, con un saltello sul posto, ed un broncino a storcergli le labbra, giusto per qualche istante. « Vabene - Borbotta - vabene, niente abbracci, promesso »
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    Annuncia, suo malgrado, le dita che vanno a stringersi attraverso il bottino della discordia. Lo fissa per un po', l'acquolina che gli solletica il palato e lo stomaco che inizia a brontolare, come a voler lanciare un avvertimento. « Grazie » Farfuglia, titubante, fin poi guardarla. Sorride, porgendole di nuovo il dolcetto. « Ma ho cambiato idea. Mangialo tu, dai, io non avevo nemmeno così tanta fame! » Gli sembra quasi di sentire l'urlo della sua pancia che gli chiede cosa diavolo stia facendo. E sembrerà strano anche a voi, dopo tutto ciò che ha combinato. Così come vi potrà sembrare altrettanto strano il perchè, di quell'inaspettato gesto. Perchè sì, è vero, verissimo!, si tratta solo di un idiotissimo muffin. Un muffin che, però, se lo mangiasse, non lo farebbe sentire bene con sè stesso. Che si tratti di cavalleria, lealtà, o semplice bonarietà, questo non c'è dato sapere, ma fatto sta che se c'è una cosa certa, su Caleb Davis, è che quando prende una decisione, quella non si cambia. La fissa per un po', poi distoglie lo sguardo, schiarendosi la gola. « Sono già due volte che ci incontriamo in modo..strano » Pausa « E con strano intendo che io sembro un maniaco sessuale e tu generalmente tenti di uccidermi » Raccoglie tutto il coraggio che ha in corpo per tornare a guardarla. « Che ne dici se..- » Esita, poi respira a fondo « Sì insomma ti va di vederci qualche volta senza spazzole volanti o minacce di morte imminenti? » Negli occhi una scintilla di ingenuo dubbio. Prima la vedi nuda, poi le palpi il culo, cerchi anche di rubarle il cibo e adesso le chiedi un appuntamento, Cal? « Dove..Ahm..Dove vuoi tu! » Aggiunge, per poi osare un occhiolino. « Un posto dove magari me lo puoi offrire tu, un muffin, stavolta! » E voilàààààà! Bingo! La ricetta per farti sparaflashare al muro è finalmente pronta.
     
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    « Vabene, vabene, niente abbracci, promesso » La Serpeverde annuì impercettibilmente, lo sguardo serio e fisso su quello del giovane davanti a lei. Lo guarda afferrare il muffin e poi restare ad ammirarlo, come farebbe un gentiluomo con un’opera d’arte. Era un ragazzo davvero strano, non c’era che dire. « Grazie. Ma ho cambiato idea. Mangialo tu, dai, io non avevo nemmeno così tanta fame! » Gli occhi di Savannah si spalancarono e per un attimo rimase senza parole. Come, scusa? Tutta quella fatica per niente? Era forse uno di quei tipi che non appena arrivava al risultato tanto desiderato finiva per autosabotarsi? Abbassò lo sguardo sul dolcetto, Savannah.
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    Sembrò valutare la situazione. Alla fine, le disse una vocina nella sua testa, era solo un muffin. Non le sarebbe successo niente se lo avesse mangiato. Poteva saltare la cena, come alternativa. Inspirò, tornando a guardare Caleb, alzando il mento quasi volesse con quel gesto azzerare la differenza d’altezza che c’era tra i due. «No, ora te lo tieni.» gli ordinò con voce decisa, incrociando le braccia al petto. «Non mangio cose che ha toccato qualcun altro.» Bella scusa, Savannah. Avrebbe voluto dirgli un grazie, che apprezzava il gesto gentile che stava facendo per lei, ma il solo fatto che le stesse porgendo del cibo bastava per irritarla. Non voglio mangiarlo, non voglio mangiarlo, non-voglio-mangiarlo! Perché glielo stava offrendo? Voleva farle del male, forse? La verità, infondo, la sapeva anche lei: no, non era così che stavano le cose. Lui voleva solo essere gentile e lei si stava comportando come una pazza. « Sono già due volte che ci incontriamo in modo..strano » Pausa « E con strano intendo che io sembro un maniaco sessuale e tu generalmente tenti di uccidermi » Avrei usato le tue stesse identiche parole, Caleb. « Che ne dici se..- » Lo vede esitare e subito gli occhi della ragazza si riducono a due piccole fessure. Dove voleva arrivare? « Sì insomma ti va di vederci qualche volta senza spazzole volanti o minacce di morte imminenti? » ... Cosa? Le labbra di Savannah si schiusero appena, per la sorpresa. Sbatté le palpebre osservando la faccia del giocatore di Quidditch, sempre più imbarazzata. Le stava chiedendo di uscire? « Dove..Ahm..Dove vuoi tu! Un posto dove magari me lo puoi offrire tu, un muffin, stavolta! » Silenzio. Si, le stava rigorosamente chiedendo di uscire. Adesso, valutiamo la situazione: Caleb era pressappoco uno sconosciuto. Si erano incontrati per la prima volta negli spogliatoi delle donne, dove lei lo aveva scambiato per un maniaco e gli aveva tirato una scarpa. Non si erano più visti fino a che, quel giorno, lui non le aveva palpato il culo nella Sala Grande, difendendosi dicendo che in realtà voleva afferrare un muffin e non certo una chiappa. Non sembrava che le cose si fossero messe tanto bene, per lui. Eppure, pensò Savannah, forse avrebbe potuto accettare. Dentro la storia con Roman, tra i loro tira e molla, si era ritagliata alcune piccole parentesi, ma alla fine era sempre tornata da lui. Quando avevano troncato definitivamente, ormai un anno fa, Savannah era uscita con tutti coloro che le avevano dato anche solo un briciolo di considerazione, solo per poter spiaccicare la sua felicità in faccia all’ex fidanzato. La verità era che le ferite si rimarginano, ma non spariscono mai del tutto. Alla fine, perché non uscire con Caleb? C’erano dei pro, infondo: era un giocatore di Quidditch e non poteva negare che fosse carino. Era certamente sopra le righe, ma alla fine perché no? Oh, finirai per pentirtene, Saw! Andrà così: alla fine quel ceffone che tieni in serbo per lui glielo mollerai di sicuro, la canzonò una vocina nella sua testa. Ma alla fine, soprattutto in quegli ultimi mesi, aveva avuto l’impressione che il mondo andasse ormai dove le pare, quindi.. «Va bene!» rispose guardandolo negli occhi, quasi fosse una sfida. «Ma non farti strane idee.» Sembrava quasi una minaccia. Infilò la mano dentro la borsa e ne tirò fuori una penna a sfera. «Sono libera il prossimo fine settimana.» afferrò la mano di Caleb e cominciò a scrivere qualcosa sul palmo della sua mano. «Non amo andare a mangiare fuori e detesto i Luna Park. Per il resto hai carta bianca.» Finì di trascrivere il proprio numero di telefono e incappucciò la penna, rimettendola al suo posto. «Mandami un messaggio.» E detto questo, incrociò di nuovo le braccia al petto ed uscì a passi decisi dalla Sala Grande, lasciandolo lì con il muffin in mano.
     
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    « È un po' come se Pix avesse deciso di moltiplicarsi, e giocare a Quidditch con i suoi mille doppioni per tutta la scuola. » La battuta ironica di Émile cadde nel silenzio tombale della Sala Grande, devastata tra macerie e mobili distrutti. Emi non sapeva perché si trovasse lì, men che meno in compagnia di quel deficiente di King: tutto ciò che sapeva era che voleva allontanarsi il più possibile da quell'infermeria. Voleva vedere, capire cosa fosse successo quella mattina, al castello. Le luci del giorno iniziavano ad affievolirsi. Camminando senza una meta, Emi per poco non scivolò sulla cascata di piccoli cristalli color cobalto. Le quattro clessidre che segnavano i punti delle casate erano state distrutte, e ora in un angolo della sala si trovava un tappeto multicolore con i punti di tutte le casate. Emi raccolse un piccolo cristallo color giallo e lo esaminò da vicino, lasciandosi andare ad un lungo sospiro. « Tu hai saputo se ci sono stati... Sì, insomma... Morti? Tra gli studenti, intendo. » Rabbrividì al pensiero.
     
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    « È un po' come se Pix avesse deciso di moltiplicarsi, e giocare a Quidditch con i suoi mille doppioni per tutta la scuola. » « Già.. » Mormora il Grifondoro, guardandosi attorno. E' una ventina di minuti ormai, che camminano tra le macerie di una Hogwarts distrutta. Uscito di gran corsa dall'infermeria, Asa si era ritrovato ancora più confuso di prima. Un piano non ce l'aveva, questo era più che certo. E sapeva anche bene che lui, di fronte ad una situazione simile, nulla avrebbe mai potuto fare. Ma restare fermo in infermeria, col rischio di menare un Otis Branwell fin troppo tranquillo per i suoi gusti, non era certo la soluzione migliore. La compagnia di Emile Carrow, in un certo -strano ed inaspettato- qual modo, l'aveva.. Confortato. Abituato sin da bambino a vedersela da solo, nelle situazioni più gravi, e ad avere sempre tutti contro per via di quel suo carattere del cazzo, Asa non aveva idea di cosa volesse dire affrontare le difficoltà.. Beh, in due. Sapere di avere qualcuno accanto, forse addirittura più spaesato di quanto non fosse lui stesso, l'aveva aiutato a prendere in mano la situazione. E così avevano deciso -di comune accordo- di setacciare il castello. Anche solo per..capire cosa diamine fosse successo, e poi, forse, esser capaci di prendere una decisione sul da farsi. « Tu hai saputo se ci sono stati... Sì, insomma... Morti? Tra gli studenti, intendo. » Nonostante l'empatia non abbia mai fatto parte del suo essere, Asa la riesce a percepire, la preoccupazione del compagno. Sospira, dunque, scuotendo la testa e calciando via una ciotola d'argento abbandonata lì, nel silenzio di una Sala Grande completamente sotto sopra. « Non lo so.. Ma non mi stupirei se così fosse. E' tutto.. - distrutto. E fuori sembra anche peggio. Dubito nessuno si sia fatto.. veramente male » Si avvicina a quella che un tempo, era la tavolata di Grifondoro. Il legno sembra esser esploso in mille pezzi. « Hai sentito qualcuno dei tuoi amici? » Alza lo sguardo verso di lui « Io non riesco a contattare Hilde. In infermeria non c'era, ma.. - » Sono preoccupato. Non lo ammette, ma è evidente. Ed è strano, quasi divertente, che sia lì a parlare della sua ragazza proprio con lui. Di fronte a tutta quella distruzione, d'altra parte, quella loro faccenda gli sembra una stronzata, oramai. « Senti.. Mi dispiace. - Per quella roba di Natale, intendo » Distoglie lo sguardo « Ho reagito male » Lo faccio sempre. « Mi ha fatto piacere tu mi abbia seguito » Borbotta, e solo allora lo guarda. « Un po' di palle ce le hai, in fondo. Certo, c'è voluta una guerra per fartele uscire fuori ma.. » Si stringe nelle spalle, con una smorfia.
     
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    « Non ho sentito nessuno » realizzò in quell'istante, con un sospiro. Non sapeva nemmeno se i suoi amici stessero bene. Distolse lo sguardo da quello del Grifondoro, quando lo sentì pronunciare il nome di Hilde. Okay, questo sì che è strano. Prese a giocare con un pezzo di ferro deformato che aveva recuperato dalla superficie del tavolo, per tenersi impegnato. « Magari potremmo provare a mandare un Patronus? Per accertarci che stia bene anche lei » azzardò, compiendo un passo indietro in maniera inconscia, quasi temesse che il solo dimostrare preoccupazione nei confronti della ragazza del Grifondoro potesse far scattare in quest'ultimo qualche reazione indesiderata. Non si sa mai. E invece, contro ogni aspettativa, Asa King finì per scusarsi. E quelle scuse non sembravano avere niente a che fare con quelle recitate in Presidenza. Gli parve sincero. « Mhm, scusami anche tu. Se avessi saputo che Hilde stava con te non avrei mai... Insomma... » Si strinse nelle spalle. Non sono uno sfasciafamiglie, ecco. « Non sono stato rispettoso. » Aggrottò la fronte, vagamente in imbarazzo. Adesso non sapeva proprio cosa dire. Di commenti sull'avere finalmente dimostrato le palle, ne avrebbe volentieri fatto a meno. Affondò dunque le mani nelle tasche dei pantaloni e si guardò intorno, calciando distrattamente alcune macerie. Si lasciò andare ad un sospiro sconsolato. « Non capisco perché è successo tutto questo. Perché così? » Perché si deve sempre distruggere tutto? « Perché qui? » Perché noi?
     
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    « Sì, magari potremmo.. » Borbotta il Grifondoro, in un sospiro. A dirla tutta, non è solo la salute di Hilde a preoccuparlo. Suo malgrado -ed in verità, mai l'avrebbe detto!- sono tante le persone che vorrebbe vedere sane e salve il prima possibile. Quasi come dipendesse da lui quanto accaduto. E' così che si sente infatti, Asa: in colpa. « Tranquillo, io ti ho spaccato la faccia - » Risponde al ragazzo, stringendosi nelle spalle « Direi che siamo pari » Annuncia dunque, un po' in imbarazzo, un po' con quel suo solito fare da spaccone. Perchè okay le scuse, ma è pur sempre di Asa King che stiamo parlando. E perchè si sia scusato con così tanta facilità -beh, si fa per dire- non lo sa nemmeno lui. Forse perchè in confronto a quanto accaduto quel giorno, quella loro questione sembra una stronzata bella e buona. O forse perchè, ogni tanto, si sente.. Stanco. Stanco di avere tutto il mondo contro. Stanco di non avere mai nessuno al proprio fianco. E questa volta qualcuno c'è. Certo, non la prima compagnia che si sarebbe aspettato, su questo non c'è ombra di dubbio ma.. E' comunque qualcosa. Sospira, quando il ragazzo gli rivolge domande alle quali sa di non poter rispondere. Non sa rispondere. Lui, che ha sempre bisogno di avere ogni cosa sotto controllo, non sa un cazzo. « Non lo so.. » Borbotta dunque, sforzandosi per nascondere la preoccupazione nel suo tono di voce « Forse volevano lanciare un messaggio.. Forse.. - » Scuote la testa, non sapendo come continuare il discorso. « Quello che so è che si tratta dei ribelli. E dei lycan. Credo questo sia solo l'inizio » A quel punto lo guarda « Tu stai bene, comunque? Sei.. - » Sospira « Credi di esser pronto a tutto ciò che verrà? »
     
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